Cucina francese

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« La cuisine française est magnifique! »
(Tipica frase "di apertura" del cameriere francese appena giunto al vostro tavolo.)
« Je suggère: Soupe à l'oignon, escargot, foie gras et oeuf en cocotte. »
(Tipico menu francese proposto dal cameriere.)
« Le uniche mignotte che conosco so' tu' madre e tu' sorella! Brutta testa de cazzo! »
(Tipica reazione di un cliente poco avvezzo all'idioma del luogo.)

Viene chiamata cucina francese (cuisine française) uno stile di cottura e preparazione dei cibi evolutosi in Francia, e buon per loro che si è evoluto. È considerata una delle basi della cucina occidentale, almeno a nord-ovest delle Alpi. Viene molto apprezzata nei paesi anglosassoni, notoriamente abituati a

nutrirsi di bacche e altro che la natura offre spontaneamente. È considerata la migliore cucina del mondo, dai francesi, o comunque da buona parte di essi.
Abitando per secoli in una zona umida e paludosa, i galli svilupparono un'alimentazione basata sulle uniche cose diffuse in abbondanza, le rane e le lumache. L'abitudine di sgranocchiare anche le libellule sparì invece attorno al IV secolo. Anche formaggi e vini sono i migliori del mondo, dopo quelli italiani. Una cosa però va detta, sanno presentare bene i loro piatti e gli affibbiano nomi intriganti. Scorrendo il loro menu si è facilmente tentati dalla tartare de boeuf, ma se ti dicessero che è "bue crudo" la ordineresti lo stesso?
Comunque la cucina francese si può anche apprezzare molto, se sei nativo del Gabon, sbarcato da poco a Lampedusa, o comunque a digiuno da un paio di settimane.

Storia

L'ignaro cane sta per essere cucinato "à la Bourguignonne", secondo l'antica ricetta in uso a Chaloche-sur-Piedône.

Uno dei primi manoscritti di ricette francesi, intitolato Quatre sauts dans la poêle e risalente al medioevo, fu opera di Guillaume Tirel (detto Marmittone), cuoco personale del sovrano Carlo VI ed inventore della celebre carbonade Taillevent. La pietanza (uno stufato di montone lardellato, bagnato con birra scura di abbazia, speziato con timo e chiodi di garofano, e servito con abbondanti cipolle in agrodolce e cavolo acido) era tipica della Pasquetta e, una volta ingerita, veniva smaltita dall'organismo appena in tempo per il pranzo di ferragosto. Il tipico banchetto aristocratico di allora anticipava gli attuali canoni di eleganza e raffinatezza, le portate arrivavano tutte assieme, gli ospiti si avventavano sul cibo con le mani, ci scappava qualche gomitata nelle gengive e, non di rado, qualcuno ci rimetteva la pelle per una "forchettata" al costato, più o meno quello che accade oggi quando il servizio è "a buffet". I pasti si concludevano spesso con un issue de table, che prevedeva un dessert di confetti di miele, formaggi affumicati, noci, vino speziato e conati di vomito. Ben diverso il pranzo dei poveri, costituito normalmente da brodo di ipnorospo, patate lesse, erbe di campo, visioni e dolori addominali.
Nel tardo Medioevo si diffuse la pasta brisée, con cui veniva preparato una sorta di contenitore (adatto ad essere infornato) in cui mettere tutti gli avanzi del giorno prima, dopo averli sminuzzati ed amalgamati con uova, strutto e colesterolo alto.

Assortimento di formaggi francesi. La patina in cartongesso che ricopre il Camembert e il Brie può essere mangiata (se minacciati).

Nel XV e XVI secolo la cucina francese ebbe una grande svolta, che la portò a essere una delle più grandi del mondo. Questo cambiamento avvenne grazie a Caterina de' Medici[1], andata in sposa ad Enrico II di Francia famoso perché, una volta terminato il piatto, era uso "fare la scarpetta" con la barba. La regina portò con sé tutta la scuola della cucina toscana, all'epoca molto raffinata, che comprendeva pietanze di classe come i fagioli alla scurreggiona, la ribollita e il lampredotto coi porri (manicaretti oggi vietati in quasi tutti i paesi industrializzati). Come tutti i grandi chef, Caterina andava personalmente a comprare al mercato i prodotti necessari, sceglieva i migliori e tirava sul prezzo (giacché notevolmente spilorcia). Veniva chiamata "La dame de Cordon Bleu", perché indossava una fascia blu da Ambasciatrice del Granducato di Toscana. Detto questo, ora che sapete, ogni volta che addenterete quella specie di panino fatto con le cotolette, ripieno di formaggio e prosciutto, farete "mea culpa" per aver inneggiato in precedenza all'inventiva culinaria francese. Alla scuola di cucina "Cordon Bleu"[2] si forgiarono i più grandi chef francesi della storia, che servirono le corti e le casate aristocratiche fino a quel simpatico evento che fece perdere la testa a molti nobili. Rimasti improvvisamente senza lavoro, i cuochi aprirono i primi restaurant (che corrispondono al livello italiano "trattoria"), i popolari bistrot (le nostre bettole) e i raffinati Cafes (i bar).

Un antico bistrot francese in Rue de Merde, famoso per il suo piatto Liberté égalité omeletté.

L'Ottocento vide l'apogeo della cucina francese[mica cazzi] imperniata sulle tradizioni regionali e in seguito definita "cuisine de ménage" (che se fosse "à trois" garberebbe anche a noi). Nel 1950 Antoine Guêvar, titolare del bistrot "Chez Guevara", diede un contributo decisivo a codificarla. Il frutto del suo prezioso lavoro, che durò ben tre ore, resta il manuale di riferimento dell'odierna cucina transalpina. In quelle nove pagine, scritte a caratteri belli grossi, vengono custoditi tutti i segreti che la rendono una delle migliori del nord-ovest europeo, ma non troppo a ovest e nemmeno troppo a nord.

« L'omelette non va assolutamente girata e si serve sempre piegata in due. »
(Antoine Guêvar svela il segreto della "parfait omelette" durante il corso di cucina "Vulevant da le pal" (da lui organizzato).)
« Mi scusi, ma questa è una frittata! »
(un giovanissimo ed imprudente Gualtiero Marchesi, poco prima di essere cacciato a pedate dal corso.)

Gli spuntini

« Cosa mangia un francese quando ha fame tra un pasto e l'altro? »

Siamo lieti di questa domanda, perché ci offre l'occasione di parlare di un elemento della cucina francese ingiustamente sottovalutato[da verificare], il famigerato toast bisunto.

I famosissimi toast francesi.

Ovviamente chiamarli toast sarebbe stato troppo semplice, anche un contadino di Timor Est avrebbe potuto ordinarli senza alcuna difficoltà, meglio invece chiamarli croque che non vuol dire una ceppa e, anche anagrammando la parola non si riesce a dargli un senso compiuto, in nessuna lingua del mondo, nemmeno in quelle antiche. Quelli riconosciuti nel Prontuario Guêvar sono tre: