Camillo Benso conte di Cavour

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(Rimpallato da Cavour)
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Il buon Benso ha appena scoperto che alcuni comuni del Sud Italia non sono stati depauperati a dovere. E non è affatto felice.
- Qualcuno: “Signore ho due notizie, una buona e cattiva.”
- Cavour: “Procedi.”
- Qualcuno: “Il meridione è stato annesso.”
- Cavour: “E quella buona?”
- Qualcuno: “Questa era quella buona.”
« Libera chiesa in libero stato. »
(Cavour su come mandar a cagare il papa cortesemente.)
« Abbiamo fatto l'Italia, ora facciamo il pranzo! »
(Cavour prima di una mangiata epocale.)

Don Camillo Benson, presidente di Alpitour (casa sua, prima - casa sua, dopo) è stato uno dei più grandi registi della storia del cinema italiano. La sua gloriosa carriera fu resa immortale dal film neo-realista Il Risorgimento, opera che vinse 10 Oscar, impresa che viene ricordata tuttora in tutti i libri di storia nostrani. Fu anche il primo presidente del consiglio per aver detto sopra la panca la capra campa, sotto la panca la capra crepa e uno dei più grandi impresari del turismo europeo. Sosteneva fortemente che il Piemonte dovesse essere il punto di riferimento dello sviluppo, che l'Italia doveva essere libera ed indipendente dagli stranieri e che il casatiello fosse più buono del panino napoletano. Oggi si trova in aspre battaglie legali con Neoborbonici, C.H.I.E.S.A. e Lega Nord, e viene accusato di aver:

La storia

Un giovane Cavour immortalato a Pontida nel 1830.

Cavour nasce da suo padre e sua madre, una cosa mai vista prima. Una cosa di per se straordinaria: aveva unito sin prima di nascere sua madre e suo padre in matrimonio e suo padre alla bottiglia. Nella sua famiglia tutti avevano la passione di unire le cose:

  • suo padre Richard, cantante, aveva la passione di unire vari generi, tipo l'Heavy Metal con i Cori delle Mondine
  • sua madre, si era unita in matrimonio col marito
  • suo zio, era partito per gli Stati Uniti

Il piccolo Cavour da parte sua si faceva valere unendo ogni oggetto che vedeva, come la pasta alle acciughe con la marmellata, il fuoco con la benzina: tutto questo finché a 13 anni non tentò di unire le prese della corrente rimediando una scossa da 70 milioni di Kilowatt. Fu la svolta: il padre ebbe l'illuminazione, grazie alla forte luminescenza che stava emanando suo figlio, di iscrivere il figliolo al Liceo Classico. Si trattò di un'intuizione pessima, dal momento che il giovane Cavour aveva scambiato Plauto per il cane di Topolino per oltre otto mesi. Il suo periodo al liceo fu segnato dalle difficoltà e le bacchettate su mani e piedi e dal soprannome Foxy per l'abilità di trasformare le pagine della Bibbia come carta igienica. Nonostante un rendimento agghiacciante, il giovane Cavour riuscì a superare brillantemente anno dopo anno grazie ad una dote che nessuno aveva e che il preside riteneva essenziale in ogni studente: mangiava le gomme attaccate sotto i banchi. Dopo aver ottenuto il diploma su in che misura Giulio Cesare ha influito sul triplete dell'Inter, cercò di iscriversi all'esercito. Dopo un periodo al presso del capitano nel quale era incaricato di fare il caffè, si mise in testa di studiare, cosa fatta alla lettera dal giovane Benso che si tatuò in fronte la parola studiare. Dopo un breve periodo nel quale era diventato popolare tra i cadetti che lo usavano come lumino poiché il suo tatuaggio brillava al buio e tra gli alti gradi dell'esercito perché lo avevano scambiato per l'altro Camillo, fu espulso con sommo disonore dall'accademia dopo un aver scritto male il suo cognome; ma io non so quale sia il mio cognome, così tentò di giustificarsi, ma nessuno volle credergli.

