Jurassic Park: differenze tra le versioni

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t2|La Savoia? Cos'è, si mangia?|Il Metternich prima che [[Carlo Alberto di Savoia|Carlo Alberto]] facesse uno stufato di [[austria|austriaci]] nella [[prima guerra d'indipendenza]].}}
{{alert|AH AH AH! NON HAI DETTO LA PAROLA MAGICA!}}
[[File:JurassicPark.jpg|thumb|right|300px|Mai suonare il clascon per 5 minuti di fila davanti alla gabbia di un tirannosauro.]]
{{Cit2|Dio crea i dinosauri, Dio distrugge i dinosauri, Dio crea l'uomo, l'uomo distrugge i dinosauri, Dio ricrea i dinosauri, Dio distrugge i dinosauri, l'uomo crea Dio, l'uomo ricrea i dinosauri, i dinosauri distruggono Dio, l'uomo inventa i cracker.|Il professor Ian Malcom mentre cerca di rimorchiare la dottoressa Sattler.}}


{{Cit2|Gli austriaci sanno fare solo gli strudel|Carlo Alberto prima che gli austriaci facessero strudel di savoiardi nella prima guerra d'indipendenza.}}
{{Cit2|Qui non si bada a spese.|John Hammond mostrando la [[carta igienica]] con i dinosauri disegnati sopra.}}


La [[Savoia]] è una regione montagnosa corrispondente all’incirca all’odierna Savoia, ma col tempo ha modificato i suoi confini arrivando a comprendere anche la [[Sardegna]], per poi tornare ad occupare solo le montagne della Savoia, dov’è tuttora. Ma questo non frega a nessuno. Ciò che frega è che diede il nome alla '''casa Savoia'''.
'''Jurassic Park''' è un [[film]] di [[ingegneria genetica]] diretto da [[Steven Spielberg]] e [[Mario Tozzi]]. Il film vanta anche due sequel, anche se vantare non è proprio la parola giusta: ''[[Jurassic Park II|Jurassic Park 2: il T-Rex suona sempre due volte]]'' e ''[[Jurassic Park III|Natale a Jurassic Park]]''. È in progetto anche il quarto film della serie, ''Jurassic Park e l'invasione dei [[Dinosauri nazisti]]'', che uscirà nelle sale cinematografiche {{s|nel 2006}} {{s|2007}} {{s|2008}} {{s|2009}} {{s|2010}} prossimamente.


[[File:Stemma casa savoiardi.jpg|thumb|450px|L'inquietante stemma savoiardo.]]
Il film ha inoltre vinto due premi [[Oscar]], uno per gli [[effetti speciali]] e uno alla carriera. Il film rappresentò un punto di svolta nell'uso della computer grafica, grazie alla quale, per la prima volta nella storia del cinema, non vennero usati [[dinosauri]] veri sul set. Nonostante ciò, il film è stato accusato dalle [[animalisti|associazioni animaliste]] di aver maltrattato vari animali durante le riprese.


== Trama ==
==Origini==
=== Il Biancamano ===
[[File:Autobus attaccato da un t-rex.jpg|thumb|left|270px|Una delle scene più intense: il tirannosauro che attacca la comitiva di vecchi in gita.]]
[[File:Corrado Del Monferrato.jpg|right|thumb|250px|Il conte Un Berto con le mani bene in vista per la foto ufficiale.]]
Il film si apre con una tragica scena in cui i [[velociraptor]] attaccano un dipendente del parco, ovviamente [[negro]], e se lo mangiano. Successivamente, il presidente del parco John [[Aurelio De Laurentis|De Laurentis]] Hammond invita il [[paleontologo]] Grant e la dottoressa Ellie a visitare il parco giurassico dopo avergli rovinato lo scavo e aver pisciato sui loro [[fossili]], insieme al [[pizzaiolo]] Gennaro, al [[matematico]] Malcolm e ai suoi due nipotini scassamaroni.


Il capostipite dei Savoia fu ''Un'' ''Berto'' qualsiasi ([[da qualche parte]], primo millennio d.C. - sempre dalla stessa parte, secondo millennio d.C.) detto il '''"Biancamano"''' per via della spregevole abitudine alla [[masturbazione]], nomignolo assegnatogli dallo storico di corte ''Cabaretto'' circa sedici umberti<ref>Intraducibile unità di misura temporale variabile dei Savoia.</ref> dopo, per cui il Biancamano non ha mai saputo di chiamarsi Biancamano e i contemporanei lo chiamavano semplicemente ''Un'' ''Berto Pippaiolo''. Di lui, a parte questa caratteristica non si conosce molto in effetti, se non che era conte di Moriana (inutile cercarla su un [[atlante]], nemmeno su uno [[francese]]) e [[vassallo]] dell’allora re del [[Borgogna]] ''Rodolfo III Il pigro'', a sua volta vassallo dell'imperatore del [[Sacro Romano Impero]] ''Corrado II Il sadico'', e che nel 1025 circa, davanti alla corte dei conti di [[Ginevra]] in seduta plenaria, si alzò in piedi e promise solennemente che nelle sue terre non ci sarebbero più stati latrocini e profanazioni di chiese, mungiture di vacche altrui e stupri. Ma essendo allora la sua contea poco più grande di [[casa]] sua, a tutti la promessa parve fin da subito una grandissima [[stronzata]], tanto che si narra che il conte ''Guastalberto di [[Berna]]'', dopo aver appunto commentato dicendo “''Bella minchiata''”, gli rapisse la [[moglie]] e gliela ciulasse appena fuori del giardino, giustificandosi poi con l’affermazione che era fuori dal suo regno.
Gli ospiti dovranno subirsi il noioso viaggio in [[automobile|macchina]] nel parco giurassico, al termine del quale non vedranno neanche l'ombra di un [[dinosauro]]. A quel punto, un grassone sadomasochista, goloso di sperma di dinosauro, apre tutti i cancelli del Jurassic Park poco prima di una tempesta tropicale, poi esce fuori per fumare una sigaretta ma viene mangiato da un [[dilofosauro]], che non avrà più bisogno di trovare cibo per parecchi anni.
[[File:Accampamento medievale.jpg|left|thumb|230px|La prima storica guerra sabauda (i Savoia sono quelli nelle tende bianco-rosse).]]
[[File:Locandina Jurassic Park parodia.jpg|thumb|300px|Una delle locandine del film.]]
Davanti la gabbia del [[T-Rex]], gli ospiti disturbano il povero teropode suonando il [[clacson]] ripetutamente, al ché il tirannosauro s'incazza come una bestia e si scaglia contro di essi. I protagonisti riescono a salvarsi grazie al fatto che:
#il tirannosauro non è in grado di vedere oggetti in movimento, cosa notoriamente tipica di tutti i predatori;
#il tirannosauro non ha l'[[olfatto]]: difatti non è in grado di notare la presenza dei protagonisti nonostante questi stiano per entrargli in una narice.


Un Berto, che nonostante la dipendenza dall'onanismo aveva anche un certo orgoglio, dichiarò allora guerra alla [[Svizzera]] che essendo neutrale rifiutò di combattere e venne quindi invasa dall’intera cavalleria sabauda, formata da Un Berto, suo fratello L’Altro Berto, i cugini Al Berto, detto Berthold, Gilles Berto e Rob Berto, sua [[sorella]] e due rottweiler a cavallo. L’esito di questo primo conflitto fu la sparizione della Svizzera per circa ottocento anni, il confino di Adelaide (la moglie di Un Berto, detta anche ''Berta 357 magnum'') a [[Cogne]] e l’ampliamento del giardino fino al [[Reno]]. Un Berto uscì così dall’anonimato e di qui in avanti verrà chiamato Un Berto I, perché fino allora non sapeva nemmeno questo. Il nome dei Savoia lascia le tenebre altomedievali e dà inizio a un [[imperialismo]] spietato che li porterà ad occupare l’[[Abissinia]], circa centodue umberti dopo. In ultima analisi, l’[[Italia]] ha invaso l’[[Etiopia]] perché mille anni fa uno [[stronzo]] di svizzero s’è fottuto la [[moglie]] di Un Berto, Calvino porco.
Tutto ciò grazie al fatto che gli scienziati del Jurassic Park hanno mischiato il [[DNA]] del tirannosauro con il DNA di vecchi in pensione.


=== Espansione ===
Dopo la fuga, Grant è quello messo peggio di [[tutti]]: deve portare i bambini in salvo, nonché [[Manuali:Cambiare un pannolino|cambiare loro i pannolini]], dare loro da mangiare, rispondere alle loro domande stupide e ridere alle loro barzellette di merda. Il dottore inoltre si rende conto che i dinosauri sono molto più avanti di quanto si pensasse: hanno già fatto il '[[1968|68]] e sono arrivati alla [[rivoluzione sessuale]], tanto che molti di loro hanno già cambiato sesso. Tutto ciò grazie agli intelligentissimi scienziati del Jurassic Park che hanno deciso di completare il [[DNA]] dei dinosauri con DNA di animali a caso che non c'entrano una ceppa con i dinosauri, come i [[rospo|rospi]] ricchioni dell'Africa Orientale. Si consideri che i rospi ricchioni erano la scelta migliore tra:
*il ragno fellone, per dare ai dinosauri la possibilità di filare tele dal culo;
I Savoia si espandono non solo a nord ma anche a est, sud-est, sud, sud-sud e nord-nord; a ovest no perché a ovest c’erano già e sembrava una cazzata. Così salgono e poi scendono le montagne, conquistando la [[Valle d’Aosta]] e arrivando a [[Torino]], più o meno fino a via Nizza: i Savoia arriveranno, nel corso dei millenni, fino a [[Mogadiscio]], ma non oltre via Nizza. Grazie a matrimoni combinati con le figlie un po’ zoccole di re Arduino, l’allora marchese di [[Torino]], [[re]] d’[[Italia]] e imperatore di Ivrea, i Savoia si impadroniscono del [[Piemonte]] e non lo smolleranno più, a parte a [[Napoleone]], un tizio che nessuno aveva comunque invitato, fino a un [[referendum]] voluto dai radicali e truccato da [[Andreotti]] per conto di [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]], della [[DC]], della [[P2]], degli americani, dei [[sionismo|sionisti]], dei [[gesuiti]], dell’[[Opus Dei]], della [[massoneria]], dei [[Rosacroce]], dei [[Templari]], degli [[ebrei]], degli egizi, degli alieni, di [[Dio]] e di [[Dario Fo]], referendum che fece dell’Italia una [[repubblica]] e condannò all’[[esilio]] l’ultimo Savoia regnante, [[Umberto II]], i suoi discendenti e le loro consorti – ma [[Vittorio Emanuele IV]], detto ''Il Pappa'', e suo figlio [[Emanuele Filiberto]] II, detto ''Il Figlio di Pappa'', contestando l’esito (manipolato) del referendum si sono rivolti al TAR del [[Lazio]] e in attesa di una sentenza definitiva hanno continuato normalmente la numerazione.
*il tonno pinne gialle, per dare ai dinosauri quel buon sapore di pesce fresco;
*il [[licaone]], perché nessuno sapeva cosa fosse un licaone e volevano vedere cosa usciva fuori dall'[[ibrido|incrocio]].


=== Numerazione dei nomi e Legge Salica ===
Successivamente i protagonisti riescono a tornare alla base ma nelle cucine del ristorante sono attaccati da due velociraptor. Nessun problema comunque, i due velociraptor sono degli idioti. Il film termina con il tirannosauro che mangia i velociraptor, l'isola che viene abbandonata a sé stessa e il fallimento totale del parco attestato da una gigantesca cartella del [[fisco]] portata sull'isola da un elicottero.


I successori di Un Berto hanno nomi che, se non fosse per i continui parziali riordini, arriverebbero ciascuno al CMLXXI. I più ricorrenti, per {{Citnec|dovere di riconoscenza}}, sono Pietro, Tommaso, Filippo, Barnaba, Giuda, Amedeo, Amedeo Aimone Filiberto Vittorio Emanuele Filiberto Carlo Alberto Vittorio Amedeo Maria Carlo Felice Carlo Emanuele, Renato Il Gran Bastardo (chiamato così appunto perché, in mille anni di storia, era l’unico a chiamarsi Renato e quindi a non avere almeno un numero, ragione per cui stava un po’ a tutti sul culo) e Sandro. Come si vede, a parte Maria come undicesimo nome di [[battesimo]], non ci sono donne, questo perché la [[Legge Salica]] di Casa Savoia vietava appunto alle donne di ereditare la corona, lo scettro, il governo e anche gli album di figurine di famiglia, per cui se un monarca moriva lasciando solo figlie femmine le possibili opzioni per la successione, in ordine decrescente di fattibilità e anche un po’ cronologico, erano:
{{finetrama2}}
[[File:Mollette in faccia.jpg|right|thumb|240px|Amedeo Aimone Filiberto Emanuele Vittorio Carlo Alberto di [[Sassonia]]. È stato anche un giorno in Savoia.]]
*'''a)''' rivolgersi a qualche cugino sfigato di un ramo collaterale sfigato che fino allora aveva passato il tempo a cacciare quaglie, molestare bambini e giocare a [[scopa]];
*'''b)''' portare una delle figlie in qualche clinica per il cambiamento di sesso, ma questo solo a partire dal [[XX secolo]];
*'''c)''' vestire e truccare una delle figlie come un uomo, fingendo che fosse un uomo;
*'''d)''' convincere qualche [[re]] straniero a fare il re di Savoia, a patto che non fosse [[francese]] e imparasse a dire “dûi puvrun muià ’nt l’öli”;
*e) adottare un bambino di sangue blu;
*'''f)''' rapire un bambino di sangue blu;
*'''g)''' invadere la Svizzera e sequestrare il figlio del re della Svizzera, che fino all’[[Ottocento]] non esisteva e quindi era un’ipotesi impraticabile, e poi la Svizzera era una Repubblica Confederata e al massimo poteva essere rapito un usciere;
*'''h)''' invadere la Svizzera se c’era – se no crearla – massacrare i repubblicani confederati e trasformarla in una monarchia, poi rapire il figlio del re;
*'''i)''' creare un figlio maschio in provetta, anche questo solo nel XX secolo;
*'''j)''' rapire un bambino qualsiasi e poi dipingergli il sangue;
*'''k)''' mettere sul trono un pupazzo;
*'''l)''' cambiare la Legge Salica e far regnare una cazzo di femmina;
*'''m)''' diventare una Repubblica Confederata, ma così la Savoia sarebbe diventata come la Svizzera, e non ci sarebbe più stata una buona ragione per invadere la Svizzera.


