Sette anni in Tibet

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Sette anni in Tibet
«La locandina del film che dimostra la confusione cinematografica presente nello stesso»
Paese di produzioneTibet e Argentina
Anno1939
Dati tecnicicolore: Sì, mi sembra di sì.
GenereHarrer Horror
RegiaJean-Jacques Annaud
SceneggiaturaIl Tibet invaso dai Cinesi.
Casa di produzioneFree Tibet Production™
Interpreti e personaggi
Sono tanti, ricordiamo:
« Quando non sei in grado di combattere, abbraccia il tuo nemico.
Se hai le braccia intorno a lui lo ucciderai con il tuo odore pungente. »
(Harrer in un momento di alta filosofia.)
« Kundun, ma tu e il lama siete parenti? »
(Harrer al Dalai Lama non accorgendosi di aver appena detto una bestialità.)

Sette anni in Tibet (Seven AIT - 7,8) è un plagio molto ben riuscito di una miriade di altri film tra i quali ricordiamo:

I più esperti cineasti mondiali sostengono che siano riconoscibili anche alcune scene tratte da Into the Wild - Nelle terre selvagge e The Polar Express, anche se entrambi i film sono usciti dopo.
Per ammissione dello stesso regista, il film è stato girato quasi interamente sulle Ande argentine, ad esclusione di 20 minuti di pellicola girati in Tibet a causa dei quali gli attori e lo stesso regista sono stati banditi dalla Cina vita natural durante.

Protagonisti



Trama

Attenzione, da qui in poi questo articolo contiene spoiler

Lo spoiler non serve, visto che il film è vecchio come mio nonno e tutti lo conoscono[1]. A quell'epoca Brad era ancora un uomo. Già un po' culo ma pur sempre un uomo.

Tibet, 1939. Si sta svolgendo una processione buddista in dove i monaci partecipanti portano doni al Dalai Lama[2]; oltre ad oro, incenso e mirra, uno dei doni del popolo è un carillon, molto probabilmente comprato in una televendita di Mediashopping e spacciato come autentico: si sa che i cinesi ci campano con questa roba!

L'addio alla partenza

Il protagonista del film è Heinrich Harrer, un giovane e superbo scalatore che prima di partire alla volta dell'Himalaya, dove dovrà conquistare il Nanga Parbat[3] per conto del Terzo Reich, affida la moglie incinta al suo migliore amico Horst[4]. Arrivati alla stazione vengono cosparsi di bandiere naziste a non finire, anche se lui non sembra molto convinto: è austriaco e al massimo gli austriaci possono diventare governatori della California. La moglie, affranta e piangente come un salice, cerca di vederlo attraverso i finestrini del treno ma lui, indifferente, si sta già limonando una tedesca dagli occhi di ghiaccio, affermando:

Il treno, per la gioia del carissimo amico di Heinrich, finalmente parte e si intravedono dal finestrino meravigliosi paesaggi: monti innevati, cascate mozzafiato, donne in bikini, Mora al mare, Montano in montagna. Dopo ottomila km e due soste in area di servizio per controllare la pressione degli pneumatici, il treno arriva e la spedizione può partire alla volta del Nanga Parbat.

Vacanze sulla neve

Heinrich Harrer quasi giunto sulla cima del Nanga Parbat con un membro della cordata.
Il 29 luglio 1939 Harrer decide di passare le vacanze tra i monti dell'India ma a quanto pare non se ne intende tantissimo di neve e ghiaccio visto che, senza l'ausilio di slittino o sci, percorre circa quattrocento metri di caduta libera in scivolata sul ghiaccio, nuovo sport proposto da allora alle Olimpiadi, e si fa pure male alla gamba ferendosi con un rampone, soltanto per il gusto di farlo. Gridando come un ossesso:

e dopo una medicazione degna di Rambo, del tipo nulla e avanti[citazione necessaria], si dirige verso il gruppo che se ne è fregato bastardamente di lui proseguendo la scalata, rischiando inoltre di morire dissanguato per aiutare un compagno in difficoltà. Giunti al campo base e piantate le tende, i nostri rimangono bloccati diversi giorni a causa di una tormenta, finché una magnanima valanga spazza via tutto, compreso lo zaino di Heinrich con tutta la collezione di giornaletti pornografici che si era portato dietro[5]. Dopo questa grave perdita, la spedizione viene interrotta e il gruppo si ritira verso valle. Ma qui ad attenderli c'è un commando molto ben addestrato di soldati di sua Maestà la Regina che arresta i poveri scalatori crucchi per omissione di vetta e li costringe a giocare a nascondino.

La residenza forzata dentro al recinto, come allo zoo

I malcapitati scalatori vengono portati in un campo profughi di prigionia[6]. E da questo momento in poi non fanno altro che escogitare dei piani di fuga, più o meno validi. Harrer tenta di fuggire in solitaria, ritenendo la cosa più semplice ma finendo ogni volta per essere catturato tra gli sberleffi e sbattuto in cella di rigore, sempre e comunque con la barba tagliata a puntino.
E ogni volta che, sempre più confuso, si ripresenta dai suoi compagni che giustamente lo prendono per il culo, la frase di rito è la medesima:

Un giorno di pioggia Andrea e Giuliano, in sala mensa, accuratamente disinfettata dalla donna delle pulizie, Harrer riceve una lettera della moglie con allegati i documenti per il divorzio e una sua foto assieme a Horst in pose compromettenti. Il nostro protagonista, sentendosi tradito dall'amico al quale teneva particolarmente, scoppia in lacrime e si dirige verso il filo spinato, deciso a mettere fine alla sua inutile e poco onorata esistenza. Purtroppo[7] non ce la fa. Sfigato fino all'ultimo...
Finalmente, anni dopo, la fuga viene portata a termine e non certo per merito suo che come si è visto non è il migliore per certe scelte. I tedeschi riescono ad eludere la sorveglianza dei soldati inglesi con un sapiente travestimento da schiavi cinegri. Harrer, come al solito strabordante di ego, abbandona il gruppo che gli ha permesso di svignarsela, credendosi figo come Bear Grylls nella foresta amazzonica, ma non ha fatto i conti con una scatoletta di tonno avariata che gli fa vomitare l'anima fino all'arrivo di un suo vecchio compagno che, misericordioso, gli offre una magnesia San Pellegrino.

Alla volta del Tibet

Monaci tibetani in riunione.

I due compagni decidono di percorrere la stessa strada alla volta del Tibet[8] dove vengono accolti in malo modo e vengono rispediti in India. Ricevono in dono da alcuni monaci una sciarpa bianca, probabilmente con la scritta Telethon sopra, un po' come succede con i clandestini che salpano sulle coste italiane. Solo che a loro viene dato in dono solo un buon motivo per andarsene[citazione necessaria]. Harrer continua a pensare alla situazione che si è lasciato alle spalle, nella sua casa in Austria, a quella cara persona che ha deciso di separarsi per sempre da lui, gettandolo in un turbine di sconforto e gelosia: il suo migliore amico Horst che ha sposato la sua ex moglie. È sconfortato anche per il figlio, ma solo un po'.
Scena dopo scena, mese dopo mese, lo ritroviamo sempre più barbone e sempre più deciso a rientrare a Lhasa. Grazie al bugiardino di un kit per il pronto soccorso e assieme all'amico Peter, riesce a raggirare una guardia di un mercato delle pulci e a varcare i confini della Città Proibita, la città sacra dei tibetani. Sul portone d'ingresso è scritto in bella vista per tutti i residenti "Prima regola della Città Proibita: non si parla della Città Proibita...".
I nostri amici, dopo aver tentato di soffiare il cibo a due poveri cani randagi, vengono ospitati in casa da un ex ministro della difesa del governo tibetano, che gli offre i suoi servigi, il suo cibo, la sua acqua e le sue donne. I due fanno la conoscenza di una sarta molto gentile e graziosa, anche se gialla, alla quale ovviamente ambiscono entrambi. Non c'è neanche bisogno di specificare che la donna sposerà Peter.
Harrer trova lavoro come geometra, non senza le difficoltà legate all'estrema spiritualità del popolo tibetano, fin quando viene convocato dal giovane Dalai Lama, probabilmente perché non riesce a sbloccare il 5° livello di Age of Empires II o per sapere come preparare gli spaghetti alla carbonara.

