Fontana di Trevi

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L'usanza di fare il bagno nella fontana è dura a morire, nonostante la presenza dei piranha fortemente voluti dal sindaco Alemanno.
Ecco il vero motivo per cui Napolitano è tornato al Quirinale.

La Fontana di Trevi è la più grande ed una fra le più note fontane di Roma. In epoca romana era considerata il più comodo orinatoio pubblico del centro, a due passi dai Fori Imperiali. Oggi è una delle più celebri fontane del mondo, i francesi la ritengono però inferiore alla Fontaine de Médicis di Parigi, realizzata per volere della regina Maria de' Medici (italiana) da un architetto di Pistoia, quindi: "A magnalumache! De che cazzo stamo a parlà?!"

La fontana, progettata da Nicola Salvi e adagiata su un lato di Palazzo Poli, appartiene al tardo barocco, così chiamato perché (a parte suo padre) nessuno lo definiva geniale. Sul suo nome aleggia un alone di mistero, queste le ipotesi più accreditate:

  1. viene dal latino trivium (trivio, tre vie), perché si trova al lato della confluenza di tre vie nella piazzetta;
  2. viene da Trebium, nome della presunta località della fonte originaria, lo dice uno del posto tardo ma non barocco;
  3. viene da Trivago, ma l'ho appena pensato e quindi andrà quantomeno verificato.
« Secondo una famosissima tradizione, buttare una monetina nella fontana vi garantisce il ritorno a Roma. »
(Guida turistica che erudisce un gregge di musi gialli camera-muniti.)
« Ah! Dimenticavo... Se la moneta è fuori corso finirete in Romania. »
(La stessa guida che mette in guardia gli immancabili furbetti.)
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Fontana di Trevi

Storia

L'acquedotto di Agrippa (stando al primo progetto) doveva portare acqua corrente fino a San Giovanni in Sahara.

La storia della fontana risale ai tempi dell'imperatore Augusto, che incaricò il generale Agrippa di portare acqua corrente fino al Pantheon ed alle sue terme. Ovviamente, che il progetto prevedesse di passare vicino la villa di Augusto e che ne alimentasse l'enorme piscina (fatta passare per il bacino idrico necessario all'irrigazione di ipotetiche risaie), era un dettaglio insignificante.

L'acquedotto Vergine (Aqua Virgo) fu il nome attribuito da Agrippa alla sua grande opera, per commemorare il dono quasi spontaneo della virtù di alcune sacerdotesse della bassa Etruria, dimoranti nei pressi di una fonte chiamata: Trebium dagli abitanti del luogo e, per qualche oscuro motivo, Bidet dalle stesse donne. Il punto terminale si trovava sul lato orientale del Quirinale, nei pressi di un trivio. Al centro dell’incrocio venne realizzata una fontana con tre bocche che riversavano acqua in tre distinte vasche affiancate; quando mancava l'acqua (perché Augusto riempiva la piscina) le tre vasche assomigliavano troppo a vespasiani affiancati, e come tali usate.

Il condotto dell'Aqua Virgo (che tanto virgo non era) è il più antico di Roma tuttora funzionante, non ha mai smesso di fornire acqua alla città dall’epoca di Augusto. Il fatto che oggi sia in gestione ad Acea getta consistenti incertezze sul futuro.

Il lungo cammino verso il capolavoro attuale

Le spoglie di Urbano VIII, colto da "coccolone" alla lettura del preventivo del Bernini.

La fontana conservò le tre vasche d'epoca romana fino al 1453 quando, su incarico di papa Niccolò V, furono sostituite con un unico lungo bacino rettangolare, adibito ad allevamento di capitoni (di cui il pontefice era ghiotto). Da quel momento, la fontana smette di avere pace.

