Alberto Ascari

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Alberto Ascari con i suoi occhialini da aviatore.
« Io sono l'erede di Ascari! »
(Giancarlo Fisichella dopo aver assunto troppe sostanze che danneggiano gravemente il cervello)
« Ascari è in testa! Ormai è fatta! »
(Un giovanissimo Gianfranco Mazzoni pochi istanti prima che Alberto finisca nel porto di Monaco con la sua Lancia)

Alberto Ascari (Milano, 1918 - Monza, 1955) è stato l'ultimo pilota itagliano a vincere il titolo mondiale di Formula 1. Fu anche l'unico pilota italiano a vincere due Mondiali di Formula 1, per di più consecutivi. Considerando che fece tutto questo guidando macchine di Formula 2, si capisce che anche senza Bernie Ecclestone la FIA già all'epoca ce la metteva tutta per redigere regolamenti chiari e precisi. A distanza di quasi 60 anni nessun altro italiano, neppure Luca Badoer, è riuscito a ripetere la sua grandi gesta.

Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Alberto Ascari

In Formula uno

Il 1950: i primi piazzamenti

Nel suo primo anno Alberto deve fare i conti con l'inadeguatezza del mezzo meccanico. Infatti, se il suo rivale numero uno, l'argentino Juan Manuel Fangio, dispone di una potentissima Alfa Romeo da oltre 400 cavalli, Ascari si deve accontentare di una Fiat Tipo, oltretutto priva degli specchietti retrovisori e del blocco marce. Al primo appuntamento iridato, a Silverstone, Ascari si rifiuta di prendere il via ma approfitta della trasferta pagata per broccolare le ragazze del posto. Per la seconda gara, sul circuito di Monaco, Ascari ormai rassegnato all'inferiorità del mezzo - ma anche dell'intero - ricorre ad un astuto stratagemma per riequilibrare le sorti della gara, mandando la fidanzata a mostrare le tette agli avversari alla Curva del Tabaccaio. Al primo giro metà dei concorrenti si schianta così sui muretti, mentre l'altra metà ne approfitta per comprare le sigarette: l'unico a non farsi fregare è proprio Fangio, che non fumava e quelle tette le conosceva a memoria.

Il resto della stagione prosegue tra alti e bassi fino all'ultima gara: sul circuito di casa a Monza, Ascari ha finalmente una nuova macchina a disposizione, la 375 F1, così denominata per via dei metri che percorreva con un pieno di carburante. Costruita scopiazzando chiaramente l'Alfa 75, era originariamente stata progettata con tre ruote, prima di perderne una uscendo dal parcheggio. Sfortunatamente la macchina a disposizione è solo una e Ferrari furbescamente la affida all'asso del volante[senza fonte] Dorino Serafini, che già al secondo giro accusa soli tre minuti di distacco dalla testa della corsa. Ascari, però, non si perde d'animo e direttosi alla Curva del Vialone, rovescia un barile d'olio sulla pista, costringendo Serafini alla sosta, e quindi lo scalza dall'abitacolo a colpi di chiave inglese sul casco, prima di rendersi protagonista di un'entusiasmante rimonta fino al secondo posto assoluto. Nella classifica finale del Mondiale è quinto, alle spalle dei tre piloti Alfa Romeo e di una Talbot, ma davanti alle temibilissime Trabant e ad un risciò.

Il 1951: nasce il mito degli infallibili[senza fonte] tecnici Ferrari

La nuova macchina dimostra prestazioni quantomeno decenti e il 1951 diventa così l'anno della consacrazione. Ascari lotta tutta la stagione con Fangio che, come ricordiamo, fu assunto dall'Alfa poiché il capo del reparto corse al telefono aveva capito che l'argentino si chiamasse in realtà Mangio e gli era parso pertanto il pilota ideale da affiancare agli altri due piloti, Farina e Fagioli. Particolarmente avvincente fu la corsa francese di Reims, dove Fangio, ritiratosi per un guasto sulla sua vettura, sale su quella di Fagioli, che l'aveva presa in prestito da Farina, che a sua volta l'aveva noleggiata vicino alla stazione dei treni. Ascari, che era al comando, non vuol essere da meno e pertanto, sebbene la sua Ferrari andasse benissimo, si ferma ai box e salta sull'auto di uno dei meccanici: i giudici francesi nel frattempo non ci capiscono nulla e dichiarano vincitore Fanscari.