Se invece il monarca morto non lasciava nessun tipo di figlio, valevano le stesse opzioni tranne i punti b), c) ed l).
== Personaggi ==
=== Principali ===
[[File:Jurassic_Farts.jpg|right|thumb|300px|Locandina del film.]]
*'''Jimmy il T-Rex''': protagonista del film. Laureato in [[legge]], viene resuscitato su un'isola sperduta e costretto a mangiare capre. Un giorno Jimmy s'incazza di brutto e comincia a distruggere tutto.
*'''I giovani velociraptor''': figli di due velociraptor ancora più grandi, nel ruolo degli antagonisti. Brutti e brufolosi, non esitano a manifestare il loro [[bullismo]] picchiando i compagni più deboli, rovinando i muri del parco e mangiando mucche senza usare le posate. Avranno la fine che si meritano: sospesi per due mesi e mangiati da un tirannosauro.
*'''Dottor Grant''': lo scontroso paleontologo chiamato a dare un giudizio sul parco, pantofolaio convinto, non ha voglia di spostarsi né di fare niente.
*'''La figa di turno''': Ellie, nel ruolo della figa di turno; è anche una dottoressa [[Coprofagia|coprofaga]].
*'''I bambini''': una sorellina e un fratellino, nel ruolo di due bimbi sfrantumacoglioni. Carne fresca per i dinosauri.
*'''Ian Malcolm''': nel ruolo del figo di turno. [[Matematico]] fallito, ha il compito di essere sbranato dal [[T-Rex]], dai [[velociraptor]], dai brachiosauri, dai triceratopi, dai gallimimus, dagli stegosauri e dagli iguanodonti anche se non c'erano nel film, oltre a essere sparato, investito, picchiato, minacciato, bruciato e seppellito vivo dagli altri protagonisti. Purtroppo sopravvive. Al pari di [[Ian Solo]], è il classico personaggio che serve solo a far ridere.
*'''John Hammond''': detto anche [[Aurelio De Laurentiis]], è il fondatore del Jurassic Park, parco dei divertimenti dove tutti i bambini possono vedere i propri genitori divorati dai [[dinosauri]].
*'''Quello fissato con i [[velociraptor]]''': nel ruolo di quello fissato con i [[velociraptor]]. Verrà mangiato da un [[velociraptor]], che originalità.
*'''Il [[negro]]''': nel ruolo di un bianco colorato di [[nero]]. Sempre con una [[sigaretta]] in bocca, finirà per morire di [[tumore]] a fine [[film]].
*'''Braccio mozzato''': nel ruolo di un braccio mozzato. Vinse l'Oscar per la migliore ''parte del corpo umano non protagonista''. A contendersi il premio c'era anche il [[pene]] del T-Rex.


==Incongruenze==
== Il medioevo ==
[[File:Amedeo VI Savoia.jpg|left|thumb|200px|Amedeo VI, detto Conte Verde, prende a ginocchiate due infedeli.]]
*Nel film il dilofosauro ha un collare di pelle, sputa veleno e risponde al cellulare.
Per meglio comprendere la storia della dinastia è tuttavia necessario citare almeno qualcuno dei suoi maggiori esponenti, quelli che hanno fatto la storia.
*Il tirannosauro, oltre ad essere cieco e privo di olfatto, fa un casino da pazzi quando cammina. Ogni suo passo risuona per chilometri e ci si chiede come faccia a predare senza farsi sgamare dalle prede.
*I Velociraptor sono grandi come un uomo e non come un tacchino, probabilmente solo per far più figo.
*I Velociraptor sanno aprire le porte. Nei sequel impareranno a giocare a briscola, costruire astronavi e a ballare il foxtrot.


Nonostante quanto si è detto, Un Berto Biancamano ogni tanto sua moglie la trombava. Dalla loro unione nacquero:
==Effetti speciali==
*''Amedeo I Coda'', un conte che si ricorda solo per la brevità del suo regno e per la lunghezza del suo scettro – si dice che raggiungesse i ventisette amedei <ref>Corrispondenti all’incirca a ventisette centimetri.</ref> anche se questo era il suo imponibile per l'Italia, avendone uno lungo trenta nella cassetta di sicurezza di una banca svizzera, che non essendoci più la Svizzera era una banca sabauda.
Per ricreare i dinosauri inizialmente Spielberg aveva proposto di utilizzare una tecnica stop motion dal sicuro effetto già vista nei cartoni animati di [[Pingu]]. A Spielberg piaceva l'effetto Pingu sui dinosauri ma dovette rinunciare a causa di un'[[allergia]] al [[pongo]] di un addetto alle pulizie.
*''Oddone I'', il quale mise [[incinta]] una certa Adelaide, discendente del suddetto re Arduino, una notte che si era ubriacato di genepy (re Arduino). Si vide quindi costretto a sposarla e ad accettare come dote la marca di [[Torino]] contro la sua volontà, come sempre ripeteva, non sopportando di governare su un territorio posto così a sud. Così Oddone I, detto il ''Non Riconoscente'', divenne margravio, ma anche questo titolo gli stava un po’ sulle palle.
Circa nel 1060-1070 d.C., con ''Pietro I'' detto ''Il Marchese'' e con la pubblicazione sulla ''Gazzetta Ufficiale di Moriana'' (che già allora nessuno sapeva più dove si trovasse, ma le tradizioni andavano comunque salvaguardate) del ''Daecreta Marchionalis Sabaudiae'' (DMS) i Savoia divennero, senza volerlo, marchesi, oltre che conti, anche se solo a Torino. Più volte tentarono di disfarsi della città, nei mille anni di regno ma ci riuscirono solo col sopracitato referendum per abolire la monarchia, tanto che qualcuno ipotizzò che, dietro ai palesi mandanti del [[complotto]], surrettiziamente ci fossero i Savoia stessi, stanchi di regnare così a sud – un tipico caso di complotto per occultare un complotto.


Seguì poi un ''Un Berto II'' che, fattosi crociato, quando fu ora di partire davvero per la Prima Crociata disse che gli dispiaceva, ma aveva i muratori in casa e non poteva andare. Allora ci provò ''Amedeo III'', nella Seconda Crociata, ma purtroppo arrivò solo fino a Cipro, dove morì di nostalgia per le sue vacche. Sembrava che i Savoia non potessero in alcun modo andare a mangiare kasher a Gerusalemme.
== Incassi ==
Gli incassi sono andati ben oltre le aspettative della produzione, che erano intorno ai 3€. Il film è andato così bene che la produzione decise di fare altri due sequel, di cui almeno uno brutto.


Da qui possiamo tranquillamente saltare un centinaio di anni e per assonanza passare a ''Pietro II'', tanto nel frattempo non è successo un cazzo, se si escludono i continui, fastidiosi passaggi di [[Federico Barbarossa|Barbarossa]] con le sue armate puzzolenti, alcune occupazioni di giardini altrui e qualche sporadica ruberia di genepy.
== Articoli correlati ==
[[File:Geroglifico egizio.jpg|thumb|250px|''L'incoronazione di Pietro II detto Pietro II'', Simil[[Giotto]] in vetroresina e acciaio, [[1141]], ''Museo dei reperti sbagliati'', [[Asti]].]]
{{NonNotizieLink|Morto Michael Crichton}}
*[[Jurassic Dark]]
*[[Jurassic Park II]]
*[[Jurassic Park III]]


Le due sole menzioni di un certo rilievo del regno di Pietro II, chiamato affettuosamente ''Il Piccolo [[Carlomagno]]'' o ''Lo Spaccamarroni'' – e non erano le castagne, di cui pure andava ghiotto – furono:
{{cinema}}
*un’invasione della Svizzera:
{{Portali|Cinema}}


{{quote|Sono duecento anni che non invadiamo la Svizzera, è ora di tornare a scassarli ’sti confederati elvetici del cazzo|Pietro II una sera al banchetto per il compleanno del figlio gay, che però era valdostano}}
[[Categoria:Film]]
[[Categoria:Parchi di divertimento]]
[[Categoria:Dinosauri]]


Tale invasione portò i confini della Savoia a lambire il parco di Platz Spitz, a [[Zurigo]], che, come via Nizza a Torino, sembrò un limite invalicabile. L’avanguardia di Pietro, due nani francesi sulle spalle di un [[dobermann]], non riuscì ad andare oltre.
[[el:Τζουράσικ Παρκ]]
*la fissazione della capitale, nel senso che era una sua fissazione quella di non girovagare più per le montagne con la sua corte itinerante e quindi dover magari dormire in Svizzera e di porre una capitale stabile, in carne e ossa, a Chambery, nell’odierna Chambery. <br/>
[[en:Jurassic Park]]
Qualche anno dopo Pietro, che resta una pietra miliare della storia sabauda, regnò ''Amedeo V'', detto anche ''Amedeov'', che conquistò Ivrea e di cui il Cabaretto riporta l'abitudine di copulare sotto i portici di Porta Palazzo. Comunque, non si è mai appurato il perché, Amedeo fu chiamato Il Grande, o Amedeo Magno.
[[es:Jurassic Park]]

=== Il Conte Verde ===

[[File:Hulk serie tv anni '80.jpg|left|thumb|250px|Il Conte Verde durante la sua crociata in Oriente.]]

Ma più grande di lui fu sicuramente ''Amedeo VI'', che regnò dopo l’inutile ''Aimone'' (uno dei pochi Savoia a non avere numeri) e, al terzo tentativo sabaudo, partecipò finalmente a una [[crociata]] in Oriente occupando con una spedizione anfibia la cittadina di [[Gallipoli]] in [[Impero Ottomano|Ottomania]] (si impadronì prima di Gallipoli in [[Puglia]], ma quando gli fecero notare che non era quella giusta, a malincuore dovette abbandonarla) conquistò senza quasi spargere sangue [[Biella]] e [[Cuneo]], le due province che fornivano la maggior quantità di formaggio e di pere, già che c’era invase un paio di volte la Svizzera per ricordare agli svizzeri chi era a comandare, fondò una messa a [[Losanna]] (non si sa bene cosa significhi, essendo linguaggio in codice) e l’ordine cavalleresco della SS Annunciata, la risposta dei Savoia ai [[Templari]], che erano appena stati sciolti nell’acido e dai quali i Savoia ereditarono, si dice, l’[[Arca dell’Alleanza]] <ref>Poi divenuto ordine di San Maurizio d’Agauno per ragioni etiche, fissato nell’odierna St. Maurice d’Agaunò appunto in Svizzera.</ref>.[[File:Pompino zucchina.jpg|right|thumb|180px|Bona, la moglie del Conte Verde, in attesa che il marito torni dalla crociata.]] Inoltre annegò in un [[lago]] un potenziale usurpatore (fu il primo nella storia ad adottare la tecnica del [[waterboarding]], anche se gli sfuggì di mano), organizzò ripetuti tornei medievali di cavalieri, visto che si era nel medioevo e si andava a cavallo, misurandosi in destrezza con veri ''neon knights'' inglesi (gli imbattibili [[Black Sabbath]] di [[Birmingham]]) <ref>Poi solitamente, si assisteva al combattimento tra nani francesi e tra svizzeri e alligatori, per la gioia dei bambini.</ref> e incominciò, dando i primi segni di squilibrio, a vestirsi di verde e a pitturare di verde qualsiasi cosa gli stesse attorno, anche la carta igienica, tanto da venire appunto soprannominato ''Il Conte Verde'' e ad avere diritto a una statua tutta sua davanti al municipio di Torino, dove, coperto da una sciccosissima cotta di ferro, è ripreso nell’atto di trucidare senza pietà due prigionieri gallipolesi. Il Conte Verde sposò una tizia che si chiamava Bona, la quale era bona e gli cagò un altro Amedeo, ''Amedeo VII'', detto ''Il Conte Rosso'' perché amava pitturare tutto di rosso in spregio al padre, pure la carta igienica del cavallo. Unici aspetti degni di nota di questo conte tutto sommato insignificante, rispetto al gigantesco, epico padre, che odiava kafkianamente, furono
#l’aver conquistato nel sangue e nelle budella sparpagliate la città di [[Nizza]], solo perché odiava quel nome; da allora infatti Nizza venne ribattezzata Biella Marittima e i Savoia ebbero finalmente la loro spiaggia, oltre al giardino
#aver fatto cagare a sua moglie Bona, che era ancora più bona di sua madre, il terzo Amedeo consecutivo, Amedeo VIII, detto ''Il Conte Arancio'' o ''Conto Arancio''.
[[File:Sarcofago.jpg|thumb|left|[[Tomba]] di Amedeo VIII a Torino.]]