  • 1640: papa Urbano VIII ordina a Gian Lorenzo Bernini di "dare una sistemata alla fontana". Per reperire i fondi necessari viene istituita una sgraditissima tassa sul vino, nelle osterie di tutta Roma la gente si unisce in veglie di preghiera, si chiede l'intercessione di Santa Barbara affinché al pontefice scoppino le principali arterie. Nel frattempo Bernini esagera leggermente:
    • allarga la piazza radendo al suolo due palazzi, dopo aver sfrattato le diciassei famiglie ivi dimoranti;
    • mura due antichi negozi di pellame (ancora con i proprietari dentro) e vi ribalta ortogonalmente la fontana preesistente, rivolgendola verso il Quirinale in modo che sia visibile dalla dimora pontificia;
    • sposta il mercato del pesce nel nascente rione Garbatella, i contrariati pescivendoli passano dal pieno centro alla sperduta campagna. In quel periodo, Bernini risulta simpatico come un prolasso rettale.
  • 1644: le preghiere vengono ascoltate e Urbano VIII si ammala di morte. I fondi destinati alla fontana cessano per volere del nuovo pontefice Innocenzo X, anzi, al Bernini, caduto in disgrazia per essere stato l’architetto della famiglia Barberini, venne affidato (per punizione) il compito di prolungare l'acqua Vergine sino a piazza Navona, dove Francesco Borromini avrebbe poi realizzato una nuova mostra monumentale dinanzi al palazzo della famiglia del pontefice (Pamphilj). I 900 metri di scavo dovranno essere fatti a mano dal Bernini stesso, armato di badile, piccone e licenza di bestemmia, concessa da sua Santità in persona.
  • 1698: dopo quasi 60 anni Clemente XI torna ad interessarsi dell'opera, ma il progetto di Carlo Fontana (che stando al cognome aveva ottimi presupposti di riuscita) faceva veramente cagare.
  • 1708: papa Benedetto XIII annuncia durante l'Angelus che finirà la fontana grazie ad una tassa sulla coratella: la pietanza è di per sé già un piatto da poveri, quindi circa il 92% della folla sottostante scalpita. Il corale vaffanculo che ne consegue viene udito fino ad Orbetello. Il progetto viene accantonato.
  • 1721: Innocenzo XIII (della famiglia Poli) acquista due palazzi dietro la fontana e pensa di riqualificare la fontana come Acquafan con gli scivoli. In particolare, è molto attratto dal Kamikaze che parte dal Quirinale e finisce nella vasca. Il cardinal Torchiafava, suo intimo amico, lo fa desistere attingendo alla sua enorme preparazione teologica: "Santità, possiamo anche accettare con letizia il dogma dell'infallibilità papale, ma tu sei un cretino senza speranza!"


L'opera viene ultimata

Lo stemma araldico dei Corsini, famiglia di Clemente XII detto "il vendicativo".
A Strevi (Al) non vi è alcuna fontana per via dell'S privativa.

Tocca a papa Clemente XII, nel 1731, il compito di riprendere in mano le sorti della piazza e della fontana. I Corsini, famiglia del pontefice, covavano un grande rancore verso i Poli, forse a causa dello spulzellamento prematuro della tredicenne contessina Mafalda Corsini Potta, vittima degli insani appetiti del duca Antimonio Poli, all'epoca ottantenne.
L'idea di coprire una facciata di palazzo Poli, e metterci sopra il proprio stemma araldico, rendeva Clemente XII euforico, più o meno come quando, ancora parroco, amava "correre la cavallina" con tutti i giovani virgulti di Civitaluparella (CH).

Di tutti i progetti, quello che deturpava in modo significativo la facciata di palazzo Poli era dell'architetto Nicolò Salvi. I lavori furono finanziati con circa millemila scudi, raccolti grazie alla reintroduzione del gioco del lotto a Roma, esattamente quello che succede oggi con i gratta e vinci.

La fontana ebbe lunghissimi tempi di realizzazione, da una parte per l’indubbia grandiosità dell’opera, dall'altra per le liti frequenti tra il Salvi e Giovanni Battista Maini, lo scultore incaricato dell’esecuzione. La cosa che li divideva profondamente era l'invaghimento di entrambi per una popolana, Rosalba Maritozzi, definita dal primo: "una leggiadra creatura di mirabili fattezze", dall'altro: "una con le chiappe de marmo" (e dicendolo, batteva una sonora pacca sulla pietra che stava scolpendo). A causa di un'epidemia di morte che colpì il Maini, Salvi e lo stesso pontefice, nessuno di loro vedrà la fontana finita.

Dopo trent’anni di cantiere e un altro papa defunto (Benedetto XIV), il 22 maggio 1762, durante il pontificato di Clemente XIII, l’opera fu finalmente mostrata al pubblico in tutta la sua maestosità. Era ora cazzo!

« Per quanto ci abbiano lavorato una dozzina di scultori diversi, ognuno col proprio stile, l'opera mostra una cristallina coerenza espressiva, un costante dinamismo lineare nello sviluppo del tema, una elegante armonia dei gruppi scultorei e poi, acchiappa 'na cifra! »
(Aurelio Panzaunta, Trovati due cazzate da dire e soprattutto chi le ascolta (Guida al mestiere di critico d'arte), collana "I Pratici", Ed. Bricofer 1983.)


