Battaglia di Magenta: differenze tra le versioni
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LE CIASPOLE: L'associazione è un centro permanente di vita associativa a carattere volontario e democratico la cui attività è espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo.Essa non ha alcun fine di lucro ed opera per fini sportivi, ricreativi e solidaristici per l'esclusivo soddisfacimento di interessi collettivi.L'associazione promuove iniziative volte all'avvicinamento ed alla fruizione delle opportunità per il tempo libero offerte dalla montagna, a fini escursionistici, nel pieno rispetto degli assetti ed equilibri ambientali.Diffonde modalità dell'andare in montagna accessibili ad una larga fascia di popolazione, indipendentemente dall'età, dal possesso di specifiche competenze tecniche e dalle possibilità economiche.Recupera e valorizza aspetti culturali ed ambientali tralasciati, riscoprendo e rendendo disponibili itinerari naturalistici e storici di particolare interesse, anche nella direzione di un maggiore sviluppo sostenibile delle aree montane.[Art. 2 dello Statuto dell'Associazione]CONSIGLIO DIRETTIVOPresidenteLorenzino AnnamariaConsiglieriCanale Alessandro Cagnasso Uliana Chiriotti Antonio Corna Marco Fossat Bruno Gardiol Paola Gastaldi Giuseppe Giai Marinella Gilardi Ginetto Governo Paolo Griotti Roberto Masiero Marcella Petracca Rocco Pusset Fernanda |
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==Antefatto== |
==Antefatto== |
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Dopo la sconfitta di [[Novara]] e l'abdicazione di [[Carlo Alberto di Savoia]] in favore del figlio [[Vittorio Emanuele II|Corso Vittorio Emanuele]], il [[Casa Savoia|regno di Sardegna]] si trovava ad un punto di svolta. Da una parte potevano scegliere di far finta di niente, lasciar perdere l'unificazione [[Italia|italiana]] e riprendere a giocare a tressette col morto assieme a [[Francia]] e [[Svervegia]], mentre dall'altra potevano proseguire nei piani di unificazione nazionale. Si scelse infine la seconda, ma non tanto per patriottismo, quanto più perché nel [[1850]] non avevano ancora inventato la PSP e quindi ci si annoiava a [[morte]]. |
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[[Cavour|Camillo Benso conte di Cavour]] tenne un magnifico discorso al [[Parlamento]] in cui esortava la nascente [[Italia]] alle armi. Dieci minuti di applausi lo salutarono, una volta finito di parlare, e venne anche candidato a cinque premi [[Oscar]]. |
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{{quote|Noi dovevamo rinunziare a chinare il capo dinnanzi a un fato avverso dopo i fatti di Novara, e prepararci a dar battaglia. Non vi è grande rivoluzione che possa compiersi nell'ordine materiale, se prima non si è compiuta nell'ordine delle idee. Ed è per questo, colleghi deputati, che io, sua Maestà Serenissima, e il generale [[Garibaldi]], abbiamo deciso di [[Nerd|nerdare]] per un po' su [[Gears of War]], studiare un po' di tattiche e poi metterlo in [[culo]] agli [[Austria|Austriaci]].}} |
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Subito pronta la risposta dei parlamentari, completamente persuasi da quel magnifico discorso, tanto addirittura da tirare fuori [[quella bottiglia là]]: |