Mao Zedong invade il Tibet

Se mi tocchi il cappello ti spezzo le mani...

In cielo, per completare il quadro delle citazioni presenti nel film, compare pure la stella cometa: ci manca solo Giacobbo che indaga sui templari e il quadretto è completo...
Un comunicato radio annuncia che Mao Tze Tung è stato proclamato capo della nuova repubblica popolare cinese anche se al tempo nessuno sapeva chi fosse: pare infatti che la notizia passi inosservata dai più. Heinrich, come in Nuovo Cinema Paradiso, costruisce per il Dalai Lama un cinema, che aziona grazie al motore di una Dodge Viper II serie di colore rosso. Purtroppo il giovane Lama, nonostante riesca a svagarsi grazie alla sala cinematografica, ha incubi frequenti e sogna battaglie a suon di mitragliatrici, bombe a mano e discorsi di Luca Giurato. Rivede nella sua mente scene di eroi, di draghi e di orchi, misti a un po' di porno, che non fa mai male. Nei suoi sogni la battaglia si svolge tra i mentecatti tibetani e il potente ed avanzato esercito cinese che, contando sull'uso di armi all'avanguardia, fa piazza pulita degli improvvisati combattenti tibetani che possono contare solo sull'uso di bastoni, forche, asciugamani bagnati e buone intenzioni. Alla fine la resa è inevitabile e la Cina prende possesso del suo parco giochi: d'ora in poi i bambini cinesi diventeranno mercanti che invaderanno il mondo aprendo ovunque negozi di chincaglieria varia e acconciature mentre gli anziani... beh, non c'è posto per loro, come sempre.
Al suono dell'internazionale i militari cinesi fanno il loro ingresso in Tibet, ma la propaganda elettorale deve avere inizio e nonostante vi sia il divieto di affissione sui muri, la città viene tappezzata di manifesti di Mao, prontamente modificati con baffi e occhiali dai buontemponi tibetani, un po' come succedeva in Don Camillo. Anche il Dalai Lama ha dei sostenitori che però si limitano a scrivere sulle lenzuola che il potere deve essere lasciato a lui, senza sapere che poco dopo passerà qualcuno per usarle davvero quelle lenzuola, ma come sudario. Harrer decide di abbandonare il Tibet con immenso dispiacere del Dalai Lama, che gli offre un degno pranzo di addio. Purtroppo il caro austriaco non può sopportare i banchetti con le bamboline parlanti, le sveglie colorate e tutte le diavolerie che vogliono vendergli per pochi soldi i cinesi appena arrivati e quindi se ne va ancor più deciso.

Se Schwarzenegger è governatore della California io torno in Austria e ci resto

Harrer e Rolf si guadagnano da vivere facendo pubblicità.

