Johann Wolfgang von Goethe

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« Vedi Napoli e poi muori. No, sul serio ragazzi, me la sono cavata per un pelo. »
(Goethe sulla sua visita a Napoli.)
« Sí, lo finisco domani... »
(Johann Wolfgang von Goethe sul Faust.)
« Non esiste nulla di volgare che, espresso in modo spiritoso, non diventi umoristico. »
(Anche Goethe approva Nonciclopedia.)
Johann Wolfgang von Goethe (Auschwitz, 28 agosto 1749 - Repubblica di Weimar, 22 marzo 1832) fu un celebre scrittore, musicista e lavavetri tedesco, ma è probabilmente più noto per aver avuto l´abitudine di fare la faccia da pesce lesso quando veniva ritratto, allo stesso modo di altri celebri studiosi italiani, come Leopardi e Manzoni.
Si vocifera che il profilo del padre di Goethe sia stata l´immagine ispiratrice per la celebre silouette di Hitchcock.
Il suo sogno in origine era quello di fare l´astronauta, ma lasciò perdere quando si rese conto di vivere nell'epoca sbagliata.

È ancora al giorno d´oggi considerato come l´ultimo uomo universale, anche se nessuno sa esattamente cosa significhi questa affermazione, men che meno chi l´ha detta. Un fattore molto rilevante nelle sue opere è la sua passione per l´Italia e per Napoli in particolare; gran parte delle sue storie, infatti, parla di creature infernali e di contratti con Mefistofele. Morì nel 1832 a Weimar, di infarto cardiaco, senza che nessuna delle sue millemila mogli fosse al suo fianco. Pare che le sue ultime parole fossero state "Più luce... Vedo più luce.". Si è supposto, quindi, che prima della morte si stesse lamentando dell'ultimo rincaro delle bollette, prerogativa evidentemente non solo nostrana.

La vita

Infanzia e adolescenza

Nato a Francoforte sul Meno, il piccolo Johann venne soprannominato "Highlander" dai genitori, perché, mentre tutti i loro cinque figli successivi morirono pochi giorni dopo la loro nascita, lui sopravvisse senza problemi, l´unico della prole ad eccezione della sorella Cornelia Friederike Christiana[1]. I primi anni della sua vita furono molto difficili, perché i suoi parenti avevano grandi aspettative per lui: a tre anni, il padre gli regalò per Natale un teatro di marionette, costringendolo a comporre un´opera in terzine incatenate in endecasillabi sciolti per intrattenerlo durante l´ora di pranzo. Il povero Johann non aveva ancora capito come usare correttamente il vasino, ma, sotto la minaccia di non poter più giocare con il Game boy, scrisse la Divina Commedia con il contenuto dei suoi pannolini. Ma nonostante l´immensa mole di lavoro, il piccolo Johann non ottenne altro che una denuncia per plagio, fu messo in castigo per due settimane, e mandato a letto senza cena.

Diventato iperpoliglotta[2] a sette anni, avrebbe il potenziale per essere un professore universitario a undici, ma, poiché l´insegnamento non è la sua vera passione, lascia perdere questa strada, e si allena quindi a diventare una velina, in vista delle nuove selezioni previste a Francoforte.
Pablo Picasso ebbe più fortuna di Goethe alle selezioni di Malaga del 1920. Johann commentò sprezzante dall´Oltretomba: "Ero molto più figa io".
Sfortunatamente, non avendo né il fisico, né la grazia, né tanto meno altre qualità per questo mestiere, viene liquidato da un allora giovanissimo Ezio Greggio, che lo sbologna con uno sprezzante "Se vuoi, puoi aiutare dietro le quinte". Inutile dire che questa umiliante esperienza condizionerà moltissimo il piccolo Johann, che si nasconderà dietro i suoi libri per molti anni, finché la madre non lo chiamerà perché la cena si stava raffreddando.

Ormai adolescente, Johann deve decidere cosa vuole fare nella vita. Egli vorrebbe seguire i corsi di letteratura classica e retorica a Gottinga, non perché era interessato alla materia, ma perché la Gottinga di allora era un po´ la Las Vegas di adesso; ma il padre, che evidentemente voleva bene al figlio quanto ad una colica renale, lo convinse con le sue grandi capacità oratorie a studiare diritto a Lipsia.

« Tu fai quello che dico io e non ti puoi lamentare. Pappapero. »
(Le grandi capacità oratorie del padre.)

E così, Goethe si avviò triste verso l´università, consolandosi con il fatto di potersene andare da quella casa di merda, e di avere 1200 fiorini da poter spendere in corse clandestine di cani, e in videogiochi per la Playstation.

Periodo a Lipsia (1765-1768)

A Lipsia, Johann è inizialmente spaesato: essendo sempre stato un cocco di mamma, non si era mai disturbato a lavare i piatti, o a fare il bucato, e di conseguenza passò i suoi primi due mesi da scapolo rintanato sotto il letto, a piangere e a volere il ciuccio. Ma per sua fortuna incontra Kätchen Schönkopf, nerboruta badante rumena che gli insegna a fare le faccende di casa, e di cui finisce per innamorarsi. Il periodo del loro amore coincise con un notevole aumento di ispirazione per Johann, che scrive Die Laune des Vorliebes e Die Mitschuldigen, due commedie banali e subito dimenticate dalla critica, ma che comunque convincono Goethe di avere un talento come scrittore.

Si impegnò moltissimo, quindi, a creare nuovi poemi, cercando faticosamente di trovare un editore disposto a pubblicarli. Tristemente, non ci fu una singola casa editrice che considerava i suoi lavori degni di essere mandati in stampa. L´unico giudizio positivo arrivò dalla rivista Verstopfung und Abführmittel[3] che affermò che il suo manoscritto fosse esattamente ciò che i loro lettori volevano. Per qualche strano motivo, fu Goethe stesso a rinunciare a quella fantastica opportunità. A questa già infausta situazione, si aggiunse un´infezione polmonare, che lo costrinse a ritornare con la coda fra le gambe a Francoforte, senza aver di fatto nulla di rilevante per tre anni, se non, forse, l´aver perso la verginità con la già citata badante rumena.

A Strasburgo (1770-1771)

Tornato a casa, Johann sta malissimo: soffre di coliche, vomita sangue, deve sottoporsi ad un intervento chirurgico al collo e ha una forma compulsiva di diarrea lancinante. Ormai convinto di avere i giorni contati, si rintana nel letto in camera sua, passando i pomeriggi su Chatroulette e leggendo Topolino. Per quanto sembri paradossale, i giorni in cui poteva morire da un momento all'altro furono i più felici per Goethe, il che fa capire quanto triste sia la sua intera esistenza. Ma la madre, che col passare del tempo si era convinta che il figlio stesse facendo finta per poter bigiare la scuola, gli somministrò a viva forza una supposta e lo spedì a Strasburgo, convinta che così il figlio potesse terminare l´università, trovare un lavoro, magari portare a casa due lire e perdere cinque chili.

Così un ancora infermo Goethe si mise a studiare con profitto materie come francese e letteratura classica, rimpiangendo comunque quei bellissimi pomeriggi passati in casa ad ammazzarsi di pippe. In questo periodo, Johann incontrò moltissimi luminari tedeschi, e rimase colpito soprattutto da un racconto risalente al ´600, "La tragica storia del dottor Faust". La lettura di quest'opera lo influenzò moltissimo, e quindi iniziò a riscrivere la stessa opera chiamandola semplicemente "Faust", o, come è più comunemente ricordata, "l´opera più lunga e prolissa dai tempi della Bibbia".
Faust, in un ritratto dell´epoca.
Infatti, quando inizia la prima stesura, Goethe ha meno di vent'anni. Completerà il suo lavoro solo sessant'anni più tardi, consegnando al suo editore un malloppo di migliaia di pagine, dicendo: "Scusa se c´ho messo un po´, ma la storia mi ha preso troppo". Grazie a questo, fu suo il premio di "Autore con più ampio ritardo nel finire un libro", record soffiatogli qualche secolo dopo da Christopher Paolini.