L'Italia dopo il 1848

   La stessa cosa ma di più: Prima guerra d'indipendenza.
I moti del 1848.  :Rivoltoso con il braccio proteso : Forza fratelli, ribelliamoci e combattiamo!
 :Rivoltoso accucciato : Ma dove cazzo andiamo che questo qua sta dormendo?!

Dopo il fallimento delle rivoluzioni democratiche, una maledizione tutt'ora esistente che affligge il centrosinistra, si assistette alla ricostituzione di regimi polizieschi, una vera manna per gli scrittori gialli dell'epoca, e repressivi: infatti chiunque sarebbe stato preso a bastonate o usato a scopo di vivisezione se:

  • non la pensava come voleva il regime
  • non sognava come voleva il regime
  • non mangiava quello che diceva il regime
  • non rideva alle barzellette del regime

Lo stato della chiesa, sotto il controllo di Pio IX, un uomo famoso per saper fare parrucche con i peli pubici, assunse posizioni sempre più rigide condannando a morte Galileo Galilei pisciando sui libri di Copernico, bruciando disegnini con la faccia di Giordano Bruno e chiunque accettasse l'evoluzionismo avrebbe beneficiato della possibilità di incontrare San Pietro prima del tempo.
Nel Regno delle due Sicilie, dove le notizie arrivavano con un ritardo assurdo e pochi giorni prima il paese era andato in lutto per commemorare la scomparsa di Giulio Cesare, la polizia borbonica iniziò a provare i fucili nuovi di zecca il più realisticamente possibile, sparando su ribelli e passanti; questo passo è totalmente in disaccordo con la famosa dottrina neoborbonica, come spiegato dal grande studioso Pino Aprile, lo stesso uomo che nel 2009 aveva affermato che i dinosauri si fossero estinti a causa di un peto micidiale di Vittorio Emanuele II d'Italia, durante il meeting di Ischia composto da un folto pubblico (la mamma e la zia):

« Non è vero, i piemontesi con le loro uova, sì le uova perché in realtà sono dei rettiliani, hanno preso il controllo della mente degli onestissimi nostri concittadini iniziando a chiedere cazzate come la libertà di stampa e la sanità pubblica. Secondo me poi, la polizia borbonica, non era altro che formata da piemontesi mutaforma »
(Pino Aprile, saggio come dire un paio di cazzate per farsi un abbuffata a sbafo in una città a caso Ed. Cap'e cazz.)

In Toscana ben più dura fu le repressione, come ordinato da Leopoldo di Toscana (nel caso ve lo stesse chiedendo: sì, è quello di braccio di ferro) condannando la cittadinanza a bere solo Chianti annacquato o per i casi più gravi il Tavernello. Dopo la pace di Milano con l'Austria, Vittorio Emanuele sciolse le camere, gettando acido solforico sulla camera da letto e del bagno per sfogare la rabbia e invitando la popolazione a seguire più le sue idee (tipo costruire da lì in poi solo case fatte di mattoncini lego) pena di fare la fine delle camere. Il nuovo governo tenuto in mano da Massimo d'Azeglio, grazie alla sua manona gigantesca e un servilismo tale da impaurire persino Emilio Fede, prese un serie di decisioni, sia di sua iniziativa sia altre ordinategli dal re. La più famosa di queste fu la cosiddetta legge Siccardi, dal nome di un contadino analfabeta di Sondrio a cui dare la colpa nel caso il papa si fosse adirato:

  • Abolizione del foro ecclesiastico, d'ora in poi anche i preti potevano essere condannati e non a giocare a carte aspettando il giudizio di Dio
  • Abolizione del diritto d'asilo nei luoghi consacrati, fino ad allora anche se ti eri divertito a giocare a GTA nella vita reale bastava andare in una chiesa e non venivi processato
  • Riduzione delle feste religiose, fino al 1849 infatti qualsiasi giorno dedicato ad un santo era festivo, 365 giorni di feste all'anno circa
  • Controllo del fisco ecclesiastico, fino ad allora la chiesa spiegava il possesso di ville d'oro e anelloni di platino da fare invidia a Saturno con: mistero della fede
  • Abolizione della censura ecumenica, ancora credevano che la terra fosse piatta e che l'America fosse un'invenzione sotto effetto di datura da parte di Cristoforo Colombo

Cose ovviamente prese bene dalla chiesa che minacciò di ritirare le nuove leggi pena fulminazione da parte di Gesù Cristo; d'Azeglio rispose:

« Tanto c'ho il parafulmine »
(In effetti ci aveva creduto.)

La politica interna

« Mi prude il mento. »

Cavour, dopo una serie di viaggi in tutta Europa stile Eurotrip e un viaggio in Olanda dove fu beccato dalla polizia mentre pisciava dal tetto del suo hotel sotto effetto Marijuana, decise di dedicarsi all'agricoltura di famiglia, la stessa famiglia che aspettava da oltre un secolo che crescesse l'albero di salsiccie e monete dopo averne seminati a quantità. Camillo Benso prese questo impegno molto seriamente, tranne il venerdì quando guardava i film di Fantozzi, fondando la prima banca del seme del mondo, così da avere il più grande quantitativo di semi da piantare e così ottenere un enorme massa di contadini. Nel 1847, divenne persino il direttore del Risorgimento, un giornale dedicato ai problemi di erezione, appassionatosi delle imprese del giovane impresario. In breve tempo, il Risorgimento iniziò anche a parlare di politica, attirando le simpatie di vari esponenti della politica sabauda, con le sue idee europeiste e i suoi consigli terapeutici. In poco tempo si convinse di entrare in politica, come suggeritogli da un tale Urbano Rattazzi, attratto dalla possibilità di comandare e di guidare un auto blu, il suo colore preferito. Migliorò il sistema burocratico, nel quale prima chiunque fosse un aristocratico avrebbe potuto fare il funzionario, come nel 1822 quando il cane di un lontano zio dei Savoia divenne ministro degli interni e seppe anche farsi valere in politica internazionale, smentendo i suoi avversari che lo accusavano di non avere fegato, anche se di lì a poco se lo sarebbe dovuto far trapiantare.
Alcune politiche Cavouriane però fecere calare i consensi intorno a lui per un enorme deficit che si stava materializzando, a causa di alcune spese folli tipo sostituire ogni strada con una ferrovia o il tentativo di canalizzazione così da trasformare Vercelli in Venezia per evitare di fare viaggi troppo lunghi. Il picco dell'opposizione fu nel 1855, dopo la minaccia del Papa di trasformare tutti i piemontesi in maiali (la chiesa era ancora molto convincente per qualsiasi cosa dicesse) per l'abrogazione di alcuni ordini religiosi giudicati dal primo ministro inutili come:

  • L'ordine dei frati cappuccini
  • L'ordine dei frati mocaccini
  • L'ordine dei frati maledettini

Il ritorno di Mazzini

« Se mi paragonano a Mazzini li uccido »
(Che Guevara dimostra tutto il suo rispetto per Mazzini.)
La reazione di Garibaldi alla domanda: Posso venire pure io ad aiutarvi?

