Jeffrey Dahmer

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Un giovane Dahmer durante la sua più riuscita imitazione della bavosa pazzerella. E ancora ci domandiamo come mai diventò un folle assetato di sangue?
« Tranciategli giugulari, carotidi e midollo, bollite, poi staccate tutto il flaccidume. Fatto? Ora asciugate, prendete degli acquerelli e dipingete il teschio, così che assuma un aspetto plasticizzato. Fatto? Beneh! Ora avete due magnifici fermacarte variopinti! »
(Jeffrey Dahmer ci istruisce sul riutilizzo di teste umane)
« Branco di idioti! Avevo detto che volevo essere filmato, non fermato! »
(Jeffrey Dahmer agli inquirenti, reo d'averlo interrotto durante un "corpo a corpo" con una vittima)
« Vittima: Assassino!
Dahmer: Assaggino! »

Jeffrey Dahmer (Stazione Ovest, 21 maggio 1945 - Morto?), soprannominato il mostro di Milwaukee dai cittadini di Oslo, è stato un benefattore dell'umanità che tentò altruisticamente di eliminare la fame nel mondo togliendo di mezzo le fin troppe bocche da sfamare nel suo paese. Non solo: pur di non sprecare cibo si mangiava pure ciò che toglieva di mezzo. Non certo prima di averne sodomizzato le povere spoglie, perché lui non buttava via nemmeno i buchi.

Biografia

Jeffrey Dahmer dopo la conversione al cattolicesimo. L'espressione da maniaco psicolabile gli rimase fino alla morte.

La vita di Jeffrey andò a gonfie vele fino a quando non compì sei anni e gli venne la crisi di un dodicesimo di età.Anziché esprimere il suo disagio come tutti i bambini normali, ovvero spaccando i coglioni alla madre per avere le carte dei Pokémon, il tenero pargolo si divertiva a collezionare animaletti morti salvo poi versare fiumi di lacrime quando i genitori buttavano via l'ennesimo Palla di Neve infestato di vermi.

Crescendo un nuovo incubo di carattere semi-idrofobo cominciò ad affiancare la debole figura del piccolo Jeff, una disgrazia che lo portò all'espulsione dal college, che peraltro mai frequentò, all'allontanamento dall'accademia militare e a un'alitosi da far accapponare le gengive: l'alcolismo. Considerando poi che l'alcool che beveva era lo stesso nel quale squagliava scoiattoli morti...

Delitti

Jeffrey rompe il ghiaccio

La storia di Jeffrey è molto simile a quella della signora in giallo o del detective Conan: dovunque andasse qualcuno ci rimaneva secco. La differenza è che Dahmer non si spostava da un capo all'altro del paese per seminare il seme della necrosi, ma frequentava con ossessiva assiduità i locali gay del centro urbano. Lì gettava la sua esca e chiunque abboccasse avrebbe fatto una brutta fine. Una volta tirò su un luccio da tre chili e mezzo. Gay.

La scintilla che fece traboccare la goccia

Steve Hicks. Un nome che a noi non dice nulla. In realtà neanche a Dahmer diceva nulla, nonostante l'avesse ammazzato brutalmente dopo aver giocato al dottore con lui. Eppure fu proprio il suo caso a illuminare, molti anni dopo, la giusta pista agli inquirenti e a spedire Jeff dinanzi a una giuria:

- Poliziotto: “Sappiamo che sei stato tu! Ti conviene collaborare, furfante da quattro soldi!”
- Jeffrey: “E va bene! Era il giugno 1978 quando caricai quell'autostoppista diciannovenne. Passammo una bella serata e poi ci scambiammo qualche liquido. Infine l'ho ammazzato, smembrato e sepolto nel boschetto della mia fantasia...”
- Poliziotto: “Ma che ca...?! Ma questo non è il mistero mai risolto di Steve Hicks, il girovago scoparso nel nulla?! Noi ci riferivamo al tizio che ha disegnato un pene gigante sul muro della nostra stazione!”
- Jeffrey: “Oh... Per mille corpi squartati e mai più ritrovati!”

Il processo

Un'entrata in carcere così cazzuta erano anni che non si vedeva!

