Cicisbeo

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:- Cicisbeo: “Deve smetterla con i dolci, questa caviglia pare un cotechino!”
- Dama: “Screanzato! Tante storie per tre bomboloni, uffa!”
« Questo corsetto le dona tantissimo, guardi che bel vitino da vespa! »
(Un cicisbeo che sta offrendo alla dama i suoi normali servigi.)
« Se entro due minuti non sei riuscito a slacciarlo, prendi le forbici e taglia! »
(La dama che vorrebbe approfittare anche dei "servigi speciali".)

Il Cicisbeo, detto anche cavalier servente, era il gentiluomo[1] che nel Settecento e nell'Ottocento accompagnava una nobildonna sposata, col benestare del marito. Offriva i suoi servigi in occasioni mondane, feste, ricevimenti e teatri; inoltre l'assisteva nelle incombenze personali quali toeletta, massaggi antistress, corrispondenza, compere, visite e giochi. Soprattutto in quelli che richiedevano una certa manualità.
Passava con lei gran parte della giornata: la seguiva durante le passeggiate, nei giri in carrozza, le si sedeva accanto nei pranzi e nelle cene, conversava con lei e la elogiava continuamente. Lo stesso atteggiamento di un uomo che tenta di conquistare una donna, finché non gliel'ha data.
Per la dama era praticamente una buona amica, col vantaggio che era dotata di un optional in vera ciccia da usare alla bisogna. Non di rado, infatti, le mansioni del cicisbeo includevano un'intensa attività notturna con la dama, giacché il consorte era spesso altrove, o intento a trapanare altro.
Il cicisbeo era dunque allo stesso tempo:

Oggi tali figure potrebbero venir confuse con i gigolò, ma erano più un Enzo Miccio con i coglioni.

Etimologia

A.A.A. cicisbeo esperto offresi per dama con un piede nella fossa.

Il termine sembra essere connesso in modo parzialmente onomatopeico al bearsi nella conversazione, al cicaleccio e al chiacchiericcio, che costituivano la principale delizia dei cicisbei. Erano infatti abili conversatori su qualsiasi argomento, il classico soggetto che deve dire sempre la sua, anche quando si parla di meccanica quantistica e lui possiede un diploma in Lego preso faticosamente alle scuole serali.
Secondo Jérôme Beauvié, massimo esperto mondiale di cicisbeismo francese durante l'Ancien Régime, il termine è invece di origine mamelucca. È legato probabilmente alla figura di Nāṣir Cīcis Bʿeūd, eunuco a servizio del califfo Abbās al-Saffāḥ, il primo della sua dinastia a tifare contro se stesso. Nāṣir era responsabile dell'harem del suo padrone, ma il suo aspetto opulento, tipico dei castrati, era invece originato da una blasfema passione per la porchetta. Al ritorno dalla guerra con i Turchi selgiuchidi, durata sette anni, il califfo fu accolto da un cospicuo numero di marmocchi, alcuni dei quali ancora gattonanti. Convocò urgentemente l'eunuco, perché di certo non era uno stupido.

Califfo Abbās : Esigo una spiegazione! Qualcuno è entrato nell'harem in mia assenza?
Cīcis Bʿeūd : Glorioso Signore delle oasi di Al-Maʾmūn, ho vegliato a lungo sulle vostre mogli, tutte le notti. Con qualcuna ho vegliato anche due volte nella stessa notte. Nessuno è entrato nelle loro f... fresche stanze, a parte me.
Califfo Abbās : Allora cosa è successo?! Dobbiamo forse credere alle storielle di colombe e angeli come gli infedeli?!
Cīcis Bʿeūd : Magnifico Padrone dei pascoli di Mustazhir, quelle sono cose per creduloni, noi confidiamo nella scienza. Probabilmente i suoi spermatozoi, seppur possenti e fieri, sono clamorosamente lenti.
Califfo Abbās : Tutto ciò ha senso. Allah, che è grande e saggio, un giorno disse: "Per fare le cose bene ci vuole il tempo che ci vuole".
Cīcis Bʿeūd : Sempre sia lod... saggio, così come lo siete voi mio signore.

Cicisbeismo

Odierno esemplare di cicisbeo.