Giuseppe Mazzini e i suoi seguaci, dopo essere scappati dalle miniere di carbone dove erano stati condotti tempo prima, decisero di riorganizzare i moti rivoluzionari così da unire l'Italia, ma questa volta decisero di vestirsi da Power Ranger. Decimate le sue legioni nel 1853 da un gruppo di grossi austriaci incazzati neri per le avances dei suoi uomini, fondò un nuovo partito politico: il partito d'azione; motto appreso alla perfezione dai suoi ultimi alleati che fuggirono in pedalò verso l'isola d'Elba. Per l'ultima azione non c'era nessuno, neanche i party organizzati ogni sabato sera riuscivano a convincere la gente a seguirlo, persino il suo gatto Piergiorgio preferì soffocarsi con una palla di pelo piuttosto che fare figure di merda. Gli unici a seguirlo furono Giuseppe Ferrari e Carlo Pisacane, convinti entrambi dalla promessa di avere una bella festa al ritorno sia dalla minaccia di Mazzini di tagliar loro le palle; accertata l'impossibilità di raggiungere Casablanca, si diressero verso Sapri. Qui, come promesso dal capo, dovevano trovare una folla pacifica e aperta di mente: appena arrivati gli indigeni saprani, avendo visto i due con dei vestiti addosso, li scambiarono per malvagi esseri demoniaci e chiamarono la polizia borbonica che li uccise tutti e due.

« Sempre meglio di una festa con Mazzini che storpia il mio cognome in Pisagatto per fare il simpaticone »
(Pisacane.)

Persino in Sicilia fallirono i moti, dove i rivoluzionari furono cacciati via da una guardia armata di cannoli e il tentativo di uccidere Ferdinando II di Borbone, poiché il cecchino sbagliò la direzione del fucile e si ammazzò da solo. I pessimi risultati furono accolti dagli ultimi restanti con il trasferimento alla Società Nazionale e con una grattata di palle, cosa fatta anche da Garibaldi in futuro durante il loro incontro, memore del passato portasfiga del rivoluzionario. Nel 1857 la Società Nazionale iniziò a discutere sul piano del raggiungimento dell'indipendenza, il cui motto era Italia, Vittorio Emanuele e figa a volontà per convincere a unirsi il maggior numero di persone possibile, ma il confronto rinviato: quel giorno giocava il Napoli contro la Juve e Garibaldi, tifosissimo del Napoli, preferì guardarsela da solo piuttosto che con quel gobbo di Daniele Manin.

La seconda guerra d'indipendenza

   La stessa cosa ma di più: Seconda guerra d'indipendenza.
Il vero problema dell'epoca era degli studenti: dovevano imparare a memoria tutte le capitali della penisola.

Il Piemonte già in quel periodo anticipava i tempi, accogliendo nella regione ogni esule politico o disoccupato, cosa che imbestialì alcune frange di lavapiatti che si organizzarono in ronde decisi a distruggere ogni locale di proprietà di uno straniero, ma finivano continuamente contro i vetri. Nel 1857 (ne sono successe di cose quell'anno) fonda anche la Società Nazionale, addossando la segreteria al siciliano Giuseppe La Farina, trovato in un pasticcieria in cui faceva la granita al gusto granita. Era una mossa vincente, non solo perché sapeva giocare a carte, riuscì a radunare tutti i delusi di Mazzini, ma ne erano troppi e decise di mandarli al macero in Crimea. Protestò Mazzini: volevo che morissero per colpa mia. Incredibilmente l'esercito piemontese ottenne delle vittorie insperate e in virtù di un antica legge europea che se dimostravi che uno portava sfiga sul serio, saresti stato invitato al congresso delle nazioni. Cavour parlò degli effetti negativi dell'egemonia dell'Austria sul paese che favoriva l'instaurazione di regimi democratici e spiegò che il Piemonte era l'unica nazione che avrebbe garantito la vittoria delle correnti moderate, nonostante il discorso nessuno lo prese sul serio. Disperato, ricorse al suggerimento del suo amico Vittorio Emanuele, ovvero di stupire la platea facendo le pernacchie con le ascelle e lo fece: tutti iniziarono ad acclamare Cavour e sostennero ogni azione dell'Italia.

