Søren Kierkegaard
Søren Kierkegaard (IPA:/ˌsœ556!!!ːɐn ˈkʰ???iɐ̯, eetciù-g̊əhdf%h543ˌg̊ɒ&ː94ˀ) fu un filosofo nonché rinomato pescivendolo danese. Vari pippaioli l'hanno definito il precursore dell'esistenzialismo.
Vita
I primi anni
La travagliata biografia di Søren Kierkegaard comincia nei tubuli seminiferi di Michael Pedersen, suo padre: la cellula diploide da cui si originò lo spermatocita primario impiegò molti, molti, molti anni prima di dividersi per mitosi; causa l'angoscia che la opprimeva, l'orrore che provava di fronte al moltiplicarsi delle possibilità, della libertà di scelta, del libero arbitrio donatole da Dio. Il discorso si ripeté per la prima meiosi che portò a spermatociti secondari e per la seconda meiosi... insomma per farla breve: mentre per gli uomini normali la spermatogenesi dura circa 65-75 giorni, per arrivare allo spermatozoo di Kierkegaard, ci vollero dieci anni. Solo, sperduto, in un ambiente angusto e sicuramente poco stimolante, il filosofo fu espulso suo malgrado e proiettato in un magico mondo che non avrebbe mai più rivisitato. Fecondò la cellula uovo di sua madre dopo molte indecisioni, un lungo corteggiamento e un fidanzamento che ruppe due volte. E lo fece solo perché andò a sbatterle addosso per sbaglio.
L'infanzia, cioè l'adolescenza
Kierkegaard nacque nel 1813 all'età di quindici anni - questo perché si trovò molto indeciso al momento di lasciare l'utero materno, e preferì prendersi del tempo per considerare tutte le varie migliaia sterminate possibili eventualità che si sarebbero verificate se lui fosse nato.
Trascorse un'infanzia gaia, sotto il peso schiacciante del sentimento del peccato a cui suo padre lo educò. La persona giusta per predicare, dato che si era bombato la schiavetta di casa durante un'allegra scampagnata nel fienile dietro casa, mettendola incinta e trovandosi costretto a sposarla per fare ammenda. Tuttavia, non pensò mai di fare ammenda per aver messo al mondo Søren Kierkegaard, magari soffocandolo nel sonno con un cuscino. Per questo bruciò all'inferno.
Kierkegaard era nato per essere un filosofo. Infatti era cagionevole, sfigato, asociale e non se lo filava nessuno.
La giovinezza
Kierkegaard vedeva il peccato ovunque e comunque, era assediato da scelte e decisioni che non sapeva prendere ed era perciò perennemente angosciato. Poteva passare giornate intere ipnotizzato da una tazza di caffè, roso dal dubbio circa la quantità di zucchero da usare per addolcirlo. Il padre lo bastonava tutti i giorni dopo cena, dalle otto alle nove di sera, nella speranza di migliorarlo. Inutile dire che non ottenne alcun risultato. I trent'anni si avvicinavano e Kierkeggard della sua vita non aveva ancora combinato un cazzo. Fu in quegli anni che conobbe una bambola gonfiabile di nome Regina Olsen, e se ne innamorò. Si fidanzarono, ma dopo poco Kierkegaard ruppe il fidanzamento. Non c'è bisogno che vi spieghi il perché. Possibilità, angoscia, bla bla bla. Regina si disperò, cercò di riconquistarlo in ogni modo, ma inutilmente.
Gli ultimi anni
Kierkegaard passò la fase finale della sua squallida nonché inutile vita da solo, su un monte, scrivendo centinaia di opere; ma la maggior parte delle parole veniva cancellata dalle sue lacrime. Intorno ai cinquant'anni implose. Nessuno pianse per lui, nemmeno Regina Olsen, che si era rifatta una vita con Kokoschka. Lui sì che l'amava. Soprattutto a pecora.
Il pensiero filosofico
La critica a Hegel
Kierkegaard fu sì un uomo inutile, ma dotato di un numero abbastanza elevato di neuroni da capire che Hegel era un coglione. Dopo diversi anni riuscì a mettere per iscritto le sue idee circa l'idealista:
La critica alla Chiesa
Il suo profondo senso religioso e l'onnipresente senso del peccato gli facevano provare un odio feroce verso tutti quelli che potevano vivere tranquillamente senza dannarsi per aver sbirciato le caviglie della vicina di casa. Dopo parecchi tentativi, innumerevoli dubbi, paure, angosce, Kierkegaard formulò la sua critica alla chiesa danese, a suo parere troppo mondana:
Secondo me eh, a mio modestissimo parere.
Cioè, non lo so. Forse. Volevo dire... »Gli stadi dell'esistenza
Vita estetica
Fase in cui ci si gode la vita, si apprezzano le belle cose, si fuma, si beve, si tromba. No, Kierkegaard non la attraversò mai perché non aveva tempo per queste cazzate.
Vita etica
Fase in cui si cresce, si beve e fuma un po' meno, ci si sposa, ci si trova un lavoro, ci si fa una famiglia. Eh no, Kierkegaard non attraversò nemmeno questa fase.
Vita patetica
Stadio finale, in cui l'uomo si affida alla fede. Dato che non è necessario, anzi a pensarci bene è proibito bere, fumare e trombare, sì! Questa fase Kierkegaard la attraversò, precisamente per tutta la sua vita, e per cercare di darsi un po' di dignità, la ribattezzò Vita religiosa.
L'angoscia, la disperazione, la fede
Condizione dell'uomo a cui esso non può sottrarsi, che lo attanaglia sempre, costantemente, ogni volta che si presenta una scelta, davanti alla quale si aprono millemila possibilità... Almeno secondo Kierkegaard. Pochi ebbero il coraggio di rivelargli che l'unico sfigato a soffrire in questo modo per delle cazzate era lui. Subito dopo l'angoscia arriva la disperazione: ovvio, inutile dirlo. Altra componente necessaria e basilare nella vita. Kierkegaard sosteneva che potesse derivare da deficienza di necessità o da deficienza di libertà. Eminenti critici e filosofi, come per esempio l'eretico Nicola Abbagnano, affermano invece che questa fosse scaturita dalla deficienza di Kierkegaard, e basta. In ultima analisi, il filosofo giunse ad una soluzione: la salvezza c'è, e la si raggiunge attraverso la fede in Dio. Evviva! Trascorse delle ore non dico felici, ma quasi senza piangere. Non sapeva che qualcuno, presto, molto presto, gli avrebbe rotto le uova nel paniere, dichiarando che Dio non esiste, anzi che Dio è morto, che è peggio. Maledetto Guccini!
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