Strage del Rapido 904: differenze tra le versioni

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[[File:Rapido 904 a San Benedetto Val di Sambro.jpg|miniatura|Le [[Ferrovie dello Stato|FF. SS.]] non rifusero i danni ai passeggeri in quanto ''"come da avvisi presenti in ogni stazione, essi erano stati ampiamente messi al corrente circa i rischi derivanti dall'intraprendere un viaggio in treno".'']]
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[[File:Rapido 904 a San Benedetto Val di Sambro.jpg|right|thumb|420px|Le [[Ferrovie dello Stato|FF. SS.]] non rifusero i danni ai passeggeri in quanto ''"come da avvisi presenti in ogni stazione, essi erano stati ampiamente messi al corrente circa i rischi derivanti dall'intraprendere un viaggio in treno".'']]
{{Cit2|{{Colore|purple|Come sale veloce quel treno che si tuffa nelle gallerie,<br />
{{q|Come sale veloce quel treno che si tuffa nelle gallerie,<br />
come fanno i delfini nei giorni d’agosto<br />
come fanno i delfini nei giorni d’agosto<br />
seguendo chissà quali vie.<br />
seguendo chissà quali vie.<br />
Ma di colpo è un mare di fuoco,<br />
Ma di colpo è un mare di fuoco,<br />
la tempesta si schianta d’intorno.<br />
la tempesta si schianta d’intorno.<br />
Il biglietto era solo d’andata e non c’è ritorno.}}|{{s|Un tizio tristissimo}} [[Leoncarlo Settimelli]].}}
Il biglietto era solo d’andata e non c’è ritorno.|<del>Un tizio tristissimo</del> [[Leoncarlo Settimelli]].}}


La '''strage del Rapido 904''' avvenne a bordo del Rapido 904, le prove a testimonianza di ciò sono schiaccianti. Definita anche '''strage di Natale''', rappresenta il colpo di coda dell'ormai agonizzante [[terrorismo]] degli [[anni '70]]. No, un momento. Essa rappresenta l'inizio dell'epoca nota come ''guerra di [[Mafia]]'' dei primi [[anni '90]] del [[XX secolo]]. Ma no, non è così: c'entra il terrorismo [[Camorra|camorristico]] coi pantaloni a zampa d'elefante... No. non va bene, non è corretto neanche così! Mettiamola in questo modo: diciamo che si tratta di terrorismo camorfioso. O maforra terroristica, boh, suonano bene entrambi.<br />
La '''strage del Rapido 904''' avvenne a bordo del Rapido 904, le prove a testimonianza di ciò sono schiaccianti. Definita anche '''strage di Natale''', rappresenta il colpo di coda dell'ormai agonizzante [[terrorismo]] degli [[anni '70]]. Oppure l'inizio dell'epoca nota come ''guerra di [[Mafia]]'' dei primi [[anni '90]] del [[XX secolo]]. O magari c'entra il terrorismo [[Camorra|camorristico]]. Si tratta quindi di terrorismo camorfioso. O maforra terroristica. O quel che è, suonano bene entrambi.

Il fatto è che questa strage si colloca in un contesto socio-temporale altamente ambiguo, a cavallo di due periodi storici profondamente differenti: agli slanci creativi ed innovativi degli anni '70 fa seguito una sensazione di indolente consapevolezza che galleggia in fiumi di Ramazzotti, Aperol ed [[eroina]], al ritmo martellante della [[New Wave]]. Chi ha trascorso l'[[adolescenza]] in quel periodo ha oggi buone probabilità di essere un vecchio rincoglionito senza alcuna prospettiva per il futuro.
Questa strage si colloca in un contesto socio-temporale altamente ambiguo, a cavallo di due periodi storici profondamente differenti: agli slanci creativi ed innovativi degli [[anni '70]] fa seguito una sensazione di indolente consapevolezza che galleggia in fiumi di Ramazzotti, Aperol ed [[eroina]], al ritmo martellante della ''[[new wave]]''. Ci stava bene una strage, tanto per ricordare alla gente che non bisogna rilassarsi troppo.
{{Wikipedia}}


== L'attentato ==
== L'attentato ==
Visto che era già da un po' che non mettevano le bombe sui treni e qualcuno cominciava già a considerarla una possibilità remota, il [[23 dicembre]] [[1984]], alle ore 19:08, sul [[treno]] Rapido n. 904, partito da [[Napoli]] alla volta di [[Milano]], si verificò un'esplosione talmente forte che, a 60 km di distanza, la [[casalinga]] Priscilla Carota coniugata Scornaienchi accusò il [[marito]] di aver di nuovo scorregiato. E invece il signor Belisario era incolpevole dei 16 morti e 266 feriti, il suo record personale restando quindi fermo a soli 3 ricoveri per asfissia.


Subito dopo l'esplosione, i [[Macchinista|macchinisti]] attivarono il freno di emergenza, cosicché il convoglio si arrestò nel bel mezzo della [[Grande Galleria dell'Appennino]], un lungo tunnel tra [[Bologna]] e [[Firenze]]. A causa dello scoppio era andata distrutta anche la linea elettrica, insieme a tutti i finestrini delle carrozze, lasciando i passeggeri superstiti al buio e al freddo. Molti non si accorsero della differenza siccome viaggiavano in 2° classe, anzi, alcuni dichiararono ai giornalisti di aver notato un lieve miglioramento nelle condizioni del viaggio.
{{Cit2|È da un po' che non mettono le bombe sui treni!|Uno che pensava di saperla lunga.}}
{{Cit2|Già, figuriamoci se lo rifanno adesso, sotto le feste!|Un altro che pensava di saperla lunga (sono tanti, eh!).}}


