Alberto Sordi

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Macaroni... m'hai provocato e io te distruggo. (Un americano a Roma, 1954).

Alberto Sordi (Trastevere, 15 giugno 1920 – Aventino, 24 febbraio 2003) è stato un attore cinematografico, doppiatore e regista italiano. Ha partecipato a programmi radiofonici, fatto teatro, è stato cantante e compositore di musica, magnatore de trippa, sceneggiatore, corista e suonatore di mandolino. Questo ultimo aspetto ha condizionato, per decenni, il giudizio dell'opinione artistica internazionale sul suo conto:

« Il solito italiano: pizza trippa, mafia e mandolino. »
(L'opinione artistica internazionale sul suo conto.)

È stato uno dei massimi interpreti della storia del cinema italiano, assieme a Vittorio Gassman, Jerry Calà, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Massimo Boldi, Marcello Mastroianni e Christian Vittorio De Sica. Fu uno dei "mostri" della commedia all'italiana ma, cimentatosi anche in ruoli drammatici, ha dato prova della sua grande versatilità di attore. Questo però senza mai riuscire a prendere un Oscar, anche se ci andò molto vicino con un infruttuoso tentativo notturno a casa di Paul Newman.
Ha interpretato circa 150 film, ma non sapeva tirare di scherma e faceva un disastro col punto croce. È altresì nota la sua misoginia: alla domanda se avesse mai pensato di sposarsi, era solito rispondere:

« Ma che stai a di'? Ti vuoi mettere un'estranea per casa? »
(Alberto Sordi riguardo il matrimonio.)
...e quando si fa un articolo come questo, bisogna esse matti.

Per tutta la vita fu un grande tifoso romanista, un suo grande rammarico fu di non aver mai imparato a parlare il "formellese"[1], avrebbe tanto voluto un dialogo con Enrico Montesano che era invece un lazzziale[2].
La sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile, specie nella sua poltrona. Secondo la sorella Aurelia si è spento serenamente, per la domestica Serena l'ha fatto invece "aureliamente"[3].

Vita di un "dentone"

Alby Albertino iniziò giovanissimo a provare per Un americano a Roma.

Alby Alberto Albertone nacque gaio e speranzoso in un sottoborgo del Trastevere, lo stesso del suo omonimo collega Lupo Alberto, nello stesso anno del proibizionismo e di mia nonna da papà Pietro, detto l'imbriagone più figo der Teatrone per via della sua eccessiva passione per i "bombardini", e mamma Maria, detta Maria poiché poca era la sua fantasia.
Passò i primi anni come qualsiasi pischello de borgata, amante della pastasciutta e occasionale studente elementare.
La sua passione per lo spettacolo e per gli aracnidi fecero presto capolino durante sua giovinezza quando, per guadagnare qualche merendina dai compagni, soleva spesso improvvisarsi burattinaio usando ragnatele appena filate e i calzoncini dei bambini delle classi inferiori per vestire le sue marionette. Nello stesso periodo lo studio da basso buffo nelle scuole di canto cominciava a dare i primi frutti, tanto da essere notato da figure assai di spicco della società ecclesiastica: 'berto si ritrovò senza rendersene conto negli albicoccheti vaticani a cantare a squarciagola per tenere lontani i merli.
Ma il grande Alberto non volle accontentarsi di qualche cacata d'uccello sulla testa per convincersi di essere un uomo veramente riuscito. Decise dunque, col ricavato della sua attività da spaventapasseri, di iscriversi alla scuola di recitazione per filobusdrammatici di Milano. E proprio qui, durante la permanenza nella grande capitale continentale, si verificò un curioso siparietto col suo insegnante di dizione, tale Eugenio Maria Pacelli:

- Maestro: “Ou Abbetto! Ci l'ha tagghiari cu sta "guèra"! Si dici "guèrra"!”
- Berto: “Maddeché?! Guèra è come tèra e fèro, se scrive co' una ere sennò è erore! Co' due me viè' er groppo n'gola!”
- Maestro: “Tu ha fai chiddu ca ti dicu iu, o ti pigghiu a pirati ndò culu, u capisti?!”
- Berto: “Io diventerò un grande attore!”
- Maestro: “A non mi fari arririri, cosa ca feti! Talia, su tu addiventi n'atturi, iu addiventu papa!”
I complessi, 1978.
Il titolo previsto in origine era Turismo odontoiatrico.