Il reo Dahmer Jeffrey venne portato in aula superprotetto per respingere eventuali sputi e malocchi dei familiari delle vittime e dei rosticceri della città. Aveva una difesa così massiccia che il giudice per poco non processò anche gli uomini di scorta. Jeff venne riconosciuto colpevole di 100 reati netti e condannato a 1000 anni di "articolo 41 bis", a seguito di un processo dal quale uscì sereno e in pace con tutto il mondo:

- Corte: “Le accuse a lei rivolte sono gravissime. Prima che sentenzi la sua condanna ha qualcosa da dire a sua discolpa?”
- Jeffrey: “No, nulla. Non ho voluto mai la libertà. Sinceramente, volevo la pena capitale per me stesso. Qui si è trattato di dire al mondo che ho fatto quello che ho fatto, ma non per ragioni di odio. Non ho odiato nessuno. Spero che tutte le vittime che la mia mente prima e le mie mani poi hanno seviziato atrocemente, dovunque esse riposino, mi possano perdonare...”
- Corte: “Ma che ca...?! Ma lei non sta forse parlando delle 16 persone scomparse dopo Steve Hicks?! Noi ci riferivamo al tizio che ha disegnato un pene gigante sul muro del tribunale!”
- Jeffrey: “Ma porca troia...”

Decesso

Il 28 novembre 1994 Dahmer divenne lui stesso una vittima, nel caso specifico di un giovane yankee il cui nome è Christopher Scarver. Il suo corpo senza vita fu trovato da un secondino in un bagno della palestra del carcere, durante una pisciata: nell'atto della diuresi, il poliziotto si rese conto che il manichino inchiodato alla finestra, con un grosso taglio sulla testa e un cartello appiccicato sul petto con scritto "io puzzo" non era affatto un manichino, bensì la figura esanime di Jeffrey. Inutili furono i soccorsi, l'ex-killer era già morto da molte ore. E infatti puzzava sul serio

A seguito delle esequie, il suo cervello venne prelevato e mangiato. Per solidarietà nei confronti di Jeffrey.

Modus operandi

Vogliamo ricordarlo così: con due teschi al posto delle pupille, una grave forma di ipermelanosi sulla faccia e un naso a forma di pistolino.

In primo luogo è necessario specificare che le vittime di Dahmer erano tutte gay e dunque esseri inconfutabilmente inferiori. Questo aiuta a descrivere i metodi di uccisione del mostro di Milwaukee senza troppi scrupoli morali né compassione.

Dahmer era solito adescare le sue vittime in luoghi solitamente infestati da ricchioni, come discoteche per adolescenti, cinema parrocchiali, negozi di alimenti biologici e il palazzo Chigi. La sua natura depravata ma inesorabilmente sincera obbligava Jeffrey ad avere un colloquio molto formale con l'adescato:

« Vuoi venire a casa mia? Chiaveremo come se non ci fosse un domani, poi ti ucciderò con tecniche da malato di mente, abuserò del tuo corpo senza vita, lavorerò il tuo cadavere con sega a motore, stuzzicadenti, acido nitrico e smerigliatrice elettrica e alla fine il tuo cranio trionferà su una mensola della mia cucina in qualità di schiaccianoci! »
(Jeffrey su "essere onesti con il prossimo")

Per ragioni oscure, tutte le vittime del killer accettavano di buon grado l'invito. Forse all'ultimo momento si rendevano conto che Dahmer faceva sul serio e che negli ultimi istanti della loro vita avrebbero sofferto le pene dell'inferno e la totale privazione della dignità, ma ormai non è più così importante, né per loro né per il resto del mondo.

A quanto pare, il Dahmer si divertì anche a giocare a L'allegro neurochirurgo con alcune delle sue vittime, iniettando nel loro cervello Pepsi e Fanta allo scopo di creare degli zombie lobotomizzati. Gli esperimenti riuscirono almeno in parte, giacché alle vittime sopravvissute venne offerto un lavoro come promoter di librerie. Oltre a ciò, Jeffrey si dedicava anche al cannibalismo, giustificandosi dicendo che le verdure gli facevano schifo e sbattendo i piedi per terra.

La metodicità con la quale Jeffrey usava i locali gay come incubatrici dei suoi piani malvagi era identica a quella del collega Gacy. Ci fu addirittura un evento di concorrenza, durante il quale i due si dovettero spartire un giuovine di origini nativo-americane. A Dahmer toccò la metà col pancreas.

Nella cultura di massa

Fabrizio de André rende omaggio alla memoria di Dahmer col suo celebre singolo Se ti tagliassero a pezzetti.

È stato citato in una canzone di Katy Perry. C'è chi giura di aver sentito una grandissima bestemmia dall'inferno.

Voci correlate