Uno dei controllori, benché ferito, riuscì ad organizzare i soccorsi chiamando da un telefono di servizio all'interno della galleria. Se avesse avuto un [[cellulare]] non ce l'avrebbe mai fatta poiché, come tutti sanno, dentro le gallerie non c'è campo.
Il [[23 dicembre]] [[1984]], alle ore 19:08, sul [[treno]] Rapido n. 904, partito da [[Napoli]] alla volta di [[Milano]], si verificò un'esplosione talmente forte che, a 60 km di distanza, la [[casalinga]] Priscilla Carota coniugata Scornaienchi si rivolse così a suo [[marito]]: {{Quote|Belisario, hai [[peto|scoreggiato]] di nuovo?}} E invece il signor Belisario era innocente. Il treno stava percorrendo la [[Grande Galleria dell'Appennino]], tra [[Bologna]] e [[Firenze]], 18 km rettilinei in cui la velocità raggiunta dai convogli si attestava oltre i 150 km/h. Una carica di esplosivo radiocomandata, collocata sulla vettura n. 9, esattamente a metà del treno, scoppiò al km 9 del tunnel, nel suo centro esatto. Sul colpo morirono 15 persone e 267 restarono ferite. Successivamente i morti aumentarono a 16. Subito dopo l'esplosione, i [[Macchinista|macchinisti]] attivarono il freno di emergenza, cosicché il convoglio si arrestò nel bel mezzo del tunnel. A causa dello scoppio era andata distrutta anche la linea elettrica, insieme a tutti i finestrini delle carrozze. Lo scoppio, il buio e il freddo invernale contribuirono a creare un'atmosfera di intensa e vibrante apprensione, ma non ci sarebbe stato alcun cartello ''"fine del primo tempo"'' a stemperare la tensione, rinfrancare gli animi e consentire al pubblico di recarsi al [[bar]] o al [[cesso]]. Uno dei controllori, al suo ultimo viaggio in servizio prima della [[pensione]], benché ferito, riuscì ad organizzare i soccorsi chiamando da un telefono di servizio all'interno della galleria. Se avesse avuto un [[cellulare]] non ce l'avrebbe mai fatta poiché, come tutti sanno, dentro le gallerie non c'è campo.


== I soccorsi ==
== I soccorsi ==
[[File:Kit pronto soccorso elio.jpg|thumb|right|200px|I soccorsi erano equipaggiati con: bombola "baloon time", maschera di un simpatico verde asia e un set di palloncini multicolor.]]
[[File:Kit pronto soccorso elio.jpg|miniatura|I soccorsi erano equipaggiati con: bombola "baloon time", maschera di un simpatico verde asia e un set di palloncini multicolor.]]
{{Cit2|Raga, questa è un'occasione d'oro per collaudare il piano d'emergenza!|Il coordinatore della Centrale Operativa di Bologna.}}
Il coordinatore della Centrale Operativa di Bologna colse subito l'occasione per collaudare il piano d'emergenza, incurante del fatto che non ce ne fosse uno. Decise quindi che esso sarebbe consistito nel fare le cose un po' come veniva.
{{Cit2|Quale piano d'emergenza?|Il vice-coordinatore, colto lievemente impreparato.}}
Il personale viaggiante del Rapido 904 riuscì a mettere in moto la macchina dei soccorsi nonostante le oggettive difficoltà. Nella concitazione, però, non fu subito chiaro chi si andasse a soccorrere e perché: l'unica certezza era che c'era un treno fermo in galleria. Fu perciò deciso di inviare un [[locomotore]] elettrico per trainare il convoglio, ma a causa del [[black out]] elettrico l'idea si risolse in un fallimento totale. Si optò dunque per un locomotore [[diesel]], che però appestò l'aria all'interno della galleria. Anche i non fumatori ivi presenti si trovarono dunque col rischio di sviluppare [[Tumore|tumori]] e [[Infarto|patologie cardiache]] centuplicato. Si cercò di tamponare il problema portando in galleria delle bombole d'[[ossigeno]], ma nell'urgenza non si andò troppo per il sottile: ad un venditore di palloncini nelle sagre paesane fu requisita la dotazione di bombole di [[elio]], così ad un certo punto sembrò che ci fosse un raduno dei parenti di [[Paperino|Donald Duck]] e di [[Topo Gigio]].


Nella concitazione, non fu subito chiaro chi si andasse a soccorrere e perché: l'unica certezza era che c'era un treno fermo in galleria. Fu perciò deciso di inviare un [[locomotore]] elettrico per trainare il convoglio, ma il piano si arenò quando il vice-coordinatore riuscì a far capire al coordinatore che i treni elettrici non vanno se manca la corrente.
Nella vicina stazione di San Benedetto Val di Sambro vennero prestati i primi soccorsi ai feriti e trainato il convoglio. Qui finalmente venne allestito un ponte radio funzionante e fu possibile organizzare il trasporto dei feriti più gravi verso l'[[Ospedale|Ospedale Maggiore]] di Bologna. La [[Società Autostrade]], per agevolare tale operazione, mise gratuitamente a disposizione un casello poco distante, salvo ritoccare verso l'alto i pedaggi nel giro di un paio di settimane.


Si optò dunque per un locomotore [[diesel]], che però appestò l'aria all'interno della galleria. Anche i non fumatori ivi presenti si trovarono dunque col rischio di sviluppare [[Tumore|tumori]] e [[Infarto|patologie cardiache]] centuplicato. Si cercò di tamponare il problema portando in galleria delle bombole d'[[ossigeno]], ma nell'urgenza non si andò troppo per il sottile: ad un venditore di palloncini nelle sagre paesane fu requisita la dotazione di bombole di [[elio]], così ad un certo punto sembrò che ci fosse un raduno dei parenti di [[Paperino|Donald Duck]] e di [[Topo Gigio]].
Il piano d'emergenza era stato messo a punto all'indomani della [[strage di Bologna]] e prevedeva la cooperazione tra forze dell'ordine e mezzi di soccorso, la razionalizzazione delle vie d'accesso agli ospedali del capoluogo felsineo e l'impossibilità di presenziare per [[Gabriele Paolini]]. L'attentato al Rapido 904 costituì la prima vera opportunità di sperimentarne l'efficacia. La cosa più difficile fu ricordare in quale cassetto era stato chiuso il manuale operativo, operazione che richiese un'ora buona di spremitura di meningi. Fortunatamente questo fu l'unico ritardo e gli operatori coinvolti si comportarono in maniera a dir poco esemplare. Dopo questa esperienza il servizio centralizzato di Bologna Soccorso sarebbe diventato il primo nucleo attivo del servizio di emergenza ''[[118]]''.

{{Cit2|Raga, addio [[assenteismo]], addio [[fancazzismo]]. Ci siamo fottuti con le nostre mani!|Il coordinatore della Centrale Operativa di Bologna encomia il suo gruppo.}}
Nella vicina stazione di San Benedetto Val di Sambro vennero prestati i primi soccorsi ai feriti e trainato il convoglio. Qui finalmente venne allestito un ponte radio funzionante e fu possibile organizzare il trasporto dei feriti più gravi verso l'[[Ospedale|Ospedale Maggiore]] di Bologna. La [[Società Autostrade]], per agevolare tale operazione, mise gratuitamente a disposizione un casello poco distante, salvo ritoccare verso l'alto i pedaggi.

Il piano d'emergenza era stato messo a punto all'indomani della [[strage di Bologna]] e prevedeva la cooperazione tra forze dell'ordine e mezzi di soccorso, la razionalizzazione delle vie d'accesso agli ospedali del capoluogo felsineo e l'impossibilità di presenziare per [[Gabriele Paolini]].

L'attentato al Rapido 904 costituì la prima vera opportunità di sperimentarne l'efficacia. La cosa più difficile fu ricordare in quale cassetto era stato chiuso il manuale operativo, operazione che richiese un'ora buona di spremitura di [[meningi]]. Fortunatamente questo fu l'unico ritardo e gli operatori coinvolti si comportarono in maniera a dir poco esemplare. Dopo questa esperienza il servizio centralizzato di Bologna Soccorso sarebbe diventato il primo nucleo attivo del servizio di emergenza ''[[118]]''. Con sommo disappunto del coordinatore della Centrale Operativa, abituato ad anni di [[assenteismo]] e [[fancazzismo]].


== Le indagini ==
== Le indagini ==
[[File:S.Benedetto appare nella strage del rapido 904.jpg|thumb|right|400px|Giacché più volte nominato, S.Benedetto decise di fare una apparizione straordinaria durante le indagini; purtroppo però, nessuno poté dargli udienza a causa del gran fermento delle stesse. ]]
[[File:S.Benedetto appare nella strage del rapido 904.jpg|miniatura|Giacché più volte nominato, S.Benedetto decise di fare una apparizione straordinaria durante le indagini; purtroppo però, nessuno poté dargli udienza a causa del gran fermento delle stesse.]]
La macchina dei soccorsi aveva funzionato egregiamente, avrebbe saputo fare altrettanto la macchina della giustizia? Si partiva da pochi punti fermi, tutti in comune con la [[strage dell'Italicus]] di dieci anni prima: tanti morti, tantissimi feriti, un treno sventrato e la Grande Galleria dell'Appennino involontario teatro del misfatto in entrambi i casi.
Visto l'egregio lavoro della macchina dei soccorsi, quella della giustizia non poteva essere da meno. Si partiva da pochi punti fermi, tutti in comune con la [[strage dell'Italicus]] di dieci anni prima: tanti morti e feriti, un treno sventrato e la Grande Galleria dell'Appennino involontario teatro del misfatto in entrambi i casi. La prima ipotesi investigativa fu quindi che i terroristi avessero voluto celebrare il decennale dell'Italicus.
{{Cit2|È chiaro come il sole: i terroristi hanno voluto celebrare il decennale della strage dell'Italicus!|Il questore Cleto Cervellone deciso a chiudere le indagini.}}
Si ripresero in mano i polverosi fascicoli delle stragi nere e si procedette col metodo ampiamente collaudato in precedenza: si rastrellarono circoli anarchici e covi di neofascisti, si cercarono collegamenti col terrorismo internazionale, la [[banda della Magliana]], la [[Loggia PS2|Loggia P2]] e i servizi segreti deviati. Alla fine il guazzabuglio di congetture fu tale che, a tre mesi dall'attentato, l'unica cosa sicura era che [[nessuno]] ci aveva capito una mazza.
[[File:Frigorifero pieno di esplosivo.jpg|thumb|left|350px|La svolta nelle indagini: una investigatrice di primo pelo, grazie ad una straordinaria intuizione, si insospettisce sui contenuti del frigorifero del covo.]]
La svolta giunse per un caso del tutto [[Botta di culo|fortuito]]: nel marzo [[1985]] erano stati arrestati a [[Roma]] per [[spacciatore|commercio illegale]] di [[droga|merce illegale]] Guido Cercola e Giuseppe Calò: il nomignolo di quest'ultimo, "Pippo", aveva attirato l'attenzione degli agenti, in quanto, secondo essi, tradiva inequivocabilmente l'abitudine di assaggiare la roba prima di smerciarla. Nel maggio successivo fu individuato il loro covo, all'interno del quale venne rinvenuto un apparato tipo [[scatole cinesi]]: una valigia che ne conteneva altre due più piccole, in cui si trovava un apparato ricetrasmittente che conteneva le pile per farlo funzionare. Dentro le pile c'erano dei dischi di zinco alternati a dischi di rame, immersi in una soluzione acidula. Gli agenti rimasero stupefatti: quanto doveva essere perversa e malata la mente che aveva concepito un simile marchingegno? A completare il quadro furono trovate antenne, cavi elettrici, mozziconi di [[spinello]], due plettri un po' usati, venti cerini e sei sigarette. Insospettiti dalla mancanza di una [[chitarra]], i poliziotti notarono che il [[Frigo a pedali|frigorifero]], anziché essere pieno di [[birra|birre]], conteneva una certa quantità di esplosivo, lo stesso usato per la strage.


Si ripresero in mano i polverosi fascicoli delle stragi nere e si procedette col metodo ampiamente collaudato in precedenza: si rastrellarono circoli [[anarchici]] e covi di [[neofascisti]], si cercarono collegamenti col terrorismo internazionale, la [[banda della Magliana]], la [[Loggia PS2|Loggia P2]] e i [[servizi segreti]] deviati. Alla fine il guazzabuglio di congetture fu tale che, a tre mesi dall'attentato, l'unica cosa sicura era che [[nessuno]] ci aveva capito una mazza.
È il [[9 gennaio]] [[1986]] quando Cercola e Calò vengono formalmente accusati di aver eseguito materialmente la strage: a loro carico erano stati raccolti innumerevoli indizi ed essi stessi avevano fatto delle piccole ammissioni. Per ottenerle, gli inquirenti non avevano esitato a [[tortura|torturarli]] mediante la visione forzata e continuata di tutte le puntate dell'[[Almanacco del giorno dopo]]; prima di andare a dormire dovevano scrivere un resoconto dettagliato delle puntate visionate in giornata e se commettevano qualche errore dovevano ricominciare da capo. Emerse altresì una serie di collegamenti con varie organizzazioni malavitose e con un [[tedesco]] di nome Friedrich Schaudinn, esperto di trenini elettrici ma soprattutto di dispositivi radiocomandati identici a quello usato per la strage: ne furono trovati diversi in casa di Pippo Calò, che non fu creduto quando dichiarò: {{Quote|Non pensate male, uno è il telecomando del [[garage]], un altro è per la mia automobilina radiocomandata e l'ultimo aziona la pompa di calore!}} Con queste premesse in mano, agli inquirenti non restava altro che inquadrare l'ideologia che aveva concepito l'attentato. Calò e Cercola potevano essere neofacisti, veterocomunisti o [[vegano|vegani]], [[Camorra|camorristi]] o infiltrati di qualche organizzazione paramilitare. Si scoprì che erano un po' tutte queste cose qua e si andò a processo.


