Enzo Jannacci
Vincenzo "Magno" Jannacci, meglio conosciuto come Enzo, dottore nel buco del cul e anche quello che ha fatto venganchionottunò (Milano, 3 giugno 1943 - Milano, 3 giugno 1945) è stato un predicatore pazzo, menestrello, provocatore e allegro chirurgo del serenissimo Ducato di Milano.
Dotato di uno spiccato sense of humor e abituato a vedere il lato idiota di ogni cosa, Enzo Jannacci è stato uno dei più ferventi e attivi protagonisti della musica italiana del primo, secondo, terzo e poker dopoguerra, nonché utopista convinto che se ognuno fosse pronto a tagliarsi una mano il mondo sarebbe un posto migliore. Intanto, però, lui più in là delle unghie non ci andava...
Biografia
L'incarnazione in uomo di Enzo Jannacci avvenne in circostanze tragicomiche: tragiche perché si era in tempo di bombardamenti, comiche perché quando la mamma partorì si lasciò scappare un peto vaginale che rallegrò la tensione dei presenti.
La madre, d'origine longobarda, era un sergente una sergenta una sergentessa una graduata dell'aeronautica e faceva parte della Resistenza. Anche il padre, d'origine macedone, era coinvolto in qualche modo con la Resistenza, solo che lui era un segugio della Gestapo e il suo compito era sterminarla. Caso volle che il deguello che avrebbe dovuto stroncare le difese partigiane si trasformasse, per due pedine opposte in una partita contro il destino, in una guerra d'amore dalla quale nacque Enzo. Nessuna sorpresa che ogni sua opera fosse percorsa da una spessa vena di ironia.
Dopo aver studiato armonia, composizione, medicina e precipitevolissimevolgia, dopo aver raggiunto l'apice della notorietà e umiliato artisti inferiori del calibro di Hendrix e Gonnario l'imbriagone, dopo aver fatto tappa in Sud Africa, Stati Uniti e Larderello, dopo aver peccato, generato e raggiunto la pensione, dopo aver assistito ai funerali del suo simbionte obbligato Giorgio Gaber... dopo aver fatto tutte queste cose Enzo Jannacci finalmente crepò, che l'era stufo abbestia.
Carriera musicale
Esordio
L'esordio di Jannacci nel campo della musica e dell'intrattenimento fu di tipo "pane e cipolla": abituato da sempre ad arrangiarsi e accontentarsi di ciò che passava il convento, Enzo fece coevolvere la sua testardaggine nel volersi mantenere da solo e la passione per la musica, raggiungendo il successo un gradino alla volta: s'avvicinò al jazz grazie a Ray Charles, che sentì suonare alla radio mentre sgusciava cozze in un city wok di Milano; scoprì il rap e la musica di strada durante il suo periodo da lustrascarpe nei bassifondi di Chicago; imparò ad apprezzare la musica celtica mentre era ai remi di una galera vichinga. Ma fu col rock and roll che nacque il vero amore, nel suo periodo da campanaro nella chiesa di Santi Martiri. Per un bel periodo le campane della parrocchia, invece che il solito mezzogiorno, intonarono A Little Less Conversation, attirando peraltro tanta gioventù e un artista ancora sconosciuto, Adriano Celentano. Egli venne molto colpito da quella sincera devozione per la musica e gli propose di entrare nel suo gruppo di Myspace, i Rock Boys. La collaborazione durò qualche anno, poi Enzo fu costretto a mollare, che a portare una campana da 90 kg in giro per le tournée gli era venuta un'ernia alla schiena terrificante.
L'incontro con Gaber
Era una notte buia e tempestosa quando due menti folli collisero: Enzo Jannacci e Giogio Gaber iniziarono il loro rapporto così:
con un frontale sulla provinciale per Melegnano. Dall'impatto, come il latte che si fonde col caffè, si originò la coppia Enzo e Jannacci, che... No, scusate, volevo dire la coppia Giorgio e Gaber, la quale... Porca troia!... Insomma, si originò un duo di così grande successo che si suppose che l'incidente non avvenne affatto per caso. Qualcosa doveva succedere. Qualcosa doveva entrare in contatto con qualcos'altro. Qualcosa doveva nascere. E pazienza per gli altri sei passeggeri che morirono nello scontro.