Ma la vita di Goethe a Strasburgo non fu solo studio e lettura. Infatti, sappiamo di lui che ha passato un buon ammontare di tempo con tale Friederike Brion, un´avvenente ragazza la cui facilità a smollarla era conosciuta in tutta la Foresta Nera. La sua frequentazione con lei coincise con un nuovo aumento della vena poetica del ragazzo: a lei dedica infatti numerose liriche, le quali ebbero più fortuna delle precedenti; nel senso che, mentre le precedenti furono lo zimbello di tutti gli scrittori contemporanei, queste non videro mai la luce del sole, ma solo quella del fuoco mentre venivano bruciate da Goethe stesso.

Nonostante questo fosse un periodo più che positivo per la sua media, non tutto andò per il meglio: la sua tesi di laurea venne usata come carta igienica dai professori, e quindi Johann non poté diventare "dottore in legge", ma ottenne solo il titolo di "Licentiatus juris", che valeva circa come il diploma del Radioelettra di Torino. Quando ormai era giunto il momento di tornare a Francoforte, fu costretto ad abbandonare anche la sua amata Friederike. Tale esperienza è stata descritta in un commovente dialogo che troviamo in uno dei suoi libri:

Goethe : Ah, quanto forte e profondo il mio amore per te! Potesse il cielo aprirsi, e portarci nel Paradiso Terrestre, solo noi due, per sempre, ad amarci e a comprenderci vicendevolmente, fino alla fine dei tempi.
Friederike : Sono in ritardo.
Goethe : Ecco, devo proprio andare.

Goethe, dopo l´annuncio di Friederike, cerca di trovare una via di fuga analizzando la stanza.

Ma nonostante tutto, i due si rincontreranno amichevolmente otto anni dopo, Friederike in compagnia del suo bambino di sette anni.

Il periodo a Wetzlar

Per qualche strano motivo, ogni volta che il povero Goethe tornava a casa, veniva rispedito dai suoi genitori da qualche parte, facendo assomigliare la sua vita ad una Odissea in chiave moderna. Infatti, dopo aver conseguito la laurea ed essere tornato a Francoforte, venne mandato a Wetzlar, città talmente nota e famosa che non compariva nemmeno su Google Maps. Là Johann avrebbe dovuto esercitare la professione di avvocato, ma in realtà passava le giornate al bar, a discutere delle formazioni di calcio insieme ad un altro branco di mantenuti che si spacciavano per studiosi.

Lì stringe una salda amicizia con Johann Christian Kestner, anche se, a voler essere onesti, di lui a Goethe gli importava poco o niente; ma la sua fidanzata, tale Lotte Buff, aveva vinto il premio "Girovita stellare Wetzlar" per tre anni di fila, e non era un segreto che Wolfgang avesse un'indole farfallona. Cercò continuamente di convincere Lotte a concedersi, ma tutto ciò che ottenne fu una serie quasi interminabile di due di picche. Ormai stanca della sua insistenza, Buff chiese un ordine restrittivo contro Goethe, che forse aveva un po´ esagerato con il suo corteggiamento quando si era introdotto a casa sua di notte per rubarle la biancheria intima. Solo e senza amore, e con il divieto di avvicinarsi alla sua amata in un raggio di tre kilometri, l´11 settembre 1771 Johann tornò nuovamente a Francoforte, chiedendosi dove diamine lo avrebbero spedito i suoi questa volta.

Periodo a Weimar e viaggio in Italia (1775-1788)

La sua destinazione successiva fu Weimar, cittadina di seimila anime scarse, governata da un comune tiranno tedesco. Qui Goethe si dà alla bella vita, vivendo di rendita grazie alla sua nomina a "consigliere segreto", una carica che gli concede di lavorare al massimo un paio di ore al giorno, per poi tornare nella sua casa con piscina e impianto home theater. Da ciò si può dedurre che Johann fu, di fatto, uno dei primi parlamentari italiani, nonostante la nazionalità non fosse quella corretta. In questo periodo di relax puro, ricevette però una terribile notizia: il padre era morto, lui doveva fare un elogio funebre, e quel bastardo l´aveva pure escluso dal testamento.