La svolta giunse per un caso del tutto [[Botta di culo|fortuito]]: nel marzo [[1985]] erano stati arrestati a [[Roma]] per [[spacciatore|commercio illegale]] di [[droga|merce illegale]] Guido Cercola e Giuseppe Calò: il nomignolo di quest'ultimo, "Pippo", aveva attirato l'attenzione degli agenti, in quanto, secondo essi, tradiva inequivocabilmente l'abitudine di assaggiare la roba prima di smerciarla.
== I processi e le condanne ==


Nel maggio successivo fu individuato il loro covo, all'interno del quale venne rinvenuto un apparato tipo [[scatole cinesi]]: una valigia che ne conteneva altre due più piccole, in cui si trovava un apparato ricetrasmittente che conteneva le pile per farlo funzionare. Dentro le pile c'erano dei dischi di [[zinco]] alternati a dischi di [[rame]], immersi in una soluzione acidula. A completare il quadro furono trovate antenne, cavi elettrici, mozziconi di [[spinello]], due plettri un po' usati, venti cerini e sei sigarette. Insospettiti dalla mancanza di una [[chitarra]], i poliziotti notarono che il [[Frigo a pedali|frigorifero]], anziché essere pieno di [[birra|birre]], conteneva una certa quantità di esplosivo, lo stesso usato per la strage.
{{Cit2|Ma siamo sicuri che questi due hanno fatto tutto da soli?|Il pubblico ministero davanti allo specchio.}}
{{Cit2|Gilberto, perché parli da solo chiuso in bagno?|La moglie impicciona del pubblico ministero.}}
Stavolta, a differenza di altri misteri italiani, sembrava tutto abbastanza chiaro: c'era la strage, c'erano gli indiziati, c'erano delle cose molto simili a prove, c'erano i giudici, c'erano i tribunali, c'era l'associazione dei parenti delle vittime. Caso forse unico, non si era verificato alcun tentativo di [[depistaggio]]. I depistatori abituali si erano resi irreperibili e provando a fargli una telefonata entrava in funzione la [[segreteria telefonica]]. I processi si sarebbero dovuti concludere in breve tempo e con esito positivo. È andata veramente così?


È il [[9 gennaio]] [[1986]] quando Cercola e Calò vengono formalmente accusati di aver eseguito materialmente la strage: a loro carico erano stati raccolti innumerevoli indizi ed essi stessi avevano fatto delle piccole ammissioni. Per ottenerle, gli inquirenti non avevano esitato a [[tortura|torturarli]] mediante la visione forzata e continuata di tutte le puntate dell'[[Almanacco del giorno dopo]]; prima di andare a dormire dovevano scrivere un resoconto dettagliato delle puntate visionate in giornata e se commettevano qualche errore dovevano ricominciare da capo.
La Corte di Assise di Firenze il [[25 febbraio]] [[1989]] rifilò l'[[ergastolo]] a Pippo Calò, Cercola e ad altri personaggi legati ai due (Alfonso Galeota, Giulio Pirozzi e Giuseppe Misso, camorrista detto '''O Direttore Sanitario'' in quanto boss del Rione Sanità), con l'accusa di strage. Inoltre, condannò a 25 [[anni]] di [[galera]] il crucco Schaudinn, più una serie di altre pene ad altri personaggi emersi dall'inchiesta, per il reato di banda armata. Finì nel calderone anche [[Gente che passava di lì per caso|qualche ignaro passante]].

[[File:Frigorifero pieno di esplosivo.jpg|miniatura|La svolta nelle indagini: una investigatrice di primo pelo, grazie ad una straordinaria intuizione, si insospettisce sui contenuti del frigorifero del covo.]]
Emerse altresì una serie di collegamenti con varie organizzazioni malavitose e con un [[tedesco]] di nome Friedrich Schaudinn, esperto di [[Trenino elettrico|trenini elettrici]] ma soprattutto di dispositivi radiocomandati identici a quello usato per la strage: ne furono trovati diversi in casa di Pippo Calò, che non fu creduto quando dichiarò che uno era il telecomando del [[garage]], un altro per la sua automobilina radiocomandata, e l'ultimo per azionare la pompa di calore.

Con queste premesse in mano, agli inquirenti non restava altro che inquadrare l'ideologia che aveva concepito l'attentato. Calò e Cercola potevano essere neofascisti, veterocomunisti o [[veganesimo|vegani]], [[Camorra|camorristi]] o infiltrati di qualche organizzazione paramilitare. Per far prima si decise che erano un po' tutte queste cose qua e si andò a processo.

== I processi e le condanne ==
Stavolta, a differenza di altri misteri italiani, sembrava tutto abbastanza chiaro: c'era la strage, c'erano gli indiziati, c'erano delle cose molto simili a prove, c'erano i giudici, c'erano i tribunali, c'era l'associazione dei parenti delle vittime. Caso forse unico, non si era verificato alcun tentativo di [[depistaggio]]: i depistatori abituali si erano misteriosamente autodepistati. I processi si sarebbero dovuti concludere in breve tempo e con esito positivo.

La Corte di Assise di Firenze il [[25 febbraio]] [[1989]] rifilò l'[[ergastolo]] a Pippo Calò, Cercola e ad altri personaggi legati ai due (Alfonso Galeota, Giulio Pirozzi e Giuseppe Misso, camorrista detto '''O Direttore Sanitario'' in quanto boss del Rione Sanità), con l'accusa di [[strage]]. Inoltre, condannò a 25 [[anni]] di [[galera]] il crucco Schaudinn, più una serie di altre pene ad altri personaggi emersi dall'inchiesta, per il reato di banda armata. Finì nel calderone anche [[Gente che passava di lì per caso|qualche ignaro passante]].