Poi però accadde il patatrak: il bar dove I Due Corsari si esibivano smise di servire gli stuzzichini gratis al bancone e la coppia rischiò di morire di fame.
Fu da allora che Enzo divenne un lupo solitario.
Sviluppo
Jannacci continuò il suo cammino sotto l'ascella protettrice di geni musicali tra i quali Franco Cerri, Antonio Salieri e Bud Powel. Quest'ultimo, in particolare, lo istruiva segandogli legandogli il braccio destro dietro i calcagni e obbligandolo a suonare il pianoforte con la mano debole.
Bud Powel fu un maestro coi controcazzi, senza dubbio.
Erano i primi anni 60 ed Enzo cominciò a interessarsi al filone demenziale. Cominciarono a girare titoli strampalati come l'ombrello nel culo di mio fratello, Il cane con gli ombrelli e Umbrella Corporation. Ma il favore del pubblico non accennava a graziarlo. Poi l'amico Beppe Viola gli fece notare che non bastavano i titoli. Bisognava anche scriverle, le canzoni. E finalmente le cose cominciarono a girare pel verso giusto. Una buona stella lo mise sulla stessa strada di Dario Fo, poi Cochi & Renato e infine pure Fabrizio de André, con il quale si incontrò per la prima volta nel 1965 per uno scambio di vedute tra maestri dell'arte:
- Jannacci: “Di' ben so, belìn. Mi sembra che Via del campo somigli un bel po' a La mia morosa va alla fonte, tu che dici?”
- De André: “A beh, sì beh, a beh...”
Il tema dei falliti, dei derelitti e degli emarginati stava molto a cuore a Jannacci. Il suo singolo 7 minuti all'alba: i nani iniziano la giornata in miniera fu dedicato alla madre, uccisa a tradimento trent'anni prima da un ufficiale nazista con la quale aveva appena concluso un amplesso. Venne poi il tormentone Vengo anch'io! No, tu no!, che stette così tanto tempo in cima alle classifiche che quando lo recuperarono era già scaduto e dovettero buttarlo.
Ma poi la doccia fredda: quella che sarebbe dovuto essere un trionfo a Canzonissima 1968 fu un fiasco totale:
- Jannacci: “Ci sono anch'io in finale?”
- Giuria: “No, tu no!”
Una delusione tagliente come la pellicola d'alluminio dello yogurt che convinse un ancor prospero Jannacci a ibernarsi per lunghissimo tempo per far sbollire la rabbia.
Senescenza
Nel 1970 un terremoto in Cina interruppe il sonno criogenico di Enzo, che decise di riprendere l'attività di cantautore con una verve nuova, frizzante, esplosiva.
Ma la collaborazione con Mina fu solo il preludio di un periodo apatico e insapore della carriera di Jannacci, che si ritrovò sballonzolato come una palla da flipper tra apparizioni televisive alle quattro del mattino su Tele Giulianova di Montemarciano e operazioni chirurgiche in ospedali di periferia con pazienti di infimo rango sociale.
In campo musicale le cose non andavano certo meglio: per parecchio tempo il povero Enzo si ritrovò segregato a un ruolo socialmente più utile solo ai creatori di suonerie: il creatore di colonne sonore di film. Peggio ancora: il suo caso prevedeva una specificazione piuttosto sconsolante: creatore di colonne sonore di film che non caga nessuno.
Ma Enzo non era il tipo da scoraggiarsi facilmente. Proprio no. Aveva fatto trent'anni di gavetta, poteva farne trentuno. Per rilanciare la sua immagine decise di rischiare con una moda allora dilagante: i video musicali, capostipiti dei film trash del terzo millennio. Jannacci si giocò quell'ultima carta come un pezzente si gioca la sua ultima fiche alla slot machine, dopo che questa gli ha ciucciato fino all'ultimo spicciolo. Tirò la leva... E fu un tripudio di campane! Come ai vecchi tempi! La controffensiva all'attacco della sfiga ebbe un successo stratosferico!
Collaborazioni con personaggi celeberrimi, bambini che chiedono l'autografo, concerti in Italia e Svizzera, entrate gratis al Louvre, apparizioni televisive, apparizioni mariane, inaugurazioni di ristoranti vegani, inaugurazione di ristoranti carnivori, potere, DONNE!
- Intervistatore: “Fantastico! E poi cosa è successo?”
- Enzo: “E poi niente... quell'impicciona della mia vicina ha chiamato il 118 e mi hanno fatto vomitare i sonniferi appena in tempo...”
Canto del cigno
Il 1984 si svegliò col piede sinistro, pessimo presagio per colui che sa di dover combattere contro il mondo intero.
Discogreve avrebbe dovuto essere l'ancora di salvezza per il rilancio di Jannacci... e invece rappresentò lo scarpone che lo spinse più a fondo nella sabbia mobile del dimenticatoio.
La scrittura dell'inno del Milan avrebbe dovuto ribaltare le circostanze ostili come gli spinaci di Braccio di Ferro... e invece quegli spinaci gli rimasero di traverso.
Parlare con i limoni avrebbe dovuto riallacciarlo col pubblico... e invece fu come parlare a un muro.
Ma la merda più grossa Jannacci la calpestò con Sanremo. Per 10, dannati anni il povero Enzo continuò a sbattere la testa su questo canale, convinto che fosse un eccellente catalizzatore per attirare il favore degli italiani. E su questo aveva pure avuto naso, ma il suo sbaglio fu il puntare su canzoni intelligenti.
Gli anni 2000 portarono solo repliche e acciacchi. L'era del giaguaro era definitivamente tramontata. Enzo prese una decisione definitiva: appendere l'ombrello al chiodo e dormirci su. Con l'aiuto di qualche sonnifero...
Spettacolo
La figura di Enzo Jannacci non è mai stata affiancata all'attore o al personaggio televisivo, almeno non quanto meritasse. Jannacci è stato sempre identificato come il cantante dissacrante, allegro e gracchiante[1]. Un motivo però c'era: Enzo ha effettivamente sempre avuto un avvio un po' tentennante, un percorso accidentato e un epilogo caterattoso.
Iniziò col teatro e, a prima vista, il preambolo fu scoppiettante: col suo Recital 22 canzoni, assieme a Fo, fece registrare al Teatro Odeon di Milano un mese di TUTTO ESAURITO. Purtroppo ci si riferiva alla carta igienica dei gabinetti.
Nel cinema non andò tanto meglio: il miglior risultato fu una particina ne La vita agra, dove interpretò un juke box vivente che strimpellava Quello che gli ombrelli non dicono. Di per sé recitare e in più cantare le proprie canzoni poteva anche essere cosa buona e giusta. Prendeva due piccioni con una fava. Ciò che però non gli andava tanto a genio era che in quel film il juke box veniva rubato da un gruppo di teppistelli e gettato da un cavalcavia dell'A3. E trovare la controfigura di un juke box negli anni 70 non era mica facile.
Con la televisione ebbe invece un guizzo leggermente più positivo: per quasi cinquant'anni le sue apparizioni mantennero una regolarità tale che si sospettò un doping a base di Activia. Il sogno di Enzo era un inizio stentato e un epilogo stellare. Sfortunatamente, con gli spettacoli con Cochi e Renato prima e la partecipazione a Zelig poi, ebbe l'esatto contrario.
Morte
Purtroppo fu proprio la presenza del secondo fegato a far collassare il metabolismo di Enzo, che si ritrovò al momento del decesso con un livello di bile nel sangue assolutamente folle, mai raggiunto neanche da Beppe Grillo durante il suo discorso con Renzi.
Le sue ceneri riposano oggi in pace, ma non troppo, costituendo il dischetto di rigore dell'area sud di San Siro.
Curiosità
- A Enzo piacevano molto gli ombrelli. Non aveva paura di aprirli dentro casa e sapeva anche farli. Ma non costruirli.
- Due erano le passioni di Enzo Jannacci: le arti marziali e il canto. Fu, infatti, cintura nera di karaoke.
Note
- ^ Anche se, dopo l'abbassamento dei toni vocali, passò da "gracchiante" a "borbottante".
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