« Anvedi che alla fine aveva ragione Manuelone! »
(Cavour stupito)

Nel marzo del 1857 (sempre quest'anno! Poi si lamentano che gli studenti confondono le date) Cavour portò a termine il suo progetto, arrivando alla rottura delle relazioni con l'Austria: non bastò la liberalizzazione del cioccolato al pistacchio, ormai la sua egemonia era finita. Il 13 gennaio 1858 Napoleone III sopravvisse ad un attento voltogli dal mazziniano Felice Orsini e Cavour, per evitare un incidente diplomatico con la Francia, addossò le colpe a Mazzini, il quale si ritrovò inseguito da un orda di mangiarane armate di forcone mentre era a Marsiglia a prendere il sole.
Il 20 luglio del 1858, Cavour e Napoleone III si ritrovarono a Plombieres, località sperduta famosa per non essere mai esistita, stipularono una serie di accordi, sia militari sia personali:

  • Se l'Austria attacca il Piemonte, aiutiamo il Piemonte
  • Se aiuto il Piemonte Cavour mi da la sua figurina di Zidane
  • Se vince il Piemonte, Cavour offre una pizza
  • Se vince l'Austria, Napoleone offre pizza e coca cola perché ha proposto la scommessa
  • Al Papa gli regaliamo la chiave per i cessi pubblici di Roma
  • Il mezzogiorno resta così, non vogliamo mica introdurre una seconda ora legale

L'accordo era fatto, l'Italia si sarebbe unita e i Savoia sarebbero diventati i legittimi re del paese, una delle decisioni più folli della storia dell'umanità, peggio di quella volta di affidare a Nerone il compito di capo dei pompieri. Per legittimare l'accordo, la figlia Emanuele II, Clotilde, avrebbe sposato il cugino di Napoeone III, Gerolamo Napoleone: un uomo dall'aspetto agghiacciante, appena nato lo trasferirono dai veterinari e durante le foto scolastiche le fotocamere andavano in tilt; insomma era un uomo brutto, talmente brutto che sembrava un quadro di Pablo Picasso. A confermare quest'ipotesi, nei campi di concentramento gli ebrei dovevano scegliere se vedere una sua foto o finire nelle camere a gas, chi scelse la prima opzione non dimenticò più il suo volto. La guerra era vicina e le continue provocazioni di Cavour tipo:

« Forza Germania! »
« Le austriache sono delle cesse rivoltanti! »

non facevano altro che affrettare il tutto. Il 23 aprile, dopo che Cavour rifiutò l'ultimatum postogli dall'Austria, quest'ultima dichiarò guerra, la battaglia fu chiamata Italia vs Austria o Seconda guerra d'indipendenza, a causa della dipendenza da erba dello schieramento oltralpe combattuta alla clinica Maria Addoloratissima po'mal e'mol. Persino Garibaldi venne a combattere con la sua armata, ma senza Tom Tom, un errore che si rivelerà fatale i giorni succedenti quando lui e i suoi uomini si trovarono ad un'abbuffata di birra e würstel al confine della Germania. Sembrava fatta, anche la orda austriaca che non aveva smesso di fumare, Milano e molti altri territori erano sotto il controllo del Piemonte, se non che quel gran geniaccio di Napoleone ritirò le truppe per fare uno scherzo e fece trovare il Piemonte con la merda fino al collo; Cavour si dimise, la popolazione temeva un'invasione austriaca e il parlamento era in subbuglio, a questo punto Vittorio Emanuele fece una cosa imprevedibile: si tolse i pantaloni e scappò urlando dalla sua residenza affidando il governo a Rattazzi, perché il suo cognome lo faceva ridere, così diceva. Il 16 gennaio tornò al potere Camillo Benso poiché Rattazzi era morto a causa di una trappola per topi e come prima cosa scambiò con Napoleone la Nizza e la Savoia per la Toscana e l'Emilia, poi provvidero a scambiarsi le carte e finire una volta per tutte l'album Panini.