Al secondo grado la sentenza fu emessa il [[15 marzo]] [[1990]]. Le condanne all'ergastolo per Calò e Cercola vennero confermate. Misso, Pirozzi e Galeota vennero invece assolti per il reato di strage, ma condannati per detenzione illecita di esplosivo, con la seguente motivazione: ''"Detenere esplosivo è diverso da farlo detonare: ci sono ben due vocali che fanno la differenza".'' Il tedesco Schaudinn venne invece assolto dal reato di banda armata, ma rimase incolpato della strage e condannato a 22 anni, con la seguente motivazione: ''"Anche se non deteneva l'esplosivo, poteva benissimo farlo detonare. Il cambio di vocali si è dimostrato anche in questo caso determinante, [[la Settimana Enigmistica]] lo ha acclarato in maniera inoppugnabile".''
Al secondo grado la sentenza fu emessa il [[15 marzo]] [[1990]]. Le condanne all'ergastolo per Calò e Cercola vennero confermate. Misso, Pirozzi e Galeota vennero invece assolti per il reato di strage, ma condannati per detenzione illecita di esplosivo, con la seguente motivazione: ''"Detenere esplosivo è diverso da farlo detonare: ci sono ben due vocali che fanno la differenza".'' Il tedesco Schaudinn venne invece assolto dal reato di banda armata, ma rimase incolpato della strage e condannato a 22 anni, con la seguente motivazione: ''"Anche se non deteneva l'esplosivo, poteva benissimo farlo detonare. Il cambio di vocali si è dimostrato anche in questo caso determinante, [[la Settimana Enigmistica]] lo ha acclarato in maniera inoppugnabile".''
[[File:Papa carnevale.jpg|thumb|right|350px|Il giudice Carnevale impartisce la sua ennesima assoluzione ''urbi et orbi''.]]
Sembrava fatta. A questo punto fece il suo trionfale ingresso sulla scena, come un vero ''[[Deus ex machina]]'', il giudice [[Corrado Carnevale]]. Il [[5 marzo]] [[1991]] la 1ª sezione della Corte di Cassazione, da lui presieduta, annullò la sentenza di appello, con la seguente motivazione, redatta dallo stesso Carnevale: ''"Perché quelle facce? Cos'altro volevate aspettarvi da me?"''. Il sostituto Procuratore generale Antonino Scopelliti era contrario e mise in guardia i giudici dal far prevalere l'impunità del crimine. Per questo ricevette una telefonata anonima dal contenuto inequivocabile: {{Quote|A Scopellì, vedi de farti 'na bella carrettata de cazzacci tua!}} La Suprema Corte di Cassazione annullò con rinvio la sentenza d'appello, disponendo quindi un nuovo giudizio. Il [[14 marzo]] [[1992]] furono confermati gli ergastoli per Calò e Cercola, mentre a Schaudinn furono rifilati 22 anni. Misso si vide la condanna commutata a tre soli anni per detenzione di esplosivo, mentre le condanne di Galeota e Pirozzi vennero ridotte a un anno e sei mesi: tutti e tre vennero assolti dai reati di strage, con la seguente motivazione: ''"Stiamo iniziando a romperci le palle".''


[[File:Papa carnevale.jpg|miniatura|Il giudice Carnevale impartisce la sua ennesima assoluzione ''urbi et orbi''.]]
Quello stesso giorno Galeota e Pirozzi, insieme alla moglie Rita Casolaro ed alla moglie di Giuseppe Misso, Assunta Sarno, mentre ritornavano a [[Napoli]], furono vittime di un agguato: la loro auto fu speronata e mandata fuori strada da alcuni [[killer]] della camorra che li seguivano sull'autostrada A1, all'altezza del casello di Afragola/Acerra. Sul terreno rimasero Galeota e la Sarno, quest'ultima finita con un colpo di pistola in bocca. Soltanto Giulio Pirozzi e sua moglie riuscirono miracolosamente a uscire vivi da quella che fu una vera e propria esecuzione di camorra, anche grazie al sopraggiungere di un’auto della [[polizia]] stradale dal senso inverso di marcia, che impedì ai killer di completare il lavoro. Pirozzi, benché ferito gravemente, si salvò anche perché si era finto morto nel corso della sparatoria. In seguito tentò, senza successo, la carriera cinematografica come [[cadavere]] nei film polizieschi.
A questo punto fece il suo trionfale ingresso sulla scena, come un vero ''[[Deus ex machina]]'', il giudice [[Corrado Carnevale]]. Il [[5 marzo]] [[1991]] la 1ª sezione della Corte di Cassazione, da lui presieduta, annullò la sentenza di appello, con la seguente motivazione, redatta dallo stesso Carnevale: ''"Perché quelle facce? Cos'altro volevate aspettarvi da me?"''. Il sostituto Procuratore generale Antonino Scopelliti era contrario e mise in guardia i giudici dal far prevalere l'impunità del crimine. Per questo ricevette una telefonata anonima dal contenuto inequivocabile:
{{q|A Scopellì, vedi de farti 'na bella carrettata de cazzacci tua!}}
La Suprema Corte di Cassazione annullò con rinvio la sentenza d'appello, disponendo quindi un nuovo giudizio. Il [[14 marzo]] [[1992]] furono confermati gli ergastoli per Calò e Cercola, mentre a Schaudinn furono rifilati 22 anni. Misso si vide la condanna commutata a tre soli anni per detenzione di esplosivo, mentre le condanne di Galeota e Pirozzi vennero ridotte a un anno e sei mesi: tutti e tre vennero assolti dai reati di strage, con la seguente motivazione: ''"Stiamo iniziando a romperci le palle".''


Quello stesso giorno Galeota e Pirozzi, insieme alla moglie Rita Casolaro ed alla moglie di Giuseppe Misso, Assunta Sarno, mentre ritornavano a [[Napoli]], furono vittime di un agguato: la loro auto fu speronata e mandata fuori strada da alcuni [[killer]] della camorra. Sul terreno rimasero Galeota e la Sarno, quest'ultima finita con un colpo di pistola in bocca. Soltanto Giulio Pirozzi e sua moglie riuscirono miracolosamente a uscirne vivi. Pirozzi, benché ferito gravemente, si salvò anche perché si era finto morto nel corso della sparatoria. In seguito tentò, senza successo, la carriera cinematografica come [[cadavere]] nei film polizieschi.
Il [[24 novembre]] [[1992]] la Cassazione, durante un periodo di ferie del giudice Carnevale, confermò la sentenza, riconoscendo la "matrice terroristico-mafiosa" dell'attentato.


