Ermanno Olmi

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« Non c'è conflitto tra cultura e religione: a volte è più religione una cultura alla quale ci sottomettiamo attraverso idee codificate in un ambito che viene definito culturale, assoggettandoci a queste imposizioni. »
(Ermanno Olmi al proprio appendiabiti)

Ermanno Olmi, per tutti il Maestro, è un regista che vanta un vasto seguito tra protisti, monere e persone in coma.

Carriera

Un giovanissimo Ermanno Olmi mentre stappa in maniera originale una bottiglia di Franciacorta.

Nato a Bergamo quando il capoluogo lombardo era poco più di un arretrato agglomerato di casupole di fango immerso nella nebbia (quindi nel 2006), e subito insignito del titolo di Maestro, Ermanno Olmi non mostra inizialmente interesse per il cinema. Anche perché, come tutti i bergamaschi, è convinto che le telecamere rubino l'anima alle persone che riprendono.
La sua infanzia, improntata su un'educazione rigidamente cattolica, è segnata da una serie di lutti: il padre muore durante la seconda guerra mondiale, la madre durante una maratona di recite del rosario.
Rimasto orfano, trova conforto nella compagnia di un crocifisso parlante, uguale a quello di Don Camillo a parte per il fatto che questo ripete insistentemente:

« Ehi tu, ricordati di donare l'otto per mille! »

A tredici anni, interpretando forse in maniera troppo dogmatica Matteo 5,30 ("E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, tagliala e gettala via da te; poiché è meglio per te che uno dei tuoi membri perisca, piuttosto che vada nella geenna tutto il tuo corpo.") si mozza il pene con una roncola dopo esserselo accidentalmente sfiorato durante la doccia.
A diciotto tenta di farsi prete ma, non provando attrazione fisica per i bambini, viene ritenuto inidoneo al servizio. La delusione è tale che Olmi tenta il suicidio. Non potendo uccidersi direttamente per non incorrere in peccato mortale, decide di presentarsi con la maglietta del Brescia nella curva dell'Atalanta. Pestato a sangue dapprima dai tifosi nerazzurri e in seguito dalla squadra di paramedici, anch'essi di fede atalantina, accorsa sul posto, Olmi sopravvive ma riporta danni cerebrali perenni che saranno determinanti nella sua scelta di fare cinema.

Il suo esordio alla regia avviene col mediometraggio Mannaggia al bifolco che mi ha rovinato la scena, nel quale Olmi dimostra la sua predilezione per le tematiche rurali e una scarsa abilità nel tenere i curiosi lontani dal set.

"Ma oggi l'ho presa la pastiglia per la pressione?"


Dopo un periodo contrassegnato da lavori non del tutto riusciti come Gianguido - Storia di un sasso e Dottore, mi duole il malleolo, Olmi ritrova l'ispirazione e dà alla luce quello che in molti considerano il suo capolavoro: L'albero degli zoccoli, la poetica storia di una famiglia di contadini i cui componenti, per sopravvivere ai rigori invernali, si scaldano prendendosi a badilate a vicenda.
Il successivo L'albero delle zoccole, una divertita incursione di Olmi nella commedia sexy all'italiana, con Edwige Fenech e Lino Banfi, non riesce a replicarne lo straordinario successo.

Dopo una dura lotta con la chiusura centralizzata della sua Mercedes, all'interno della quale si ritrova segregato per la prima metà degli anni '80, Olmi torna dietro alla macchina da presa nel 1987 con La leggenda del santo bevitore, il toccante dialogo tra un barbone alcolista (Rutger Hauer) e il suo fegato (Giobbe Covatta).
Nel 1993 compra casa ad Asiago per stare vicino a Mario Rigoni Stern. Mario Rigoni Stern è talmente felice di questa cosa da essersi trasferito a Caserta.
Negli anni 2000 il Maestro si divide tra cinema, spot pubblicitari e frequenti esami della prostata.
Nel 2013 l'Università di Padova gli conferisce la laurea honoris causa in farmacologia per aver contribuito a debellare dal mondo, con la sua filmografia, la piaga dell'insonnia.

Filmografia

Un'intensa scena di L'uomo che guardava crescere le barbabietole.
  • L'esorcista (opera giovanile poi abiurata)
  • Mucca che rumina (filmato di una mucca che rumina ripetuto in loop per 87 minuti)
  • Mucca che rumina II - La vendetta
  • Mucca che rumina III - Ancora più ruminante
  • Gianguido - Storia di un sasso
  • Dottore, mi duole il malleolo
  • L'albero degli zoccoli (Palma d'oro al Festival di Brembate di Sopra)
  • La leggenda del santo bevitore (Premio della critica degli Alcolisti Anonimi di Bassano del Grappa)
  • Orrore e delirio ad Arzago d'Adda
  • Grosso guaio a Calcinate
  • Un tranquillo weekend di paura a Casorate Sempione
  • Il mestiere delle armi (David di Donatello al miglior porcone non cancellato in fase di montaggio)
  • Polenta mon amour
  • Centochiodi
  • Cantando con la faccia nel guano
  • Dove ho messo le pantofole?
  • Ai musulmani puzzano i piedi (documentario commissionato dalla CEI)

Poetica

Nei film di Olmi non succede nulla. A volte una spiga di grano viene mossa dal vento, o un cane abbaia.
In casi più rari, un cane muggisce, ma nulla di più.
Questo per ricordarci che una volta, quando la nostra vita era scandita dal lento ritmo della natura e non eravamo ancora dominati dall'imperante mentalità consumista, eravamo tutti più felici. Certo, c'erano la fame, il freddo, la pellagra e un tasso di mortalità infantile del 95%, ma vuoi mettere la felicità data dai piccoli gesti quotidiani, come il filò in stalla o la sana, liberatoria cagata in mezzo ai campi?

Ermanno Olmi, nei suoi film, utilizza soltanto attori non professionisti.
Sì, proprio come i Vanzina.
In L'albero degli zoccoli impiegò autentici zotici della bassa bergamasca, che costrinse a recitare pungolandoli nelle costole con un bastone acuminato (perché, come dice il Maestro, "È nel dolore che sta la vera gioia").
Nel film Centochiodi, con la consueta coerenza, affidò la parte del protagonista a Raz Degan.
Raz Degan, per la cronaca, si rivelò un attore talmente cane che fu necessario doppiarlo anche nelle scene in cui dormiva.

Olmi nella cultura di massa

Ermanno Olmi appartiene a quella schiera di cineasti universalmente riconosciuti come geni, ma di cui nessuno ha mai visto un film. Di conseguenza, nominare il Maestro è il modo più semplice e veloce per liberarsi della fastidiosa compagnia dei sedicenti esperti di cinema.

- Sedicente esperto di cinema: “... ed è per questo che nella filmografia loachiana la figura dell'operaio è centrale, capisci? Centrale!”
- Persona comune: “E di Ermanno Olmi che mi dici?”
- Sedicente esperto di cinema: “Ah, il Maestro! Un gigante della cinematografia mondiale! Una poetica assieme trascendente e profondamente umana... L'albero degli zoccoli, poi, è un capolavoro assoluto!”
- Persona comune: “Di cosa parla quel film?”
- Sedicente esperto di cinema: “Beh è la storia di... diciamo che bisogna fare un discorso un po' ampio... allora, c'è uno che... che... (guarda l'ora) Oh, scusa ma vado che devo sbrinare il freezer! Ci vediamo!”
Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media.
È stata miracolata come tale il giorno 1 febbraio 2015 col 55.6% di voti (su 9).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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