Ennio Flaiano

Ennio Flaiano (Pescara, 5 marzo 1910 - Roma, 20 novembre 1972) è stato un portatore sano di baffi con l'hobby del fumo della pipa. Che altro dire... ah, già! Egli scrisse, perché sapeva scrivere, almeno così è stato detto da un sacco di gente. E per quale motivo non si dovrebbe credere a ciò che dice un sacco di gente? A parte la comodità di poter fare proprio un pensiero preconfezionato, riconosciuto e certificato dai più, si evita l'immane faticaccia di dover leggere le sue opere e, risvolto di non poco conto, si risparmierebbero tanti quattrini che andrebbero ad ingrassare i pingui e flaccidi ventri dei librai, che andassero a zappare anche loro, accidenti.
L'infanzia e la pubertà
Ultimo di sette figli, Flaiano aveva due genitori alquanto distratti: dimenticavano spesso l'indirizzo di casa e per questo furono costretti a traslocare varie volte, da Pescara a Camerino, da Senigallia a Chieti, passando per Fermo[E chi si muove?]. Inoltre, solo dopo la nascita del piccolo Ennio si resero conto di non avere i mezzi necessari per tirare su come si deve una prole tanto numerosa. Per questo motivo l'ultimogenito trascorse infanzia e adolescenza da un collegio all'altro, dove veniva spesso punito perché sorpreso più volte nei bagni comuni intento a fumare la pipa e a riempire i rotoli di carta igienica di appunti incomprensibili.
Il 27 ottobre 1922 giunse a Roma, da cui non si sarebbe più mosso in opposizione al nomadismo dei genitori, per completare gli studi, cosa che puntualmente non avvenne. Il treno su cui viaggiava era pieno di fascisti che dovevano effettuare la Marcia su Roma. Per ingraziarsi quegli energumeni raccontò qualche barzelletta, che non venne capita dalla maggior parte dei camerati, però riuscì a convertirne un paio al culto di Gino Bramieri.
I primi scritti e l'incontro col cinema

Nell'Urbe iniziò pian piano a conoscere molti giornalisti, tra cui Aldo Pannunzio e Leo Longanesi, specializzati in elzeviri, termine misterioso di cui tuttora si ignora il significato; i pochi eletti a conoscerlo, fra cui lo stesso Flaiano, sono passati a miglior vita senza rivelarlo all'umanità. Deve essere una cosa potente, però.
Risalgono a questo periodo le prime collaborazioni con alcune riviste dell'epoca, tutte regolarmente censurate dal regime fascista, cosicché nessuno ha mai letto i primi articoli di Flaiano. Lui stesso, del resto, dimenticò ciò che scrisse nel giro di qualche settimana.
Il dopoguerra

Gli anni della Seconda Guerra Mondiale videro Flaiano impelagato in una ridda di pubblicazioni, con ritmi di lavoro forsennati, che lo distolsero dalla realtà: non si accorse mai che c'era una guerra mondiale in atto. Quando vide gli americani a Roma, pensò che fossero turisti un po' stravaganti, quando ebbe luogo il referendum Monarchia vs Repubblica credette che fosse una specie di lotteria di Capodanno fuori stagione, quando i suoi amici tentarono di riportarlo alla realtà, raccontandogli come erano andate realmente le cose, mandò tutti quanti affanculo.
Dall'immediato dopoguerra il rapporto col cinema si consolidò, ma l'affetto di Flaiano restava diviso tra letteratura, giornalismo e sua moglie. A un certo punto Flaiano dovette pagare gli alimenti al cinema e mantenere tra sé e sua moglie una distanza minima di cinque km, così aveva sentenziato il giudice tutelare.
Nel 1947 scrisse e pubblicò Tempo di uccidere, romanzo sulla sua esperienza in Etiopia, che gli valse la vittoria del Premio Strega e una fornitura a vita dell'omonimo liquore. Iniziò ad abusarne e fu costretto a ridurre drasticamente le sue innumerevoli collaborazioni. Però la sera andava a dormire sempre contento. A partire dallo stesso anno scrisse alcune tra le più belle sceneggiature del cinema italiano. Deve essere vero, visto che non esiste un vero e proprio partito di opposizione a riguardo.
Gli anni sessanta e la morte
In questo periodo Flaiano collaborò con i più importanti registi italiani, Da Federico Fellini a Alessandro Blasetti, da Alberto Lattuada a Camillo Mastrocinque, da Mario Monicelli a Mario Soldati, più qualche altra decina. Si può tranquillamente affermare che l'italiano medio abbia forgiato i suoi gusti in materia su quelli di Flaiano. Allora è naturale attribuire a lui la decadenza artistica e di buon gusto nella quale versa la cinematografia italiana attuale.
Nei favolosi anni '60 Flaiano compì alcuni viaggi all'estero, allo scopo di imparare qualche lingua straniera. Purtroppo però, si era fossilizzato sulle sceneggiature scritte in italiano. Numerosi viaggi in Spagna, Francia, Svizzera, Cecoslovacchia, Stati Uniti d'America, Olanda, Israele e Hong Kong, gli fruttarono solo proposte di collaborazione nei più svariati progetti cinematografici internazionali e qualche casino col passaporto, ma lui, al suo ritorno a Roma non era in grado nemmeno di dire de pen is on de teibol. Il fiasco dei suoi viaggi didattici lo prostrò a tal punto che il suo cuore iniziò a dare pericolosi segni di cedimento.

Le opere
Flaiano ha scritto tanto, ma tanto, ma tanto. Ci si chiede non solo come si possa scrivere a tale velocità, ma anche chi è lo scemo che sia in grado di leggere una tale mole di opere. Flaiano ha scritto di tutto, spaziando in ogni tematica dello scibile umano. L'intellettuale medio italiano, spesso e volentieri in compagnia dello zotico ignorantone, si ostinano a millantare la diffusa conoscenza dell'opera omnia di Flaiano, probabilmente perché fa figo e magari si rimedia un po' di figa. Quindi, dal momento che tantissimi dichiarano di conoscere Flaiano e le sue opere, è perfettamente inutile farne un noiosissimo elenco qui, solo per allungare l'articolo.
Le citazioni

Se il lettore sperava di trovare in questo paragrafo una sfilza di aforismi flaianei, beh, puppa! A quanto pare, citare Flaiano è diventato una specie di sport nazionale, soprattutto quando si vuole far apparire l'interlocutore come un incolto stupidotto. Nei talk show e nei contraddittori, l'uso di una citazione di Flaiano equivale all'insulto diretto, specialmente quando è inserita ad minchiam nel contesto del dibattito. Gli aforismi flaianei, usati in questo modo, sortiscono un duplice effetto:
- l'antagonista, che si aspettava una valanga di volgari contumelie, rimane spiazzato dalla finezza lessicale ignorandone spesso il reale significato. Era pronto a rispondere agli insulti con altri insulti, ma non è capace di rispondere con una citazione adeguata;
- se anche lo fosse, verrebbe accusato dall'avversario di copiargli le battute, di fare citazioni inopportune e fuori contesto, di aver esaurito gli argomenti per controbattere e di essere ricchione.
Però, a questo punto, un'ultima citazione ci sta bene:
L'Accademia della Crusca e della Segale è lieta di presentarvi...

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