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Il giovane fascistello Francesco Sgrò, già indiziato per la strage, cercò di far ricadere le colpe di essa su ambienti universitari della sinistra romana: a suo dire, i [[comunista|comunisti]] universitari della capitale, soprattutto quelli della [[facoltà]] di [[fisica]], ci sapevano fare con gli esplosivi. Inoltre, qualcuno fece rinvenire su ciò che restava della carrozza n. 5 alcuni simboli e immagini che riconducevano inequivocabilmente agli ambienti di sinistra: un [[pugno chiuso]], una [[falce]] con un [[martello]], una [[fotografia]] di [[Lenin]]. Ciò che insospettì gli investigatori fu che nessuno di questi oggetti era bruciato come gli altri. La tesi dello Sgrò iniziò a vacillare, ben presto fece acqua da tutte le parti. Messo alle strette, il depistatore mancato si giustificò: {{Quote|Sono stato frainteso! Non ho mai detto che l'esplosivo nascosto negli scantinati della facoltà di fisica di Roma era maneggiato da studenti di sinistra! Ho semplicemente detto che era maneggiato con la mano '''sinistra''' da studenti di '''destra''', essendo tutti [[mancino|mancini]]!}} Questa {{Citnec|prodezza}} fruttò a Sgrò il rinvio a giudizio per calunnia, a Licio Gelli un cazzo. In ogni caso si era [[Perdere tempo|perso un sacco di tempo]], durante il quale gran parte delle prove a carico dei veri responsabili furono inopinabilmente dimenticate.
Il giovane fascistello Francesco Sgrò, già indiziato per la strage, cercò di far ricadere le colpe di essa su ambienti universitari della sinistra romana: a suo dire, i [[comunista|comunisti]] universitari della capitale, soprattutto quelli della [[facoltà]] di [[fisica]], ci sapevano fare con gli esplosivi. Inoltre, qualcuno fece rinvenire su ciò che restava della carrozza n. 5 alcuni simboli e immagini che riconducevano inequivocabilmente agli ambienti di sinistra: un [[pugno chiuso]], una [[falce]] con un [[martello]], una [[fotografia]] di [[Lenin]]. Ciò che insospettì gli investigatori fu che nessuno di questi oggetti era bruciato come gli altri. La tesi dello Sgrò iniziò a vacillare, ben presto fece acqua da tutte le parti. Messo alle strette, il depistatore mancato si giustificò: {{Quote|Sono stato frainteso! Non ho mai detto che l'esplosivo nascosto negli scantinati della facoltà di fisica di Roma era maneggiato da studenti di sinistra! Ho semplicemente detto che era maneggiato con la mano '''sinistra''' da studenti di '''destra''', essendo tutti [[mancino|mancini]]!}} Questa {{Citnec|prodezza}} fruttò a Sgrò il rinvio a giudizio per calunnia, a Licio Gelli un cazzo. In ogni caso si era [[Perdere tempo|perso un sacco di tempo]], durante il quale gran parte delle prove a carico dei veri responsabili furono inopinabilmente dimenticate.

=== Ulteriori sviluppi ===

[[File:Topo Gigio indaga su italicus.jpg|thumb|right|450px|Gli investigatori brancolarono nel buio fino a quando un extraparlamentare di sinistra evase dal carcere di Arezzo e fece arrivare alla stampa importanti dichiarazioni : "<<Ma lo so io chi è stato! >>"- <<"Ma cosa mi dici mai?">>- fu la replica del capo della polizia.]]

== I processi ==
== I processi ==


== {{s|Le condanne}} Le sentenze ==
== {{s|Le condanne}} Le sentenze ==
[[File:Topo Gigio indaga su italicus.jpg|thumb|right|450px|Gli investigatori brancolarono nel buio fino a quando un extraparlamentare di sinistra evase dal carcere di Arezzo e fece arrivare alla stampa importanti dichiarazioni : "<<Ma lo so io chi è stato! >>"- <<"Ma cosa mi dici mai?">>- fu la replica del capo della polizia.]]


[[File:Lapide Italicus.jpg|center|thumb|300px|L'unica conseguenza certa di questi misfatti è sempre una lapide ''ad memoriam''.]]
[[File:Lapide Italicus.jpg|center|thumb|300px|L'unica conseguenza certa di questi misfatti è sempre una lapide ''ad memoriam''.]]

