Giovanni Giolitti

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Il personaggio ivi descritto è soggetto a una forte dose di trasformismo.

Potreste essere contagiati con la comparsa di una seconda faccia sulla vostra nuca.

Giolitti in una foto di gruppo.
« Da bambino ho fatto il capoclasse. »
(Giolitti, quando gli vennero chieste le sue referenze per la guida del governo)

Giovanni Giolitti (pseudonimo di Giolitti Giovanni detto Gioggiò - Mondovisione, 1842 - Cavour, 1965) è stato a lungo considerato uno dei più grandi statisti della storia d’Italia finché non si è scoperto il significato della parola “statista”. È stato altresì nominato tre volte Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia, cinque volte amministratore di condominio e ha vinto pure una gara di karaoke durante la sagra del cinghiale di Ischitella.

Giolitti, un uomo che ha rappresentato per la politica ciò che Van Gogh ha rappresentato per la politica, ha cercato in tutta la sua vita di modernizzare la base economica, di favorire l’industria, di dare slancio alle imprese e di favorire la diffusione dei preservativi nelle scuole. Ha dato inoltre inizio ad un’epoca che con molta fantasia venne nominata età giolittiana.

Biografia

Stranamente non abbiamo notizie di Giolitti antecedenti alla sua nascita. Gli studiosi sono tuttavia concordi nel ritenere che Giolitti sia un personaggio realmente esistito. Una raffinata ricerca fatta dai ricercatori dell’International Stanford Fiesta College di Used Tampax, in Florida, con un elenco telefonico in mano non ha dato risultati, segno che Giolitti ammesso che sia davvero esistito, dev’essere ormai sicuramente morto.

Sappiamo tuttavia per certo che dopo un breve passato come ballerino di flamenco fece domanda per diventare Ministro del tesoro e venne assunto. Allora c’era una grossa carenza di personale e per diventare ministro i requisiti richiesti erano davvero minimi, quasi inferiori a quelli richiesti per fare il ministro ai tempi nostri. Il governo di cui faceva parte era il governo di Francesco Crispi, che ormai a 106 anni suonati era convinto di essere un pittore impressionista.

Giolitti risponde alle contestazioni dei disoccupati nel giugno del 1898.

Crispi Presidente del Consiglio, Ministro di Grazia e Giustizia Zanardelli, Ministro della Marina Benedetto Brin, Ministro della Pubblica Istruzione Paolo Boselli: l’età media era di 136 anni, talmente alta che per abbassarla avrebbero dovuto nominare ministro un embrione di 22 settimane.
Giolitti, che era il teenager della situazione, tentò di tenere alto il suo ruolo di ministro delle finanze emanando la famosa tassa sul possesso auto, una manovra che avrebbe dovuto rimpinguare le casse dello stato se non fosse che nel 1891 gli italiani con un'auto erano 7 di cui 5 militavano nel suo governo e uno era lui.
Dopo essere sfuggito ad un pestaggio ad opera dei suoi colleghi ministri il giovane Giolitti (o G-Giol-lit-ti, per i balbuzienti) ebbe l’occasione che capita una sola volta nella vita: le premature dimissioni di Francesco Crispi, andato in pensione a 106 anni. I ministri tuttavia cercavano proprio un fantoccio da mettere al posto di Crispi per continuare a fare i loro comodi, qualcuno che fosse o troppo vecchio o troppo ebete per capire qualcosa di come si governa un paese e Giolitti, avendo entrambi i requisiti, risultava la scelta ideale.

I cinque governi Giolitti

Liquidato Crispi, e dopo una breve parentesi (6 febbraio 1891 - 8 febbraio 1891) del marchese Di Rudinì (un uomo la cui conoscenza della politica si poteva sintetizzare con le parole "ma che cazzo ne so") Giovanni Giolitti si insediò come Primo Ministro.

