Polifemo

Da Nonciclopedia, cioè, 'sti cazzi.
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Polifemo in giacca e cravatta mentre assiste al matrimonio di sua figlia Leela.
« Nessuno mi ha accecato! »
(Polifemo ai suoi fratelli Ciclopi)
« E allora che cazzo vuoi? »
(Fratelli Ciclopi a Polifemo)
« Scusate, è stata una svista »
(Polifemo si scusa con i fratelli)
« Queste scarpe le ho pagate un occhio della testa!!! »
(Polifemo su shopping all'isola della maga Circe)
« E guardo il mondo da un oblò, m'annoio un po'... »
(Polifemo canta al Festival di Sanremo)
« Che palle! »
(Ulisse, passando sotto le gambe di Polifemo)
« Ti prego, abbi un occhio di riguardo »
(Ulisse a Polifemo cercando di non essere divorato)
« Dovresti dire grazie a Polifemo, non ci avrebbe fatto scappare dall'isola se non avesse chiuso un occhio »
(Ulisse a un suo compagno)


Polifemo, mitica figura di Ciclope (gigante provvisto di un solo occhio al centro della fronte).

I Ciclopi[1] erano figli di Nettuno, il Dio del Mare (che viveva vicino Roma, a Nettuno); campavano di pastorizia, oppure lavorando con loro cugino zoppo, Vulcano o Efesto, che aveva un'officina di fabbro nell'Etna.

Si deve a essi la grande fertilità della piana di Catania, per le tonnellate di merda prodotta ogni giorno per molti millenni (una cacata di ciclope è stimata intorno agli 800 kg).

Era famoso anche per le prestazioni fisiche che concedeva ai satiri.

Polifemo il pastore

Di Polifemo ci racconta Omero nell'Odissea. Era pastore e viveva in una grotta con le sue pecore.

Una delle cose che Omero non ci ha mai fatto capire è come cazzo facesse Polifemo a mungere le pecore. Era enorme, la sua mano era grande come un terrazzo e le sue dita grosse come torri. Ma allora come faceva a prendere le tette delle pecore per mungerle, dato che le pecore, come dice Omero, erano a tettatura normale?

Inoltre, siccome viveva isolato, non coltivava e, a quel che si sa, mangiava uomini (quando capitavano) ma non pecore; è da supporre quindi che mangiasse cacio, sempre e solo cacio.

Troviamo qui un'altra incongruenza. Il cacio, notoriamente, ha un altissimo potere petogeno. Date le dimensioni del ciclope è pensabile che:

  • le pecore di Polifemo, che dormivano con lui nella grotta, dovevano necessariamente essere diventate sorde per i terribili rimbombi dei peti di Polifemo e prive dell'olfatto per la puzza micidiale di detti peti che bruciava le narici;
  • le povere bestie vivevano nella costante paura di veder crollare la grotta che, nella notte, veniva continuamente terremotata dalle esplosioni petogene del ciclope.

Ma in queste condizioni, insegna la zootecnica, le pecore non dànno latte; dobbiamo allora dedurre che Polifemo mungesse i montoni! (ed è evidente che si trattava di montoni masochisti, dato lo strazio di essere munti dalle ditone).

Polifemo, Ulisse e le caciotte

Ulisse mentre discute amichevolmente con Polifemo.

Giunti sull'isola dei Ciclopi, Ulisse [2] e compagni trovarono la grotta di Polifemo grazie alla puzza bestiale di pecorino che emanava. Era immensa, ripiena di enormi caciotte, pavimentata da caccole di pecora calpestate.

Omero non dice quanto fossero grandi le caciotte di montone, ma, a ben vedere, da mani così grandi potevano venire solo caciotte grandi quanto la cupola di S.Pietro.

Mentre i marinai affamati tentavano di capire se quelle immense caciotte fossero commestibili, dato che puzzavano molto più del dovuto e in modo strano, rientrò Polifemo col gregge e sbarrò l'ingresso della grotta con un immenso macigno (altrimenti le pecore sarebbero fuggite per sottrarsi a un'altra notte di paura e di fetori). Poi emise un rutto tremendo e lo spostamento d'aria scaraventò tutto il gregge in fondo alla caverna. Allora vide Ulisse, cioè mezzo Ulisse dato che lo vedeva con un occhio solo. E tu chi fossi? - disse il ciclope leccandosi i baffi- Arrivi a proposito per la cena !. E Ulisse rispose: No, grazie. Abbiamo mangiato troppe caciotte. Polifemo, vedendo che erano state rosicchiate le sue caciotte si incazzò parecchio, afferrò un marinaio e se lo mangiò. Poi, con una smorfia di disgusto, disse: E potevate almeno lavarvi, farvi un bidè! Ladri e sozzi! questo mi resterà sullo stomaco! Ulisse allora ebbe un'idea geniale, cioè quella di dimostrare a Polifemo che non conveniva mangiarli e, con i suoi compagni, cominciarono a pestare l'uva.

