A babbo morto

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"Senti bello de papà, mi spieghi meglio le condizioni del contratto che hai stipulato?!"

A babbo morto è un'antica frase fatta[1] con cui si intende l'incassare un credito con molto ritardo o, più specificamente, senza che vi sia una scadenza preindicata. Nella peggiore delle ipotesi, generalmente esorcizzata tramite una generosa grattata di palle, non incassarlo affatto.

Debitore : Stai tranquillo, ti pago appena mi si sbloccano un paio di affari.
Creditore : Sì, ho capito, li ripiglio a babbo morto!

L'origine del modo di dire non è certa, la parola "babbo" suggerisce una collocazione toscana; di certo, se avete prestato soldi e ve li restituiranno "a babbo morto", li vedrete in cartolina[2]. La frase è stata in seguito usata anche con altri significati, quali:

  • essere svogliati e privi di iniziativa, vivere alle spalle dei genitori
« Che fai lì a babbo morto?! »
(Sarebbe ora che tu ti decida a lavorare, io e tuo padre non ci saremo per sempre)
  • compiere un'azione assolutamente d'impulso, senza essersi preparati prima
« Che vòi, gl'è andato lì a babbo morto e l'ha avuta! »
(Che ci vuoi fare, ha dato l'esame senza prepararsi e l'hanno bocciato.)

Esistono alcuni usi impropri, di recente utilizzo, tipo:

  • cadere senza mettere le mani in avanti per tentare di attutire il tonfo (in questo caso è preferibile usare "a corpo morto");
  • fari i conti quando i dati sono certi, usato durante le ultime elezioni per dire "a urne chiuse" (da preferirsi quindi "a bocce ferme").

Per molto tempo è stata comunque una vera e propria forma di pagherò, un vero e proprio antenato della cambiale, tanto che gli avvocati erano arrivati a predisporre alcune forme di "contratto a babbo morto". Contrarre debiti in tal modo era comunque preferibile a quelli canonici, che in caso di inadempienza comprendevano: pagare in natura, rimetterci numerose costole e, nei casi più gravi, vendere la propria figlia al bordello locale.

Storia

Ildebrando Dalla Favalessa: primo ideatore di questa forma di pagherò.
« Codesto mio debito di 10 ducati d'oro estinguerollo a babbo morto. Lo giusto guidardone spetta a Mangoldo da Fossa, notabile strozzino dimorante a Sgrullone. A esso avrò a pagare 5 soldi di gabella al passar de lo mese, in tutto lo periodo ne lo mezzo. »
(Contratto firmato da Ildebrando Dalla Favalessa, Galleria Uffizi - Sala Azzeccagarbugli, Firenze, 1616)

Il modo di dire ha origine antiche, possiamo dirlo senza il timore di essere smentiti, tanto sono già tutti morti da un bel pezzo. È da riferirsi al periodo in cui i giovani signori (figli di personaggi influenti e facoltosi) erano costretti, per onorare debiti di gioco o acquistare doni alle proprie amate, a contrarre debiti presso usurai. Questi ultimi erano consapevoli di dover attendere molto tempo per la restituzione della somma, poiché il patto implicava che il babbo del debitore finisse a guardare i cipressi crescere dalla parte delle radici, in modo che il rampollo potesse intascare la congrua eredità. Avevano comunque la certezza che il gruzzolo sarebbe cresciuto via via che il tempo passava, in virtù degli onerosi tassi d'interesse (gli stessi attualmente applicati da Equitalia). Era dunque un buon affare per tutti, escludendo ovviamente "il babbo" che, non di rado, era svariatamente in disaccordo.
Le cronache dell'epoca riportano numerose testimonianze di tali contratti e del loro esito.

Con buone probabilità, a babbo morto incasserò questa cifra.
  • 1646, Agrigento - Fulvio Questuanti Accodati, visconte di Offertina, ha un debito di 300 scudi con Cencio Abbruttiti, gestore di una bisca clandestina in centro. Alla morte del padre convoca i contabili di famiglia, certo di ricevere buone notizie riguardo il malloppo. Purtroppo per lui, suo padre aveva saputo dal barbiere dell'accordo del figlio con l'Abbruttiti e, sconvolto dalla notizia, compie un gesto sconsiderato: sperpera tutti i suoi averi presso "La vacca sbronza", nota trattoria-vineria-puttaneria di Licata. Fulvio subisce il colpo dell'inaspettata scoperta, ma ancor di più quello dello spingardino che lo accoppa.
  • 1789, Bologna - Il banchiere Adelmo Risotti Incollati, colpito in tenera età da lordosi accartocciante (patologia che lo rende simile ad un enorme guscio di lumaca dotato di piedi), ha contratto enormi debiti per sostenere la sua ricerca indirizzata allo: Studio particolareggiato delle dinamiche assistenziali nelle donne a noleggio del settecento. La sua promessa, quella di pagare i vari usurai a babbo morto, si scontra però con l'imprevisto. Il padre è travolto dal crack finanziaro della sua banca, che aveva investito tutto nei titoli "Profiteroles", emessi da Luigi XVI per pagare le scarpe di Maria Antonietta, e ridotti a carta straccia dall'evento che fece perdere la testa ai due sovrani. Per ironia della sorte, Adelmo e suo padre vengono decapitati a colpi di mannaia dai risparmiatori inferociti.
  • 1897, Torino - Il conte Virgilio Della Scudisciata, nobile famiglia di origini liguri, è innamorato della marchesina Ginulfa Aurelia Selvarasata, sogno proibito di tutta la nobiltà dotata di pene della penisola. Dopo aver accumulato debiti stratosferici a causa dei costosi regali alla pulzella, e non riuscendo più ad ottenere alcun credito, avvelena suo padre con una dose letale di acqua tofana, per accelerare l'accesso all'eredità. Ottenuta l'enorme fortuna, e la contemporanea promessa di Ginulfa di maritarlo, festeggia dando fondo alla bottiglia di brandy aperta dal padre, mai gettata perché spilorcio di nascita.

Curiosità

"...e i primi cento che chiamano potranno pagare a babbo morto!"
  • Dal libro di Bereshit (Genesi 1.1-6.8 e porto 7): Lamech, padre di Noè, contrasse debiti a babbo morto con Enosim di Circoncisia, usuraio della città. Egli voleva finanziare il folle progetto del figlio, che era entrato in una setta chiamata 100% Animalisti ed intendeva andar per mare con un'enorme tinozza piena di animali, perché a suo dire: "Se restano sotto le intemperie si buscheranno brutti malanni". Enosim era contento dell'affare, Lamech era persona di parola e avrebbe sicuramente onorato l'impegno. Certo non poteva sapere che da lì a poco avrebbe iniziato a piovere ben oltre la media stagionale, però sarebbe stato un deficiente lo stesso, perché Lamech era figlio di Matusalemme.
  • Nel film L'avaro Alberto Sordi interpreta Don Arpagone, un usuraio il cui figlio (senza esserne consapevole) chiede un prestito ad un suo dipendente, allegando in garanzia le pessime condizioni di salute del padre. Quando il dipendente gli riferisce dell'ottimo affare che si prospetta, Don Arpagone capisce chi è il giovane ed esclama: "Ma allora il babbo morto sono io!".
  • A babbo morto non si guarda in bocca.
  • A babbo morto poche parole.
  • A babbo morto estremi rimedi.

Note

  1. ^ con i fondi della UE
  2. ^ equivalente di "col cazzo!"

Voci correlate