=== Amedeo VIII ===

Il consiglio dei quattro saggi ''Protettori Innominabili Con Incontinenza Urgente'' ("i quat P.I.C.I.U.") della Savoia iniziò in effetti a preoccuparsi per questa palese carenza di fantasia nei nomi dei regnanti, oltreché nei colori, e, nel bene della dinastia, stabilì che il successore doveva chiamarsi Ludovico e che un eventuale prossimo Amedeo doveva essere l’ultimo, anche perché Amedeo X sarebbe risultato troppo anonimo come nome. Così il Conte Arancio, alias Amedeo VIII, alias il Pacifico per distinguerlo dall’Atlantico, circa nel XV secolo, approfittando del fatto che la Francia era momentaneamente impegnata da cent’anni nella [[Guerra dei cent'anni]], conquistò [[Vercelli]], riportando in patria prodotti sconosciuti come il fritto misto alla piemontese e le [[zanzara|zanzare]], ottenne da qualche imperatore l’agognato titolo di duca, tramite il ''Daecreta ducalia sabaudiae'' (DDS sulla Gazzetta Ufficiale di Moriana) iniziando a bullarsene al bar e soprattutto, a un certo punto della sua vita, essendosi svegliato male a causa di un incubo in cui quattordici bambini elvetici con i canini sporgenti e delle mele sulla testa lo inseguivano per le strade di Chambery brandendo delle picche e dei quadri e gridandogli ''“Ridacci gli orologi, ridacci gli orologi!”'', cosa di cui lui naturalmente non aveva alcuna responsabilità, essendo colpa dello Spaccamarroni citato, venne improvvisamente eletto [[antipapa]] col nome di ''Felice V'' o ''W Felice''. Difatti, mirando i Savoia ad ottenere tutte le cariche possibili dell’universo per una questione di prestigio internazionale – già nel Quattrocento sapevano che prima o poi avrebbero conquistato l’Abissinia, glielo disse il Cabaretto, e quindi il titolo imperiale – e non essendo per l’appunto riusciti ad impadronirsi del soglio pontificio, dovettero accontentarsi di un antipapa, anzi, questo titolo se lo inventarono loro, forse su suggerimento del Cabaretto stesso. Cabaretto che fu incaricato dallo stesso Pacifico di tracciare una [[genealogia]] con i controcazzi per la dinastia, pensando che a quel punto se la meritassero di diritto. Il buon cronista di corte pensò allora di far discendere i Savoia da [[Carlo Magno]], [[Giulio Cesare]], [[Alessandro Magno|Alessandro il Grande]], [[Serse|Serse I]], [[Assurbanipal]], [[Ramsete II]], [[Ra]] e [[Dio]]. Ma Amedeo VIII, che era sì ambizioso ma non coglione, gli disse che forse era troppo, così che il Cabaretto fu costretto a dire la verità e ammettere che i Savoia discendevano dai merovingi, dalla [[Maddalena]] e quindi da [[Gesù]] di [[Nazareth]]. Dopotutto erano loro a possedere il [[Santo Graal]], oltre che la [[Sindone]] e l’Arca - ragione per cui qualcuno incominciò a pensare che i Savoia in realtà fossero ebrei.

== Il ducato ==

''Amedeo IX'' fu chiamato invece ''Il Beato'', perché si vantava di essere l’ultimo Amedeo della stirpe, e quindi credeva che tutti si sarebbero ricordati solo di lui, mentre di lui non si ricordò nemmeno sua sorella.
[[File:EffettiDannosiDelSushi.jpg|right|thumb|120px|Carlo II nel suo gabinetto di Vercelli.]]
Essendo i successori ''Fili Berto I'' detto ''Il Cacciatore di Doti'', ''Carlo I'' detto ''Il Guerriero della Notte'' e ''Carlo Giovanni Amedeo'' (un soprannome sembrava superfluo) morti troppo giovani o troppo stupidi per lasciare un segno – l’ultimo racchiuse entrambe le qualità, essendo un bambino ritardato di sette anni che oltre al segno non lasciò nemmeno figli – secondo l’opzione a) del sopramenzionato elenco, il ducato passò al vecchio prozio avvinazzato ''Filippo II'' che, dovendo per tradizione essere uno sfigato, fu detto ''Il Senza Terra''. Egli generò dieci figli più l’illegittimo ''Renato il Gran Bastardo'', già menzionato, la cui unica carica fu appunto quella di [[bastardo]]. Questo avvenimento fu ricordato dagli storici (pochi) come ''Prima Aberrazione Sabauda''. Erede e figlio legittimo del Senza Terra fu invece ''Fili Berto II'' detto ''Il Bello'', soprannome che si affibbiò da solo, il quale era troppo bello per essere vero e difatti morì quasi subito, lasciando il trono al fratello idiota ''Carlo II'', detto appunto ''Il Buono'' (invece ''Il Brutto'' pare fosse una delle sorelle).


Carlo II regnò abbastanza umberti e fu abbastanza scemo da perdere tutti i territori che in cinquecento anni i suoi grandi avi avevano conquistato con abili negoziati, astuti inganni e massacri tremendi, oscillando com’era tradizione savoiarda, e anche un po’ tarallucciardovinesca, tra l’Impero di cui erano nominalmente vassalli – pur schifandolo – e la potenza stronza di turno, quasi sempre la Francia. Per questo, quando volevano picchiare qualcuno, se la prendevano con gli svizzeri. E seguendo questa politica presero spesso botte da orbi, ma menarono anche come disperati. Fu così che durante le guerre franco-spagnole del primo [[Cinquecento]] il territorio dei Savoia si ridusse al cesso di Carlo II, dove nessuno voleva entrare. Il tutto venne ricordato sempre dagli storici come ''Prima Spartizione della Savoia''.

=== Emanuele Filiberto ===

[[File:armatura.jpg|left|thumb|250px|''Emanuele Filiberto il Testa di Ferro'', dipinto su tela.]]

Per risollevare le sorti sabaude ci volle un ''Emanuele Filiberto'' (tutto attaccato, come vaffanculo) detto ''Testa di Ferro'' perché non si levava mai l’elmo – tanto che si diceva non avesse la testa – neanche per andare a cagare, e che non poté fregiarsi del numero I perché, a causa del solito referendum merdis, l’attuale Emanuele Filiberto, detto Testa di Cazzo, non è re<ref>Sempre in attesa del ricorso al TAR del Lazio.</ref>. Il Testa di Ferro, o anche ''“Caval d’brüns”'', ma solo in Piazza San Carlo a Torino, non solo fu il primo a dotarsi di [[artiglieria]] e di una vera [[fanteria]] (fino ad allora i Savoia avevano sempre combattuto a cavallo trascinandosi dietro soldati appiedati e recalcitranti), ad armare una marina da guerra, inviando tra l’altro tre canoe corazzate a [[Battaglia di Lepanto|Lepanto]] contro i [[turco|turchi]], ma ebbe il [[fegato]] di allearsi con l’imperatore [[Carlo V]], quello sul cui culo non tramontava mai il sole, e lo [[stomaco]] di combattere i francesi nell’apocalittica battaglia di St. Quentin, sterminandone a testate almeno sei milioni – anche se i revisionisti parlano di non più di quattro milioni e i negazionisti negano addirittura che i francesi siano mai esistiti. Dopo questa immane catastrofe nucleare, dovuta alle testate, la ridente località di St. Quentin venne chiamata St. [[Quentin Tarantino]] – il quale avrebbe tratto il suo personale stile splatter proprio da questa esecrabile battaglia. Ma cosa più importante della morte di qualche inutile francese fu la [[Pace di Cateau-Cambrésis]], scritto in piemontese, che nel [[1559]] più o meno reintegrò i Savoia a casa loro, Emanuele Filiberto nel suo bagno e tutti gli altri savoiardi pucciati nel [[caffelatte]]. Non solo, Testa di Ferro riordinò politicamente, amministrativamente e anche un po’ economicamente lo Stato e spostò definitivamente la capitale dai pascoli di vacche di Chambery a Torino, dov’è tuttora.

Emanuele Filiberto L’Unico è considerato giustamente uno dei Padri della Patria, anzi uno dei Cugini della Patria (Consobrinus Patriae) perché la Savoia esisteva già, e una leggenda postuma del Cabaretto, che era morto da cento anni ma c’entrava sempre, narra che il suo corpo sia imprigionato dentro la statua equestre di Piazza San Carlo in attesa di resuscitare in tempi propizi per riprendersi una seconda volta tutti i suoi territori, comprese la [[Jakuzia]] e la [[Kamchatka]], instaurare il suo nuovo regno e cacciare a scarpate nel culo tutti gli usurpatori merdosi.

[[File:Jon picking his nose.jpg|thumb|left|''Carlo Emanuele I'', foto su tela.]]
=== Carlo Emanuele I ===
Emanuele Filiberto divenne comunque il primo Gran Maestro del nuovo ordine cavalleresco delle SS Maurizio e Lazzaro (quest’ultimo scelto non a caso), unione e sintesi degli ordini di S. Maurizio e di S. Lazzaro, sciolti nella tragica Notte dei lunghi randelli (30 VI 1572) perché ormai infestati di gay, e, al culmine del suo splendore e della sua gloria, giunse a farsi chiamare Signore e Dio, ma qualcuno gli fece notare che un appellativo così era già stato utilizzato in passato, per cui si fece chiamare solo Dio.

Suo figlio, ''Carlo Emanuele I'' detto ''Cristu'' (lo Spirito Santo era il Cabaretto, perché i Savoia erano pur sempre cattolici, anche se anticlericali, nel senso che non potevano sopportare che uno stronzo di papa gli venisse a dire cosa fare in Savoia) era un’anima inquieta che avrebbe fatto la fortuna di qualsiasi [[psicanalista]]; ma essendoci nel tardo Cinquecento solo maghi e indovini, già da bambino dovette rivolgersi a [[Nostradamus]], il quale soggiornò per breve tempo in Savoia, dove trovò l’ispirazione per le quartine delle sue Centurie grazie a dei quartini spacciatigli da Carlo Emanuele, al quale per ringraziare predisse un futuro di merda. Difatti Carlele, per brevità, non seppe mai prendere una decisione definitiva, si alleò prima con i francesi, poi decise invece di mandarli affanculo, e già che c’era, sentendosi protetto in alto da non si sa bene chi, forse da Nostradamus, fece incazzare l’imperatore, gli spagnoli, il papa e anche un panettiere di Rivoli, incominciando a dichiarare guerra a destra e a manca, pure al panettiere, perché, si dice, quando l’alleanza con i cugini illegittimi d’oltralpe era già saltata, un giorno, avendo finito le biove gli aveva consegnato una baguette. Ma Carlele aveva sottovalutato la permalosità dei nemici che di volta in volta minacciava, a seconda di come si alzasse da letto la mattina, oppure sopravvalutato la potenza del suo esercito di contadini – Testa di Ferro aveva infatti istituito per la prima volta nella storia universale la coscrizione obbligatoria arruolando le famigerate ''balosdivisionen'' armate di roncole, falci e rastrelli, che una volta spedì in [[Ungheria]] a picchiare i turchi insieme agli imperiali. Tale esercito, pur lottando eroicamente fino all’ultimo sangue, naturalmente non poteva nulla contro i mercenari svizzeri: provateci voi a minacciare un lanzichenecco ubriaco con un forcone sporco di letame, o una guardia svizzera armata di alabarda e cartucciera di santini di Padre Pio. Allora incominciano i dissapori tra Savoia e Chiesa, mentre quelli con l’impero erano atavici e quelli con i [[francesi]] congeniti, cosa, insieme all’esercito di zappaterra, che fece parlare per la prima volta di una Savoia marxista-leninista.
[[File:Segretaria Sexy.png|right|thumb|220px|Una duchessa francese a caso.]]

Esito delle continue guerre, dei continui scambi di insulti, delle madonne e dei santi tirati giù, degli scherzi (tipo nascondere i diplomatici francesi nei gabinetti e buttare via le chiavi) fu la ''Seconda Spartizione della Savoia'', con la differenza che questa volta i territori restarono in mani sabaude, ma con un deretano spagnolo sulla faccia e un cazzo francese nel culo per almeno sessant’anni. E ce ne volle per liberarsene, solo per brevi momenti e per brevi tratti, e quando non c’era uno spagnolo infrattato in qualche fortezza o uno stronzo di francese alle spalle c’era una troia di duchessa francese a tenere per le palle i successivi Carli Emanueli e Vittori Amedei. Gli unici aspetti positivi di questo secolo furono la barocchizzazione - o barottizzazione - degli edifici di Torino e la conquista di Asti, del [[Monferrato]] e di Saluzzo, strategica per le comunicazioni (altrimenti bisognava sempre fare dei giri della madonna per andare da Torino a Vercelli e da Torino a Cuneo) e per l’approvvigionamento di barbera, tartufi e castagne.

=== Vittorio Amedeo II ===
[[File:Savoiardi 2.jpg|thumb|240px|Savoiardi in fila nella battaglia con il Gran Turchese.]]
A un certo punto nasce invece ''Vittorio Amedeo II'', che già [[spermatozoo]] brandiva un archibugio caricato a rane, da [[embrione]] aveva giurato vendetta, tremenda vendetta ai francesi, facendoselo tatuare sul [[glande]], e da [[feto]] firmato sulla Gazzetta Ufficiale di Moriana la dichiarazione di guerra a [[Luigi XIV]], il Re [[Il Sole 24 Ore|Sole 24 Ore]]. Il suo primo atto ufficiale da vivo fu NON accettare l’alleanza con il vecchio pederasta Luigi, perché gli aveva già dichiarato guerra. I francesi s’incazzarono di brutto, così, quando scoppiò la [[Guerra di successione spagnola]], i finocchi scesero le montagne e si misero ad assediare Torino. Allora Vittorio Amedeo, che di equino non aveva solo la faccia, si incipriò il viso, si mise la parrucca e il neo finto da guerra, mandò a chiamare il cugino di trentesimo grado della [[scala Richter]] ''Eugenio di Savoia'', che pur essendo cresciuto in Francia per reazione era diventato un generale austriaco, e insieme a questo, dividendo l’esercito austro-piemontese in due tronconi simili a due scarponi chiodati, incominciò a prendere appunto a scarpate nel culo i francesi, rompendoglielo per la seconda volta in centocinquanta anni, o tot umberti, al grido di ''“Boia faus!”'', che da allora divenne la carica dei Savoia. Va detto, per inciso, che prima dell’attacco tremebondo in cui saltarono denti, protesi, nervi e ancora una volta tarzanelli francesi, un’invasione francese di Torino, dove la popolazione e la guarnigione assediate si erano ridotte a mangiare biscotti (per via della celebre frase della duchessa che alla richiesta di pane per il popolo affamato aveva risposto “Se non hanno più pane che mangino i savoiardi”, anche se qualcuno capì male e si mangiò il vicino di casa, per cui iniziò a girare voce che gli assediati avessero cominciato a divorarsi tra loro), venne sventata nei cunicoli della Cittadella da un minatore (che non era uno che lavorava in miniera ma uno che tirava delle mine tremende) di [[Biella]] chiamato [[Pietro Micca]], o ''Pietro Miccia'', che al grido di ''“Ci avete rotto il cazzo!”'' fece saltare per aria il tunnel dove alcuni nani francesi erano ingiustamente penetrati, spiaccicando le loro cervella e le loro budella piene di camembert un po’ ovunque (ragione per cui a Torino non si è mai costruita la metropolitana) ma perdendo purtroppo la vita a causa della miccia troppo corta – e qui, in effetti, non si è mai accertato di quale miccia si trattasse. Pietro Micca resterà per sempre un eroe, ad ogni modo, e a lui sarà dedicata l’unica via obliqua di Torino, perché era comunque un tipo strano.
[[File:Che mangino le brioches.jpg|left|thumb|La duchessa Anna distribuisce savoiardi agli assediati.]]