Versione delle 18:52, 16 mar 2013

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« Agosto. Si muore di caldo e di sudore.

Si muore ancora di guerra
non certo d'amore,
si muore di bombe, si muore di stragi
più o meno di Stato,
si muore, si crolla, si esplode,
si piange, si urla.

Un treno è saltato.
 »
( Claudio Lolli.)

La strage dell'Italicus fu un attentato terroristico perpetrato il 4 agosto 1974 a bordo del treno espresso Roma-Monaco di Baviera via Brennero, frequentato da tantissimi passeggeri, tutti ignari di viaggiare su un convoglio denominato Italicus. A dirla tutta, solo i capistazione iscritti al Rotary Club ne conoscevano il nome in codice. Nonostante la tragicità furono ben altri gli avvenimenti che appassionarono l'opinione pubblica, come ad esempio il primo scudetto della Lazio. Attualmente la strage viene vagamente ricordata da pochissimi, nemmeno Salvo Sottile gli ha mai dedicato la benché minima attenzione. L'amara considerazione che viene spontanea è che ci siano stragi di serie A e di serie B, ma ora basta parlare di calcio.

« Qui si impone una doverosa rilettura storica, poffarbacco! »
(L'autore di questa pagina, come se ne sapesse più degli altri.)

Contesto storico e sociale

In alto: la caduta del regime di Salazar; in basso: il trionfo sanremese di Iva Zanicchi. Nel mondo accadono fatti di estrema rilevanza storica, ma mai come in Italia.
« Nel 1974 non è successo niente, si è passati direttamente al 1975! »
(Giulio Andreotti su corsi e ricorsi storici.)
« Ggiulliettto, avvevvi ddettto lla sstesssa cossa nnell 1973! »
(Francesco Cossiga, picconatore alle prime armi.)

Il 1974 sembra essere un anno insignificante, ad un primo esame superficiale. Invece, scorrendo rapidamente gli accadimenti di allora, si scopre una singolare concatenazione niente affatto casuale, quasi a voler implicitamente attestare la presenza invisibile di una longa manus che tutto orchestra e tutto dirige, relegando l'essere umano al ruolo di

mera comparsa priva della possibilità di assurgere al ruolo di faber fortunae suae, con un vaffanculo al libero arbitrio e a Erasmo da Rotterdam.

Nel resto del mondo c'era stato lo scandalo Watergate, la caduta dei regimi totalitari instaurati a suo tempo da Salazar in Portogallo e dai colonnelli in Grecia, la Germania Ovest vinceva in casa i Mondiali di calcio[avevo detto: basta col calcio!], i Turchi invadevano la parte settentrionale di Cipro allo scopo di costruirci tantissime villette abusive per trascorrervi le vacanze estive, l'ONU riconosceva all'OLP di Yasser Arafat il diritto di esistere ma anche il dovere di vedersela con Israele circa le questioni di confine e di buon vicinato. Era anche nato ufficialmente l'hip hop in un parto gemellare con la serie televisiva Happy Days. E in Italia?

Lungo lo stivale si concentravano gli ardori giovanili impegnati nella cosiddetta "politica attiva", Brigate Rosse e neofascisti si scambiavano pareri e opinioni in una cordiale atmosfera di pacifico e civile confronto, insomma, si era nel pieno degli anni di piombo. Iva Zanicchi vinse il Festival di San Remo con la canzone Ciao, come stai?, oggi reinterpretata unplugged dai punkabbestia nei centri sociali. Quello stesso anno ci fu quel famoso referendum sul divorzio in cui se avessero vinto i SI il divorzio non c'era, ma vinsero i NO e il divorzio c'era, c'è e ci sarà, a meno che nel frattempo non venga abolito il matrimonio. A fine maggio c'era stata la strage di piazza della Loggia e a fine settembre, nel complesso residenziale di Milano 2, iniziavano le trasmissioni della tv via cavo Telemilano, ad opera di uno sconosciuto Silvio B., lontano cugino della nota fattona berlinese Christiane F., ed ecco che il cerchio si chiude.

La strage

« Raccontami una barzelletta sennò m'addormo: questa galleria mi fa venire un sonno che non mi sveglierebbe nemmeno una bomba! »
(Il primo macchinista dell'Italicus al suo collega.)
« Dunque c'è un tizio che... »
(Il secondo macchinista un petosecondo prima dell'esplosione.)
Ufficialmente Aldo Moro perse il treno poiché venne raggiunto da alcuni funzionari del Ministero e fatto scendere all'ultimo momento per firmare alcuni documenti.