Il suo governo durò meno di un governo di centrosinistra: dopo poco più di un anno infatti il giudice PierJohn Woodcock (che i puristi della lingua italiana chiamavano Piergiovanni Membrodilegno) pubblicò alcune intercettazioni telefoniche che lo vedevano coinvolto nello scandalo della Banca Romana che si era macchiata di gravi irregolarità nell’emissione delle banconote. Giolitti cercò di negare un suo coinvolgimento nella questione, ma sulle banconote false emesse dalla banca romana c’era la sua faccia.

Il primo Governo Giolitti fu segnato da alcuni fatti molto importanti, quindi vi citeremo i più inutili:

  • l’enciclica Rerum Novarum (trad: rerum novarum, frase intraducibile) di Papa Leone XIII che riprendeva alcuni concetti dell’enciclica Nulla di novum di Papa Tigre XXXII e dell’emiciclica rotatoria Magno cum appetito di Papa Giaguaro V;
  • la rivolta dei fasci siciliani, un gruppo di naziskin del Palermo che rivendicavano alcuni gol annullati nell’ultimo derby contro il Catania.
Giolitti all'inaugurazione della Salerno-Reggio Calabria.

Per la questione siciliana Giolitti non ricorse alla forza, ma si limitò a distribuire medaglie e biglietti omaggio per il circo a chiunque sopprimesse col sangue i moti insurrezionali. Frattanto emersero volti nuovi nel panorama politico italiano: di fatti tornò Crispi all’età di 107 anni, l’uomo che alla forza del carattere aveva ormai anteposto la forza del catetere. Le principali operazioni di Crispi furono:

  • tre bypass;
  • una rimozione di cataratta;
  • risoluzione della questione dei Fasci siciliani organizzando bombardamenti a tappeto (è risaputo che i tappeti in testa fanno molto male);
  • risanamento del bilancio vendendo la Gioconda ai francesi;
  • conquiste coloniali dell’Etiopia, della Libia e dell’isola d’Elba.

Frattanto nel 1896 Crispi dovette dimettersi per impegni improcrastinabili col Padreterno. Dopo averlo commemorato con un sentito discorso funebre:

« era un uomo buono e generoso, ma col culo incollato alla poltrona. Finalmente tocca a me! Muahahah! »

Giolitti si apprestava a riprendere in mano le redini del paese, con lo stesso impeto dell’incosciente che non sa minimamente cosa stia facendo.

Giolitti back in action

  • Per prima cosa tentò di sistemare l’ala massimalista del partito socialista offrendo loro dei soldi sottobanco. Ma i tempi di Craxi erano evidentemente prematuri perché Filippo Turati si offese e si indignò. Io non mi vendo per così poco - dichiarerà poi al suo gatto. Allora Giolitti giocò d’astuzia: puntò tutto sul 29 che non usciva da sei settimane. E poi propose a Turati un posto nel suo ministero, il che voleva significare stipendio fisso, posto auto, biglietti per le partite gratis, ristoranti gratis, cinema gratis, treni gratis, aerei gratis, battone gratis. Turati rifiutò sdegnosamente, ma riuscì a mettersi d’accordo telefonicamente con Giolitti per la faccenda delle battone gratis.
Ed ecco il nostro statista nel suo studio alle prese con un terribile sudoku.
  • In occasione dei due scioperi generali del 1904 e del 1908 decise di non intervenire. Nel 1910 si organizzò la Confindustria e Giolitti non intervenne. Ben presto iniziò a circolare l’idea che sotto il governo Giolitti ognuno poteva fare il cazzo che voleva. Gli operai iniziarono a non presentarsi al lavoro, gli agricoltori non lavoravano, i commercianti non commerciavano, l’economia si fermò, in tutto l’anno 1906 la produzione industriale italiana si limitò a un paio di sandali e a due dischi di Toto Cutugno.