Questa infernale battaglia del 1706 d.C. venne eternata negli annali della storia mondiale, e del Cabaretto, come la Battaglia di Torino, e in sua memoria Vittorio Amedeo fece costruire dal Juvarra, un architetto immigrato dalla Sicilia inizialmente per lavorare alla Fiat, la gigantesca ''[[Basilica di Superga]]'', dove da allora in poi vennero seppelliti tutti i re di Savoia e dove qualche umberto dopo si schiantò il Grande Torino – è difatti risaputo che Vittorio Amedeo II, ghiotto di pasta con le sarde e soprattutto di cioccolata, era juventino. Già che c’era, conquistò anche [[Alessandria]], levandosi finalmente dai coglioni gli ultimi spagnoli rimasti.

== Il regno ==
[[File:Sardegna satellite.JPG|thumb|280px|''Il regno di Sardegna'', milleottocentoeqqualcosa, [[Google Earth]] su monitor.]]
I francesi non si fecero più vedere per qualche tempo, gli spagnoli, essendosi estinti, non esistevano più, nemmeno in Spagna, e ai Savoia toccò l’isola di [[Sicilia]], pare per insistenza del Juvarra, che ruppe talmente le palle che alla fine Vimedeo, sempre per brevità, accettò, anche se l’idea iniziale era stata l’[[Inghilterra]]. Ma la cosa più importante non era la Sicilia, una landa desertica abitata da [[gnu]] e mafiosi, bensì la sua corona che, tramite il ''Daecreta Regalia Sabaudiae'' (DRS) conferì a Vimedeo e ai Savoia il titolo di RE. Dopo sette anni, rottosi il cazzo di pensare di essere re di Sicilia, anche se non l’aveva mai vista, Vimedeo II la permutò a condizioni più che favorevoli con la Sardegna, landa spettrale popolata da mufloni e anonimi sequestratori ma molto più bella per passarci le vacanze, e da allora lui e i suoi discendenti si chiamarono re di Sardegna e la Savoia ''Regno di Sardegna'', che per ragioni razziste continuerò qui a chiamare Savoia.

=== Carlo Emanuele III ===

Ma dietro a tutti questi successi e a questa magnificenza vi era un lato oscuro nel nuovo re di Savoia, un mostro che lo stava lentamente divorando, una verità abominevole, vale a dire la dipendenza dal [[cioccolato]], in confronto della quale le sue manie di grandezza sfocianti nella paranoia erano un leggero disturbo di personalità di tipo borderline. Fu così che Vittorio Amedeo II decise infine di abdicare e di ritirarsi nel suo castello di Chambery, cedendo il regno al figlio ''Carlo Emanuele III'', detto ''Carlin Petrini'', a patto che gli si lasciasse mangiare cioccolata in pace. Dopo qualche mese di furiose trattative, Carlele III cedette e accettò il trono, e Vimedeo poté strafogarsi di nutella senza più nessuno che fosse sempre lì a rompergli le palle.

Ma le palle incominciò a romperle lui, perché, nonostante avesse abdicato consensualmente, continuava a dire a Carlin fai questo e fai quello, al che Carlin gli disse testualmente ''“O la finisci di rompere i coglioni o ti mando in Francia”'', che a quel tempo significava più o meno ti mando a dare via il culo. Ma Vimedeo non lo volle capire, e continuò con il suo [[governo ombra]], tanto che alla fine, temendo una sua cospirazione ai danni di Carlin, fu messo da questo agli arresti domiciliari nel castello di Moncalieri, castello intorno al quale fece costruire una palizzata di legno per impedirgli anche di andare a pisciare in giardino. Un giorno i dragoni della Sicurezza Sabauda (SS) irruppero a sorpresa nel castello alla ricerca di prove del complotto, ma l’unica cosa compromettente che trovarono, nascosta in un baule, furono tre filiberti <ref>Circa duecentottanta chili.</ref> di cioccolata.
[[File:Nazi-robot-big.jpg|left|thumb|150px|Dragone SS "Testa di morto".]]
Alla fine Carlin si rassegnò alla buonafede del padre e, prima che qualcuno lo vedesse e andasse a staccarne i cimeli, fece abbattere il muro – la cosiddetta ''Caduta del muro di Moncalieri'' – mentre Vimedeo capì finalmente che era ora di levarsi dalle balle e passò il resto della sua gloriosa vita a succhiare gianduiotti.<br /> Carlele III poté così essere libero di passare un tranquillo weekend di montagna al Colle dell’Assietta, e rispaccare il culo a una ridicola coalizione di francesi e cadaveri spagnoli, sempre in compagnia dei compagni di merende austriaci.
[[File:Zombie8.jpg|right|thumb|250px|I soldati spagnoli al Colle dell'Assietta.]]

Questo evento è simpaticamente rievocato di anno in anno da tizi vestiti come Gianduja e Pierrot che si sparano con gli elastici. Per non essere da meno dei suoi innumerevoli predecessori, Carlele approfittò della vittoria per aggiungere un’altra [[provincia]] al nascente impero sabaudo, vale a dire [[Novara]] (più [[Verbania]], che allora non era ancora provincia, completando così il [[puzzle]] del Piemonte, limite oltre il quale in molti non si sarebbero più spinti, ma non i Savoia) da cui riportò romeni e altre zanzare, tanto che qualcuno in patria cominciò a lamentarsi, accusandolo di andare alla conquista di scatole di rubinetti e di inutili risaie. Ma poi si scoprì che sotto le risaie c’era il [[petrolio]], che nel [[Settecento]] non serviva ancora a un cazzo e quindi fu sotterrato di nuovo.

A Carlin fece seguito un ''Vittorio Amedeo III'' che visse tra le puttane. Tratto distintivo dei Savoia nel corso dei secoli fu l’avere almeno quattro donne ufficiali: la [[moglie]] con cui fare nuovi Savoia, l’amante con cui fare alleanze, l’amante con cui fare sesso contronatura e l’amante con cui giocare a briscola durante la vecchiaia. Vimedeo III, prima di morire, fece in tempo a intravedere la catastrofe, a venire cioè sconfitto insieme agli austriaci dai rivoluzionari francesi e a cedere Savoia di montagna e Nizza per un piatto di lumache. ''Carlo Emanuele IV'', detto ''Lo Sfigato'', la catastrofe dovette invece sorbirsela per intero. Questo flagello aveva le sembianze del peggior incubo sabaudo: il grande nano francese, che sembrava tornare dall’[[aldilà]] e reclamare [[vendetta]] per tutti i giusti soprusi cui era stato sottoposto nel corso dei millenni: [[Napoleone]]. E cosa poteva fare la piccola Savoia, che tra l’altro il Nano riteneva Francia, contro questa masnada di finocchi se non tirargli gianduiotti? Carlele IV, dopo che tentarono di ucciderlo a bottigliate di Calvados, pensò bene che era ora di levarsi dal cazzo e aspettare tempi migliori, e, visto che gli dissero che la Sardegna era sua (non lo sapeva) andò in ferie con tutta la famiglia in [[Costa Smeralda]]. Si ebbe così la ''Terza Spartizione della Savoia'', e la cosa cominciava a farsi un po’ pesante anche per gente pesante come i Savoia.

=== Vittorio Emanuele I ===
[[File:Zattera.jpg|thumb|230px|Napoleone tenta lo sbarco in Sardegna.]]
Intanto a Torino, in Savoia e nel resto del mondo [[Napoleone]] spadroneggiava e si atteggiava a [[bullo]] di quartiere cercando di nascondere dietro le sue sanguinose conquiste gli ideali libertari della [[Rivoluzione]], che erano ciò a cui teneva realmente, e dietro lo slogan pubblicitario “Liberté, egalité, cuginité” si impadronì di tutto l’impadronibile e il tassabile, tranne la Sardegna. Difatti, per ripicca, Vittorio Emanuele I di Savoia, fratello di Carlele IV e subentratogli nel frattempo sotto il culo regale per palese mancanza di palle, si bullava di essere l’unico re indipendente rimasto in Europa, o almeno in Italia, o almeno in Sardegna. Più volte i francesi tentarono di attaccare l’isola coi nani da sbarco, ma sempre vennero respinti e affogati da colpi di mortaio caricati personalmente dal re e da pecorai sardi in tenuta di guerra, il terribile battaglione SA, drogato con l’ichnusa e armato di cannonau 45°, tanto che alla fine il Nano dovette desistere.<br /> A Torino invece il ''Partito Repubblicano Ë Giacobino Napoleonico Anonimo'' (P.R.Ë.G.N.A.) ne approfittava per darsi ai bagordi più sfrenati e per godersi tutti gli aspetti migliori dell’occupazione francese, tipo il gioco delle bocce e il lancio del camembert. Se non che, improvvisamente, il Nano venne preso a sberle da un tizio che si faceva chiamare [[Zar]], che in russo significa [[Cesare]], nome che ai francesi ricordava brutti momenti. Poi venne preso a schiaffi un po’ da tutti, anche da due stronzi che passavano di lì per caso, fu cacciato all’[[isola d’Elba]] (e per qualche mese pure Vinuele, per brevità, lo prese per il culo, regnando su un’isola molto più grande della sua) e infine preso a scarpate nel culo fino a Sant'Elena da una coalizione di britanni e germani. A Torino i seguaci del P.R.Ë.G.N.A. cominciarono verosimilmente a tremare, anche perché le prime parole di Vinuele dopo il brutto scherzo fatto al Nano erano state "Mo' so' cazzi vostri", che, trovandosi a Roma in visita al fratello impagliato, pronunciò in perfetto romanesco.

=== La Restaurazione ===
[[File:Guerriglia.jpg|thumb|left|250px|Gli scontri a Torino con gli ultimi sostenitori di Napoleone.]]
Al termine del [[Congresso di Vienna|Meeting di Vienna]], circa nel [[1814]], ormai oltre il novantaduesimo umberto dell’era sabauda, ''Vittorio Emanuele I'' detto ''Il Pio'' rientrò trionfalmente in Torino capitale e fece cristianamente strappare le unghie dei piedi, spegnere le sigarette sulle braccia, strappare i peli del pube, ingerire dieci ghiaccioli interi, inculare dai dobermann, spezzare la schiena, tagliare le gambe, allungare le mani, squartare, evirare, castrare, vasectomizzare, lobotomizzare, uccidere e decollare (nel senso di decapitare, e avrei potuto scrivere subito decapitare) anzi decollare e poi uccidere gli usurpatori del P.R.Ë.G.N.A., infilando quindi le loro teste in lunghi pali e facendole girare sanguinolente e con copiose fuoriuscite di poltiglia cerebrale per le vie della città, nella migliore tradizione restauratrice, sotto il cinico slogan ''“Liberté, egalité, decolleté”'', mentre quello che rimaneva dei cadaveri veniva bruciato, le ceneri utilizzate come concime nelle risaie e i crani donati a Lombroso – che non era ancora nato ma a cui il Cabaretto diceva sarebbero serviti.<br /> I Savoia erano finalmente tornati.<br /> L’esilio sardo era finalmente finito.<br /> Lo stato era di nuovo una cara vecchia monarchia assoluta.<br /> I francesi erano stati affogati nel Po (qualcuno avrebbe anche voluto abbattere il ponte fatto costruire dal Nano, per spregio, poi si pensò invece di costruirne uno a Parigi).<br /> I borghesi liberali erano stati ridotti al silenzio, e così i loro avvocati. I contadini erano tornati a lavorare la terra e gli operai a operare, ché le fabbriche non c’erano ancora, ma per sicurezza ai dragoni della Sicurezza Sabauda vennero affiancati il nuovo corpo dei carabinieri armati di fionda e i dragoni combattenti (Wafer SS).

[[File:Italia nel 1840.PNG|thumb|350px|La penisola italica prima del [[Risarcimento]].]]
La Savoia si era ingrandita con l’acquisizione di [[Genova]], del porto di Genova, delle puttane di Genova, dei Testimoni di Genova, del [[Genoa]] e della [[Liguria]] intera, prima provincia straniera e seconda repubblica conquistata, dopo la Svizzera (che giusto in quegli anni tornava a vivere). Insomma, era tutto a posto, anzi tüc a post. Rimaneva solo un piccolo problema, oltre a quello di ripulire le strade e i muri di Torino dopo le doverose esecuzioni, e cioè il problema della successione, perché quel piciu, detto amorevolmente, di Vinuele aveva avuto solo figlie femmine e adesso come adesso non se la sentiva più di trombare sua moglie. Così, quando nel [[1821]] circa il re abdicò pur di non dover usare la mano pesante con i rivoluzionari appunto del ’21, si mise in atto per la seconda volta la famigerata opzione a) del regolamento Salico (Seconda Aberrazione Sabauda) venne cioè posto sul trono come reggente un alto, oltre che altro, cugino di famiglia dal nome impronunciabile di ''Carlos Alberto'', poi sabaudizzato in ''Carlo Alberto''.