La spedizione dei 1000

   La stessa cosa ma di più: Spedizione dei mille.
Francesco II mentre si protegge i genitali in attesa di un calcio di punizione di Garibaldi.

Morto Ferdinando II dopo aver tentato di ingoiare un piatto di cozze intero, compreso il piatto di porcellana, divenne re Francesco II di Borbone, l’uomo che aveva scambiato per sei mesi la Basilicata per un ingrediente della pizza margherita. Franceschiello II, l'uomo che appena sentiva la parola riforma si infilava due dita nel culo e iniziava a gridare o'fragolone, fece dimettere Carlo Filangieri, a causa di alcune riforme come quella che obbligava gli uomini a tatuarsi la sua faccia sul pube per dimostrare la loro fedeltà al re. Cavour decise quindi di invadere il regno delle due Sicilie per spodestare un re di tale arguzia e usare i suoi sudditi in carne arrosto per le sue grigliate primaverili, almeno così dicono i Neoborbonici. Non poteva farcela da solo e chiamò Garibaldi, che in quel momento era in vacanza in Brasile e rispose:

- Garibaldi: “A Camillo, io non ce la faccio entro questa settimana, vengo a cavallo tra Aprile e Maggio”
- Cavour: “Ma non è meglio che vieni in aereo che fai prima?”

Tornato in Italia sul suo cavallo, incontrò il suo amico alla pizzeria pulcinella.

- Cavour: “Mamma mia sei tornato! Ma dove l'hai comprato quel cavallo”
- Garibaldi: Eh?? Senti parliamo di cose serie, che devo fare?”
- Cavour: “Dobbiamo unire l'Italia, non posso permettere che il sud continui a essere governato da qull'imbecille di Francesco II!”
- Garibaldi: “Tu vieni?”
- Cavour: “Ma si, non ti preoccupare.”
- Garibaldi: “Va bene, quanti siamo nella spedizione?”
- Cavour: “Ne saranno così tanti che non riuscirai a contarli”
- Garibaldi: “Fico!”

Non poteva sapere che Cavour aveva sfruttato il fatto che Garibaldi non sapesse contare e gli affibbiò 1000 uomini e lo stesso Cavour per non venire fingeva problemi tipo domani devo incontrare la zia, ho il mal di mare, ho il mal di auto, ho il mal di male, ho le morroidi, il massimo il giorno prima della partenza:

- Garibaldi: “Eddai vieni, dai che ci andiamo a mangiare la granita a Palermo!”
- Cavour: “Non posso rischiare di morire, ho moglie e figli io!”
- Garibaldi: “Ma tu non ha figli!”
- Cavour: “Bè, potrei averne.”
I contadini siciliani si dilettarono con molte invenzioni importate dai Piemontesi.

Garibaldi, come da accordi, avrebbe dovuto trovare un enorme veliero da guerra pieno di cannoni e scialuppe di salvataggio, trovò invece un gommone e qualche canotto di salvataggio: al momento del varo, rischiarono pure di bucare l'imbarcazione. Cavour, che faceva del suo intuito la sua miglior arma, sfruttò il viaggio per mandare Garibaldi a svolgere una serie di mansioni al posto suo, come quella di partecipare al matrimonio di suo zio Pietroalberto, di prendere una crostata di mele da sua nonna e di sorbirsi i lamenti interminabili di suo cugino che era stato appena mollato dalla ragazza. Dopo un mese di tribolazioni, il Giuseppe Nazionale e la sua armata arrivarono a Lampedusa, dove furono rispediti a Genova come clandestini. Ritentò una seconda volta ed arrivò a Marsala e la prima cosa che fece, oltre che scolarsi una bottiglia dopo l'altra, fu avvertire Cavour dell'esito del viaggio:

« A Camì, io ho cercato, ma non la trovo proprio l'altra Sicilia! »
(Garibaldi)