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Cavour, quindi, fece seguire alle parole i fatti. Nel luglio del [[1855]] si incontrò con Napoleone III a [[Parigi]] per perorare la causa piemontese, ma l'imperatore francese gli rispose picche, sostenendo che un intervento militare sarebbe stato troppo gravoso per le finanze dello stato, e inoltre doveva rimanere a casa a guardare l'ultima puntata di ''[[Desperate Housewives]]'', poiché il Regio [[Videoregistratore]] si era rotto e in tutta Francia non si trovava un [[elettricista]] disponibile. Ma Camillo Benso, conte di [[Eccetera|eccetera eccetera]] non si perse d'animo e chiese un consiglio politico a uno dei grandi vecchi della politica sabauda, il senatore [[Giulio Andreotti]]<ref>Andreotti frequentava il Parlamento piemontese già dagli albori della [[Casa Savoia|dinastia sabauda]], era stato otto volte [[Presidente del Consiglio]], sei volte [[Presidente del Senato]], due volte imperatore, tre volte re di Sardegna e, si diceva, anche svariate volte [[Papa]]</ref>. I due si incontrarono in una notte di plenilunio nel [[Inferno|luogo di residenza di Andreotti]] e, al termine dell'incontro, Cavour se ne uscì con la soluzone a tutti i suoi problemi. Nessuno, invece, vide più le tredici [[Verginità|vergini]] che l'avevano accompagnato alla dimora del Senatore. |
Cavour, quindi, fece seguire alle parole i fatti. Nel luglio del [[1855]] si incontrò con Napoleone III a [[Parigi]] per perorare la causa piemontese, ma l'imperatore francese gli rispose picche, sostenendo che un intervento militare sarebbe stato troppo gravoso per le finanze dello stato, e inoltre doveva rimanere a casa a guardare l'ultima puntata di ''[[Desperate Housewives]]'', poiché il Regio [[Videoregistratore]] si era rotto e in tutta Francia non si trovava un [[elettricista]] disponibile. Ma Camillo Benso, conte di [[Eccetera|eccetera eccetera]] non si perse d'animo e chiese un consiglio politico a uno dei grandi vecchi della politica sabauda, il senatore [[Giulio Andreotti]]<ref>Andreotti frequentava il Parlamento piemontese già dagli albori della [[Casa Savoia|dinastia sabauda]], era stato otto volte [[Presidente del Consiglio]], sei volte [[Presidente del Senato]], due volte imperatore, tre volte re di Sardegna e, si diceva, anche svariate volte [[Papa]]</ref>. I due si incontrarono in una notte di plenilunio nel [[Inferno|luogo di residenza di Andreotti]] e, al termine dell'incontro, Cavour se ne uscì con la soluzone a tutti i suoi problemi. Nessuno, invece, vide più le tredici [[Verginità|vergini]] che l'avevano accompagnato alla dimora del Senatore. |
Versione delle 18:18, 8 set 2009
Battaglia di corso Magenta Parte parte della Seconda guerra di indipendenza | |
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Due soldati in lotta, ritratto del 1859 | |
Luogo: | Milano |
Inizio: | |
Fine: |
Qualche ora dopo, quando la mamma di Napoleone III lo richiama a casa perché era la giornata del bagno. |
Esito: |
Vittoria di Piemonte e Francia, che rubano tutte le biglie all'Austria |
Casus belli: |
Si annoiavano. |
Modifiche territoriali: |
Annessione della Longobardia all'Italia |
Fazioni in guerra | |
Comandanti | |
Forze in campo | |
Esercito dei criceti spaziali |
Quattro cavalli con la |
La battaglia di Magenta fu un episodio della seconda guerra di indipendenza italiana. Fu combattuta il 4 giugno 1859 a Milano, in Corso Magenta, più precisamente tra il McDonald's e il negozio di Dolce&Gabbana. La sanguinosa battaglia vide fronteggiarsi gli eserciti austriaci e franco-piemontesi e terminò con la gloriosa entrata in Milano di Vittorio Emanuele II e Napoleone III, i quali, con le loro armate al seguito, andarono infine a "prendersi un gelato" a parco Sempione.
Antefatto
Dopo la sconfitta di Novara e l'abdicazione di Carlo Alberto di Savoia in favore del figlio Corso Vittorio Emanuele, il regno di Sardegna si trovava ad un punto di svolta. Da una parte potevano scegliere di far finta di niente, lasciar perdere l'unificazione italiana e riprendere a giocare a tressette col morto assieme a Francia e Svervegia, mentre dall'altra potevano proseguire nei piani di unificazione nazionale. Si scelse infine la seconda, ma non tanto per patriottismo, quanto più perché nel 1850 non avevano ancora inventato la PSP e quindi ci si annoiava a morte.