Ma costui aveva qualche umberto di troppo poco, era cresciuto nella Francia napoleonica, era alto almeno duecento amedei e pesava un filiberto e mezzo, e a tutti non sembrò il caso, anche perché si diceva che fosse di idee giacobine oltranziste (voleva addirittura portare da quattro a due i paggi sulla carrozza reale). In neanche un mese di reggenza aveva già firmato una carta costituzionale e rischiato di mandare a puttane il lavoro di otto secoli, così che Vinuele fu costretto a fermarlo e a togliergli l’incarico, affidando il regno a suo zio di undicesimo grado, e fratello di Vinuele, ''Carlo Felice'', chiamato da tutti ''L’Incazzoso'': l’unico caso nella millenaria storia sabauda in cui il punto a) della Legge Salica fu fatto valere anche all’inverso, peggiorando la situazione, tornando il trono da un cugino sfigato di un ramo collaterale sfigato a un fratello sfigato (che fino a quel momento aveva cacciato mufloni in Sardegna, di cui era governatore, viceré e oberführer, molestato bambine, perché era etero, e giocato a tressette) di un ramo principale ormai sfigatissimo. L’occupazione principale di Carlo Felice nei suoi circa dieci anni di regno, X umberti, fu non concedere amnistie, prendere per il culo i poveri, insultare i rivoluzionari, i francesi e i rivoluzionari francesi, sfottere, umiliare e commettere stalking nei confronti di Carlo Alberto – comunque designato a succedergli perché l’unico esemplare maschile rimasto, a parte la moglie di Carlo Felice – sgranocchiare grissini tenendoli per la punta e consumandoli come un temperamatite. Quando morì, venne seppellito nel secolare cimitero di famiglia di Altacomba, o Altatomba, nelle montagne savoiarde, perché l’Italia gli faceva schifo, soprattutto la Sardegna.

=== Carlo Alberto ===
Il primo atto ufficiale di ''Carlo Alberto il Sordo alle Critiche'' fu dimostrare a tutti che non era quel liberale rivoluzionario che si era sempre temuto, giustiziando appunto al Rondò della Forca i sovversivi repubblicani [[Giuseppe Mazzini|mazziniani]] del ’33. Ma si fece poi promotore di alcune intelligenti riforme come quella dei codici civile e penale – fino ad allora l’ordinamento giuridico sabaudo si era basato sul [[diritto romano]] di [[Caligola]] – legalizzando l’[[aborto]] in caso di nascita di mezzisangue e sostituendo il [[carcere duro]] con pene rieducative come la disinfestazione a mano delle zanzare del vercellese e la mansione di sagoma per l’addestramento dei carabinieri. Costruì inoltre decine e decine di milioni di amedei di strade ferrate, fece scavare a mani nude, sempre dai detenuti, milioni di amedei di canali per l’irrigazione delle risaie, sviluppò l’industria della [[seta]] e delle armi (promettendo appunto cannoni e camice di seta) ridusse come promesso il [[debito pubblico]] non liquidando i [[titoli di stato]] a scadenza e il fasto della corte scopandosi una sola amante, e solo quand’era a Parigi, e impiegò il doppio del tempo a prendere una decisione, per cui lavorava dalle quattro del mattino alle undici di sera. Ma alla fine le sue porche decisioni le prese, e alcune erano proprio porche. I primi diciassette anni di regno li trascorse così, e regnò circa diciotto anni.

[[File:Struzzo romano.jpg|thumb|left|300px|Carlo Alberto.]]
Difatti Carlo Alberto a un certo punto si ruppe, di passare il tempo in ufficio o al massimo dal [[barbiere]] a far sfoltire i baffi, per cui decise che era ora di entrare nella storia, di ampliare cioè il territorio. Voleva dichiarare guerra a qualcuno, non era importante a chi. Subito difatti si pensò alla Francia, ma l’idea si scartò perché troppo scontata, poi qualcuno gli consigliò la solita invasione della Svizzera, tanto per ricordare agli elvetici cioccolatai i cari vecchi tempi andati, ma consegnata la richiesta alla c.a. di C.A., quest’ultimo rispose che sarebbe stato troppo facile e che lui voleva un pezzo grosso. Si pensò allora alla [[Russia]], ma per fare guerra allo Zar bisognava far passare l’esercito attraverso l’[[impero austriaco]] e sicuramente agli austriaci l’idea non sarebbe piaciuta. Sembrava di essere a un punto morto, anche perché la [[Prussia]] non era ancora ritenuta una grande potenza mentre l’Inghilterra era troppo piovosa e le camice di seta delle Wafer SS si sarebbero subito inzuppate. Qualcuno, nell’interminabile riunione segreta notturna che si stava tenendo su questo tema nello sgabuzzino di palazzo reale, suggerì allora di dichiarare guerra agli [[Stati Uniti]], prima che fosse troppo tardi.

''“Potremmo abbattere il campanile di [[New York]] con le [[mongolfiera|mongolfiere]]”'' disse un oscuro consigliere di cui non è stato tramandato il nome.

''“Se invadiamo l’America”'' aggiunse il ministro [[dell’agricoltura]], ''“potremmo coltivare il riso lì e disfarci una volta per tutte delle zanzare.”''

''“Una volta conquistata l’America”'' intervenne il ministro dell’[[immigrazione]], ''“deportiamo tutti gli immigrati irregolari e li facciamo lavorare per noi in appositi campi.”''

''“A questo punto”'' disse il ministro per la [[propaganda]], ''“potremmo deportare nei nostri campi americani tutti i francesi d’Europa e pensare a una soluzione finale.”''

''“Cosa intendi per ‘soluzione finale’?”'' pare gli chiedesse il re.

''“Non lo so”'' rispose il ministro, ''“me l’ha suggerito il Cabaretto.”''
[[File:guerra3.jpg|right|thumb|Uno degli scenari di guerra previsti da Carlberto (le armate sabaude sono quelle rosse).]]
La proposta non passò per un solo voto, pare per il motivo che, essendo ormai mattina, il ministro della guerra, visibilmente addormentato, aveva firmato sulla casella sbagliata, ed era necessaria l’unanimità. Così Carlo Alberto, esausto, decise infine di andare in aiuto dei cugini lombardi che per cinque giorni si erano ribellati agli austriaci e che ora temevano li volessero menare di santa ragione, e dichiarò guerra all’[[Austria]]. Grande fu l’indignazione dei vecchi ministri nati e cresciuti filoaustriaci e antifrancesi, ma Carlberto non ne volle sapere, ormai aveva deciso. ''“Il re sono io”'' gli rispose, ''“e faccio come cazzo mi pare.”''

=== La [[Prima guerra d'indipendenza]] ===

Ma prima di partire per il fronte, che nei piani strategici fu spostato in tutta fretta dal [[Mississippi]] al [[Ticino]], per assicurarsi le spalle – e il culo, visto che era il 1848 e c’erano moti rivoluzionari dappertutto, anche se in Savoia si limitavano

Versione delle 00:11, 8 ago 2015

t2|La Savoia? Cos'è, si mangia?|Il Metternich prima che Carlo Alberto facesse uno stufato di austriaci nella prima guerra d'indipendenza.}}

« Gli austriaci sanno fare solo gli strudel »
(Carlo Alberto prima che gli austriaci facessero strudel di savoiardi nella prima guerra d'indipendenza.)

La Savoia è una regione montagnosa corrispondente all’incirca all’odierna Savoia, ma col tempo ha modificato i suoi confini arrivando a comprendere anche la Sardegna, per poi tornare ad occupare solo le montagne della Savoia, dov’è tuttora. Ma questo non frega a nessuno. Ciò che frega è che diede il nome alla casa Savoia.

L'inquietante stemma savoiardo.

Origini

Il Biancamano

Il conte Un Berto con le mani bene in vista per la foto ufficiale.

Il capostipite dei Savoia fu Un Berto qualsiasi (da qualche parte, primo millennio d.C. - sempre dalla stessa parte, secondo millennio d.C.) detto il "Biancamano" per via della spregevole abitudine alla masturbazione, nomignolo assegnatogli dallo storico di corte Cabaretto circa sedici umberti[1] dopo, per cui il Biancamano non ha mai saputo di chiamarsi Biancamano e i contemporanei lo chiamavano semplicemente Un Berto Pippaiolo. Di lui, a parte questa caratteristica non si conosce molto in effetti, se non che era conte di Moriana (inutile cercarla su un atlante, nemmeno su uno francese) e vassallo dell’allora re del Borgogna Rodolfo III Il pigro, a sua volta vassallo dell'imperatore del Sacro Romano Impero Corrado II Il sadico, e che nel 1025 circa, davanti alla corte dei conti di Ginevra in seduta plenaria, si alzò in piedi e promise solennemente che nelle sue terre non ci sarebbero più stati latrocini e profanazioni di chiese, mungiture di vacche altrui e stupri. Ma essendo allora la sua contea poco più grande di casa sua, a tutti la promessa parve fin da subito una grandissima stronzata, tanto che si narra che il conte Guastalberto di Berna, dopo aver appunto commentato dicendo “Bella minchiata”, gli rapisse la moglie e gliela ciulasse appena fuori del giardino, giustificandosi poi con l’affermazione che era fuori dal suo regno.

La prima storica guerra sabauda (i Savoia sono quelli nelle tende bianco-rosse).

Un Berto, che nonostante la dipendenza dall'onanismo aveva anche un certo orgoglio, dichiarò allora guerra alla Svizzera che essendo neutrale rifiutò di combattere e venne quindi invasa dall’intera cavalleria sabauda, formata da Un Berto, suo fratello L’Altro Berto, i cugini Al Berto, detto Berthold, Gilles Berto e Rob Berto, sua sorella e due rottweiler a cavallo. L’esito di questo primo conflitto fu la sparizione della Svizzera per circa ottocento anni, il confino di Adelaide (la moglie di Un Berto, detta anche Berta 357 magnum) a Cogne e l’ampliamento del giardino fino al Reno. Un Berto uscì così dall’anonimato e di qui in avanti verrà chiamato Un Berto I, perché fino allora non sapeva nemmeno questo. Il nome dei Savoia lascia le tenebre altomedievali e dà inizio a un imperialismo spietato che li porterà ad occupare l’Abissinia, circa centodue umberti dopo. In ultima analisi, l’Italia ha invaso l’Etiopia perché mille anni fa uno stronzo di svizzero s’è fottuto la moglie di Un Berto, Calvino porco.

Espansione

I Savoia si espandono non solo a nord ma anche a est, sud-est, sud, sud-sud e nord-nord; a ovest no perché a ovest c’erano già e sembrava una cazzata. Così salgono e poi scendono le montagne, conquistando la Valle d’Aosta e arrivando a Torino, più o meno fino a via Nizza: i Savoia arriveranno, nel corso dei millenni, fino a Mogadiscio, ma non oltre via Nizza. Grazie a matrimoni combinati con le figlie un po’ zoccole di re Arduino, l’allora marchese di Torino, re d’Italia e imperatore di Ivrea, i Savoia si impadroniscono del Piemonte e non lo smolleranno più, a parte a Napoleone, un tizio che nessuno aveva comunque invitato, fino a un referendum voluto dai radicali e truccato da Andreotti per conto di De Gasperi, della DC, della P2, degli americani, dei sionisti, dei gesuiti, dell’Opus Dei, della massoneria, dei Rosacroce, dei Templari, degli ebrei, degli egizi, degli alieni, di Dio e di Dario Fo, referendum che fece dell’Italia una repubblica e condannò all’esilio l’ultimo Savoia regnante, Umberto II, i suoi discendenti e le loro consorti – ma Vittorio Emanuele IV, detto Il Pappa, e suo figlio Emanuele Filiberto II, detto Il Figlio di Pappa, contestando l’esito (manipolato) del referendum si sono rivolti al TAR del Lazio e in attesa di una sentenza definitiva hanno continuato normalmente la numerazione.

Numerazione dei nomi e Legge Salica

I successori di Un Berto hanno nomi che, se non fosse per i continui parziali riordini, arriverebbero ciascuno al CMLXXI. I più ricorrenti, per dovere di riconoscenza[citazione necessaria], sono Pietro, Tommaso, Filippo, Barnaba, Giuda, Amedeo, Amedeo Aimone Filiberto Vittorio Emanuele Filiberto Carlo Alberto Vittorio Amedeo Maria Carlo Felice Carlo Emanuele, Renato Il Gran Bastardo (chiamato così appunto perché, in mille anni di storia, era l’unico a chiamarsi Renato e quindi a non avere almeno un numero, ragione per cui stava un po’ a tutti sul culo) e Sandro. Come si vede, a parte Maria come undicesimo nome di battesimo, non ci sono donne, questo perché la Legge Salica di Casa Savoia vietava appunto alle donne di ereditare la corona, lo scettro, il governo e anche gli album di figurine di famiglia, per cui se un monarca moriva lasciando solo figlie femmine le possibili opzioni per la successione, in ordine decrescente di fattibilità e anche un po’ cronologico, erano:

Amedeo Aimone Filiberto Emanuele Vittorio Carlo Alberto di Sassonia. È stato anche un giorno in Savoia.
  • a) rivolgersi a qualche cugino sfigato di un ramo collaterale sfigato che fino allora aveva passato il tempo a cacciare quaglie, molestare bambini e giocare a scopa;
  • b) portare una delle figlie in qualche clinica per il cambiamento di sesso, ma questo solo a partire dal XX secolo;
  • c) vestire e truccare una delle figlie come un uomo, fingendo che fosse un uomo;
  • d) convincere qualche re straniero a fare il re di Savoia, a patto che non fosse francese e imparasse a dire “dûi puvrun muià ’nt l’öli”;
  • e) adottare un bambino di sangue blu;
  • f) rapire un bambino di sangue blu;
  • g) invadere la Svizzera e sequestrare il figlio del re della Svizzera, che fino all’Ottocento non esisteva e quindi era un’ipotesi impraticabile, e poi la Svizzera era una Repubblica Confederata e al massimo poteva essere rapito un usciere;
  • h) invadere la Svizzera se c’era – se no crearla – massacrare i repubblicani confederati e trasformarla in una monarchia, poi rapire il figlio del re;
  • i) creare un figlio maschio in provetta, anche questo solo nel XX secolo;
  • j) rapire un bambino qualsiasi e poi dipingergli il sangue;
  • k) mettere sul trono un pupazzo;
  • l) cambiare la Legge Salica e far regnare una cazzo di femmina;
  • m) diventare una Repubblica Confederata, ma così la Savoia sarebbe diventata come la Svizzera, e non ci sarebbe più stata una buona ragione per invadere la Svizzera.