Harrer torna in Austria, la sua amata Austria, e va a casa sua[citazione necessaria] per incontrare il figlio Rolf che non ha mai conosciuto e a cui fortunatamente non ha dato un nome così idiota. Il bambino però non vuole saperne di lui, proprio a causa del nome da sfigato che si porta dietro da anni. Il padre, come risarcimento per tutto il tempo che fu latitante, gli lascia nella sua stanza il carillon che il Dalai Lama gli ha regalato (perché si è comprato una sveglietta che fornisce oltre all'ora anche temperatura, giorni alla fine del mondo, umidità dell'Oceano Pacifico meridionale e risultato in tempo reale del Milan, il tutto corredato da tanti led colorati e da musichette di dubbio gusto).
Anni dopo il piccolo Rolf raggiunge una vetta assieme al padre, mangiando assieme a lui una barretta di cioccolato Novi. I due si sono ricongiunti grazie al carillon del Lama.
Quest'ultimo nel 1959 decide di trasferirsi in India dove trova fama e celebrità, che gli permette di ottenere nel 1989 il Premio Nobel per la pace, dopo aver messo fine ad una rissa di quartiere in un sobborgo di Nuova Delhi.
Heinrich e il Dalai Lama sono tutt'ora amici, spesso si scambiano email e giocano assieme a poker online.

Heinrich Harrer rimase fedele al regime nazista nonostante il repentino cambio di camicia nera a quella rossa da fare invidia a qualsiasi democristiano italiano del 1945.

Dichiarò di essere passato dalla parte 'dei buoni' quando non vide più le svastiche appese ogni 40 centimetri per le strade della sua amata Austria. Ciononostante, ebbe molto a cuore la tradizione nazional-socialista al punto di tramandarla al piccolo Rolf, che oggi è parlamentare europeo per conto proprio del Partito Neonazista tedesco.

L'invasione cinese, avanzando giorno dopo giorno, ha permesso al Tibet di conoscere la civiltà e il progresso che solo un popolo evoluto come la Cina poteva fornirgli[citazione necessaria].

Curiosità

L'abuso della sezione «Curiosità» è consigliato dalle linee guida di Nonciclopedia.

Però è meglio se certe curiosità te le tieni pe' ttìa... o forse vuoi veder crescere le margherite dalla parte delle radici?

Heinrich Harrer arriva a Lhasa dopo un lungo e tortuoso viaggio.[citazione necessaria]
  • Durante le riprese del film non sono stati maltrattati monaci buddisti: le controfigure sono state impersonate da professionali galline di razza.
  • La parte più difficile per gli attori è stata imparare a memoria il complicato nome del piccolo Dalai Lama: Jetsun Jamphel Ngawang Lobsang Diagonal Yeshe Tenzin Gyatso Gokù il Sacro Signore Gloria gentile Compassionevole Esimio dott. Difensore della fede Oceano di saggezza Mare di Speranza Latrina del Tibet.
  • La scena in cui Heinrich e Peter rubano il cibo dei cani è stata in parte censurata in quanto conteneva pubblicità occulta di McDonald's.
  • I trasporti pubblici del Tibet hanno querelato il regista del film quando sono venuti a sapere che gli attori sarebbero giunti al cospetto del Dalai Lama a piedi.
  • Il carillon del Dalai Lama è stato acquistato assieme ad un set di pentole e una bicicletta Atala in una televendita Mondial Casa su Canale 5 nel 1939.
  • La madre del Kundun nel film non è altro che la sorella reale del Dalai Lama: ha preferito interpretarla lei dopo aver scoperto che il suo ruolo sarebbe stato dato a Monica Bellucci.

Voci settarie

Note

  1. ^ Il film, non mio nonno.
  2. ^ Scena già vista e rivista tutti gli anni verso il 25 dicembre. In quel caso i partecipanti erano solo tre e il ricevente era appena nato.
  3. ^ La montagna dove Reinhold Messner ha abbandonato il fratello in difficoltà pur di raggiungere la vetta.
  4. ^ A quel tempo non esistevano i condom, ecco perché in Cina le famiglie erano e sono così numerose.
  5. ^ Per passare il tempo nelle fredde e nevose serate di agosto. Suona davvero male, lo so...
  6. ^ Simpatico l'autore: dei tedeschi in un campo di prigionia!
  7. ^ Per noi...
  8. ^ Se fossero andati in Bolivia si sarebbe chiamato Sette anni in Bolivia.
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