Grazie a due vittorie consecutive, a Monza e al gran premio d'Ungheria, Ascari arriva all'ultima gara del mondiale in Spagna in piena lotta per il titolo. Proprio come Alonso con Vettel nel 2010, Ascari fa registrare la pole position, ma i tecnici Ferrari prima della partenza sbagliano pneumatici e, anziché le gomme Pirelli, montano per errore quelle del Garelli, sulle quali Ascari conclude il gran premio staccato dal vincitore di una settimana.

Il 1952

A inizio stagione si registra l'improvviso abbandono delle competizioni da parte dell'Alfa Romeo, in disaccordo con le modifiche al regolamento, che prevedevano per gli anni a venire l'introduzione obbligatoria nelle vetture dello sterzo.

Prima dell'inizio della stagione Fangio, in una gara extra-campionato a Monza, viene pescato ai 220 dall'autovelox e si vede sospendere la patente, risparmiandosi così una triste stagione al volante dell'inglese BRM, nome che sta per Brevi e Rapidi Momenti data la sua propensione ad esplodere entro i primi due giri di gara. Ascari, invece, dopo aver saltato il primo appuntamento del mondiale in Svizzera perché allergico al cioccolato vince tutte e sei le restanti prove in programma, laureandosi così campione davanti a Vitantonio Liuzzi e a un suo meccanico.

Il 1953

Il ritorno alle competizioni di Fangio, questa volta al volante di una Renault Clio Napolitano, non scalfisce l'impavida sicurezza di Ascari che continua nella sua striscia di successi, aggiudicandosi qualsiasi tipo di competizioni cui partecipa, dalle gare di rutti ai tornei di shanghai.

Il suo dominio è tale che, non sapendo più come fare per rendere competitivi gli avversari, al Nürburgring ordina ai meccanici durante il pit-stop di pisciargli nel serbatoio, rimanendo comunque al comando prima di essere costretto al ritiro per un guasto al sedile. Nonostante ciò, Ascari è di nuovo Campione del Mondo, sebbene a Monza avvenga un curioso episodio: Ascari, dopo aver tenuto il comando per tutta la corsa guidando in retromarcia, decide di ristabilire l'assetto di guida corretto per le foto di rito ma, spaesato dal cambio di prospettiva, sbaglia strada e viene ritrovato in un autogrill sull'autostrada verso Sassari.

Il 1954: la Mille Miglia e qualche cosa

Nel 1954 Ascari lascia la Ferrari e passa a guidare la Lancia, a dispetto di alcune piccole manchevolezze strutturali, quali la presenza al posto del motore di una manovella e una batteria montata su due cassette di legno. Il milanese volante si toglierà comunque delle soddisfazioni grazie alle vetture turismo: Ascari è infatti in vacanza con la famiglia e l'auto aziendale quando decide di portare moglie e pargoli a Roma, passando da Brescia a trovare i nonni. Il caso volle che quel giorno, sullo stesso percorso, si svolgesse la famosissima Mille Miglia, che quindi Ascari vinse con circa tre giorni di vantaggio sul secondo classificato.

Il 1955: il tristo mietitore

Il 1955 sembrerebbe essere l'anno del ritorno ai successi a ruote scoperte anche se in realtà la ruota era stata scoperta molto tempo prima.

Ascari con una Lancia D-50 (che stava per Davanti 50, numero medio di vetture da cui veniva preceduta nelle competizioni del 1954) finalmente a punto ma anche a virgola, vince il Gran Premio del Valentino, il Gran Premio del Casey, quello di Napoli e quello di Patagonia. Si arriva così alGran Premio di Montecarlo, dove sebbene Ascari faccia segnare il miglior tempo in prova, la pole position viene assegnata a Fangio, perché ai giudici monegaschi Ascari stava parecchio sulle palle. La sua corsa, quel giorno, finì nelle acque del porto di Monaco, poiché capì male le indicazioni per l'autolavaggio.

Scomparve tragicamente pochi giorni più tardi a Monza, quando la sua Ferrari si scontrò frontalmente con una gallina.

Curiosità

  • Ha un record che Schumacher non è riuscito a battere, anche se non si sa ancora quale.
  • Alberto è morto nello stesso giorno del padre, e in quel giorno non ha rispettato un suo antico rituale che compiva ad ogni gran premio.
  • I piloti avevano paura di avere Ascari davanti, per la sua maniera di fare le curve nel puro stile ubriaco. Ma anche di averlo dietro, perché guidava con i fari spenti.

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