Se invece il monarca morto non lasciava nessun tipo di figlio, valevano le stesse opzioni tranne i punti b), c) ed l).

Il medioevo

Amedeo VI, detto Conte Verde, prende a ginocchiate due infedeli.

Per meglio comprendere la storia della dinastia è tuttavia necessario citare almeno qualcuno dei suoi maggiori esponenti, quelli che hanno fatto la storia.

Nonostante quanto si è detto, Un Berto Biancamano ogni tanto sua moglie la trombava. Dalla loro unione nacquero:

  • Amedeo I Coda, un conte che si ricorda solo per la brevità del suo regno e per la lunghezza del suo scettro – si dice che raggiungesse i ventisette amedei [2] anche se questo era il suo imponibile per l'Italia, avendone uno lungo trenta nella cassetta di sicurezza di una banca svizzera, che non essendoci più la Svizzera era una banca sabauda.
  • Oddone I, il quale mise incinta una certa Adelaide, discendente del suddetto re Arduino, una notte che si era ubriacato di genepy (re Arduino). Si vide quindi costretto a sposarla e ad accettare come dote la marca di Torino contro la sua volontà, come sempre ripeteva, non sopportando di governare su un territorio posto così a sud. Così Oddone I, detto il Non Riconoscente, divenne margravio, ma anche questo titolo gli stava un po’ sulle palle.

Circa nel 1060-1070 d.C., con Pietro I detto Il Marchese e con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di Moriana (che già allora nessuno sapeva più dove si trovasse, ma le tradizioni andavano comunque salvaguardate) del Daecreta Marchionalis Sabaudiae (DMS) i Savoia divennero, senza volerlo, marchesi, oltre che conti, anche se solo a Torino. Più volte tentarono di disfarsi della città, nei mille anni di regno ma ci riuscirono solo col sopracitato referendum per abolire la monarchia, tanto che qualcuno ipotizzò che, dietro ai palesi mandanti del complotto, surrettiziamente ci fossero i Savoia stessi, stanchi di regnare così a sud – un tipico caso di complotto per occultare un complotto.

Seguì poi un Un Berto II che, fattosi crociato, quando fu ora di partire davvero per la Prima Crociata disse che gli dispiaceva, ma aveva i muratori in casa e non poteva andare. Allora ci provò Amedeo III, nella Seconda Crociata, ma purtroppo arrivò solo fino a Cipro, dove morì di nostalgia per le sue vacche. Sembrava che i Savoia non potessero in alcun modo andare a mangiare kasher a Gerusalemme.

Da qui possiamo tranquillamente saltare un centinaio di anni e per assonanza passare a Pietro II, tanto nel frattempo non è successo un cazzo, se si escludono i continui, fastidiosi passaggi di Barbarossa con le sue armate puzzolenti, alcune occupazioni di giardini altrui e qualche sporadica ruberia di genepy.

L'incoronazione di Pietro II detto Pietro II, SimilGiotto in vetroresina e acciaio, 1141, Museo dei reperti sbagliati, Asti.

Le due sole menzioni di un certo rilievo del regno di Pietro II, chiamato affettuosamente Il Piccolo Carlomagno o Lo Spaccamarroni – e non erano le castagne, di cui pure andava ghiotto – furono:

  • un’invasione della Svizzera:
« Sono duecento anni che non invadiamo la Svizzera, è ora di tornare a scassarli ’sti confederati elvetici del cazzo »
(Pietro II una sera al banchetto per il compleanno del figlio gay, che però era valdostano)

Tale invasione portò i confini della Savoia a lambire il parco di Platz Spitz, a Zurigo, che, come via Nizza a Torino, sembrò un limite invalicabile. L’avanguardia di Pietro, due nani francesi sulle spalle di un dobermann, non riuscì ad andare oltre.

  • la fissazione della capitale, nel senso che era una sua fissazione quella di non girovagare più per le montagne con la sua corte itinerante e quindi dover magari dormire in Svizzera e di porre una capitale stabile, in carne e ossa, a Chambery, nell’odierna Chambery.

Qualche anno dopo Pietro, che resta una pietra miliare della storia sabauda, regnò Amedeo V, detto anche Amedeov, che conquistò Ivrea e di cui il Cabaretto riporta l'abitudine di copulare sotto i portici di Porta Palazzo. Comunque, non si è mai appurato il perché, Amedeo fu chiamato Il Grande, o Amedeo Magno.

Il Conte Verde

Il Conte Verde durante la sua crociata in Oriente.

Ma più grande di lui fu sicuramente Amedeo VI, che regnò dopo l’inutile Aimone (uno dei pochi Savoia a non avere numeri) e, al terzo tentativo sabaudo, partecipò finalmente a una crociata in Oriente occupando con una spedizione anfibia la cittadina di Gallipoli in Ottomania (si impadronì prima di Gallipoli in Puglia, ma quando gli fecero notare che non era quella giusta, a malincuore dovette abbandonarla) conquistò senza quasi spargere sangue Biella e Cuneo, le due province che fornivano la maggior quantità di formaggio e di pere, già che c’era invase un paio di volte la Svizzera per ricordare agli svizzeri chi era a comandare, fondò una messa a Losanna (non si sa bene cosa significhi, essendo linguaggio in codice) e l’ordine cavalleresco della SS Annunciata, la risposta dei Savoia ai Templari, che erano appena stati sciolti nell’acido e dai quali i Savoia ereditarono, si dice, l’Arca dell’Alleanza [3].

Bona, la moglie del Conte Verde, in attesa che il marito torni dalla crociata.

Inoltre annegò in un lago un potenziale usurpatore (fu il primo nella storia ad adottare la tecnica del waterboarding, anche se gli sfuggì di mano), organizzò ripetuti tornei medievali di cavalieri, visto che si era nel medioevo e si andava a cavallo, misurandosi in destrezza con veri neon knights inglesi (gli imbattibili Black Sabbath di Birmingham) [4] e incominciò, dando i primi segni di squilibrio, a vestirsi di verde e a pitturare di verde qualsiasi cosa gli stesse attorno, anche la carta igienica, tanto da venire appunto soprannominato Il Conte Verde e ad avere diritto a una statua tutta sua davanti al municipio di Torino, dove, coperto da una sciccosissima cotta di ferro, è ripreso nell’atto di trucidare senza pietà due prigionieri gallipolesi. Il Conte Verde sposò una tizia che si chiamava Bona, la quale era bona e gli cagò un altro Amedeo, Amedeo VII, detto Il Conte Rosso perché amava pitturare tutto di rosso in spregio al padre, pure la carta igienica del cavallo. Unici aspetti degni di nota di questo conte tutto sommato insignificante, rispetto al gigantesco, epico padre, che odiava kafkianamente, furono

  1. l’aver conquistato nel sangue e nelle budella sparpagliate la città di Nizza, solo perché odiava quel nome; da allora infatti Nizza venne ribattezzata Biella Marittima e i Savoia ebbero finalmente la loro spiaggia, oltre al giardino
  2. aver fatto cagare a sua moglie Bona, che era ancora più bona di sua madre, il terzo Amedeo consecutivo, Amedeo VIII, detto Il Conte Arancio o Conto Arancio.
Tomba di Amedeo VIII a Torino.

Amedeo VIII

Il consiglio dei quattro saggi Protettori Innominabili Con Incontinenza Urgente ("i quat P.I.C.I.U.") della Savoia iniziò in effetti a preoccuparsi per questa palese carenza di fantasia nei nomi dei regnanti, oltreché nei colori, e, nel bene della dinastia, stabilì che il successore doveva chiamarsi Ludovico e che un eventuale prossimo Amedeo doveva essere l’ultimo, anche perché Amedeo X sarebbe risultato troppo anonimo come nome. Così il Conte Arancio, alias Amedeo VIII, alias il Pacifico per distinguerlo dall’Atlantico, circa nel XV secolo, approfittando del fatto che la Francia era momentaneamente impegnata da cent’anni nella Guerra dei cent'anni, conquistò Vercelli, riportando in patria prodotti sconosciuti come il fritto misto alla piemontese e le zanzare, ottenne da qualche imperatore l’agognato titolo di duca, tramite il Daecreta ducalia sabaudiae (DDS sulla Gazzetta Ufficiale di Moriana) iniziando a bullarsene al bar e soprattutto, a un certo punto della sua vita, essendosi svegliato male a causa di un incubo in cui quattordici bambini elvetici con i canini sporgenti e delle mele sulla testa lo inseguivano per le strade di Chambery brandendo delle picche e dei quadri e gridandogli “Ridacci gli orologi, ridacci gli orologi!”, cosa di cui lui naturalmente non aveva alcuna responsabilità, essendo colpa dello Spaccamarroni citato, venne improvvisamente eletto antipapa col nome di Felice V o W Felice. Difatti, mirando i Savoia ad ottenere tutte le cariche possibili dell’universo per una questione di prestigio internazionale – già nel Quattrocento sapevano che prima o poi avrebbero conquistato l’Abissinia, glielo disse il Cabaretto, e quindi il titolo imperiale – e non essendo per l’appunto riusciti ad impadronirsi del soglio pontificio, dovettero accontentarsi di un antipapa, anzi, questo titolo se lo inventarono loro, forse su suggerimento del Cabaretto stesso. Cabaretto che fu incaricato dallo stesso Pacifico di tracciare una genealogia con i controcazzi per la dinastia, pensando che a quel punto se la meritassero di diritto. Il buon cronista di corte pensò allora di far discendere i Savoia da Carlo Magno, Giulio Cesare, Alessandro il Grande, Serse I, Assurbanipal, Ramsete II, Ra e Dio. Ma Amedeo VIII, che era sì ambizioso ma non coglione, gli disse che forse era troppo, così che il Cabaretto fu costretto a dire la verità e ammettere che i Savoia discendevano dai merovingi, dalla Maddalena e quindi da Gesù di Nazareth. Dopotutto erano loro a possedere il Santo Graal, oltre che la Sindone e l’Arca - ragione per cui qualcuno incominciò a pensare che i Savoia in realtà fossero ebrei.

Il ducato

Amedeo IX fu chiamato invece Il Beato, perché si vantava di essere l’ultimo Amedeo della stirpe, e quindi credeva che tutti si sarebbero ricordati solo di lui, mentre di lui non si ricordò nemmeno sua sorella.

Carlo II nel suo gabinetto di Vercelli.

Essendo i successori Fili Berto I detto Il Cacciatore di Doti, Carlo I detto Il Guerriero della Notte e Carlo Giovanni Amedeo (un soprannome sembrava superfluo) morti troppo giovani o troppo stupidi per lasciare un segno – l’ultimo racchiuse entrambe le qualità, essendo un bambino ritardato di sette anni che oltre al segno non lasciò nemmeno figli – secondo l’opzione a) del sopramenzionato elenco, il ducato passò al vecchio prozio avvinazzato Filippo II che, dovendo per tradizione essere uno sfigato, fu detto Il Senza Terra. Egli generò dieci figli più l’illegittimo Renato il Gran Bastardo, già menzionato, la cui unica carica fu appunto quella di bastardo. Questo avvenimento fu ricordato dagli storici (pochi) come Prima Aberrazione Sabauda. Erede e figlio legittimo del Senza Terra fu invece Fili Berto II detto Il Bello, soprannome che si affibbiò da solo, il quale era troppo bello per essere vero e difatti morì quasi subito, lasciando il trono al fratello idiota Carlo II, detto appunto Il Buono (invece Il Brutto pare fosse una delle sorelle).


Carlo II regnò abbastanza umberti e fu abbastanza scemo da perdere tutti i territori che in cinquecento anni i suoi grandi avi avevano conquistato con abili negoziati, astuti inganni e massacri tremendi, oscillando com’era tradizione savoiarda, e anche un po’ tarallucciardovinesca, tra l’Impero di cui erano nominalmente vassalli – pur schifandolo – e la potenza stronza di turno, quasi sempre la Francia. Per questo, quando volevano picchiare qualcuno, se la prendevano con gli svizzeri. E seguendo questa politica presero spesso botte da orbi, ma menarono anche come disperati. Fu così che durante le guerre franco-spagnole del primo Cinquecento il territorio dei Savoia si ridusse al cesso di Carlo II, dove nessuno voleva entrare. Il tutto venne ricordato sempre dagli storici come Prima Spartizione della Savoia.

Emanuele Filiberto

Emanuele Filiberto il Testa di Ferro, dipinto su tela.