Il fiore della carriera cinematografica sembrava dunque esser già appassito al primo germoglio, ma la testardaggine del Sordi e un po' di anabolizzanti lo fecero riprendere, vigoroso: dopo lo smacco deludente a Milano, Alberto decise in un primo istante di entrare nell'esercito come tamburino. Il suo ruolo era accompagnare i soldati in marcia per la quarta crociata. Ma ben presto egli si rese conto di come il suo destino non fosse banalmente quello di "suonarle" a un tamburone, tanto più che era proprio un cesso come suonatore di grancassa: non la beccava proprio.
Deciso più che mai a entrare nel mondo della televisione per far contenta la mamma[4], il buon Alberto, grazie a una sua antica passione gastro-sonora, centrò un discreto successo propagandistico riuscendo a piazzare su Radio Logia una storiella infantile (Ha da accendere, babbo?) con l'intento di educare i bambini a rollare una canna decentemente.
Non ci riuscì. In compenso fece ridere tanto i produttori.
Fu proprio quell'episodio il primo imbocco di Albertone nel sentiero della risata e del successo fatto celluloide.

Doppiaggio e Comparse

Nel 1937, rientrato nella capitale[citazione necessaria], aveva maturato la consapevolezza che, in futuro, avrebbe sfondato nel mondo del cinema, però sia il mondo che il cinema ignoravano la sua persona, il futuro era moderatamente possibilista.
Dopo aver corrotto quello che incartava i panini dei cestini-pranzo a Cinecittà, si fece presentare Antioco Mereu (un vice-aiuto-assistente attrezzista di chiare origini triestine) e, grazie a lui, fu inserito nella lavorazione del kolossal Scipione l'Africano.
Purtroppo le parti principali erano già state attribuite, poteva scegliere tra fare la palma, l'elefante e il soldato semplice. Dopo due notti insonni scelse la terza. In quel ruolo seppe farsi valere, tanto che fu fortemente voluto per Giarabub, in cui interpreta la parte di uno dei soldati (inquadrati di spalle) a presidio dell'oasi.
Per sfuggire a quello che poteva diventare un cliché, abbandonò l'attività di comparsa e si concentrò sul suo punto di forza, la voce.
Partecipò al concorso (indetto dalla Metro Goldwyn Mayer) per doppiare la voce di Oliver Hardy, il panciuto della celebre coppia comica Stanlio e Ollio. Alle selezioni erano circa millemila e la prova era tutt'altro che semplice, quasi proibitiva. Si trattava di canticchiare, con una voce idonea ad un "ciccione citrullo", la canzoncina Guardo gli asini che volano nel ciel. Vinse perché fu l'unico ad andare oltre la prima strofa senza ridere fino alle lacrime.
Meditando una rentrée come attore (e per non essere deriso dal fruttivendolo di via dei Giubbonari) scelse di doppiare sotto l'insospettabile pseudonimo Albert Odisor. Nella sua decennale carriera prestò la voce ad attori del calibro di Anthony Quinn e Robert Mitchum, in seguito, da interprete, fu doppiato per due volte egli stesso. Paradossalmente non avvenne per la pellicola Venezia, la luna e tu, in cui interpretava un gondoliere della laguna. Il pensiero che ha accumunato chi ha visto il film è stato:
« La lingua veneta sta nella bocca di Alberto Sordi, come il Teorema di Fermat in quella di Sara Tommasi. »

Ora, qualcuno starà pensando che nella bocca della Tommasi ci sta un sacco di roba, quindi potrebbe anche... vabbè, non divaghiamo.

Il teatro

Frase riciclata, dopo l'ennesima prescrizione, da un omino vittima dei magistrati politicizzati.

Nell'ossessiva ricerca di un modo per imporre al pubblico la sua faccia, Sordi approda nel 1936 al teatro. Gli inizi non sono incoraggianti, durante le prove con la compagnia di Aldo Fabrizi sbaglia a sciogliere una corda dietro le quinte, la promettente soubrette Adalgisa Pippolini finisce schiacciata da un cherubino di 142 kg che suona la cetra. La diagnosi è una mazzata: sei costole rotte, un polmone perforato e carriera stroncata.
Cacciato in malo modo ci riprova l'anno seguente, formando un duo di imitatori e fantasisti assieme ad un amico d'infanzia. La loro esibizione consiste nello stare immobili sul palco, imitando perfettamente due guardie reali inglesi, con divisa e tradizionale cappello di pelliccia d'orso. La parte esilarante dello spettacolo è l'animata partecipazione del pubblico, che fa da contrasto all'immobilismo scenico, ed esplode spesso in cori tipo: "Buuuuh! Volemo vedé un po' de cosceeee!!", oppure il classico "Levatece dalle palle 'sti du' torsi de broccolooo", per poi giungere finalmente al fragoroso applauso (che accoglie l'ingresso delle ballerine).
Negli anni della guerra le prova proprio tutte, tra queste:

  • Ballerino di fila: ha un buon senso del ritmo e una discreta agilità, però durante una rappresentazione (in onore del Duce) gli si sfila una scarpa e finisce in faccia a Galeazzo Ciano, all'epoca a capo del Ministero della Cultura Popolare. Il giorno dopo sarà vietato il ballo ai maschi, perché considerata: "...attività poco in linea col concetto fascista di virilità".
  • Mangiatore di spade: gli riesce molto bene, però non le digerisce e produce dei peti vomitevoli, che indispettiscono gli spettatori nelle prime sei file.

Ci prova ancora per qualche anno e poi, nel 1953, ci sarà la sua ultima apparizione sul palcoscenico. Al Teatro dei Satiri va in scena Il giudizio universale, in cui ha una parte da protagonista. Quando vede issare l'Arcangelo Gabriele, e stima l'attore sui 150 kg, capisce che è il momento di uscire di scena.

Le canzoni e la televisione

Le canzoni

Come unico fulgido esempio, per rappresentare il cuore canterino del Sordi, proponiamo il più famoso pezzo di lirica classica del '600, da lui magistralmente eseguito, per di più durante una fase di doppiaggio delicatissima:



La tivì

Il buon Albertone non è certo passato alla storia solo come burino attaccabrighe, ma ha saputo ritagliarsi pazientemente un pezzo del proprio tempo a favore del cinema per i poveracci. Fu proprio nel piccolo schermo che si guadagnò il simpatico nome "Albertone" (che si dovrebbe pronunciare "Albert uan", così come "Gold uan" per "goldone", ma pazienza...):

  • Studio Uno, Due, Tre... Stella!, nel 1865, programma di successo grazie alle comparse del Sordi. Altrimenti, per il resto, nessuno ha mai saputo di cosa parlasse;
  • Storia di un italiano: Mauro Camoranesi, nel 1967, dove Alberto impersonava se stesso in tutti i suoi film. La trasmissione durò ininterrottamente per 6 giorni, 14 ore e 6 minuti. Quando si sollevò qualche timida domanda su quello strano comportamento, la produzione replicò che era stata un idea del Sordi stesso, riportando le sue stesse parole:
« A regà! Perché nun famo vedé 'na carrellata de tutti li mejo firme mja co' 'na serata sola?! AHAHAHAHAHAHA!!! No, dai, ovviamente sto a scherzà'! Aho! Un momento, ma che state a fa'? NO! Stavo a scherzà'! STAVO A SCHERZÀ'!! »
  • Tappetto volante, nel 1999. Qui in realtà Albertone fece una breve improvvisata per salutare il suo amico sindaco di Roma Rutelli, il quale da tempo temeva che l'attore volesse sedersi alla sua poltrona.
« A Francé', nun t'aggità! Io 'a poltrona tua nun la toccherebbe manco co' 'na canna! Nun te conoscessi, ce n'hai mollata una e via de scoreggia! »
  • Porta a Porta, nel 2010. Neanche la morte fermò il Sordi dal partecipare al programma. Testardo fino all'ultimo...

I suoi film

Gorilla K2 - Della I.O.P.S. (International Organization Privacy Security)
Di che segno sei? (1975)

Guardando un suo film (e questo vale per la maggior parte) l'aspetto divertente è quello che ci colpisce per primo. Ad un'analisi più attenta, troviamo però l'onnipresente rappresentazione grottesca della società. Guardando ancora meglio "ce fanno ride n'altra volta", però se provassimo a non pensare al superficiale aspetto ludico, concentrandoci sull'immagine di nostra nonna schiacciata da una betoniera: "ce fanno ride lo stesso".
Alcuni personaggi sono particolarmente significativi, tra questi troviamo:

  • Il pensionato che diventa massone per garantire un posto di lavoro al figlio, quest'ultimo supera il concorso avendo in anticipo le risposte;
  • Un burocrate censore moralista ai limiti dell'assurdo, ma è in realtà un losco individuo che fa la tratta delle bianche;
  • Un giovane vice commissario di polizia che indaga sull'omicidio di un noto uomo politico, scopre che è stato ucciso da una prostituta ma, per salvare l'onorevole dallo scandalo, i superiori insabbiato il caso e rovinano la sua carriera;
  • Il medico arrivista, disposto ad ogni tipo di bassezza e mosso dal solo scopo di guadagnare soldi, privo di umanità e rispetto per il paziente;
  • Il bodyguard Gorilla K2, che fa tanto il gradasso e appena vede "i birbaccioni" scappa dall'altra parte;
  • Il zelante magistrato, noto per la sua ammirevole incorruttibilità, che viene incastrato e condannato perché aveva trovato prove su un sistema di tangenti che implicava: preti, politici, servizi segreti e logge massoniche;
  • Il mercante di armi i cui figli scoprono (con disprezzo) il lavoro del padre ma, di fronte alla prospettiva di rinunciare alla ricchezza, fanno finta di niente.

Questi sono solo alcuni esempi, ma ci appaiono tristemente familiari e portano alla conclusione che: Sordi è stato un precursore dei nostri tempi (oppure che in settant'anni non è cambiato un cazzo).

I ruoli storici del Sordi e l'"italiano medio"

Albertone in uno dei suoi ruoli più riusciti: Albertone.

Per quanto sembri impossibile, forse anche improbabile, sicuramente parecchio strano, anche Albertone ha lasciato uno stampo tragicomico con i suoi personaggi seri e posati. La sua arma vincente è stata certamente interpretare in maniera burlona e mai cattiva[non confermato] la figura dell'italiano medio: un po' buzzurro, un po' stordito, un po' puccioso, un po' coglione. I suoi personaggi sono infatti tutti generalmente configurati dalla figura tipica del "lacchè". Tra le sue più notevoli interpretazioni simboleggianti troviamo:

  • Il vigile Otello, intraprendente, vigile e latin lover. Rappresenta colui che scopre a proprie spese come debbono girare le cose, a chi non si debbono pestare i piedi e a chi è opportuno lisciare il pelo;
  • Nando, il pirla pseudo-americano. Rappresenta una condizione decisamente compassionevole dell'italiano psicolabile che vede nell'America la terra della cuccagna. Per questo ruolo Sordi fu picchiato a sangue da tutti i cittadini maschi del Kansas, reo d'aver interpretato fin troppo bene una personalità di cui gli stessi americani, in fondo, non hanno mai fatto vanto;
  • Ubaldo, ingegnere informatico perennemente "Impallato". Rappresenta quello che dovrebbe pigliare la palla al balzo ma proprio in quel momento sta cagando;
  • Bepi, gondoliere donnaiolo, personaggio parecchio stimato e pure un po' invidiato. Rappresenta colui a cui piace tirare troppo la corda e non s'accorge che s'è spezzata se non a frittata fatta;
  • Alberto, uomo zerbino sempre sull'orlo della tromba dell'ascensore[citazione necessaria]. Rappresenta lo sfigato con le mani legate dietro alla schiena che tenta disperatamente di restare a galla per non annegare, a qualunque costo. Un po' come il tizio che sale sul treno consapevole di essere senza biglietto e si fa il viaggio nella ritirata per evitare il controllore, finché, prima o poi, verrà inevitabilmente beccato.
  • Il mitico Agostino, bigottone e dal cuore talmente peloso da assomigliare a un testicolo di yeti. Rappresenta come pochi la classica espressione "il più pulito c'ha la rogna".

La regia

Lavoratori... prrrrrr! (Battuta riciclata di recente dal ministro Elsa Fornero).