Camillo Benso conte di Cavour tenne un magnifico discorso al Parlamento in cui esortava la nascente Italia alle armi. Dieci minuti di applausi lo salutarono, una volta finito di parlare, e venne anche candidato a cinque premi Oscar.
Subito pronta la risposta dei parlamentari, completamente persuasi da quel magnifico discorso, tanto addirittura da tirare fuori quella bottiglia là:
Cavour, quindi, fece seguire alle parole i fatti. Nel luglio del 1855 si incontrò con Napoleone III a Parigi per perorare la causa piemontese, ma l'imperatore francese gli rispose picche, sostenendo che un intervento militare sarebbe stato troppo gravoso per le finanze dello stato, e inoltre doveva rimanere a casa a guardare l'ultima puntata di Desperate Housewives, poiché il Regio Videoregistratore si era rotto e in tutta Francia non si trovava un elettricista disponibile. Ma Camillo Benso, conte di eccetera eccetera non si perse d'animo e chiese un consiglio politico a uno dei grandi vecchi della politica sabauda, il senatore Giulio Andreotti[1]. I due si incontrarono in una notte di plenilunio nel luogo di residenza di Andreotti e, al termine dell'incontro, Cavour se ne uscì con la soluzone a tutti i suoi problemi. Nessuno, invece, vide più le tredici vergini che l'avevano accompagnato alla dimora del Senatore.
Il discorso tra i due, recuperato grazie a un'intercettazione ambientale ad opera di Patrizia D'Addario e in seguito pubblicata su Repubblica[2] si è svolto più o meno come segue:
- Andreotti : E va bene, va bene, conte, il suo dono mi ha soddisfatto, parli pure.
- Cavour : Eccellenza, io...
- Andreotti : Sì, in pratica lei vuole... ecco, ungere bene gli ingranaggi con Napoleone.
- Cavour : Esatto, Eccellenza.
- Andreotti : Oh, con questi formalismi. Mi chiami semplicemente Vostra Luminosa Magnificenza
- Cavour : Come desidera, Vostra Luminosa Magnificenza. E per quanto riguarda l'Imperatore?
- Andreotti : Eh, l'Imperatore... Sa, Camillo, io ho certe conoscenze, potrei incaricarmi io stesso di far da tramite con la Francia.
- Cavour : Non le chiederei mai tanto, Vostra Luminosa Magnificenza.
- Andreotti : Ecco, appunto. Sa com'è, alla mia veneranda età non ci si può più sballottare tanto... Ma lei ha provato a far leva su altri interessi di Napoleone?
- Cavour : Non sono certo di capire...
- Andreotti : Ma sì, c'è quella vostra cugina... come si chiama, la contessa di Castiglione. Ecco, lei potrebbe essere la persona giusta per convincere l'Imperatore a perorare la causa Piemontese.
- Cavour : Ma, Eccel... Vostra Luminosa Magnificenza! Tutto ciò è inaudito.
- Andreotti : Non faccia il niubbo, Camillo, è così che si fa politica, oramai...
- Cavour : Mi rifiuto di pensare ad un'Italia in cui il potere finisca in mano a una persona che non esiti a servirsi di rapporti libidinosi con donne di malaffare come strumento politico. Nella mia Italia questo non accadrà mai!
- Andreotti : Sì, sì, come vuole, Camillo, io quello che dovevo dire l'ho detto. Poi lei faccia come le pare. Ora mi scusi, ma sta sorgendo l'alba, devo ritirarmi nella mia bara. Il mio maggiordomo la accompagnerà all'uscita.
Nonostante la contrarietà iniziale, infine Cavour cedette al diabolico piano ordito dal Senatore e fece partire sua cugina Virginia, meglio nota come la contessa di Castiglione, famosa in tutta Savoia per la sua abilità di tenere in bocca quattro mele per volta, alla volta della corte di Napoleone III. Esattamente tre ore dopo, l'imperatore francese acconsentì a trattare con l'Italia.