Controvoglia quindi tornò a casa ad organizzare il funerale. Visto che il padre fino a quel momento aveva comandato ogni aspetto della sua vita, bisogna dire che l´elogio funebre di Goethe non fu uno dei più toccanti. Si dice, infatti, che in mezzo alla cerimonia fosse scoppiato a ridere, gridando: "Finalmente posso andare in bagno quando voglio io!". Dopo il funerale, uno Johann ancora festante tornò a Weimar a riprendere la sua vita là dove l´aveva lasciata, una volta tanto di sua spontanea iniziativa.

Ma purtroppo per lui, la pacchia era finita. Ormai doveva lavorare sul serio, e l´aver ottenuto un titolo nobiliare lo costrinse a interessarsi di politica e di legge, cose che a lui non interessavano per niente[4]. Quando ormai era tentato di farla finita, trovò per terra un dépliant pubblicitario che descriveva le bellezze e le meraviglie dell´Italia:

« Sei un uomo dalla dubbia moralità che detesta faticare, ma che comunque vuole ottenere la creme della vita senza il minimo sudore? Vieni in Italia! Troverai altre migliaia di persone che condividono i tuoi stessi interessi! E che tu ci creda o no, hanno tutti ruoli di potere! L´Italia: dove la meritocrazia conta quanto l´onestà. Cioè molto poco. »
(Il fantastico depliant che cambiò la vita a Goethe.)

Stanco di tutto, Johann fece la valigia e scappò dalla finestra di camera sua con delle lenzuola annodate, da novello carcerato.

L´inizio del suo viaggio non fu dei migliori. Infatti, nonostante in Germania si vantasse di essere un esperto conoscitore della lingua italiana, di fatto le uniche cose che sapeva dire erano frasi da rimorchio. Storica rimane la sua sfortunata esperienza con un taverniere di Rovereto che non conosceva il tedesco: quando chiese a Goethe se avesse i soldi per una stanza, lui rispose[5]:

« Ehi bella, perché non mi fai ballare sotto le lenzuola? »
Venne sbattuto fuori a calci in culo, ma non prima che il taverniere
Goethe mentre si chiede pensieroso come cavolo abbia fatto a finire in Portogallo.
ebbe soddisfatto la sua richiesta.

Trovò in seguito molte difficoltà ad orientarsi, tanto che dopo un po´ ritornò al confine con la Germania. Dopo aver notato che la mappa era al contrario, si rese conto che il nord era in alto e il sud in basso, riuscendo così a raggiungere Venezia, Roma e Caltanissetta, dove restò per ben due anni. Alla fine, visto che ancora non aveva imparato a parlare, decise di andarsene pure dall'Italia per tornare a Weimar, a scrivere altre opere letterarie. O grattarsi le palle, non ricordo.

Ritorno a Weimar e morte

Tornato in madrepatria, non godeva più della fama e del rispetto che aveva ottenuto in precedenza: nella gerarchia sociale veniva dopo il giullare di corte, ma almeno prima dello scemo del villaggio. Questo fu un periodo veramente buio della sua vita, peggiore persino di quella volta che il barbiere gli aveva fatto un taglio da ricchione in quinta elementare ed era stato sottoposto al pubblico gabbo; l´unica cosa che gli restava da fare era continuare a scrivere opere letterarie e musicali.

Morì da solo e dimenticato da tutti a casa sua nel 1832, non prima di vedere tutti i suoi figli morire prima di lui, i quali, evidentemente, avevano preso la voglia di vivere dai loro defunti zii. Per quanto le cronache affermino che le sue ultime parole siano state "Più luce", in realtà possiamo affermare con sufficiente sicurezza che furono invece: "Ma che vita di merda". E non possiamo biasimarlo.

La produzione letteraria

Johann Wolfgang von Goethe fu probabilmente uno degli scrittori più prolifici della storia; scrisse decine di racconti e romanzi brevi, un centinaio di opere teatrali, e talmente tante poesie che nessuno è ancora riuscito a contarle tutte. Se invece contiamo solo gli scritti che non facevano pena, ne possiamo contare ben quattro, forse cinque se vogliamo essere gentili. Che vita sprecata.

I dolori del giovane Werther

   La stessa cosa ma di più: I dolori del giovane Werther.