Il [[24 novembre]] [[1992]] la Cassazione, durante un periodo di ferie del giudice Carnevale, confermò la sentenza, riconoscendo la "matrice terroristico-mafiosa" dell'attentato. O terroristico-camorristica, è lo stesso.
{{Cit2|Ma finora hanno parlato di camorra!|Esemplare di ''homo attentus''.}}
{{Cit2|Ma sì, mafia, camorra, sempre di quella è!|Esemplare di ''homo accomodans''.}}


[[File:Rapido 904 I nomi delle vittime.jpg|miniatura|I nomi delle vittime]]
Il [[18 febbraio]] [[1994]] la Corte di Assise di Appello di Firenze concluse il giudizio anche per il parlamentare dell'[[MSI]] [[Massimo Abbatangelo]], tirato in ballo dai suoi camerati. Abbatangelo fu assolto dal reato di strage, ma venne condannato a sei anni di reclusione per aver consegnato dell'esplosivo a Giuseppe Misso, nella primavera del 1984. Le famiglie delle vittime fecero ricorso in Cassazione contro quest'ultima sentenza, ma persero e dovettero rifondere le spese processuali, con la seguente motivazione: ''"Questo significa non sapersi accontentare: vi abbiamo già ergastolato un po' di gente, ma è disdicevole accanirsi contro un politico, anche se forse potreste avere ragione".''
Il [[18 febbraio]] [[1994]] la Corte di Assise di Appello di Firenze concluse il giudizio anche per il parlamentare dell'[[MSI]] [[Massimo Abbatangelo]], tirato in ballo dai suoi camerati. Abbatangelo fu assolto dal reato di strage, ma venne condannato a sei anni di reclusione per aver consegnato dell'esplosivo a Giuseppe Misso, nella primavera del 1984. Le famiglie delle vittime fecero ricorso in Cassazione contro quest'ultima sentenza, ma persero e dovettero rifondere le spese processuali, con la seguente motivazione: ''"Questo significa non sapersi accontentare: vi abbiamo già ergastolato un po' di gente, ma è disdicevole accanirsi contro un politico, anche se forse potreste avere ragione".''


Guido Cercola morì in carcere a Sulmona il [[3 gennaio]] [[2005]], soffocato da una porzione di lacci di scarpe [[pasta alla carbonara|alla carbonara]]. Aveva terminato la scorta di [[spaghetti]] dimenticandosi di ripristinarla.
Guido Cercola morì in carcere a Sulmona il [[3 gennaio]] [[2005]], soffocato da una porzione di lacci di scarpe [[pasta alla carbonara|alla carbonara]]. Aveva terminato la scorta di [[spaghetti]] dimenticandosi di ripristinarla.


Il [[27 aprile]] [[2011]] la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di [[Totò Riina]] per la strage, precisando che Riina va considerato il mandante della strage. Secondo la DDA napoletana l'attentato si inserì in un disegno strategico di Riina per far apparire l'attentato come un fatto politico e come risposta al maxi processo a Cosa Nostra. {{Quote|Così ci abbiamo ficcato dentro anche un mafioso. E che mafioso! Contenti adesso?}}
Il [[27 aprile]] [[2011]] la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli emette un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di [[Totò Riina]] per la strage, precisando che Riina ne va considerato il mandante, come risposta al maxi processo a Cosa Nostra. Da allora Riina si prestò volentieri a qualsivoglia tentativo di scagionare politici dando la colpa al mafioso che ammazza la gente per passare il tempo.


== Quindi, tutto è bene quel che finisce bene? ==

[[File:Rapido 904 I nomi delle vittime.jpg|center|thumb|300px|Per loro è finita. Male.]]
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Versione delle 16:15, 25 dic 2022

Le FF. SS. non rifusero i danni ai passeggeri in quanto "come da avvisi presenti in ogni stazione, essi erano stati ampiamente messi al corrente circa i rischi derivanti dall'intraprendere un viaggio in treno".
« Come sale veloce quel treno che si tuffa nelle gallerie,

come fanno i delfini nei giorni d’agosto
seguendo chissà quali vie.
Ma di colpo è un mare di fuoco,
la tempesta si schianta d’intorno.

Il biglietto era solo d’andata e non c’è ritorno. »
(Un tizio tristissimo Leoncarlo Settimelli.)

La strage del Rapido 904 avvenne a bordo del Rapido 904, le prove a testimonianza di ciò sono schiaccianti. Definita anche strage di Natale, rappresenta il colpo di coda dell'ormai agonizzante terrorismo degli anni '70. Oppure l'inizio dell'epoca nota come guerra di Mafia dei primi anni '90 del XX secolo. O magari c'entra il terrorismo camorristico. Si tratta quindi di terrorismo camorfioso. O maforra terroristica. O quel che è, suonano bene entrambi.

Questa strage si colloca in un contesto socio-temporale altamente ambiguo, a cavallo di due periodi storici profondamente differenti: agli slanci creativi ed innovativi degli anni '70 fa seguito una sensazione di indolente consapevolezza che galleggia in fiumi di Ramazzotti, Aperol ed eroina, al ritmo martellante della new wave. Ci stava bene una strage, tanto per ricordare alla gente che non bisogna rilassarsi troppo.

Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Strage del Rapido 904

L'attentato

Visto che era già da un po' che non mettevano le bombe sui treni e qualcuno cominciava già a considerarla una possibilità remota, il 23 dicembre 1984, alle ore 19:08, sul treno Rapido n. 904, partito da Napoli alla volta di Milano, si verificò un'esplosione talmente forte che, a 60 km di distanza, la casalinga Priscilla Carota coniugata Scornaienchi accusò il marito di aver di nuovo scorregiato. E invece il signor Belisario era incolpevole dei 16 morti e 266 feriti, il suo record personale restando quindi fermo a soli 3 ricoveri per asfissia.