Gli accordi di Plombières
Grazie agli sforzi della contessa di Castiglione, Cavour e Napoleone III poterono finalmente incontrarsi nel ridente paesino di Plombières-les-Bains, per discutere degli accordi di guerra contro l'Austria, ma soprattutto perché la locale pasticceria preparava un tiramisù da leccarsi i baffi.
Quello che emerse dall'incontro durato due giorni - oltre al fatto che Cavour riusciva a ingoiare due teglie di tiramisù senza quasi prendere fiato - fu un accordo in tre punti che sancisce quanto segue:
- La Francia accettava di sostenere la causa Italiana contro l'Austria solo se fosse stata l'Austria ad attaccare per prima.
- La Francia avrebbe aiutato l'Italia, ma solo se l'Italia le avesse lasciato vincere gli Europei di calcio.
- L'italia si impegnava a non prendere più per il culo i francesi perché non usavano il bidet.[3]
Informato dell'accordo, Vittorio Emanuele disse di non essere per nulla soddisfatto, dichiarando: "Non sono per nulla soddisfatto". Ma, piccole polemiche a parte, i presupposti per la guerra c'erano tutti, e all'Italia non rimaneva che entrare in azione.
La trappola
Cavour sapeva che, per avere al suo fianco la Francia nella guerra contro l'Austria, avrebbe dovuto attendere che gli austriaci attaccassero per primi. Si trattò quindi di usare un po' d'ingegno. Nel febbraio del 1859 Cavour convocò in gran segreto a palazzo Giuseppe Garibaldi. Per dire, l'incontro fu talmente segreto che Cavour stesso non ne sapeva niente, e Garibaldi dovette attendere in anticamera per quattro lunghe ore. Una volta incontratisi, a Garibaldi furono affidati due incarichi di capitale importanza: formare una milizia di giovani lombardi e iniziare a diffondere pettegolezzi e malignità sull'imperatore austriaco.
Garibaldi tenne fede ai suoi impegni e, pochi mesi dopo, Francesco Giuseppe I, imperatore austriaco, fu sconcertato nel leggere sul blog di Gossip Girl un'indiscrezione secondo cui sarebbe stato visto ad un festino di Flavio Briatore mentre pippava in compagnia di Adriano sulla schiena di Daniela Santanché.
La risposta di Francesco Giuseppe all'affronto arrivò secca e decisa, tanto da suonare come un vero e proprio ultimatum.
Ma Cavour non demordette e rispose con fermezza:
All'Austria dunque non rimase che dispiegare le truppe e prepararsi all'attacco.
La battaglia
La battaglia vera e propria si combatté il giorno 4 giugno 1859. Quando le truppe austro-ungheresi si trovarono per la prima volta di fronte il temibile esercito sabaudo, furono presi da un misto di stupore e riverenza. Il generale asburgico Ferencz Gyulai scrisse di tale evento nel suo diario segreto:
Cronologia della battaglia
- Ore 8:00 Cavour va a svegliare Napoleone III portandogli la colazione a letto. Napoleone risponde: "Non voglio andare a scuola, posso dormire ancora cinque minuti?"
- Ore 8:05 Cavour torna a svegliare Napoleone, che lo scaccia con una manata e si gira dall'altra parte.
- Ore 8:15 Vittorio Emanuele II comincia a pettinarsi i baffi.
- Ore 8:30 Gli austriaci si preparano un'abbondante colazione a base di crauti e salsicciotti.
- Ore 8:45 Vittorio Emanuele II si sta ancora pettinando i baffi.
- Ore 9.30 Ancora...
- Ore 9.45 Vittorio Emanuele II finisce di sistemarsi il mustacchio e libera il bagno, con somma gioia di Garibaldi che stava trattenendo la pipì da ore e aveva già finito di leggersi la Gazza.
- Ore 9:57 Cavour tenta per l'ultima volta di svegliare Napoleone III, ma riceve in risposta solo un confuso borbottìo.