Al suo arrivo, Garibaldi trovò una situazione bene peggiore di quella descritta da For Men, il regno delle sue Sicilie era arretrato in un modo esagerato, l'apice quando vide un murales con scritto: W LA FICAM, by Caius Iulius Caesar. In una situazione disperata, dove era possibile ammirare persino dei dinosauri e una folta presenza di dodo, risucì ad arruolare gran parte dei contadini siciliani, mostrando loro una cosa che non avevano mai visto prima: il fuoco. La nuova scoperta fece unire gran parte di loro che per la prima volta indossarono dei vestiti, delle orripilanti giacche rosse proibite dalla convenzione di Ginevra, considerate il colpo finale alla moda ottocentesca. Fortunatamente Garibaldi riuscì man mano a conquistare la Sicilia senza problemi, tranne nell'episodio del Bronte, dove i contadini siciliani di quel periodo furono scambiati per scimmie e fucilati da Nino Bixio, noto appassionato della caccia. Conquistò anche la Calabria, in quel periodo abitato solo da asini e vacche e la Basilicata, creduta fino ad allora una leggenda metropolitana. Dulcis in fondo la Campania, soprattutto grazie all'abbuffata di sfogliatelle e babbà da parte dei mille, che segnò la fine del dominio borbonico, con Francesco II che scappò dal papa, il quale ogni notte gli raccontava una favola per fargli passare l'arrabbiatura.
Arrivata la notizia della vittoria dell'eroe dei due mondi, Cavour arrivò a Napoli, dove trovò un Garibaldi piuttosto cambiato:

- Garibaldi: “Annare'! T'vuò movere che sto puzzann'e famm!”
- Cavour: “Peppì, ti prego non andare a conquistare Roma”
- Garibaldi: “Nun me ne fotte proprio, i'vogl'i a vedere Roma - Napoli!”
- Cavour: “Guarda che il Napoli gioca in casa!”
- Garibaldi: “Bbuon, accussì me ved' a'partit magnann pizza e friarielli!”
- Cavour: “Fortuna”

I due finirono di mangiare la pizza fatta dalla moglie di Garibaldi e Peppino andò a Teano ad incontrare Vittorio Emanuele, con la scusa di quest’ultimo di aver sognato la bolletta vincente della giornata di serie A, mentre Benso si fu ricoverato in ospedale dopo indigestione di panzarotti.
Diventato presidente del consiglio, ebbe un sogno nel quale un certo Silvio Berlusconi sarebbe diventato più volte presidente, preferendo morire piuttosto che ricordare quell'incubo.

Cavour oggi

Abbiamo voluto ricordarlo così: con la strada vicino casa mia.

Oggi è morto, tuttavia il suo ricordo rimane vivo in tutta Italia grazie a piazze e vie a lui dedicate, ne sono talmente tante ormai che viene considerato un organo regionale o in un alcuni casi un suffisso obbligatorio per indicare un luogo di riferimento. Il massimo della popolarità a Napoli, dove la concentrazione di traffico e smog ha creato uno strano culto avverso a quella piazza: il Neoborbonismo.

Curiosità

  • Pare che sia un Neoborbonico.
  • Secondo alcuni era un religioso convinto
  • La sua scelta iniziale come nome della nuova nazione era Gotham City
  • Cavour al contrario si legge Ruovac

Film

Camillo Benso conte di Caveau

Sulla vita di Cavour sono stati girati

  • Don Camillo
  • Don Camillo e Peppone
  • Don Camillo e Bismarck
  • Don Camillo contro gli austriaci
  • Don Camillo contro Mazinga
  • Don Camillo ed i saldi di fine stagione di Nizza

Voci correlate di nome Camillo

Voci correlate per davvero

Preceduto da:
La penultima Marmotta del Regno di Sardegna
Camillo Benso conte di Cavour
Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia
23 marzo 1861 - 12 giugno 1861
Succeduto da:
Bettino Craxi Ricasoli