Italia, notte fonda. Il treno Italicus, lasciata Roma da qualche ora, sta finalmente per raggiungere la stazione di San Benedetto Val di Sambro, dopo aver percorso tutti i 18.507 metri della Grande Galleria dell'Appennino. Alle 1:23, a due passi dalla stazione, un botto violentissimo sventra la carrozza n. 5, che diviene un forno crematorio per gli occupanti. I passeggeri a bordo delle carrozze n. 4 e 6 per lo spavento corrono verso i bagni più vicini, tutti rigorosamente fuori servizio. Accadono scene drammatiche, in cui le urla disperate si mescolano alla diarrea senza soluzione di continuità. Quando il treno raggiunge una temperatura accettabile comincia il solito tragico inventario: dodici persone sono morte carbonizzate ed altre quarantotto, benché gravemente ferite, sopravvivono negando agli addetti alle pompe funebri la possibilità di compiere un concreto "salto di qualità".

Aldo Moro, allora Ministro degli Esteri, doveva trovarsi su quel treno, ma fu fatto scendere precipitosamente da alcuni funzionari del Ministero con la scusa di fargli firmare importanti documenti: raccomandazioni, richieste di ferie e di uscita anticipata dal lavoro. In realtà aveva solo sbagliato treno, ma i servizi segreti deviati in corner[e dagli col calcio!] insabbiarono la verità, che poteva essere compromettente per l'ascesa di Moro alla Presidenza del consiglio dei ministri, prevista per il novembre successivo.

« Beh, in ogni caso è stata una gran botta di culo! »
(Aldo Moro, che quattro anni dopo non poté dire la stessa cosa.)

La notizia

Le uniche testate che parlarono della strage. Fu un peccato che Lupo Alberto fosse già in edicola, magari ci si poteva trovare un approfondimento.

La strage era accaduta nel bel mezzo della notte, quando tutte le testate giornalistiche avevano già mandato in stampa le edizioni del mattino. La notizia giunse comunque in breve tempo alle redazioni, grazie all'infaticabile opera di cronisti free-lance disposti a lavorare senza sosta pur di sbarcare il lunario. Ma era comunque tardi: otto direttori di quotidiani su dieci dichiararono:

« Ieri sera ci siamo quasi scannati per fare la prima pagina come si deve e adesso dovremmo buttarla a mare per la solita bombetta del cazzo? Non se ne parla proprio! »

Degli altri due direttori, uno continuò a dormire e non rispose al telefono, l'altro pubblicò un trafiletto quasi invisibile e brutalmente sgrammaticato: era il direttore del giornaletto del dopolavoro ferroviario di Macomer. Fu perciò che a giorno fatto in pochissimi erano a conoscenza dell'atto terroristico, ma le cose non migliorarono l'indomani: i soliti otto direttori su dieci sentenziarono:

« Ma ormai è roba vecchia! Dovremmo pubblicare sul giornale di una notizia di ? Ma quando mai? »

Il nono direttore dormiva ininterrottamente ormai da due giorni: nessuno si era accorto che era entrato in coma irreversibile. Il dopolavorista invece si era trovato con le mani legate, dal momento che il suo giornaletto usciva con cadenza quadrimestrale.

I telegiornali non furono da meno: le edizioni del mattino effettivamente riportarono la notizia, ma lo share in quella fascia oraria era stabilmente assestato sul -0,6%, i pochi telespettatori erano esclusivamente anziani con l'Alzheimer. All'epoca c'erano solo due canali Rai che, per non pestarsi i piedi a vicenda, trasmettevano le stesse identiche notizie, quindi non esistevano canali alternativi per ottenere informazioni di sorta. Le edizioni successive trattarono l'argomento in maniera superficiale e distratta, d'altronde era agosto, c'era un caldo che favoriva i suonatori di blues e faceva calare drasticamente i livelli di attenzione, in molti erano in vacanza e in ogni caso era più interessante il Cantagiro o una paparazzata sulle tette di Minnie Minoprio. In pochi giorni la notizia disparve nel nulla e nessuno se ne lamentò, a cominciare dalle vittime.

Le indagini

Il volantino nero

Il volantino col quale fu rivendicato l'attentato. Sulle prime non fu ritenuto attendibile.