Il Sordi regista piace meno di quello attore, questo possiamo affermarlo tranquillamente, se qualcuno non è d'accordo lo possiamo affermare minacciandolo. Dietro la macchina da presa si trovò spesso in disaccordo col Sordi attore, durante una di queste accese discussioni si finì addirittura alle mani. A cavallo degli anni '70 troviamo i suoi lavori migliori, prima andava a piedi e girò quattro boiate.
Di questo periodo ricordiamo: Polvere di stelle (1973) con Monica Vitti, Finché c'è guerra c'è speranza (1974) con un sacco di negri, Il comune senso del pudore (1976) con una cicciona di nome Erminia che "vattelappesca" come si chiama l'attrice.
Di spessore decisamente inferiore risultano invece quelli girati dagli anni '80 in poi, uno su tutti Io e Caterina (1980), apostrofato dalla critica con: "Stavolta Albertone s'è capito da solo". In realtà il film ebbe un discreto successo al quartiere San Basilio, su un totale di quarantasette persone, ospitate dal centro anziani Domani è un altro giorno se c'arrivi, almeno una dozzina restarono sveglie.
Memorabile l'interpretazione nel film Il tassinaro (1983), nella quale guidava un calesse... (no scusate quello era Nestore, l'ultima corsa) e la collaborazione con Carlo Verdone, nelle pellicole In viaggio con papà (1982) e Troppo forte (1986).
Il suo ultimo film fu lo sfortunato Incontri proibiti (1998), accanto a Valeria Marini, che scalò rapidamente la classifica: Cose che possono indurre al suicidio. Oggi la pellicola si trova al nono posto, preceduta da Il tuo compagno gay diventa etero e seguita da La tua unica figlia sedicenne si innamora (ricambiata) di Fabrizio Corona. I produttori, per recuperare almeno i costi della lavanderia a gettoni, lo presentarono ancora nel 2002, con montaggio diverso e un altro titolo: Sposami papà. Sono tuttora latitanti.

Anche gli alieni comunisti hanno voluto dimostrare il loro rammarico con questa scritta in vernice indelebile nel cielo di Roma!

La morte

Colpito da tumore due anni prima, afflitto durante l'intera stagione invernale da forme di polmonite e bronchite, bersagliato dall'artrosi, maledetto dai reumatismi, ostracizzato[5] dalla tanatosi, scartavetrato dalla lebbra, ricoverato dalla neurodeliri, Alberto Sordi, alla tenera età di 82,35 anni, cede all'eterna consolatrice per un banale starnuto trattenuto, reo di avergli fatto esplodere le carotidi.
Il funerale solenne viene svolto il giorno successivo, in gran fretta perché quella sera ci sarebbe stata l'Europa League, presso la basilica di San Giovanin Lutero, davanti all'intera popolazione mondiale, venuta per l'occasione.
Il Sordi riposa finalmente in pace nel cimitero orbitante delle celebrità, nella tomba di famiglia[6].

Riconoscimenti

« Siiii, te dico che è luiiii... è Albertone!!! Daje, famose fa' l'autografo! »
(6 marzo 1964, via delle Zoccolette, Roma.)
« A 'nfamone! A cecato! Manca poco che m'arroti, scenni che te sf... Albè!! Ma sei te?! »
(11 aprile 1995, via della Lungara (contromano), Roma.)

Premi cinematografici

Il Leone d'Oro a Venezia e la sua reazione all'ingiusta esclusione agli Oscar del '78.
  • 1995: Mostra del cinema di Venezia, Leone d'oro alla carriera
  • 1972: Festival di Berlino, Orso d'Argento per il miglior gilet
  • 1983: Festival cinematografico internazionale di Mosca, Mugiko d'oro alla miglior dentiera
  • 1964: Premio Golden Globe, miglior attore in un film musicale muto per non vedenti
  • 1960-1999: ventordici David di Donatello, tre Alvaro di Raffaello e due casse di Limoncello
  • 1954-1977: diciassei Nastri d'argento, al Teatro antico di Taormina, come miglior attore protagonista
  • 1963-1971: nove Coccarde assai colorate, alla Fiera del bestiame di Codogno, come miglior capo di bipede

Onorificenze

  • Cavaliere di gran croc, Lup mann, Natural Prestanom, Gran paracul dell'Ordine al merito della Repubblica italiana
  • Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte (alla memoria)
  • Medaglia d'oro all'infinita pazienza nell'accudire un anziano indisponente (alla badante)
  • Grand'Ufficiale dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (a un suo cugino prete)
  • Laurea Honoris Causa in Scienze delle merendine con la seguente motivazione:
« La Laurea viene assegnata ad Alberto Sordi per la coerenza di un lavoro che non ha eguali, per l'eccezionale capacità di usare il cinema per comunicare e perché ce fa ride 'na cifra!... Americà, facce Tarza! »
(Il Magnifico Rettore dell'Università WILMA di Milano, 12 marzo 2002)

Galleria fotografica

Note

  1. ^ Incomprensibile idioma in uso tra i tifosi biancocelesti.
  2. ^ È solo per il mio leggendario autocontrollo che non ho linkato la precedente parola a Merda.
  3. ^ S'è schiantato senza patente con la Smart sull'Aurelia.
  4. ^ In realtà lei gli aveva semplicemente chiesto di andare a comprare il pane.
  5. ^ Esistono le parole? Usiamole!
  6. ^ Non si sa quale famiglia, però.


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