Mentre i ministri ridevano di lui durante il dopolavoro, Giolitti si rimboccò le maniche mettendo mano ad una serie di riforme:

  • industrializzazione del Sud: la situazione nel mezzogiorno era piuttosto arretrata. Giolitti portò al Sud il fuoco, la ruota, l’amigdala e lo spremiagrumi elettrico;
  • creazione di nuove linee ferroviarie: i collegamenti tra Nord e Sud erano così scadenti che se dovevi andare a Torino ti conveniva risalire la foce del Po. Giolitti fu il primo ad intuire la necessità di una migliore copertura ferroviaria, mentre faceva l’autostop per arrivare a Genova; vennero così costruite importanti linee ferroviarie come la Torino-Lione, la Cosenza-Sondrio e la Palermo-Nuoro;
  • suffragio universale maschile: diritto di voto a tutti quelli che sapessero leggere e scrivere o anche solo tenere una penna in mano, oppure agli analfabeti che avessero fatto il servizio militare o che sapessero dire al contrario la parola “otorinolaringoiatra”.

La politica estera

Nel 1912 l’Africa nell’immaginario di un italiano era vista esattamente come oggi nell’immaginario di un politico leghista: una terra di zulù con l’anello al naso desiderosi di farsi sottomettere dal bianco cazzuto di turno, che avrebbe portato loro la civiltà insegnandogli l’uso della forchetta, del dentifricio al cocco e della lavatrice. Non c’è da sorprendersi dunque se dopo le conquiste di Crispi anche Giolitti sentisse la necessità di far sventolare una patria bandiera sul suolo africano. Dopo una serie di asperrime lotte il nostro paese riuscì a conquistare la Libia, una nazione ricchissima, se la sabbia fosse quotata in Borsa. Gli italiani si avvicinarono agli indigeni con lo spirito di un turista sulla spiaggia che tratta con un vu cumprà il prezzo di un paio di occhiali:


Una scena di colonialismo italiano in Libia.
comandante italiano : Bingo Bongo! Salve amigo! Noi italiani! Ora questa terra essere nostra! Capeesh?
indigeno libico : Sì ti capisco, non c'è bisogno che parli come uno stronzo. Che ve la prendete a fare questa terra, a che vi serve?
comandante italiano : eeeeh, tu no potere capire, pigmeo! Qui essere pieno di roba nera chiamata petrolio!
indigeno libico : mi sa che non potere capire tu. Non c’è una sola goccia di petrolio, l’unica roba nera che abbiamo qui è il fumo che ci portano dalla Turchia. E siete venuti fin qui sperando di trovare il petrolio? Ma chi vi ha addestrato a voi, l’orso Yoghi?
comandante italiano : ma veramente... noi sapevamo... noi credevamo...
indigeno libico : see vabbè, ho capito. Colonialista fai da te?
comandante italiano : beh... sì.
indigeno libico : no Alpitour?
comandante italiano : no...!
indigeno libico : AHIAHIAHIAHIAHIIII!!!!


Mentre veniva scritta un’altra gloriosa pagina nella storia del colonialismo italiano gli oppositori di Giolitti approfittarono di questa “scampagnata militare” per criticare aspramente ogni aspetto di Giolitti, dal suo protezionismo economico al patto Gentiloni, dalla mancata ripresa del paese alle audaci tinture dei suoi capelli.
Nel marzo del 1914 Giolitti rassegnò le dimissioni. Gli succedette Antonio Salamandra, che già dalle sue prime parole si dimostrava un uomo d’azione:

« Eeeh salve....... che devo fare? »

Giolitti returns

Di lì a poco scoppiò la prima guerra mondiale e le potenze della terra ne approfittarono per spararsi un po’ l’una con l’altra. Città distrutte, morti ammazzati, palazzi sventrati, gol annullati, se ne videro di cotte e di crude. Quando il conflitto finì si capì subito che era necessario un uomo d’esperienza per risollevare lo stato dell’Italia, una specie di uomo delle missioni impossibili. Salì al governo Giolitti, che di missioni impossibili se ne intendeva:

Giolitti in una foto d'epoca con alcuni suoi illustri contemporanei. 1- Giovanni Giolitti; 2- Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare; 3- Giancarlo Magalli; 4- Pippo Baudo; 5- Giuseppe Bergomi; 6- Santi Licheri; 7- Giulio Andreotti.
« Quest’estate mi sono guadagnato da vivere facendo ripetizioni di geografia a Costantino Vitagliano: aggiustare l’economia di un paese nel dopoguerra mi sembrerà una passeggiata. »
(Intervista al Corriere della Sera)

In politica estera il nostro Gioggiò concluse alcuni importanti trattative, roba da far impallidire il mercato estivo dell’Inter:

  • Col Trattato di Tirana l’Italia riconosceva l’indipendenza dell’Albania mentre prima si rifiutava anche di riconoscerne l’esistenza sulla cartina geografica;
  • Col Trattato di Rapallo si definirono i confini della Jugoslavia e dell’isola di Cipro. L’Italia ottenne l’Istria, Zara e parte della Benetton, la Jugoslavia ottenne il negozio Lonsdale.

In politica interna il vecchiaccio giocò d’anticipo:

  • Per risanare il bilancio abolì il prezzo politico del pane, ma lo lasciò per i crackers: d’ora in poi il prezzo lo facevano i pizzicagnoli e per ogni 6 panini ti spettava uno sfilatino in omaggio.
  • Per quel che riguarda il suo rapporto con i partiti, Giolitti tentò in tutti i modi di far entrare al governo i socialisti ma essi rifiutarono in blocco. Avrebbe dovuto chiederlo a quelli di adesso.
  • Infine tentò di utilizzare i fascisti in funzione antisocialista, sperando di farli diventare poi dei liberali. Quest’uomo era un fine stratega.

Verso il suicidio. Ma con ottimismo

L’ultimo Giolitti è da antologia dell'harakiri, ancora oggi studiato dai seguaci di Tafazzi e nelle assemblee del PD per capire il modo più rapido per far del male a sé stessi e al paese facendolo passare per strategia politica.

L'ultima sua immagine giunta fino a noi. Vogliamo ricordarlo così.

Mentre le squadracce fasciste agivano uccidendo consiglieri sindacali, incendiando le Camere del Lavoro e truccando i risultati delle partite di campionato, Giolitti sfoggiò una ingiustificata tranquillità, tipica di un politico pavido che non sa cosa fare o di Giorgio Napolitano.

« I fascisti? Ma dai, son ragazzi, devono sfogarsi. Chi? Mussolini vuole fare un colpo di Stato? Guardi, se lo fa mi taglio le palle! »
(Intervista a For Men Magazine)


Nelle elezioni del 1921 vennero formati dei blocchi nazionali nei quali vennero inclusi anche i fascisti, ottenendo così legalizzata la propria azione.
Nel 1922 Mussolini occupò la capitale ed ottenne dal re l’incarico di Presidente del Consiglio mentre Giolitti si sottoponeva ad un delicato intervento chirurgico a Casablanca per tener fede alla sua parola.

Per la tomba di Giolitti le autorità locali vollero strafare.

Tutto si consumò nel giro di 3 anni: il governo di Luigi Facta cadde, Mussolini salì al potere e Giolitti ritornò in Italia col nome di Giovanna la sciantosa.
Non sappiamo se senza Giolitti la storia sarebbe andata diversamente, sappiamo solo che nei mesi seguenti sui muri di Roma campeggiavano frasi di ringraziamento di questo tipo:

« Giolitti Giovanni e Facta Luigi, i più stronzi di Palazzo Chigi. »

Giolitti dichiarerà in seguito di non condividerne i contenuti, ma di averne apprezzato la metrica.

Fine

Dopo aver combinato guai a sufficienza a cavallo tra un secolo e l’altro, Giolitti decise che poteva bastare. Si ritirò a Cavour, in provincia di Torino, dove passò i suoi ultimi anni partecipando come pubblico al programma Forum.

Morì per un’infiammazione all’utero nel 1928. Aveva gli anni che gli avreste dato. Venne sepolto nel cimitero comunale di Cavour, accanto alla bara di Elvis Presley.

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