Per risollevare le sorti sabaude ci volle un Emanuele Filiberto (tutto attaccato, come vaffanculo) detto Testa di Ferro perché non si levava mai l’elmo – tanto che si diceva non avesse la testa – neanche per andare a cagare, e che non poté fregiarsi del numero I perché, a causa del solito referendum merdis, l’attuale Emanuele Filiberto, detto Testa di Cazzo, non è re[5]. Il Testa di Ferro, o anche “Caval d’brüns”, ma solo in Piazza San Carlo a Torino, non solo fu il primo a dotarsi di artiglieria e di una vera fanteria (fino ad allora i Savoia avevano sempre combattuto a cavallo trascinandosi dietro soldati appiedati e recalcitranti), ad armare una marina da guerra, inviando tra l’altro tre canoe corazzate a Lepanto contro i turchi, ma ebbe il fegato di allearsi con l’imperatore Carlo V, quello sul cui culo non tramontava mai il sole, e lo stomaco di combattere i francesi nell’apocalittica battaglia di St. Quentin, sterminandone a testate almeno sei milioni – anche se i revisionisti parlano di non più di quattro milioni e i negazionisti negano addirittura che i francesi siano mai esistiti. Dopo questa immane catastrofe nucleare, dovuta alle testate, la ridente località di St. Quentin venne chiamata St. Quentin Tarantino – il quale avrebbe tratto il suo personale stile splatter proprio da questa esecrabile battaglia. Ma cosa più importante della morte di qualche inutile francese fu la Pace di Cateau-Cambrésis, scritto in piemontese, che nel 1559 più o meno reintegrò i Savoia a casa loro, Emanuele Filiberto nel suo bagno e tutti gli altri savoiardi pucciati nel caffelatte. Non solo, Testa di Ferro riordinò politicamente, amministrativamente e anche un po’ economicamente lo Stato e spostò definitivamente la capitale dai pascoli di vacche di Chambery a Torino, dov’è tuttora.

Emanuele Filiberto L’Unico è considerato giustamente uno dei Padri della Patria, anzi uno dei Cugini della Patria (Consobrinus Patriae) perché la Savoia esisteva già, e una leggenda postuma del Cabaretto, che era morto da cento anni ma c’entrava sempre, narra che il suo corpo sia imprigionato dentro la statua equestre di Piazza San Carlo in attesa di resuscitare in tempi propizi per riprendersi una seconda volta tutti i suoi territori, comprese la Jakuzia e la Kamchatka, instaurare il suo nuovo regno e cacciare a scarpate nel culo tutti gli usurpatori merdosi.

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Carlo Emanuele I, foto su tela.

Carlo Emanuele I

Emanuele Filiberto divenne comunque il primo Gran Maestro del nuovo ordine cavalleresco delle SS Maurizio e Lazzaro (quest’ultimo scelto non a caso), unione e sintesi degli ordini di S. Maurizio e di S. Lazzaro, sciolti nella tragica Notte dei lunghi randelli (30 VI 1572) perché ormai infestati di gay, e, al culmine del suo splendore e della sua gloria, giunse a farsi chiamare Signore e Dio, ma qualcuno gli fece notare che un appellativo così era già stato utilizzato in passato, per cui si fece chiamare solo Dio.

Suo figlio, Carlo Emanuele I detto Cristu (lo Spirito Santo era il Cabaretto, perché i Savoia erano pur sempre cattolici, anche se anticlericali, nel senso che non potevano sopportare che uno stronzo di papa gli venisse a dire cosa fare in Savoia) era un’anima inquieta che avrebbe fatto la fortuna di qualsiasi psicanalista; ma essendoci nel tardo Cinquecento solo maghi e indovini, già da bambino dovette rivolgersi a Nostradamus, il quale soggiornò per breve tempo in Savoia, dove trovò l’ispirazione per le quartine delle sue Centurie grazie a dei quartini spacciatigli da Carlo Emanuele, al quale per ringraziare predisse un futuro di merda. Difatti Carlele, per brevità, non seppe mai prendere una decisione definitiva, si alleò prima con i francesi, poi decise invece di mandarli affanculo, e già che c’era, sentendosi protetto in alto da non si sa bene chi, forse da Nostradamus, fece incazzare l’imperatore, gli spagnoli, il papa e anche un panettiere di Rivoli, incominciando a dichiarare guerra a destra e a manca, pure al panettiere, perché, si dice, quando l’alleanza con i cugini illegittimi d’oltralpe era già saltata, un giorno, avendo finito le biove gli aveva consegnato una baguette. Ma Carlele aveva sottovalutato la permalosità dei nemici che di volta in volta minacciava, a seconda di come si alzasse da letto la mattina, oppure sopravvalutato la potenza del suo esercito di contadini – Testa di Ferro aveva infatti istituito per la prima volta nella storia universale la coscrizione obbligatoria arruolando le famigerate balosdivisionen armate di roncole, falci e rastrelli, che una volta spedì in Ungheria a picchiare i turchi insieme agli imperiali. Tale esercito, pur lottando eroicamente fino all’ultimo sangue, naturalmente non poteva nulla contro i mercenari svizzeri: provateci voi a minacciare un lanzichenecco ubriaco con un forcone sporco di letame, o una guardia svizzera armata di alabarda e cartucciera di santini di Padre Pio. Allora incominciano i dissapori tra Savoia e Chiesa, mentre quelli con l’impero erano atavici e quelli con i francesi congeniti, cosa, insieme all’esercito di zappaterra, che fece parlare per la prima volta di una Savoia marxista-leninista.

Una duchessa francese a caso.

Esito delle continue guerre, dei continui scambi di insulti, delle madonne e dei santi tirati giù, degli scherzi (tipo nascondere i diplomatici francesi nei gabinetti e buttare via le chiavi) fu la Seconda Spartizione della Savoia, con la differenza che questa volta i territori restarono in mani sabaude, ma con un deretano spagnolo sulla faccia e un cazzo francese nel culo per almeno sessant’anni. E ce ne volle per liberarsene, solo per brevi momenti e per brevi tratti, e quando non c’era uno spagnolo infrattato in qualche fortezza o uno stronzo di francese alle spalle c’era una troia di duchessa francese a tenere per le palle i successivi Carli Emanueli e Vittori Amedei. Gli unici aspetti positivi di questo secolo furono la barocchizzazione - o barottizzazione - degli edifici di Torino e la conquista di Asti, del Monferrato e di Saluzzo, strategica per le comunicazioni (altrimenti bisognava sempre fare dei giri della madonna per andare da Torino a Vercelli e da Torino a Cuneo) e per l’approvvigionamento di barbera, tartufi e castagne.

Vittorio Amedeo II

Savoiardi in fila nella battaglia con il Gran Turchese.

A un certo punto nasce invece Vittorio Amedeo II, che già spermatozoo brandiva un archibugio caricato a rane, da embrione aveva giurato vendetta, tremenda vendetta ai francesi, facendoselo tatuare sul glande, e da feto firmato sulla Gazzetta Ufficiale di Moriana la dichiarazione di guerra a Luigi XIV, il Re Sole 24 Ore. Il suo primo atto ufficiale da vivo fu NON accettare l’alleanza con il vecchio pederasta Luigi, perché gli aveva già dichiarato guerra. I francesi s’incazzarono di brutto, così, quando scoppiò la Guerra di successione spagnola, i finocchi scesero le montagne e si misero ad assediare Torino. Allora Vittorio Amedeo, che di equino non aveva solo la faccia, si incipriò il viso, si mise la parrucca e il neo finto da guerra, mandò a chiamare il cugino di trentesimo grado della scala Richter Eugenio di Savoia, che pur essendo cresciuto in Francia per reazione era diventato un generale austriaco, e insieme a questo, dividendo l’esercito austro-piemontese in due tronconi simili a due scarponi chiodati, incominciò a prendere appunto a scarpate nel culo i francesi, rompendoglielo per la seconda volta in centocinquanta anni, o tot umberti, al grido di “Boia faus!”, che da allora divenne la carica dei Savoia. Va detto, per inciso, che prima dell’attacco tremebondo in cui saltarono denti, protesi, nervi e ancora una volta tarzanelli francesi, un’invasione francese di Torino, dove la popolazione e la guarnigione assediate si erano ridotte a mangiare biscotti (per via della celebre frase della duchessa che alla richiesta di pane per il popolo affamato aveva risposto “Se non hanno più pane che mangino i savoiardi”, anche se qualcuno capì male e si mangiò il vicino di casa, per cui iniziò a girare voce che gli assediati avessero cominciato a divorarsi tra loro), venne sventata nei cunicoli della Cittadella da un minatore (che non era uno che lavorava in miniera ma uno che tirava delle mine tremende) di Biella chiamato Pietro Micca, o Pietro Miccia, che al grido di “Ci avete rotto il cazzo!” fece saltare per aria il tunnel dove alcuni nani francesi erano ingiustamente penetrati, spiaccicando le loro cervella e le loro budella piene di camembert un po’ ovunque (ragione per cui a Torino non si è mai costruita la metropolitana) ma perdendo purtroppo la vita a causa della miccia troppo corta – e qui, in effetti, non si è mai accertato di quale miccia si trattasse. Pietro Micca resterà per sempre un eroe, ad ogni modo, e a lui sarà dedicata l’unica via obliqua di Torino, perché era comunque un tipo strano.

La duchessa Anna distribuisce savoiardi agli assediati.

Questa infernale battaglia del 1706 d.C. venne eternata negli annali della storia mondiale, e del Cabaretto, come la Battaglia di Torino, e in sua memoria Vittorio Amedeo fece costruire dal Juvarra, un architetto immigrato dalla Sicilia inizialmente per lavorare alla Fiat, la gigantesca Basilica di Superga, dove da allora in poi vennero seppelliti tutti i re di Savoia e dove qualche umberto dopo si schiantò il Grande Torino – è difatti risaputo che Vittorio Amedeo II, ghiotto di pasta con le sarde e soprattutto di cioccolata, era juventino. Già che c’era, conquistò anche Alessandria, levandosi finalmente dai coglioni gli ultimi spagnoli rimasti.

Il regno

File:Sardegna satellite.JPG
Il regno di Sardegna, milleottocentoeqqualcosa, Google Earth su monitor.

I francesi non si fecero più vedere per qualche tempo, gli spagnoli, essendosi estinti, non esistevano più, nemmeno in Spagna, e ai Savoia toccò l’isola di Sicilia, pare per insistenza del Juvarra, che ruppe talmente le palle che alla fine Vimedeo, sempre per brevità, accettò, anche se l’idea iniziale era stata l’Inghilterra. Ma la cosa più importante non era la Sicilia, una landa desertica abitata da gnu e mafiosi, bensì la sua corona che, tramite il Daecreta Regalia Sabaudiae (DRS) conferì a Vimedeo e ai Savoia il titolo di RE. Dopo sette anni, rottosi il cazzo di pensare di essere re di Sicilia, anche se non l’aveva mai vista, Vimedeo II la permutò a condizioni più che favorevoli con la Sardegna, landa spettrale popolata da mufloni e anonimi sequestratori ma molto più bella per passarci le vacanze, e da allora lui e i suoi discendenti si chiamarono re di Sardegna e la Savoia Regno di Sardegna, che per ragioni razziste continuerò qui a chiamare Savoia.

Carlo Emanuele III

Ma dietro a tutti questi successi e a questa magnificenza vi era un lato oscuro nel nuovo re di Savoia, un mostro che lo stava lentamente divorando, una verità abominevole, vale a dire la dipendenza dal cioccolato, in confronto della quale le sue manie di grandezza sfocianti nella paranoia erano un leggero disturbo di personalità di tipo borderline. Fu così che Vittorio Amedeo II decise infine di abdicare e di ritirarsi nel suo castello di Chambery, cedendo il regno al figlio Carlo Emanuele III, detto Carlin Petrini, a patto che gli si lasciasse mangiare cioccolata in pace. Dopo qualche mese di furiose trattative, Carlele III cedette e accettò il trono, e Vimedeo poté strafogarsi di nutella senza più nessuno che fosse sempre lì a rompergli le palle.

Ma le palle incominciò a romperle lui, perché, nonostante avesse abdicato consensualmente, continuava a dire a Carlin fai questo e fai quello, al che Carlin gli disse testualmente “O la finisci di rompere i coglioni o ti mando in Francia”, che a quel tempo significava più o meno ti mando a dare via il culo. Ma Vimedeo non lo volle capire, e continuò con il suo governo ombra, tanto che alla fine, temendo una sua cospirazione ai danni di Carlin, fu messo da questo agli arresti domiciliari nel castello di Moncalieri, castello intorno al quale fece costruire una palizzata di legno per impedirgli anche di andare a pisciare in giardino. Un giorno i dragoni della Sicurezza Sabauda (SS) irruppero a sorpresa nel castello alla ricerca di prove del complotto, ma l’unica cosa compromettente che trovarono, nascosta in un baule, furono tre filiberti [6] di cioccolata.

Dragone SS "Testa di morto".

Alla fine Carlin si rassegnò alla buonafede del padre e, prima che qualcuno lo vedesse e andasse a staccarne i cimeli, fece abbattere il muro – la cosiddetta Caduta del muro di Moncalieri – mentre Vimedeo capì finalmente che era ora di levarsi dalle balle e passò il resto della sua gloriosa vita a succhiare gianduiotti.
Carlele III poté così essere libero di passare un tranquillo weekend di montagna al Colle dell’Assietta, e rispaccare il culo a una ridicola coalizione di francesi e cadaveri spagnoli, sempre in compagnia dei compagni di merende austriaci.

I soldati spagnoli al Colle dell'Assietta.

Questo evento è simpaticamente rievocato di anno in anno da tizi vestiti come Gianduja e Pierrot che si sparano con gli elastici. Per non essere da meno dei suoi innumerevoli predecessori, Carlele approfittò della vittoria per aggiungere un’altra provincia al nascente impero sabaudo, vale a dire Novara (più Verbania, che allora non era ancora provincia, completando così il puzzle del Piemonte, limite oltre il quale in molti non si sarebbero più spinti, ma non i Savoia) da cui riportò romeni e altre zanzare, tanto che qualcuno in patria cominciò a lamentarsi, accusandolo di andare alla conquista di scatole di rubinetti e di inutili risaie. Ma poi si scoprì che sotto le risaie c’era il petrolio, che nel Settecento non serviva ancora a un cazzo e quindi fu sotterrato di nuovo.