Subito dopo l'esplosione, i macchinisti attivarono il freno di emergenza, cosicché il convoglio si arrestò nel bel mezzo della Grande Galleria dell'Appennino, un lungo tunnel tra Bologna e Firenze. A causa dello scoppio era andata distrutta anche la linea elettrica, insieme a tutti i finestrini delle carrozze, lasciando i passeggeri superstiti al buio e al freddo. Molti non si accorsero della differenza siccome viaggiavano in 2° classe, anzi, alcuni dichiararono ai giornalisti di aver notato un lieve miglioramento nelle condizioni del viaggio.

Uno dei controllori, benché ferito, riuscì ad organizzare i soccorsi chiamando da un telefono di servizio all'interno della galleria. Se avesse avuto un cellulare non ce l'avrebbe mai fatta poiché, come tutti sanno, dentro le gallerie non c'è campo.

I soccorsi

I soccorsi erano equipaggiati con: bombola "baloon time", maschera di un simpatico verde asia e un set di palloncini multicolor.

Il coordinatore della Centrale Operativa di Bologna colse subito l'occasione per collaudare il piano d'emergenza, incurante del fatto che non ce ne fosse uno. Decise quindi che esso sarebbe consistito nel fare le cose un po' come veniva.

Nella concitazione, non fu subito chiaro chi si andasse a soccorrere e perché: l'unica certezza era che c'era un treno fermo in galleria. Fu perciò deciso di inviare un locomotore elettrico per trainare il convoglio, ma il piano si arenò quando il vice-coordinatore riuscì a far capire al coordinatore che i treni elettrici non vanno se manca la corrente.

Si optò dunque per un locomotore diesel, che però appestò l'aria all'interno della galleria. Anche i non fumatori ivi presenti si trovarono dunque col rischio di sviluppare tumori e patologie cardiache centuplicato. Si cercò di tamponare il problema portando in galleria delle bombole d'ossigeno, ma nell'urgenza non si andò troppo per il sottile: ad un venditore di palloncini nelle sagre paesane fu requisita la dotazione di bombole di elio, così ad un certo punto sembrò che ci fosse un raduno dei parenti di Donald Duck e di Topo Gigio.

Nella vicina stazione di San Benedetto Val di Sambro vennero prestati i primi soccorsi ai feriti e trainato il convoglio. Qui finalmente venne allestito un ponte radio funzionante e fu possibile organizzare il trasporto dei feriti più gravi verso l'Ospedale Maggiore di Bologna. La Società Autostrade, per agevolare tale operazione, mise gratuitamente a disposizione un casello poco distante, salvo ritoccare verso l'alto i pedaggi.

Il piano d'emergenza era stato messo a punto all'indomani della strage di Bologna e prevedeva la cooperazione tra forze dell'ordine e mezzi di soccorso, la razionalizzazione delle vie d'accesso agli ospedali del capoluogo felsineo e l'impossibilità di presenziare per Gabriele Paolini.

L'attentato al Rapido 904 costituì la prima vera opportunità di sperimentarne l'efficacia. La cosa più difficile fu ricordare in quale cassetto era stato chiuso il manuale operativo, operazione che richiese un'ora buona di spremitura di meningi. Fortunatamente questo fu l'unico ritardo e gli operatori coinvolti si comportarono in maniera a dir poco esemplare. Dopo questa esperienza il servizio centralizzato di Bologna Soccorso sarebbe diventato il primo nucleo attivo del servizio di emergenza 118. Con sommo disappunto del coordinatore della Centrale Operativa, abituato ad anni di assenteismo e fancazzismo.

Le indagini

Giacché più volte nominato, S.Benedetto decise di fare una apparizione straordinaria durante le indagini; purtroppo però, nessuno poté dargli udienza a causa del gran fermento delle stesse.

Visto l'egregio lavoro della macchina dei soccorsi, quella della giustizia non poteva essere da meno. Si partiva da pochi punti fermi, tutti in comune con la strage dell'Italicus di dieci anni prima: tanti morti e feriti, un treno sventrato e la Grande Galleria dell'Appennino involontario teatro del misfatto in entrambi i casi. La prima ipotesi investigativa fu quindi che i terroristi avessero voluto celebrare il decennale dell'Italicus.

Si ripresero in mano i polverosi fascicoli delle stragi nere e si procedette col metodo ampiamente collaudato in precedenza: si rastrellarono circoli anarchici e covi di neofascisti, si cercarono collegamenti col terrorismo internazionale, la banda della Magliana, la Loggia P2 e i servizi segreti deviati. Alla fine il guazzabuglio di congetture fu tale che, a tre mesi dall'attentato, l'unica cosa sicura era che nessuno ci aveva capito una mazza.

La svolta giunse per un caso del tutto fortuito: nel marzo 1985 erano stati arrestati a Roma per commercio illegale di merce illegale Guido Cercola e Giuseppe Calò: il nomignolo di quest'ultimo, "Pippo", aveva attirato l'attenzione degli agenti, in quanto, secondo essi, tradiva inequivocabilmente l'abitudine di assaggiare la roba prima di smerciarla.

Nel maggio successivo fu individuato il loro covo, all'interno del quale venne rinvenuto un apparato tipo scatole cinesi: una valigia che ne conteneva altre due più piccole, in cui si trovava un apparato ricetrasmittente che conteneva le pile per farlo funzionare. Dentro le pile c'erano dei dischi di zinco alternati a dischi di rame, immersi in una soluzione acidula. A completare il quadro furono trovate antenne, cavi elettrici, mozziconi di spinello, due plettri un po' usati, venti cerini e sei sigarette. Insospettiti dalla mancanza di una chitarra, i poliziotti notarono che il frigorifero, anziché essere pieno di birre, conteneva una certa quantità di esplosivo, lo stesso usato per la strage.

È il 9 gennaio 1986 quando Cercola e Calò vengono formalmente accusati di aver eseguito materialmente la strage: a loro carico erano stati raccolti innumerevoli indizi ed essi stessi avevano fatto delle piccole ammissioni. Per ottenerle, gli inquirenti non avevano esitato a torturarli mediante la visione forzata e continuata di tutte le puntate dell'Almanacco del giorno dopo; prima di andare a dormire dovevano scrivere un resoconto dettagliato delle puntate visionate in giornata e se commettevano qualche errore dovevano ricominciare da capo.