Ci fu una rivendicazione: fu trovato un volantino all'interno di un vassoio di croissant recapitato da un ignoto ammiratore al giudice per le indagini preliminari. Sulla prima facciata c'era un disegno di dubbio gusto, sul retro campeggiava la scritta: Template:Quote2 Vistose macchie di smegma misto a sperma imbrattavano il volantino, ma parlare di DNA a quell'epoca era come bestemmiare durante l'Angelus. Gli inquirenti, dopo essersi lavati accuratamente le mani, si posero subito una domanda:

« Chi cazzo è Giancarlo Esposti? »

Per molto tempo la questione rimase insoluta, poi l'usciere della questura ricordò a chi apparteneva quel nome: un vecchio compagno d'asilo fissato col saluto romano, morto mentre attraversava un passaggio a livello incustodito. Dunque le indagini si indirizzarono sul versante neofascista, precisamente sul gruppo eversivo denominato Ordine Nero, di cui Giancarlo Esposti avrebbe tanto voluto far parte, se fosse stato ancora vivo. Le indagini, condotte con scientifico rigore, portarono ad identificare i presunti mandanti e gli esecutori materiali, ma proprio allora gli investigatori furono assaliti da un dubbio che fece trascorrere loro parecchie notti in bianco:

« Cioè, ma ci abbiamo azzeccato davvero? Abbiamo davvero preso i colpevoli? Pare impossibile, sarebbe la prima volta! »

Perciò iniziarono a serpeggiare ipotesi di complotto ai danni delle forze dell'ordine. Nessuna tesi del genere sembrava essere fondata, ma ormai gli inquirenti erano partiti in quarta alla ricerca dell'immancabile depistaggio, che in questi casi non si fa mai attendere.

E qualcosa trovarono.

Il depistaggio rosso

Il tentativo di depistaggio: la "pista rossa"

Per una volta il quadro sembrava essere abbastanza chiaro: una strage di matrice neofascista, un volantino di rivendicazione, testimonianze, riscontri oggettivi, evidenze inconfutabili. Tanta grazia era effettivamente eccessiva, ne erano consapevoli gli stessi magistrati bolognesi:

« Chi verrà a confondere le acque? I servizi segreti? La massoneria? Le eminenze grigie? I carabinieri? Il garzone del lattaio? »

A farsi viva fu la P2. Licio Gelli in persona ebbe un colloquio con "quello che paga gli stipendi ai magistrati", al termine del quale fu imbastita un'indagine su una improbabile "pista rossa". Il giovane fascistello Francesco Sgrò, già indiziato per la strage, cercò di far ricadere le colpe di essa su ambienti universitari della sinistra romana: a suo dire, i comunisti universitari della capitale, soprattutto quelli della facoltà di fisica, ci sapevano fare con gli esplosivi. Inoltre, qualcuno fece rinvenire su ciò che restava della carrozza n. 5 alcuni simboli e immagini che riconducevano inequivocabilmente agli ambienti di sinistra: un pugno chiuso, una falce con un martello, una fotografia di Lenin. Ciò che insospettì gli investigatori fu che nessuno di questi oggetti era bruciato come gli altri. La tesi dello Sgrò iniziò a vacillare, ben presto fece acqua da tutte le parti. Messo alle strette, il depistatore mancato si giustificò:

« Sono stato frainteso! Non ho mai detto che l'esplosivo nascosto negli scantinati della facoltà di fisica di Roma era maneggiato da studenti di sinistra! Ho semplicemente detto che era maneggiato con la mano sinistra da studenti di destra, essendo tutti mancini! »

Questa prodezza[citazione necessaria] fruttò a Sgrò il rinvio a giudizio per calunnia, a Licio Gelli un cazzo. In ogni caso si era perso un sacco di tempo, durante il quale gran parte delle prove a carico dei veri responsabili furono inopinabilmente dimenticate.

Ulteriori sviluppi

Gli investigatori brancolarono nel buio fino a quando un extraparlamentare di sinistra evase dal carcere di Arezzo e fece arrivare alla stampa importanti dichiarazioni : "<<Ma lo so io chi è stato! >>"- <<"Ma cosa mi dici mai?">>- fu la replica del capo della polizia.

I processi

==

Le sentenze ==

L'unica conseguenza certa di questi misfatti è sempre una lapide ad memoriam.

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