Trattasi di un romanzo epistolare che racconta la triste storia di Werther, un giovane uomo perdutamente innamorato di Lotte, una bellissima donna che però è già stata promessa a un finanziere di nome Albert, e che di conseguenza deve rifiutare l´amore che Werther le offre.

Come dite? Vi ricorda vagamente la storia di Goethe a Wetzlar? No, vi sbagliate. Il fatto che cambiando il nome di Werther con quello di Goethe e quello di Albert con quello di Johann Christian Kestner la storia resti la stessa è solo una coincidenza. Sì, anche il fatto che la donna si chiami sempre Lotte è una coincidenza. Già. Che fantasia quel Goethe.

Le affinità elettive

   La stessa cosa ma di più: Le affinità elettive.
Questo romanzo tratta della storia di Edoardo, Carlotta, il Capitano[6] e Ottilia. Edoardo e Carlotta sono dei tranquilli sposini che vivono in un normale castello, finché, un giorno, non decidono di invitare senza alcun motivo apparente un vecchio amico di Edoardo e la figlia della migliore amica di Carlotta.
La copertina del romanzo.

A questo punto il romanzo prende una piega scambista, in quanto Edoardo tradisce Carlotta con Ottilia, mentre Carlotta tradisce Edoardo con il Capitano, che tradisce Carlotta con Edoardo, che tradisce il Capitano con Brook. Ad un certo punto Carlotta impazzisce e uccide Ottilia, per poi rimanere incinta del Capitano e causare il suicidio di Edoardo raccontandogli della morte di Ottilia. Alla fine impazzisce anche Carlotta[7], suicidandosi dopo aver partorito il figlio del Capitano. Per via della sua trama a dir poco contorta, questo romanzo era il preferito di tutte le casalinghe ciccione del ´700, che potevano così sopperire alla mancanza di Uomini e Donne con la lettura.

Faust

   La stessa cosa ma di più: Faust.

Considerato il capolavoro di Goethe. Un giorno, Dio e Mefistofele, annoiati dalla vita normale, decidono di fare una scommessa: Dio scommette che Mefistofele non potrà mai condurre al peccato Faust, un uomo molto pio e con una pazienza da guinness, e che se ce la farà potrà prendersi la sua anima all'Inferno.

Da questo punto in poi, tutto il romanzo consiste nel vedere questo povero cristo di Faust sorbirsi tutte le punizioni e i dolori che il diavolo può inventarsi, senza sapere il perché, e senza potersi lamentare, perché questa è "la volontà di Dio". Alla fine Faust, dopo essere stato pure accecato, si sfoga finalmente contro il fato e il destino bestemmiando come un turco, e viene quindi rapito dal demonio. Solo attraverso un complicato cavillo, Dio riesce a salvare Faust e a trascinarlo in Paradiso, anche se lui comunque avrebbe preferito schiattare in santa pace.

Curiosità

L'abuso della sezione «Curiosità» è consigliato dalle linee guida di Nonciclopedia.

Però è meglio se certe curiosità te le tieni pe' ttìa... o forse ti incuriosisce sapere com'è dormire coi pesci?

  • Fino in punto di morte credeva di essere "un uomo di mondo, che aveva conosciuto moltissime culture". In realtà, aveva visitato soltanto Germania ed Italia.
  • Si dice che abbia bruciato metà di tutto ciò che ha scritto. Viene spontaneo chiedersi quanti libri abbia effettivamente concluso nel corso della sua vita.
  • Nonostante gli venga attribuita importanza mondiale, ben pochi hanno la più vaga idea di chi sia e che abbia fatto.
  • Ci sono svariati romanzi in cui Goethe racconta la sua vita cambiando però il nome del protagonista. Il più celebre di tutti è il già citato "I dolori del giovane Werther".

Note

  1. ^ Che comunque tirò le cuoia a 27 anni.
  2. ^ Vuol dire sapere più di sei lingue.
  3. ^ Letteralmente "Stitichezza e lassativi".
  4. ^ Nonostante questo fosse il suo titolo di studio.
  5. ^ Probabilmente fraintendendo l´accento dell´oste.
  6. ^ All´anagrafe Antonio G. Capitano.
  7. ^ Sì, di nuovo.


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