La svolta nelle indagini: una investigatrice di primo pelo, grazie ad una straordinaria intuizione, si insospettisce sui contenuti del frigorifero del covo.

Emerse altresì una serie di collegamenti con varie organizzazioni malavitose e con un tedesco di nome Friedrich Schaudinn, esperto di trenini elettrici ma soprattutto di dispositivi radiocomandati identici a quello usato per la strage: ne furono trovati diversi in casa di Pippo Calò, che non fu creduto quando dichiarò che uno era il telecomando del garage, un altro per la sua automobilina radiocomandata, e l'ultimo per azionare la pompa di calore.

Con queste premesse in mano, agli inquirenti non restava altro che inquadrare l'ideologia che aveva concepito l'attentato. Calò e Cercola potevano essere neofascisti, veterocomunisti o vegani, camorristi o infiltrati di qualche organizzazione paramilitare. Per far prima si decise che erano un po' tutte queste cose qua e si andò a processo.

I processi e le condanne

Stavolta, a differenza di altri misteri italiani, sembrava tutto abbastanza chiaro: c'era la strage, c'erano gli indiziati, c'erano delle cose molto simili a prove, c'erano i giudici, c'erano i tribunali, c'era l'associazione dei parenti delle vittime. Caso forse unico, non si era verificato alcun tentativo di depistaggio: i depistatori abituali si erano misteriosamente autodepistati. I processi si sarebbero dovuti concludere in breve tempo e con esito positivo.

La Corte di Assise di Firenze il 25 febbraio 1989 rifilò l'ergastolo a Pippo Calò, Cercola e ad altri personaggi legati ai due (Alfonso Galeota, Giulio Pirozzi e Giuseppe Misso, camorrista detto 'O Direttore Sanitario in quanto boss del Rione Sanità), con l'accusa di strage. Inoltre, condannò a 25 anni di galera il crucco Schaudinn, più una serie di altre pene ad altri personaggi emersi dall'inchiesta, per il reato di banda armata. Finì nel calderone anche qualche ignaro passante.

Al secondo grado la sentenza fu emessa il 15 marzo 1990. Le condanne all'ergastolo per Calò e Cercola vennero confermate. Misso, Pirozzi e Galeota vennero invece assolti per il reato di strage, ma condannati per detenzione illecita di esplosivo, con la seguente motivazione: "Detenere esplosivo è diverso da farlo detonare: ci sono ben due vocali che fanno la differenza". Il tedesco Schaudinn venne invece assolto dal reato di banda armata, ma rimase incolpato della strage e condannato a 22 anni, con la seguente motivazione: "Anche se non deteneva l'esplosivo, poteva benissimo farlo detonare. Il cambio di vocali si è dimostrato anche in questo caso determinante, la Settimana Enigmistica lo ha acclarato in maniera inoppugnabile".

Il giudice Carnevale impartisce la sua ennesima assoluzione urbi et orbi.

A questo punto fece il suo trionfale ingresso sulla scena, come un vero Deus ex machina, il giudice Corrado Carnevale. Il 5 marzo 1991 la 1ª sezione della Corte di Cassazione, da lui presieduta, annullò la sentenza di appello, con la seguente motivazione, redatta dallo stesso Carnevale: "Perché quelle facce? Cos'altro volevate aspettarvi da me?". Il sostituto Procuratore generale Antonino Scopelliti era contrario e mise in guardia i giudici dal far prevalere l'impunità del crimine. Per questo ricevette una telefonata anonima dal contenuto inequivocabile:

« A Scopellì, vedi de farti 'na bella carrettata de cazzacci tua! »

La Suprema Corte di Cassazione annullò con rinvio la sentenza d'appello, disponendo quindi un nuovo giudizio. Il 14 marzo 1992 furono confermati gli ergastoli per Calò e Cercola, mentre a Schaudinn furono rifilati 22 anni. Misso si vide la condanna commutata a tre soli anni per detenzione di esplosivo, mentre le condanne di Galeota e Pirozzi vennero ridotte a un anno e sei mesi: tutti e tre vennero assolti dai reati di strage, con la seguente motivazione: "Stiamo iniziando a romperci le palle".

Quello stesso giorno Galeota e Pirozzi, insieme alla moglie Rita Casolaro ed alla moglie di Giuseppe Misso, Assunta Sarno, mentre ritornavano a Napoli, furono vittime di un agguato: la loro auto fu speronata e mandata fuori strada da alcuni killer della camorra. Sul terreno rimasero Galeota e la Sarno, quest'ultima finita con un colpo di pistola in bocca. Soltanto Giulio Pirozzi e sua moglie riuscirono miracolosamente a uscirne vivi. Pirozzi, benché ferito gravemente, si salvò anche perché si era finto morto nel corso della sparatoria. In seguito tentò, senza successo, la carriera cinematografica come cadavere nei film polizieschi.

Il 24 novembre 1992 la Cassazione, durante un periodo di ferie del giudice Carnevale, confermò la sentenza, riconoscendo la "matrice terroristico-mafiosa" dell'attentato. O terroristico-camorristica, è lo stesso.

I nomi delle vittime

Il 18 febbraio 1994 la Corte di Assise di Appello di Firenze concluse il giudizio anche per il parlamentare dell'MSI Massimo Abbatangelo, tirato in ballo dai suoi camerati. Abbatangelo fu assolto dal reato di strage, ma venne condannato a sei anni di reclusione per aver consegnato dell'esplosivo a Giuseppe Misso, nella primavera del 1984. Le famiglie delle vittime fecero ricorso in Cassazione contro quest'ultima sentenza, ma persero e dovettero rifondere le spese processuali, con la seguente motivazione: "Questo significa non sapersi accontentare: vi abbiamo già ergastolato un po' di gente, ma è disdicevole accanirsi contro un politico, anche se forse potreste avere ragione".

Guido Cercola morì in carcere a Sulmona il 3 gennaio 2005, soffocato da una porzione di lacci di scarpe alla carbonara. Aveva terminato la scorta di spaghetti dimenticandosi di ripristinarla.

Il 27 aprile 2011 la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli emette un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Totò Riina per la strage, precisando che Riina ne va considerato il mandante, come risposta al maxi processo a Cosa Nostra. Da allora Riina si prestò volentieri a qualsivoglia tentativo di scagionare politici dando la colpa al mafioso che ammazza la gente per passare il tempo.