Silvio Pellico

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« Chi mente, se anche non scoperto, ha la punizione in sé medesimo; egli sente che tradisce un dovere e si degrada. »
(Silvio Pellico, uno che viveva con i piedi per terra)
« Ma chi cazzo è Silvio Pellico? »
(Tutti)

Silvio Pellico è stato il Ned Flanders del XVIII secolo. Deve fama immortale al libro di memorie Le mie prigioni, scritto su carta igienica durante l'incarcerazione nella fortezza dello Spielberg.

Baciapile cercasi

Silvio Pellico nell'annuario di Hogwarts del 1806.

Nasce il 25 giugno 1789 a Saluzzo, patria degli Arbre Magique al gusto di merluzzo, da Onorato Pellico e Margherita Tournier, due savoiardi che si erano conosciuti in un tiramisù. Sia Silvio che i quattro fratelli ricevono un'educazione cattolica: vengono cioè molestati dal parroco.
Fin da piccolo Silvio si contraddistingue per l'untuosità, la saccenteria e l'aria da eterno costipato, qualità che lo rendono particolarmente inviso al resto del genere umano.

Gli anni del collegio non fanno altro che rafforzare la sua fede. Dal fitto carteggio con l'amico immaginario Thomas Turbato apprendiamo che il suo desiderio iniziale era quello di prendere i voti, anche se poi i consigli paterni e la sua natura schiva lo indirizzano verso una più discreta carriera da contabile della mafia.
Nel 1809 si reca in Francia, a Lione, per fare pratica nel settore commerciale con uno zio, ma è costretto a un mesto ritorno a casa perché lo zio si rifiuta di aprirgli la porta. Tornato in patria, aderisce all'ACR, all'Opus Dei e al consiglio pastorale di Vergate Sul Membro. Pellico è ormai un cattolico così fervente che a volte recita il rosario anche mentre va a trans.
Di pari passo coltiva la passione per la letteratura: entusiasta della poesia neoclassica, inizia a frequentare le case di Vincenzo Monti e Ugo Foscolo fino a che una sentenza del Tribunale di Torino non gli impone di tenersi ad almeno 500 metri di distanza da costoro. Si dedica allora alla scrittura di tragedie in versi di impianto classico, come Laodamia, Eufemio di Messina e Osteria numero mille.

Nello stesso periodo è precettore del piccolo Odoardo Briche, il quale si suicida nel 1817 con una fucilata. È davvero inspiegabile che un ragazzino di nome Odoardo Briche, con Silvio Pellico come precettore, possa scegliere di togliersi la vita.

Pellico spara, l'Austria sta a guardare

Nel 1815 investe tutti i suoi risparmi per portare in scena la tragedia Francesca da Rimini, con l'allora esordiente duo Gigi e Andrea. Purtroppo la contemporanea uscita nelle sale di Rocky lo condanna al fallimento. Bisognoso di denaro, Pellico trova occupazione in casa del conte Porro Lambertenghi, dove ricopre il ruolo di abat-jour. La vivace atmosfera intellettuale di casa Porro Lambertenghi gli permette di stringere rapporti con i maggiori personaggi della cultura europea, quali Madame de Stael, Bono e la tettona bionda del Grande Fratello 4.
Traviato da queste frequentazioni, Pellico smette i panni del timido prete mancato, si compra un chiodo in pelle, una Harley-Davidson e inizia a girare l'Italia perorando la causa carbonara.

Maroncelli e Pellico allo Spielberg. Il volto di quest'ultimo è nero a causa delle percosse.

Nel 1819 si innamora della nobildonna Cristina Archinto Trivulzio. Se uno aveva un nome normale Pellico non voleva averci niente a che fare.
La relazione, già travagliata a causa del blocco psichico che permetteva a Pellico di godere soltanto attraverso la polluzione notturna, riceve il colpo di grazia il 13 ottobre 1820, quando il carbonaro Piero Maroncelli, detto Gola profonda, viene fermato dalla polizia austriaca per un normale controllo. Nelle tasche di Maroncelli gli agenti trovano un'agenda con nomi, cognomi, numeri di telefono, indirizzi, descrizioni fisiche, gruppi sanguigni e abitudini alimentari di tutti gli affiliati al gruppo carbonaro.