- Ore 9:58 Le truppe sabaude si dispongono in formazione a ferro di cavallo a un paio di chilometri dal Naviglio Grande.
- Ore 9.59 Vittorio Emanuele richiede e ottiene che le truppe si dispongano a quadrifoglio, perché la trovava una forma più armonica con il paesaggio bucolico circostante.
- Ore 10:00 Qualcuno dà l'ordine di attaccare.
- Ore 11.45 I francesi, dopo alcune scaramucce, riescono a occupare la città. Di Boffalora. Accortosi dell'errore, il generale Patrice de Mac Mahon esclamò: "D'Oh!"
- Ore 12:00 Pausa pranzo alla Trattoria da Amelia.
- Ore 15:00 Le ostilità riprendono nei pressi di Magenta.
- Ore 16:15 L'Austria passa in netto vantaggio grazie ad una rete dalla dubbia regolarità segnata dal 3° reggimento giannizzeri. L'arbitro dice che è tutto regolare. Urla di disapprovazione dagli spalti francesi.
- Ore 17:00 Il generale Mac Mahon è in procinto di ordinare la ritirata, alla faccia degli accordi presi con l'Italia, ma la situazione cambia radicalmente quando, in soccorso del fiaccato esercito franco-sabaudo arriva la 1^ armata dei Texas Ranger, che si trovava di stanza in Liguria.
- Ore 17.05 Grazie ai nuovi arrivi le truppe francesi riescono ad accerchiare con facilità gli austriaci, fino a spingerli a rintanarsi a Magenta, che, peraltro, avendo un solo hotel, non poteva garantire di ospitarli tutti per la notte. Da ciò si capì che le sorti della battaglia si sarebbero decise prima dell'alba.
- Ore 20:30 Le truppe francesi riescono ad espugnare Magenta, costringendo gli austriaci a ripiegare verso sud-est. La battaglia è vinta.
- Ore 20:31 Napoleone III si sveglia, si stropiccia gli occhi e chiede: "Che mi sono perso?"
Dopo Magenta
Una volta conclusa l'aspra battaglia, le truppe francesi entrarono vittoriose a Milano. Il grosso dell'esercito fu preceduto dalle truppe algerine dei Turcos, che sfilarono verso il Duomo con grande stupore dei milanesi stessi, che non si erano mai trovati davanti a uomini di colore prima di allora. La popolazione, spaventata, pensava che fossero venuti per rubare il lavoro e stuprare le loro figlie, ma il susseguente arrivo di Mac Mahon a comando del resto dell'esercito chiarì ogni dubbio: l'Austria era sconfitta e la Lombardia poteva essere annessa all'Italia.
Il nuovo assetto politico del Nord Italia lasciava tuttavia qualche scontento che, al grido di "Torino ladrona, Bergamo Alta capitale!", propugnava un'improbabile secessione. In generale, però, si deve alla battaglia di Magenta e ai valorosi eroi che la combatterono la posa del seme da cui germogliò rigogliosa l'unità d'Italia, ma anche e soprattutto l'invenzione delle rievocazioni storiche in costume.
Voci correlate
- Risorgimento
- Assedio
- Prima guerra d'indipendenza
- Seconda guerra d'indipendenza
- Terza guerra d'indipendenza
- Casa Savoia
Note a pie' pagina
- ^ Andreotti frequentava il Parlamento piemontese già dagli albori della dinastia sabauda, era stato otto volte Presidente del Consiglio, sei volte Presidente del Senato, due volte imperatore, tre volte re di Sardegna e, si diceva, anche svariate volte Papa
- ^ Ovviamente, esistono buone possibilità che sia tutto una palla. Per dire, possibilità buone tante quante ne abbia un diciottenne androgino dalla dubbia identità sessuale di far salire l'ormone a una tredicenne.
- ^ Su questo punto controverso vi fu un'accesa battaglia durata ben sette minuti. L'Italia, peraltro, non lo rispetterà mai.