Fiat Ritmo

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(Rimpallato da FIAT Ritmo)
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La Fiat Ritmo. La versione 130TC Abarth era progettata per vincere il Big Rally di Castiglione Chiavarese (GE), ma fu costretta al ritiro per la rottura delle sospensioni Peg Perego.

La Fiat Ritmo era uno strano meccanismo in grado di spostarsi (a volte di sua iniziativa) costruito dal 1978 al 1988 dalla casa torinese FIAT, negli stabilimenti di Cassino (FR) e in quello della Rio Mare, riciclando le lamiere delle scatolette di tonno scartate dal controllo qualità. Era una vettura compatta, dinamica, affaccendata, giovane, con un bouquet fruttato, senza grilli per la testa e, allo stesso tempo, pervasa da un sano furore agonistico. La particolare forma, frutto di ardite iperboli stilistiche, presentava un CX di 84,2 (lo stesso del muro di Berlino), vincendo per nove anni consecutivi il premio "Vettura più fanculata dalla galleria del vento". Per un decennio fu la macchina di punta del "segmento C" della Fiat, dove la C stava probabilmente per "Catorci".

« Accidenti a voi! Stiamo costruendo la Ritmo! Volete andare a tempo cazzo?! »
(Il direttore della catena di montaggio di Cassino, deluso dal mancato sincronismo degli operai.)
« Peppè Peppèppeppè, Peppè Peppèppeppè, Peppè... A E I O U Ipsilon! »
(L'idea vincente del direttore della catena di montaggio di Cassino.)

Dopo oltre venti anni, la Fiat sembrerebbe intenzionata a riproporre sul mercato una nuova Ritmo. Quello che a prima vista può apparire come un suicidio commerciale, nasconde invece un'attenta analisi del mercato globale, approfonditi studi nelle emergenti correnti stilistiche, interviste ai maggiori designer del momento e... insomma si va a culo.
Ad ogni modo, la vettura di allora ebbe un discreto successo, soprattutto nelle zone sismiche, dove le continue scossette di terremoto interferivano con le eccessive vibrazione degli interni, fino ad annullarle quasi del tutto. Per la prima volta nella storia del Lingotto, la catena di montaggio fu impreziosita da un sistema ad ottimizzazione differenziata ecosostenibile: ad ogni vettura prodotta avanzava un pezzo diverso, dopo la settantesima ne usciva una in più gratis.

La progettazione

La sontuosa plancia e il raffin posteriore, disegnato dopo un approfondito studio durato circa sei minuti.

La casa automobilistica torinese, a metà degli anni '70, non riusciva a tenere il passo delle protagoniste del segmento medie fuori dai confini nazionali, in particolare Volkswagen Golf e Renault 14. La Fiat 128 aveva fatto il suo tempo già da qualche tempo e, come si suol dire, "chi ha tempo non aspetti tempo". Era evidentemente tempo.

« Qvesta vettuva dovvà spazzave via la concovvenza, assoldate i migliovi su piazza! »
(Gianni Agnelli presiede l'avvio del "Progetto 138".)

I dirigenti presenti alla riunione ne uscirono decisamente dubbiosi, però bisognava tener conto che l'Avvocato aveva stupito il mondo intero con la sua lungimiranza e l'innegabile fiuto per gli affari, quindi le sue parole furono prese alla lettera. Il progetto fu affidato agli spazzini della centralissima Piazza Castello, ovviamente i migliori. Al primo incontro tecnico ci furono attimi di comprensibile smarrimento, andavano definiti i ruoli nel progetto e i curriculum vitae erano certam praticamente fotocopiati. Piero Buttalesca (che aveva "osato" inserire nel suo la dicitura "appassionato d'arte") ottenne la qualifica di capo designer; Ugo Pittalafava (che vantava di riuscire a spazzare Via Cernaia in soli 47 minuti) fu il responsabile della produzione; Gino "Cicchetto" Zambon (che riusciva a contare i piccioni presenti in Piazza Carignano con un semplice sguardo) divenne il responsabile amministrativo; Arturo "Lonza" Gobbi (che sapeva tenere una scopa in equilibrio sul naso) fu nominato responsabile della comunicazione. Tutti gli altri ebbero ruoli da minora minori.

La Ritmo Abarth aveva uno speciale alettone, progettato per metterci un balconcino di gerani. Inoltre, tutta la gamma disponeva di un sistema di propulsione aggiuntiva classificato "trop secret".

Il primo "grande colpo" fu assestato dal Buttalesca, che per il posteriore dell'auto si ispirò alla pressa per i rifiuti industriali della discarica di Cassagna. "Cicchetto" Zambon diede all'altro ottime "dritte" per gli interni, per la plancia comandi portò la foto del cucinino del suo rustico, per i sedili quella della poltrona antidecubito di sua nonna Gertrude. L'elemento di maggior successo venne ancora una volta però dal motore. La Fiat, da sempre attenta alla questione consumi, aveva imposto al "Cleaner Team"[1] l'obbligo di tenerli bassi. Furono subito scartati i motori Fire, quelli Multijet e quello a propulsione pettinabile, perché nessuno aveva una pur vaga idea del loro funzionamento di base. Il Gobbi propose quello ad idrogeno, ma nessuno voleva un'altra Hiroshima e lo guardarono come fosse pazzo. Quello a petano fu ostacolato dalla frangia capitanata dalla signora Zambon, notoriamente donna con la puzza sotto il naso. Il motore alimentato a catarro non incontrò invece il favore della maggioranza, per la difficoltà di ospitare nella vettura i sei vecchi tabagisti necessari alla propulsione. Alla fine, saltò fuori una fotocopia del motore a molla elicoidale di Leonardo Da Vinci e, per non farsi prendere troppo per il culo, il sistema fu classificato come "propulsione aggiuntiva di tipo LDV" e mantenuto segreto.

Il battage pubblicitario

La pubblicità fu ideata dalla gente. Gli autori degli scempi restarono quindi anonimi.

Nonostante la buona volontà, il "Cleaner Team" non aveva alcuna esperienza di marketing, questo era un fatto. La signora Adalgisa Storti (in Gobbi), che aveva venduto due damigiane di olio affiggendo volantini sugli alberi di Corso Magenta, era la più qualificata del gruppo. La cosa poteva risultare penalizzante per il successo commerciale della vettura. L'ideale sarebbe stato sapere dalla gente stessa il modo migliore per proporla. Fu proprio la Storti ad avere l'idea del concorso "Pensa Ritmo... poi inventa!". Alla pubblicazione degli spot vincenti Giancarlo Pallavicini, massimo esperto italiano del settore, mangiò il suo libro Dinamiche sofisticate del marketing, senza condimento. Le prime quattro in classifica erano da brivido.

  1. Ho comprato una Ritmo. Sui manifesti comparvero quasi immediatamente scritte tipo "e me ne pento", o anche "ma non l'ho fatto apposta", oltre la gettonatissima "aridateje i soldi!".
  2. Ritmo, la seconda casa. La crisi degli sfratti evidentemente aveva colpito quel poveraccio.
  3. Ritmo, via col vento. Era la pubblicità destinata al modello Trinchetto, che aveva di serie il tettino automatico, la vela in ciniglia e l'albero maestro telescopico a scomparsa.
  4. Ritmo, il diavolo e l'acquasanta. Il messaggio doveva essere probabilmente "va bene per tutti", ma cazzo! Il Vaticano non la prese troppo bene, su ordine di Giovanni Paolo I il Sant'Uffizio fu celere a gettare sul modello (e i suoi possessori) la triste ombra della scomunica.

Le motorizzazioni

Alcuni motori della vasta gamma proposta.

La vettura si presentava identica in quasi tutti i modelli, le eccezioni erano la Ritmo Cabrio (con carrozzeria Bertone) e la Abarth (col suo alettone totalmente avulso dai concetti base dell'aerodinamica). Alcuni coatti se lo facevano in cartongesso, lo verniciavano con la bomboletta spray, ci appiccicavano un adesivo degli Scorpions e ci scrivevano Albert Abarth col pennarello indelebile. La differenza era nel cofano, i quattro motori proposti erano l'orgoglio dei meccanici Fiat.