Maroncelli, Pellico e Enzo Tortora (poi scagionato da ogni accusa) vengono condotti alla prigione dei Piombi di Venezia, dove restano in attesa di processo per circa dieci minuti (l'amministrazione asburgica non conosceva lungaggini burocratiche), tormentati dall'aria insalubre e da una dieta a base di pantegane. Il celebre Processo Maroncelli-Pellico, trasmesso in diretta su RAI1, tiene incollati allo schermo milioni di telespettatori e si conclude con una duplice condanna a morte. Con un coup de théâtre, però, l'avvocato della difesa Carlo Taormina riesce a far commutare la sentenza: venti anni di carcere duro per Maroncelli, quindici per Pellico. Nell'occasione Maroncelli si aggiudica anche il Premio Infame dell'Anno, battendo il favoritissimo Carmine Cutolo, pentito di Cosa Nostra.
Nel marzo 1821 i condannati vengono tradotti nella fortezza austriaca di Spielberg, situata a Brno, in Repubblica Ceca, proprio di fianco al circuito.
Cosa che rende loro difficile chiudere occhio.

Pellico vive in un cubicolo fetido per dieci lunghi anni, senza la possibilità di ricevere visite e di cambiarsi i calzini. La sua unica consolazione è la compagnia di Maroncelli, l'uomo che lo ha fatto arrestare.
Nel 1823 Pellico taglia la gamba sinistra di Maroncelli con un coltello da burro. Così, per sport. Passa il resto della condanna in isolamento, impegnato in accese discussioni di natura teologica con Antonio Fortunato Oroboni, una macchia di muffa sul muro.

Edward Bunker, ma levate!

Silvio Pelvico.

Dalla dura esperienza carceraria trae il soggetto per Le mie prigioni, che dà alle stampe nel 1830 e che ottiene subito grande popolarità, rimanendo in cima alle classifiche delle ciofeche per 57 settimane consecutive, prima di venir superato da Scusa ma ti chiamo amore di Moccia. Nel libro Pellico non fa altro che innalzare lodi a Dio e alla Chiesa per tutto quello che gli capita in carcere: gli scarafaggi, il rancio scadente, il freddo, le malattie, i pestaggi.
Il primo ministro austriaco Metternich tenta invano di vietarne la pubblicazione, perché il libro di Pellico rivela importanti segreti di stato, prima su tutti l'abitudine dei secondini di picchiare i detenuti sotto le piante dei piedi per puro diletto.
L'opera ha anche il grande merito di aver fatto conoscere al mondo il tradizionale scherzo della saponetta.

Forte di questo successo, torna a sfornare tragedie: Gismonda da Mendrisio, Erodiade, Quel gran pezzo dell'Ubalda. Pubblica anche il libro morale I doveri degli uomini e Memorie dopo l'eradicazione di un molare, andato purtroppo perduto.
Negli ultimi anni, a causa della forzata astinenza patita in carcere, decide di recuperare il tempo perduto e col nome d'arte di Silvio Pelvico diventa un pornoattore. Ancora una volta si rivela pensatore lungimirante e proiettato verso il futuro. Anche troppo, visto che il cinema nascerà solo sessant'anni dopo. Questo, unito alle sue ridotte capacità amatorie, fa sì che la sua carriera nel dorato mondo del porno tramonti ancor prima di iniziare.
Disilluso e amareggiato, Silvio Pellico si ritira a Bucatini Terme, ospite dell'amica contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare. Qui, ormai cieco e pazzo, muore il 31 gennaio 1854 ingoiando il proprio catetere.

Intitolazioni

A Silvio Pellico è intitolato un liceo classico a Cuneo, una scuola elementare a La Spezia e un coffee shop ad Amsterdam.

Voci correlate



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