Tema e scenografia

Il tema dell’intera composizione è il mare. Per apprezzarla al meglio, soffermandoci su alcuni particolari di enorme valore artistico, è d'uopo avvalerci di supporto audio visivo.

Il furto delle monete

L'arresto di Marilena Campacavallo, conosciuta come la rana pescatrice, esponente di spicco della banda della Magliana.

L'usanza di gettare monete nella fontana esiste praticamente da sempre e, in passato, esse venivano recuperate dai bambini affetti dalla sindrome da deficit monetario, appartenenti quindi alle classi sociali meno abbienti. Nelle calde serate estive, l'allegro sguazzare dei pargoli celava il tentativo di procurarsi sufficiente pecunia con cui cibarsi il giorno dopo. Con l'enorme incremento del numero di turisti, e il conseguente aumento delle risorse finanziarie in ammollo, il "business delle monetine" ha iniziato ad interessare la malavita capitolina. Secondo i bene informati, l'omicidio di Angelo De Angelis (detto Er Catena) del 10 febbraio 1983, fu un regolamento di conti all'interno della Banda della Magliana, proprio per il tentativo della vittima di "fare la cresta" sulla redditizia attività.

Il Comune di Roma ha recentemente deliberato che i proventi della fontana siano devoluti ad enti benefici, l'attività di recupero è stata appaltata ad una società appositamente costituita. La società estrae mediamente dalla vasca circa 12.000 euro mensili, quasi la metà dello stipendo del cugino di Alem dell'amministratore delegato, quindi in beneficenza finiscono le cambiali.

Il caso D'Artagnan

Nel 2013 i mass media portarono a luce le gesta di un moderno Robin Hood "de' noantri".

A seguito di un servizio giornalistico del programma televisivo presentato dalla moglie dell'ottavo re di Roma, le malefatte di un criminale (autodefinitosi D'Artagnan) sono state scoperte e punite. L'opinione pubblica è tuttavia restata senza risposta alla domanda: "Perché ha detto di chiamarsi D'Artagnan?". Visto l'enorme interesse che ruota attorno all'accadimento proveremo a formulare delle teorie valide.

  1. Probabilmente voleva dire Robin Hood, quindi giustificare il suo gesto come un tentativo di recuperare soldi da donare ai poveri. Vuoi per la concitazione del momento, vuoi perché era palesemente ignorante come una bestia, ha sbagliato personaggio.
  2. Voleva vantare discendenza nobiliare e relativi diritti sulla fontana, probabilmente riferendosi alla duchessa Gertrude Corsini Zuffa, che andò maritata nel 1811 col duca di Guascogna Jean-Philippe d'Armagnac, sbagliando lievemente la pronuncia del cognome francese.

Il progetto futuro

Lo scoop fotografico mostra la vendita della fontana alla nuova proprietà americana, che sostituirà l'inutile bagnarola con un parcheggio multipiano.

L'operazione per ora è coperta dal più totale riserbo. Vista l'impossibilità di ripianare il debito pubblico, lo Stato si vede costretto a vendere le uniche cose che in Italia hanno ancora valore, i beni culturali.
A novembre 2012 viene incaricato della vendita l'Assessore allo smaltimento dei vecchi ruderi della regione Lazio che, ironia del destino, si chiama Ignazio Trevi. Purtroppo qualcosa va storto, incassato il pagamento il Trevi si dà alla macchia, ed è tuttora ricercato. Immediato il consueto scaricabarile tra le autorità.

« Il Trevi mi è stato presentato come il cugino della Polverini, chiedete a lei! »
(L'ex Ministro dei beni culturali Bondi.)
« A quanto mi avevano detto, Trevi doveva essere il cognato di un nipote di Fiorito, chiedete a lui! »
(L'ex presidente della Regione Lazio Renata Polverini.)
« Non è vero niente, Ignazio Trevi è il cugino della cognata di Alemanno, chiedete a lui! »
(L'ex consigliere regionale (ora detenuto) Franco Fiorito.)
« Veramente, a quanto avevo capito, Trevi dovrebbe essere il marito della cugina di Marigozzi, chiedete a lui! »
(Il quasi-ex sindaco di Roma Gianni Alemanno.)
« Ma de che cazzo state a parlà? »
(Il ciabattino di rione Testaccio Ulderico Marigozzi.)