Il vino di Ulisse

La storia tramandata per via orale, raramente in antichità anche in via anale, presenta sempre aggiunte e modifiche che col tempo rischiano di travisarne totalmente il senso. Una falsità che passò per vera fu quella che Ulisse e compagni, pestando l'uva, producessero vino. Il pestaggio dell'uva, com'è noto, produce succo d'uva (mosto) che ha grande potere purgativo ma non contiene ancora alcool perché non è fermentato. Quindi dobbiamo pensare che Ulisse, più che ubriacare, purgò Polifemo. Dopo aver bevuto il mosto Polifemo cominciò ad avere torcimenti di budella. Le povere pecore, che ben conoscevano il Ciclope, preavvertirono gli effetti della purga e si arrampicarono disperatamente sulle rocce in alto della grotta. La caverna fu invasa da una cascata di merda liquida che traboccava all'esterno. Ulisse e i compagni, arrampicati su una caciotta, navigavano nella caverna, tentanto di raggiungere la posizione in alto delle pecore. Avendo una nuova colica Polifemo rimosse il macigno e corse fuori. Le pecore, con una strategia consumata, montarono sulle caciotte galleggianti e, dimenando la coda a elica, uscirono dalla caverna. Ulisse e i compagni le imitarono. Senonché Polifemo, nella fretta di accovacciarsi per cacare, si infilzò l'occhio in un rovo. Ulisse gli gridò: Hai visto che ti succede a mangiare cose sporche? almeno lo facevi cacare prima di mangiarlo!. E Polifemo : Mi hai cecato l'occhio, tu e il tuo vino. Ma non illuderti, tu non sei Nessuno!!.

Polifemo chiese vendetta a Nettuno, suo padre, ma Nettuno non era più a Nettuno, ma era andato a Fregene per i bagni di mare (inoltre credette fosse uno scioglilingua Nettuno contro Nessuno e ci mise parecchio a capire la storia della purga e di Ulisse) (2).. Polifemo incazzatissimo prese alcuni macigni e li scagliò dove credeva fosse Ulisse orientandosi col rumore. Manco a dirlo, colpì le pecore.

Polifemo nella rappresentazione psico-filosofica del Mosconi

Nella Summa, Mosconi rileva l'errore, fin qui protrattosi, di considerare Polifemo un mostro. Afferma innanzitutto la normalità del monoculismo ; sarebbe invece anormale - osserva il filosofo - il biculismo, ammesso che si sappia dove collocare il secondo ano e l'altra coppia di chiappe.

Mosconi, inoltre, sottolinea il vantaggio indubbio del monoculismo per le seguenti ragioni:

  • dimezzamento dei costi di fabbricazione di occhiali, binocoli, ecc.
  • risoluzione del dilemma dell'occhio (Kant), cioè se sputare l'interlocutore nell'occhio destro o sinistro
  • dimezzamento dei costi dei cosmetici (rimmel, ecc.) e ciglia finte
  • eliminazione dello strabismo

Mosconi, inoltre, dalla saggezza popolare, ricava conferma della sua teoria; cita ad esempio il proverbio l'occhio - e non gli occhi - del padrone ingrassa il maiale.

- È pur vero - commenta - che Polifemo allevava pecore e non maiali, ma nulla vieta di supporre un'effetto analogo sulle pecore, anche se per i maiali è escluso il volo (mai - ali) mentre per le pecore la cosa è tuttora dubbia. Inoltre le pecore sono animali incredibili, gli unici in grado di produrre l'ano al femminile (l'ana).

Ad esemplificazione del vantaggio del monoculismo, Mosconi cita ad esempio Filippo di Macedonia, padre di Alessandro, San Pei, Annibale, Nelson, Moshè Daiyan, Capitan Uncino, Antonio Bassolino (dopo l'incontro col l'elettore medio che l'aveva votato - Monoculismo da sputo in occhio) ecc.

(Al lettore che abbia compreso il senso dell'affermazione del Mosconi, consigliamo una accurata visita psichiatrica.)

Note

  1. ^ I giganteschi Ciclopi avevano nomi singolari: Polifemore, Politibia, Poligono, Poliartrosi, Polistirolo, Policarpo, Polimèro, Calimèro. Uno solo di loro era femmina e veniva chiamata dai nipoti Polizia, perché era perennemente in ritardo e arrivava sempre inutilmente.
  2. ^ Nettuno, dice Omero, in seguito perseguitò Ulisse impedendogli di tornare in patria, ad Itaca. Ulisse poté tornare in patria solo grazie all'aiuto di uno dei sette nani, Eolo, che abbuffò un otre in modo che Ulisse avesse sempre vento favorevole.







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