  1. Super Landini "Turbo". Era derivato dal mitico Landini 25/30 HP, un motore per trattori concepito per utilizzare carburanti quali: olio pesante, gasolio, oli vegetali, olio di gomito, coratella, grappa, kerosene, quaglie e fiatella. Veniva alloggiato sui modelli di fascia alta (fascione[2]).
  2. Alpina MS-18. Motore di punta della gloriosa fabbrica di motoseghe, era in dotazione sul 42% di quelle vendute. La trasmissione a catena (invece della solita cinghia) garantiva una durata maggiore e un cambio senza strappi. Il problema era, in caso di guasto, convincere il meccanico a mettere le mani nel motore.
  3. Carillon GT-2. Destinato agli amanti del comfort e dei viaggi rilassanti. Sui modelli che montavano questo motore, per motivi mai spiegati dal costruttore, non poteva essere installato il mangianastri. Inoltre, grazie a un differenziale appositamente progettato, la vettura procedeva a passo di valzer.
  4. Wasp 50 Special. Nato grazie ad un accordo con la Piaggio, il motore garantiva prestazioni eccell merav in linea con le esigenze del target a cui era destinato. La vettura consumava davvero poco, questo grazie alla cilindrata di scarsanta cc, la scocca in truciolato e la carrozzeria in polistirolo. Urtando ad una velocità superiore ai 46 km/h l'auto spariva nel nulla, lasciandoti in evidente imbarazzo nel riempire il "modulo blu".

Modelli speciali

La Ritmo Cabrio (disegnata da Bertone) e il Fiorino Pick Up dell'anno dopo. A parte i fari (e il costo) era la stessa macchina.

Il modello "Cabrio" era una delle vetture più ambite dell'epoca. La Fiat voleva che fosse un'auto d'élite, ne produsse un numero limitato e la commercializzò ad un prezzo scandaloso. Ad alcuni clienti desiderosi di avere uno status symbol, non importava spendere una cifra spropositata per un pezzo di latta come quello, sarebbero stati sicuramente invidiati dal vicino di casa, e questo bastava. Oggi ne restano nel mondo settordici esemplari, uno di questi appartenente a Horst Bäuchspieß (tronfio nella foto a lato). Il crucco, pur di possederla, arrivò a vendere l'unico suo mezzo di sostentamento (quella puttana di sua moglie) ad un bulgaro. "Mai soldi furono spesi meglio!" Sei minuti fa una Ritmo Cabrio è stata scambiata su Ebay alla pari con la Fontana di Trevi. Lungi da noi il tentare di capire le dinamiche del marketing, vogliamo solo osservare che l'anno dopo la Fiat produsse il Fiorino Pick Up, riciclando il progetto 138 e cambiando solo la mascherina e i fari, il telone di plastica che fungeva da tettino fu lasciato, per coprire eventuali carichi di legna o letame. Ben diverso il destino della vettura costruita per le gare di rally. Era una Abarth 130TC con ammortizzatori potenziati Peg Perego, scocca in pan di Spagna (che garantiva ampia adattabilità sui terreni accidentati), cambio Shimano, marmitta modificata e gomme Michelin con scultura anti-merda-di-vacca (utilissima nei circuiti montani e di campagna). Era sponsorizzata dall'Alitaglia e, dopo la sesta sconfitta consecutiva, fu riclata come carretto per la grattachecca sul lido di Ostia.

Vecchia e nuova Ritmo

Incurante della scomunica (ancora vigente) di Giovanni Paolo I, la Fiat sembrerebbe decisa a produrne un nuovo modello.

Dopo circa 20 anni, la Fiat sembrerebbe intenzionata a costruire di nuovo la Ritmo. La decisione non poteva essere presa a cuor leggero, quindi la casa torinese ha incaricato Nonciclopedia di effettuare un sondaggio, per valutare il reale interesse che orbita attorno alla vettura, contando su un parere da sempre scevro da condizionamenti lobbistici e ricatti sessuali[3].

<poll> Sei favorevole alla costruzione di una nuova Ritmo? Si, a patto che sia allestita con una sambeira brasiliana di serie e con le mutande optional. Si, purché smettano di produrre la Fiat 500L Living. Si, ma solo in Canadafrica. No, ma tanto questo genere di cazzate le fanno lo stesso, anche contro il nostro autorevole parere. No, ma dite la verità... siamo su Scherzi a parte? No, e se mi fai un'altra domanda del cazzo come questa, te stacco un braccio e te ce meno! </poll>

Note

  1. ^ simpatico nomignolo dello staff del progetto
  2. ^ scusate...
  3. ^ ad avercene...


Voci correlate