Tale bislacca usanza, che ci si aspetterebbe in voga nelle melliflue corti francesi, si affermò esclusivamente in alcune città italiane. Lo scopo iniziale era quello di proteggere la dama in assenza del marito, quindi venivano scelti cavalieri di una certa prestanza fisica e abili con la spada. Purtroppo ad essere "infilzate" finivano di sovente anche le dame stesse, ciò comportava diversi problemi:

  • essere additati come il paraninfo che aveva apparecchiato la propria moglie per l'altrui sollazzo, diventando così lo zimbello del paese;
  • dover mantenere alto l'onore e quindi sfidare a duello il fedifrago, che ricordiamo essere un "D'Artagnan del cazzo"[2], scavandosi così la fossa con le proprie mani;
  • ripudiare la zoccola, che magari era quella ricca, e rinunciare così alla facile pecunia.

Come sempre è il mercato che decreta il successo di un prodotto. La domanda si spostò su una figura professionale con più merletti e meno palle, causando la progressiva affermazione di effeminati ed imberbi ominidi, associabili alla figura del prode cavaliere quanto Cicciolina alla castità.
I vantaggi erano notevoli. Ci si guadagnava il termini di raffinatezza, avvenenza, abilità nella conversazione, educazione e cultura, inoltre si poteva stare davvero tranquilli: se il cicisbeo toglieva la guêpière alla dama, era solo per provarsela addosso.

Uno strumento di affermazione sociale

Adalgisa Bucatini Insugati, nobildonna casertana, con i suoi cicisbei.

Agli inizi dell'Ottocento tale figura era diventata uno status symbol. Era scandaloso per una nobildonna non avere il proprio cicisbeo, avrebbe significato l'essere considerati dei pezzenti. Il costo per mantenerne uno era infatti molto alto, solo di vestiti e profumi costava quanto costruire una scuola, ogni anno. Il loro stipendio variava in base alle capacità, per alcuni di loro era paragonabile a quello dei fuoriclasse del calcio.
Se oggi il "cummenda" milanese arriva in fabbrica sgasando col ferrarino, le dame di quel periodo sfoggiavano i cicisbei.

  • La contessina Vismara Tonnarelli Scotti, appartenente al ramo marchigiano dei Costipati-Sforza, ne aveva quattro: uno per la scelta delle scarpe, uno per i vestiti, uno per decidere cosa mangiare per dessert e l'ultimo per non sbagliare i congiuntivi.
  • La marchesa Mangrovia Dalla Pottasecca, ultima dei von Köröszegh-Puddu, si accompagnava a tre di loro: il primo aveva sei lauree, il secondo conosceva invece nove lingue, di cui un paio morte da svariato tempo. Il terzo non parlava mai, e nessuno l'aveva visto fare qualcosa di speciale, ma gli altri due lo chiamavano "Professore".
Quello a destra è stato, e forse lo è ancora, un "Cavalier servente".
  • La baronessa Margherita Putti Cicciottelli, discendente dagli Arcangeli-Obesi, ne aveva cinque: uno per il look, uno per la dieta, uno per giocare a rubamazzo, uno per parlarci del tempo e l'ultimo per imparare la tabellina del sette.
  • La duchessa Bottania Fodero Della Fava ne aveva uno solo, ma appartenente alla "vecchia scuola" e quindi di valore inestimabile. Trattavasi del leggendario Manlio Siffredi, detto il Puparuol cortese, espulso dal Regno delle Due Sicilie da Ferdinando I in persona, dopo che aveva "spulzellato" tutte le Asburgo-Lorena che erano passate per il Sud Italia.

Cicisbei famosi

  • Giovanni Verri, intellettuale italiano del '700, fu il cicisbeo di Giulia Beccaria, madre di Alessandro Manzoni. Con questo non vogliamo assolutamente affermare che fosse il padre naturale del poeta, perché l'hanno già fatto.
  • Vittorio Alfieri prestò “servizio” per ben due anni presso la marchesa Gabriella Falletti, poi aveva messo da parte abbastanza soldi per scrivere in santa pace.
  • Quando era giovane Vittorio Sgarbi è stato il cicisbeo di una capra austriaca.
  • Giampiero Mughini è stato spesso definito un cicisbeo, cosa di cui si vanta pubblicamente quando non parla della sua prostata.

Note

  1. ^ a chiacchiere
  2. ^ mai definizione fu più idonea

Voci correlate