Maurizio Minghella

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Maurizio Minghella nel 1978 e nel 2003.

Maurizio Minghella (Genova, 16 luglio 1958 - Pavia, finché non crepa) è un criminale e serial killer italiano, condannato a 131 anni di carcere per aver commesso una serie di dieci omicidi di prostitute fra il 1996 e il 2001, a Torino quando era in semilibertà, dopo che aveva ucciso cinque donne a Genova nel 1978.

È stato condannato anche per rapina, sequestro di persona, fuga dal carcere, licantropia, vampirismo, porto abusivo di scabbia, e altri sette-otto reati inventati sul momento dal giudice.

Biografia

Minghella realizza gli usi alternativi dei capezzoli.

Maurizio Minghella nasce a Genova nel 1958. Vive nel quartiere di Bolzaneto, un luogo in cui devi tenerti alla larga sia dalle baby gang che dalle caserme della polizia. Anni difficili, soprattutto quando la madre si separa dal marito e inizia a crescere da sola cinque figli, lui compreso. Forse "crescere" è un termine inappropriato, perché sono tutti alti bassi parecchio, lui compreso. Quando la madre si lega ad un nuovo compagno la situazione migliora, tra una cinghiata e l'altra.

« Era un alcolizzato e ci menava di brutto. Lo detestavo parecchio, spesso ho sognato di ucciderlo stringendogli una corda al collo. »
(Minghella ricorda con affetto il convivente della madre.)

A 12 anni frequenta ancora la prima elementare, un record che porta con orgoglio, ma che gli verrà strappato da Renzo Bossi molti anni più tardi. La madre inizia ad avere il sospetto che il figlio sia portato per lo studio quanto un ippopotamo per il volo e ne parla col suo compagno, che convince Maurizio a lasciare la scuola (tra una bastonata e l'altra). Inizia a fare piccoli lavoretti nell'edilizia, a volte il piastrellista, altre lo scagliolista, altre ancora un'attività che finisce in "ista" ma al momento non ci sovviene. Parte dei soldi che guadagna li deve dare alla famiglia, ha provato inizialmente a protestare ma poi ha capito che in fondo era giusto così, dopo il quarto molare perso.

Si trova di nascosto un secondo lavoro, rubare scooter, moto, Fiat 500 e Fiat 850. La scelta delle vetture potrebbe apparire singolare, ma si spiega con le sue ridotte capacità mentali, sono le uniche che riesce ad aprire con le chiavi giocattolo della Chicco. Viene sempre visto con ragazze diverse, un donnaiolo che attrae comunque estimatrici di nicchia, quelle che amano gli uomini bassi, con poca voglia di lavorare e totalmente cretini. Per la sua passione per la discomusic è soprannominato il "Travoltino della val Polcevera", ovviamente lo prendono per il culo ma lui ci crede davvero, tanto che installa nella sua Fiat 600 multipla uno stereo da 3000 watt e una luce stroboscopica visibile a venti chilometri dalla costa, causando lo spiaggiamento del mercantile portoghese El burritos, convinto che si trattasse del faro di Savona.

Uno dei suoi fratelli muore schiantatosi in moto, episodio che avrà poi forti ripercussioni sulla sua psiche, già assottigliata da una miriade di scapaccioni. Al servizio di leva viene riformato per disturbi mentali, poteva bastare il fisico, ma lui vuole strafare e si rivolge al medico militare chiamandolo "Principessa Zelda". Sposa nel 1977 la quindicenne Rosa Manfredi, dipendente dagli psicofarmaci[1]. Il matrimonio ha comunque vita breve, la ragazza muore in seguito ad una overdose da farmaci, in un momento di depressione dopo un aborto spontaneo. Lui non c'era, come tutte le sere era a troie.

Da questo episodio Minghella comincerà a sviluppare una morbosa attrazione per i morti, quella per le puttane c'era già, decide quindi di mischiare gli ingredienti.

Gli omicidi del 1978

I lunghi pomeriggi a Genova... se non ammazzi prostitute come lo passi il tempo?!
  • 18 aprile, uccide la prostituta ventenne Anna Pagano, nascondendone i resti nei pressi di Trensasco. Il cadavere è ritrovato da alcuni pastori, ha la testa fracassata ed è stata seviziata con una penna a sfera conficcata nell'ano. Minghella tenta di depistare le indagini scrivendo sul corpo "Brigate Rose" anziché "Brigate Rosse"[2]. L'evidente errore di ortografia sfugge inizialmente alla polizia, che indirizza le indagini nel torbido giro dei venditori di rose pakistani.
  • 8 luglio, a morire è Giuseppina Jerardi con le stesse modalità. Il corpo viene trovato in un'auto rubata e abbandonata, anche la Bic risulta rubata.
  • 18 luglio, uccide Maria Catena Alba di 14 anni, che viene trovata il giorno successivo nuda e legata (altrimenti non si sarebbe chiamata Catena no?) con una specie di garrota ad un albero. Per la polizia è indubbiamente opera dell'Inquisizione spagnola, ma il Vaticano dichiara ufficialmente (dopo aver controllato bene sui libri paga) che è stata abolita nel 1834.
  • 22 agosto, dopo una notte in discoteca uccide Maria Strambelli di 21 anni. L'associazione Strambelli-discoteca fa pensare immediatamente a Patty Pravo, vengono interrogati tutti gli abituali frequentatori del noto locale romano Piper, compresa Nicoletta Strambelli.
  • 28 novembre, l'ultima vittima è Wanda Scerra di 19 anni, amica della Strambelli. Il cadavere viene trovato in una scarpata, la ragazza è stata violentata e poi strangolata, forse non in quest'ordine. La polizia inizia ad ipotizzare che sia opera di un serial killer[3], e rivede la strategia investigativa.

L'arresto del 1978

Minghella spiega agli inquirenti la sua invenzione del Puttan tour con delitto.

L'attenzione torna a concentrarsi sull'unico vero indizio del caso, la scritta sgrammaticata trovata sulla prima vittima. Vengono setacciati tutti i fascicoli, alla ricerca di un criminale con un quoziente intellettivo corrispondente a quello di una triglia. Spunta fuori la scheda di un ladro di automobili, arrestato due volte per il furto di una Fiat 850 coupé, proprio la stessa.

Minghella viene arrestato. La notte tra il 5 e il 6 dicembre confessa l'uccisione della Strambelli e della Scerra, ma nega le responsabilità degli altri tre omicidi. La polizia lo accusa anche di appartenere alle Brigate Rosse, lui si affretta a negare, anche per iscritto.

« No ho mai stato ale Brigate Rose, giurin giurelo. »
(Dichiarazione spontanea di Minghella messa agli atti.)

È chiaramente un trucco dei furbi ispettori, la perizia calligrafica lo incastra definitivamente. Per l'omicidio Alba gli vengono attribuiti un paio di occhiali da sole per truzzi trovati sulla scena del crimine. La macchina in cui fu trovata Giuseppina Jerardi era una Fiat 850 coupé, sempre quella dei furti (particolare sfuggito colpevolmente agli inquirenti).

Il 3 aprile 1981 viene condannato all'ergastolo per i 5 omicidi, sconterà la pena presso il carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro sull'isola d'Elba, il posto ideale per un assassino di ragazze quanto il deserto del Mojave per un calamaro.

La semilibertà

« Minghella si mostra seriamente pentito dei suoi cinque omicidi, ha già scontato venti anni e quindi sono favorevole a concedere il regime di semilibertà. »
(Il magnanimo giudice Pittalafava nel 1996.)

In carcere si è sempre proclamato innocente, anche se le prove erano schiaccianti. Qualcuno potrebbe parlare del temporaneo manifestarsi di un alter ego cattivo, o magari di una possessione diabolica, ma chi è il cretino che crede veramente a queste cose?! A parte i giudici. E i preti.

Negli anni '80 don Andrea Gallo, fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto di Genova, era convinto di poter recuperare socialmente Minghella (o almeno insegnargli a scrivere), tanto da chiedere la revisione del processo.

« Signor giudice, lo guardi! Guardi quella faccina smunta e contrita. Non è chiaramente l'emblema del pentimento?! »
(Avvocato di Minghella all'udienza per la revisione.)

Semilibertà: il condannato trascorre la maggior parte della giornata all'interno di un istituto di pena, ne esce per partecipare ad attività lavorative, istruttive o utili al reinserimento sociale.

Nel 1995, a 37 anni, Minghella ottiene la semilibertà e viene trasferito al carcere delle Vallette di Torino. Viene assegnato alla comunità di don Ciotti, in una cooperativa dove lavora come falegname dalle 17 alle 22. Un orario lavorativo strano, soprattutto per uno che accoppava ragazze a tarda sera. Verrebbe da dire: "Emerite teste di cazzo! Potevate offrirgli un lavoro come metronotte già che c'eravate!"

Omicidi tra il 1996 e il 2001

Minghella torna in attività.
« Minghella è un infame recidivo che ha ucciso altre 10 donne e allora, caro il mio avvocato, le sue attenuanti può anche ficcarsele su per il... »
(Il severo (e piccato) giudice Pittalafava nel 2003.)

Quando si tenta di recuperare socialmente qualcuno, si dovrebbero soppesare i pro e i contro della decisione. Se metti in una comunità un drogato può andare a finire bene (quindi hai recuperato un ragazzo che aveva fatto un errore), oppure male (lo trovi in un fosso morto per overdose e sticazzi). Se provi invece con un serial killer, può andare a finire bene (perché lo trova il padre di una delle ragazze e ci ricava le polpette per il suo pitbull), oppure malissimo (torna al suo hobby preferito).

  • Marzo 1997, uccide la prostituta Loredana Maccario di 53 anni, in casa della donna. Stavolta non ci sono penne in giro, ne resta contrariato e scrive sul muro con la pipì "Bruta putana analfabbeta".
  • Maggio 1997, strangola col laccio di una tuta da ginnastica la prostituta marocchina di 27 anni Fatima H'Didou, dopo averla picchiata e violentata. Per depistare le indagini fa una serie di scarabocchi a caso sul corpo della vittima, tradotti dall'arabo diventano: "Bruta troia analfabbeta".
  • Gennaio 1999, strangola con un foulard la prostituta di 67 anni Cosima Guido detta "Gina la navigata", nell'appartamento dove riceveva i clienti. Sulle scale del pied-à-terre della donna vengono ritrovati due pezzi di carta da cucina, con tracce biologiche di Minghella[4].
  • Febbraio 2001, uccide Florentina "Tina" Motoc, 27 anni e madre di un bambino di due. Cerca di sbarazzarsi dei vestiti della ragazza accendendo un falò, poi si spaventa per le fiamme e chiama i pompieri col cellulare della Motoc, che poi ruba[5].

È l'ultimo omicidio di Minghella, le tracce di DNA, impronte complete o parziali ritrovate nei luoghi dei delitti, le modalità simili degli omicidi, le solite stronzate fatte, la fascia oraria in cui sono avvenuti (tutti dopo le 17), portano la polizia ad arrestarlo in appena 4 anni di indagini, un successo che darà l'idea per una serie televisiva italiana intitolata CSI: Rapallo. A casa sua vengono trovati inoltre tutti i cellulari delle vittime.

Il nuovo processo

« Stavolta ce l'hai nel culo per davvero! »
« Giudice - Guarda chi si rivede! Stavolta non mi prendi per il culo, se mi indispettisci ti faccio avere l'ergastolo.
Minghella - Signor giudice, lei sembra prevenuto nei miei confronti.
Giudice - Minchiella, ti ho già detto che non devi rompere le palle!
Minghella - Ma io mi chiamo...
Giudice - ERGASTOLO!!
Cancelliere - Giudice, scrivo Minghella o Minchiella? »

Pur essendo sospettato di altri dieci omicidi di prostitute, viene condannato solo per quattro di essi. Condotto nel carcere delle Vallette, nella primavera 2001 tenta di evadere fuggendo dalla lavanderia, portando con se alcune lenzuola da annodare tra loro. Riesce ad arrivare solo al primo muro di cinta, la lavanderia è a pian terreno e il tentativo di usare come rampino un gatto si rivela infruttuoso. Viene spostato nel carcere di Biella, la mattina del 2 gennaio 2003 si fa ricoverare per dolori al petto e al braccio nel pronto soccorso del città, riuscendo a fuggire da un bagno dello stesso. Viene arrestato alle 22 dello stesso giorno nei pressi della stazione ferroviaria, ad insospettirsi è il capostazione, che aveva notato uno strano tizio aggirarsi sulle banchine con un groviglio di lenzuola annodate tra loro.

Al momento è rinchiuso in isolamento nel carcere di Poggioreale a Napoli, il suo letto è senza lenzuola.

Note

  1. ^ ...quando una ha dietro la famiglia...
  2. ^ No, non stiamo ironizzando, l'ha fatto davvero
  3. ^ buongiorno...
  4. ^ Ecco! Finalmente lo riconosciamo!
  5. ^ È lui, è lui
Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media.
È stata miracolata come tale il giorno 12 luglio 2015 col 100% di voti (su 2).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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