Grattachecca

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Forse una rondine non farà primavera, ma il grattacheccaro fa l'estate.

La grattachecca è acqua fresca colorata tipica della città di Roma. È preparato con ghiaccio grattato a neve, al quale vengono aggiunti uno o più sciroppi, qualche unghia del grattatore inesperto e pezzi di frutta.

Deriva il suo nome dal verbo grattare e da checca, termine che oggi si attribuisce ad "uno col culo chiacchierato", ma che un tempo identificava il grosso blocco di ghiaccio utilizzato per refrigerare gli alimenti (quando ancora non esisteva il frigo a pedali).

Per i francesi, che tentano sempre di attribuirsi tutto, deriva da gratin-coque ossia grattare con la conchiglia (così chiamato il raschietto francese), ma è una emerita cazzata (seppur molto verosimile) inventata al momento.

Secondo i più grandi esperti di tuttologia, la Piramide di Cheope fu costruita per immagazzinare ghiaccio, destinato alle grattachecche di cui la piccola Hetepheres andava pazza. Considerando che i geroglifici egizi non contemplano la parola neve, ci pare una notizia priva di presupposti logici e fondamenti teorici.

« La compravo sul lungomare de Ostia, me la "sgargarozzavo" co' du' minuti e m'accennevo 'na bionda!! »
(Franco Califano spiega come ha ottenuto la sua particolare voce.)
« L'ho comperata sul lungomare di Ostia, avevo mangiato da circa un'ora e manca poco ci resto secco!! »
(Un Tizio che spiega come ha ottenuto il blocco della digestione.)
« La vendevamo sul lungomare di Ostia, poi hanno fatto il centro commerciale e siamo andati falliti!! »
(Caio e Sempronio che spiegano come hanno ottenuto il pignoramento dei mobili.)

Secondo il sondaggio "Cose che ci piacciono del mare", effettuato su una spiaggia di Ventotene, la grattachecca è al sesto posto, esattamente tra Malmenare un Vu-Cumprà e Le Tette.

Storia

Ghiacciaia naturale del XVI secolo. All'epoca per farti una birretta gelata era un cazzo di lavorone.

Già dal XVI secolo era usanza diffusa, nelle zone con clima freddo, fare la settimana bianca. In quei luoghi veniva immagazzinata la neve caduta in ghiacciaie naturali scavate nel terreno. La neve compattata diventava ghiaccio e, in appositi locali adiacenti, si potevano conservare i cibi per molto tempo. Verso l'estate, a causa del proliferare dei batteri, gli alimenti tentavano di evadere dalle dispense. A quel punto si procedeva a smaltirli nel più breve tempo possibile e il ghiaccio restante venduto in grossi blocchi chiamati checche.

Il primo uso che ne fece un romano, tale Nando Zaccagna, fu quello di salirci a cavalcioni e scivolare lungo i viali del Pincio; sfortunatamente non riuscì a frenare in tempo, imboccò la scalinata di Trinità dei Monti, attraversò Piazza di Spagna e, dopo aver fatto per intero Via Condotti, si piantò all'angolo di un palazzo su Via del Corso, che venne chiamato Palazzo del Frescone fino a quando divenne sede della maison Fendi[1].

Di questo ci interessa comunque il giusto, ossia nulla.

Per arrivare all'invenzione della grattachecca dovemmo aspettare il 1891, anno che segnò l'estate romana più calda del secolo, per dare un'idea: faceva talmente caldo che le banane si sbucciavano da sole.

Grattacheccari e tradizionali raschietti.

Spartaco Malafava, fruttivendolo in Trastevere, aveva per moglie Amanda Pucinelli detta (da chi la conosceva biblicamente) la stufetta per via dei bollori esagerati della sua "natura". Costei soleva sedersi, senza mutande, su una checca di ghiaccio per trovare refrigerio. Il marito, quando lei si alzava, leccava di nascosto il ghiaccio e lo trovava gustoso e rinfrescante. La grande idea maturò per gradi, risolvendo alcuni problemi che si erano via via posti:

  1. i clienti rifiutavano di leccare il blocco di ghiaccio (escluso qualche pervertito di lungo corso) per questioni di igiene, quindi il Malafava arrivò a grattare la superficie "trattata" per poi servirla in un bicchiere;
  2. il prodotto non era disponibile per 4-5 giorni al mese, a quel punto coinvolse nella produzione sua figlia e la cognata;
  3. la clientela femminile era davvero esigua, allora il furbo commerciante pensò di aggiungere il gusto PepperMinchia;
  4. qualcuno ogni tanto lamentava un retrogusto di cipolla, colse il suggerimento al volo e ampliò la scelta con Peperonata e Misticanza (coinvolgendo assieme le tre donne).

Per rendere più digeribile la grattachecca Peperonata, aggiunse una spruzzata di limone, questo gli fece realizzare finalmente la possibilità di utilizzare la frutta e in seguito gli sciroppi. Fu un grande successo.

Caratteristiche attuali

A Roma, sul Lungotevere, i "gusti tradizionali" sopravvivono (garantiti dall'anonimato).

Diversamente dalla granita, che viene prodotta con acqua mescolata a sciroppi e messa a congelare, la grattachecca è composta da ghiaccio grattato da un singolo blocco tramite apposito raschietto, provvisto di una camera vuota posteriore che consente di accumulare il ghiaccio così ottenuto e, una volta riempito il bicchiere, vengono aggiunti "succhi", frutta o sciroppi. In alcuni chioschi sul Lungotevere vengono ancora serviti i gusti della tradizione. Prima di chiedere a sproposito e fare figuracce, si deve far caso all'eventuale camuffamento del personale, in questo caso si va sul sicuro. Nel corso del tempo, alcuni gusti sono spariti e i nomi hanno seguito l'evoluzione del lessico popolare. Questi i più richiesti oggi:

  • Patata
  • Patata e amarena
  • Patata e banana (per gli indecisi)
  • Banana
  • Banana e limone
  • Pepperminchia®
  • STruzzo
  • Misticanza 3 gusti (eventuali gusti in più si pagano a parte)
  • Cipolla
  • Collo di papera®
  • Fruttolo
  • Vacca
  • Borgatara®
  • Kinder Pinguì

Curiosità

Soluzione: GrattaChecca
  • Questo alimento è noto anche a Palermo, con il nome di grattatella.
  • A Milano la chiamano raspaculaton.
  • In Afghanistan è la punizione riservata agli omosessuali.
  • In questo momento probabilmente hai voglia di grattachecca, ma non sai dove trovarla ed entri in depressione.

Note

  1. ^ che infatti, per tradizione, fa la neve artificiale nel periodo natalizio

Collegamenti esterni