A Carlin fece seguito un Vittorio Amedeo III che visse tra le puttane. Tratto distintivo dei Savoia nel corso dei secoli fu l’avere almeno quattro donne ufficiali: la moglie con cui fare nuovi Savoia, l’amante con cui fare alleanze, l’amante con cui fare sesso contronatura e l’amante con cui giocare a briscola durante la vecchiaia. Vimedeo III, prima di morire, fece in tempo a intravedere la catastrofe, a venire cioè sconfitto insieme agli austriaci dai rivoluzionari francesi e a cedere Savoia di montagna e Nizza per un piatto di lumache. Carlo Emanuele IV, detto Lo Sfigato, la catastrofe dovette invece sorbirsela per intero. Questo flagello aveva le sembianze del peggior incubo sabaudo: il grande nano francese, che sembrava tornare dall’aldilà e reclamare vendetta per tutti i giusti soprusi cui era stato sottoposto nel corso dei millenni: Napoleone. E cosa poteva fare la piccola Savoia, che tra l’altro il Nano riteneva Francia, contro questa masnada di finocchi se non tirargli gianduiotti? Carlele IV, dopo che tentarono di ucciderlo a bottigliate di Calvados, pensò bene che era ora di levarsi dal cazzo e aspettare tempi migliori, e, visto che gli dissero che la Sardegna era sua (non lo sapeva) andò in ferie con tutta la famiglia in Costa Smeralda. Si ebbe così la Terza Spartizione della Savoia, e la cosa cominciava a farsi un po’ pesante anche per gente pesante come i Savoia.

Vittorio Emanuele I

Napoleone tenta lo sbarco in Sardegna.

Intanto a Torino, in Savoia e nel resto del mondo Napoleone spadroneggiava e si atteggiava a bullo di quartiere cercando di nascondere dietro le sue sanguinose conquiste gli ideali libertari della Rivoluzione, che erano ciò a cui teneva realmente, e dietro lo slogan pubblicitario “Liberté, egalité, cuginité” si impadronì di tutto l’impadronibile e il tassabile, tranne la Sardegna. Difatti, per ripicca, Vittorio Emanuele I di Savoia, fratello di Carlele IV e subentratogli nel frattempo sotto il culo regale per palese mancanza di palle, si bullava di essere l’unico re indipendente rimasto in Europa, o almeno in Italia, o almeno in Sardegna. Più volte i francesi tentarono di attaccare l’isola coi nani da sbarco, ma sempre vennero respinti e affogati da colpi di mortaio caricati personalmente dal re e da pecorai sardi in tenuta di guerra, il terribile battaglione SA, drogato con l’ichnusa e armato di cannonau 45°, tanto che alla fine il Nano dovette desistere.
A Torino invece il Partito Repubblicano Ë Giacobino Napoleonico Anonimo (P.R.Ë.G.N.A.) ne approfittava per darsi ai bagordi più sfrenati e per godersi tutti gli aspetti migliori dell’occupazione francese, tipo il gioco delle bocce e il lancio del camembert. Se non che, improvvisamente, il Nano venne preso a sberle da un tizio che si faceva chiamare Zar, che in russo significa Cesare, nome che ai francesi ricordava brutti momenti. Poi venne preso a schiaffi un po’ da tutti, anche da due stronzi che passavano di lì per caso, fu cacciato all’isola d’Elba (e per qualche mese pure Vinuele, per brevità, lo prese per il culo, regnando su un’isola molto più grande della sua) e infine preso a scarpate nel culo fino a Sant'Elena da una coalizione di britanni e germani. A Torino i seguaci del P.R.Ë.G.N.A. cominciarono verosimilmente a tremare, anche perché le prime parole di Vinuele dopo il brutto scherzo fatto al Nano erano state "Mo' so' cazzi vostri", che, trovandosi a Roma in visita al fratello impagliato, pronunciò in perfetto romanesco.

La Restaurazione

Gli scontri a Torino con gli ultimi sostenitori di Napoleone.

Al termine del Meeting di Vienna, circa nel 1814, ormai oltre il novantaduesimo umberto dell’era sabauda, Vittorio Emanuele I detto Il Pio rientrò trionfalmente in Torino capitale e fece cristianamente strappare le unghie dei piedi, spegnere le sigarette sulle braccia, strappare i peli del pube, ingerire dieci ghiaccioli interi, inculare dai dobermann, spezzare la schiena, tagliare le gambe, allungare le mani, squartare, evirare, castrare, vasectomizzare, lobotomizzare, uccidere e decollare (nel senso di decapitare, e avrei potuto scrivere subito decapitare) anzi decollare e poi uccidere gli usurpatori del P.R.Ë.G.N.A., infilando quindi le loro teste in lunghi pali e facendole girare sanguinolente e con copiose fuoriuscite di poltiglia cerebrale per le vie della città, nella migliore tradizione restauratrice, sotto il cinico slogan “Liberté, egalité, decolleté”, mentre quello che rimaneva dei cadaveri veniva bruciato, le ceneri utilizzate come concime nelle risaie e i crani donati a Lombroso – che non era ancora nato ma a cui il Cabaretto diceva sarebbero serviti.
I Savoia erano finalmente tornati.
L’esilio sardo era finalmente finito.
Lo stato era di nuovo una cara vecchia monarchia assoluta.
I francesi erano stati affogati nel Po (qualcuno avrebbe anche voluto abbattere il ponte fatto costruire dal Nano, per spregio, poi si pensò invece di costruirne uno a Parigi).
I borghesi liberali erano stati ridotti al silenzio, e così i loro avvocati. I contadini erano tornati a lavorare la terra e gli operai a operare, ché le fabbriche non c’erano ancora, ma per sicurezza ai dragoni della Sicurezza Sabauda vennero affiancati il nuovo corpo dei carabinieri armati di fionda e i dragoni combattenti (Wafer SS).

La penisola italica prima del Risarcimento.

La Savoia si era ingrandita con l’acquisizione di Genova, del porto di Genova, delle puttane di Genova, dei Testimoni di Genova, del Genoa e della Liguria intera, prima provincia straniera e seconda repubblica conquistata, dopo la Svizzera (che giusto in quegli anni tornava a vivere). Insomma, era tutto a posto, anzi tüc a post. Rimaneva solo un piccolo problema, oltre a quello di ripulire le strade e i muri di Torino dopo le doverose esecuzioni, e cioè il problema della successione, perché quel piciu, detto amorevolmente, di Vinuele aveva avuto solo figlie femmine e adesso come adesso non se la sentiva più di trombare sua moglie. Così, quando nel 1821 circa il re abdicò pur di non dover usare la mano pesante con i rivoluzionari appunto del ’21, si mise in atto per la seconda volta la famigerata opzione a) del regolamento Salico (Seconda Aberrazione Sabauda) venne cioè posto sul trono come reggente un alto, oltre che altro, cugino di famiglia dal nome impronunciabile di Carlos Alberto, poi sabaudizzato in Carlo Alberto.

Ma costui aveva qualche umberto di troppo poco, era cresciuto nella Francia napoleonica, era alto almeno duecento amedei e pesava un filiberto e mezzo, e a tutti non sembrò il caso, anche perché si diceva che fosse di idee giacobine oltranziste (voleva addirittura portare da quattro a due i paggi sulla carrozza reale). In neanche un mese di reggenza aveva già firmato una carta costituzionale e rischiato di mandare a puttane il lavoro di otto secoli, così che Vinuele fu costretto a fermarlo e a togliergli l’incarico, affidando il regno a suo zio di undicesimo grado, e fratello di Vinuele, Carlo Felice, chiamato da tutti L’Incazzoso: l’unico caso nella millenaria storia sabauda in cui il punto a) della Legge Salica fu fatto valere anche all’inverso, peggiorando la situazione, tornando il trono da un cugino sfigato di un ramo collaterale sfigato a un fratello sfigato (che fino a quel momento aveva cacciato mufloni in Sardegna, di cui era governatore, viceré e oberführer, molestato bambine, perché era etero, e giocato a tressette) di un ramo principale ormai sfigatissimo. L’occupazione principale di Carlo Felice nei suoi circa dieci anni di regno, X umberti, fu non concedere amnistie, prendere per il culo i poveri, insultare i rivoluzionari, i francesi e i rivoluzionari francesi, sfottere, umiliare e commettere stalking nei confronti di Carlo Alberto – comunque designato a succedergli perché l’unico esemplare maschile rimasto, a parte la moglie di Carlo Felice – sgranocchiare grissini tenendoli per la punta e consumandoli come un temperamatite. Quando morì, venne seppellito nel secolare cimitero di famiglia di Altacomba, o Altatomba, nelle montagne savoiarde, perché l’Italia gli faceva schifo, soprattutto la Sardegna.

Carlo Alberto

Il primo atto ufficiale di Carlo Alberto il Sordo alle Critiche fu dimostrare a tutti che non era quel liberale rivoluzionario che si era sempre temuto, giustiziando appunto al Rondò della Forca i sovversivi repubblicani mazziniani del ’33. Ma si fece poi promotore di alcune intelligenti riforme come quella dei codici civile e penale – fino ad allora l’ordinamento giuridico sabaudo si era basato sul diritto romano di Caligola – legalizzando l’aborto in caso di nascita di mezzisangue e sostituendo il carcere duro con pene rieducative come la disinfestazione a mano delle zanzare del vercellese e la mansione di sagoma per l’addestramento dei carabinieri. Costruì inoltre decine e decine di milioni di amedei di strade ferrate, fece scavare a mani nude, sempre dai detenuti, milioni di amedei di canali per l’irrigazione delle risaie, sviluppò l’industria della seta e delle armi (promettendo appunto cannoni e camice di seta) ridusse come promesso il debito pubblico non liquidando i titoli di stato a scadenza e il fasto della corte scopandosi una sola amante, e solo quand’era a Parigi, e impiegò il doppio del tempo a prendere una decisione, per cui lavorava dalle quattro del mattino alle undici di sera. Ma alla fine le sue porche decisioni le prese, e alcune erano proprio porche. I primi diciassette anni di regno li trascorse così, e regnò circa diciotto anni.

Carlo Alberto.

Difatti Carlo Alberto a un certo punto si ruppe, di passare il tempo in ufficio o al massimo dal barbiere a far sfoltire i baffi, per cui decise che era ora di entrare nella storia, di ampliare cioè il territorio. Voleva dichiarare guerra a qualcuno, non era importante a chi. Subito difatti si pensò alla Francia, ma l’idea si scartò perché troppo scontata, poi qualcuno gli consigliò la solita invasione della Svizzera, tanto per ricordare agli elvetici cioccolatai i cari vecchi tempi andati, ma consegnata la richiesta alla c.a. di C.A., quest’ultimo rispose che sarebbe stato troppo facile e che lui voleva un pezzo grosso. Si pensò allora alla Russia, ma per fare guerra allo Zar bisognava far passare l’esercito attraverso l’impero austriaco e sicuramente agli austriaci l’idea non sarebbe piaciuta. Sembrava di essere a un punto morto, anche perché la Prussia non era ancora ritenuta una grande potenza mentre l’Inghilterra era troppo piovosa e le camice di seta delle Wafer SS si sarebbero subito inzuppate. Qualcuno, nell’interminabile riunione segreta notturna che si stava tenendo su questo tema nello sgabuzzino di palazzo reale, suggerì allora di dichiarare guerra agli Stati Uniti, prima che fosse troppo tardi.

“Potremmo abbattere il campanile di New York con le mongolfiere disse un oscuro consigliere di cui non è stato tramandato il nome.

“Se invadiamo l’America” aggiunse il ministro dell’agricoltura, “potremmo coltivare il riso lì e disfarci una volta per tutte delle zanzare.”

“Una volta conquistata l’America” intervenne il ministro dell’immigrazione, “deportiamo tutti gli immigrati irregolari e li facciamo lavorare per noi in appositi campi.”

“A questo punto” disse il ministro per la propaganda, “potremmo deportare nei nostri campi americani tutti i francesi d’Europa e pensare a una soluzione finale.”

“Cosa intendi per ‘soluzione finale’?” pare gli chiedesse il re.

“Non lo so” rispose il ministro, “me l’ha suggerito il Cabaretto.”

Uno degli scenari di guerra previsti da Carlberto (le armate sabaude sono quelle rosse).

La proposta non passò per un solo voto, pare per il motivo che, essendo ormai mattina, il ministro della guerra, visibilmente addormentato, aveva firmato sulla casella sbagliata, ed era necessaria l’unanimità. Così Carlo Alberto, esausto, decise infine di andare in aiuto dei cugini lombardi che per cinque giorni si erano ribellati agli austriaci e che ora temevano li volessero menare di santa ragione, e dichiarò guerra all’Austria. Grande fu l’indignazione dei vecchi ministri nati e cresciuti filoaustriaci e antifrancesi, ma Carlberto non ne volle sapere, ormai aveva deciso. “Il re sono io” gli rispose, “e faccio come cazzo mi pare.”

La Prima guerra d'indipendenza

Ma prima di partire per il fronte, che nei piani strategici fu spostato in tutta fretta dal Mississippi al Ticino, per assicurarsi le spalle – e il culo, visto che era il 1848 e c’erano moti rivoluzionari dappertutto, anche se in Savoia si limitavano

  1. ^ Intraducibile unità di misura temporale variabile dei Savoia.
  2. ^ Corrispondenti all’incirca a ventisette centimetri.
  3. ^ Poi divenuto ordine di San Maurizio d’Agauno per ragioni etiche, fissato nell’odierna St. Maurice d’Agaunò appunto in Svizzera.
  4. ^ Poi solitamente, si assisteva al combattimento tra nani francesi e tra svizzeri e alligatori, per la gioia dei bambini.
  5. ^ Sempre in attesa del ricorso al TAR del Lazio.
  6. ^ Circa duecentottanta chili.