Pagliata

Da Condiclodepia, l'onciclepadia disclesica.
(Rimpallato da Pajata)
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La pajata e l'inseparabile amico rigatone
« Un diamante è per sempre, la pajata quasi!  »
(Umberto Veronesi, Mi stai sullo stomaco, (Ed. Montatori, 2004).)
« Merda sei, merda tornerai, ma nun assaggiatte è da stronzi assai! »
(Ignazio Sifone, poeta carpentiere, all'osteria "Altri Tempi" davanti al tipico piatto.)

Pajata (in romanesco) o Pagliata (in italiano) è il termine con il quale si identifica un qualsivoglia budello di bovino che possa essere spacciato per intestino tenue, tipicamente utilizzato per un piatto di rigatoni che pajono (da qui il nome) essere appena stati vomitati. In mancanza del rigatone è possibile utilizzare altri tipi di pasta corta, ma in ottemperanza a quanto previsto nel D.P.R. n° 175/97, il deplorevole gesto causa la segnalazione automatica alla F.I.C.A. (Federazione Italiana Cibi Ammodino), che comporta l'essere inseriti nel registro dei "Cuochi Eversivi" e sottoposti a pedinamento a vita.

Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Pagliata

Questa è una delle più apprezzate ricette della cucina romanesca, da secoli divide il podio con coratella e coda alla vaccinara. La cucina romana tradizionale è fondata su ingredienti "poveri", l'apporto proteico è generalmente demandato ai legumi o a quello che viene definito "quinto quarto", ossia quel che rimane della bestia vaccina o ovina dopo che sono state vendute ai benestanti le parti pregiate: i due quarti anteriori e i due quarti posteriori.

Di seguito si riporta un tipico dialogo tra cliente e macellaio a Roma:

- Macellaio: “Bongiorno Sora Cesira! Sempre più bella, eh!?”
- Cesira: “Agustarè, falla finita de fa er ruffiano!”
- Augusto: “Che je do oggi?”
- Cesira: “Me incarti li scarti?”
- Augusto: “Faccio mezzo chilo de pajata e 3 etti de coratella?”
- Cesira: “Me sta bene!”
- Augusto: “Ecco quà, pè lei sò solo 23 euro”
- Cesira: “E pè te sò solo 4 vaffanculo, sempre più cara sta robba, li mortacci tua!”

Storia

La pajata ha origini antichissime e prettamente romane. Prima di arrivare all'attuale utilizzo di vaccini e ovini, essa veniva preparata utilizzando l'intestino del maialino da latte.

Alcuni storici contemporanei, tra cui Mortymer Brewster (noto teologo sconsacrato), hanno osservato che nel Nuovo Testamento sussistono omissioni ed incongruenze in riferimento alle persecuzioni di Nerone. Da questa base di partenza, approfondendo gli scritti degli storici del primo secolo, Brewster è giunto ad una sconcertante scoperta.

Simplicio Severo, nel suo "De Suilla coquus", fa ampi riferimenti al sempiterno postulato che: "del maiale non si butta via niente". Dopo aver ampiamente disquisito sulla braciola e tessuto le lodi della pancetta (arrostita sul braciere antistante il Tempio di Vesta), accenna ad un oscuro preparato nel quale sembra coinvolto l'intestino dell'animale.

La ricerca si sposta sul "De mortibus persecutorum"(2, 4-6) di Lattanzio, secondo il quale la persecuzione dei cristiani non fu dovuta alla ricerca di un capro espiatorio per il grande incendio di Roma, come viene raccontato da Tacito, ma alla sconsiderata frenesia di Nerone di entrare in possesso di una ricetta, gelosamente custodita dai cristiani, per cucinare la pajata con i ceci.

Occorreva conferma. Brewster era già stato colpito da una bolla di scomunica, accaparrarsi la qualifica di "cazzaro dell'anno" sarebbe stato troppo.

In un manoscritto di Flavio Postumio Albino, viene riportato un dialogo tra lo storico e il centurione Gaio Ofonio Tigellino che, all'epoca di Nerone, era a capo della guardia pretoriana. Quest'ultimo era caduto in disgrazia e, dopo la scomparsa dell'Imperatore, passava le giornate alla taverna "In Vino Veritas" sita in Campo Marzio.

Questa la traduzione del momento saliente del dialogo:

- Albino: “Quali furono i suoi ordini?”
- Tigellino: “Nerone disse: o me porti la pajata der maiale o me magno la tua!”
- Albino: “Cosa fece allora?”
- Tigellino: “Che dovevo fa?! ho sciorto i pretoriani, er resto lo sai...”
- Albino: “Quindi il segreto venne fuori?”
- Tigellino: “A uno che se chiamava Paolo ho tajato la capoccia, a quer punto l'altro, Pietro me pare se chiamasse, ha cantato come un fringuello!”

Per ironia della sorte, mentre avveniva questo racconto, Tigellino rosicchiava "mazzi sfumati" (variante, essiccata sul camino, della pajata).

Dai martiri Policarpo, Giustino e Cipriano sono rimaste altre importanti testimonianze:

« Clades fuerit facta pajatis / "La sciagura fu recata dalla pajata" »
((Policarpo, 64 d.C.))
« Suilla est hostis / "Il maiale è nostro nemico"  »
((Giustino, 67 d.C.))
« Qui nocet, sicut porcus suilla moritur / "Chi di maiale ferisce, come un maiale perisce" »
( (Cipriano, 73 d.C.))

Rigatoni con la pajata

Rigatoni conditi con un saporito e particolare sugo tipico della tradizione culinaria laziale, preparato con salsa di pomodoro e ciambelline di pajata rosolate in un soffritto di pancetta, sedano e cipolla, sfumate poi al vino bianco. Il tutto servito con una spolverata di pecorino romano grattugiato e profumato prezzemolo tritato.

Ingredienti

  • Intestino di vitellino, 800g
  • Rigatoni, 400g
  • Pancetta, 30g
  • Aglio e cipolla
  • Sedano
  • Prezzemolo
  • Salsa di pomodoro
  • Vino bianco secco, 1 bicchiere
  • Garofano, qualche chiodo
  • Pecorino romano grattugiato
  • Sale e pepe
  • Olio extravergine di oliva

Nota: Nel procurarsi l'intestino del vitello, occorre prestare attenzione ad alcune regole basilari:

  1. che l'animale sia notevolmente morto,
  2. che la vacca madre sia a debita distanza o comunque distratta,
  3. che il fattore sia impegnato a trombare con la moglie,
  4. che il pastore maremmano stia ancora rosicchiando l'osso che gli avete portato.

Se sono rispettate le condizioni sopra esposte e siete abbastanza veloci, avrete modo di frugare nella dispensa della fattoria e procurarvi la maggior parte degli altri ingredienti.

Preparazione

  1. L'intestino va lavato, ma non privato del chimo (poltiglia parzialmente digerita) contenuto in esso. Se uscirete indenni dai conati di vomito che comporta tale operazione, potete passare alla fase 2, altrimenti passate prima dalle parti del cesso e poi fase 2.
  2. In una padella ampia, rosolate nell'olio: aglio, cipolla, pancetta e sedano. Dovesse carbonizzarsi il tutto, per la consueta telefonata di Fastweb, ripetete la fase 2 dall'inizio.
  3. Aggiungete la pajata e appena inizia a dorare mettete il vino e fate evaporare. In genere arriva in quel momento la chiamata di Sky, dovrebbero bastare circa 37 secondi per fare gli auguri ai loro "mejo morti" e passare alla fase 4.
  4. Aggiungete il pomodoro, il sale, il pepe e i chiodi di garofano e mettete a fuoco basso. Se a questo punto venite contattati per la nuova offerta Wind, mettete a fuoco il telefono.
  5. Scolate la pasta e mantecate il tutto con il pecorino e il prezzemolo.

Come dite? avevate dimenticato di grattugiarlo e anche di tritare l'erbetta?

« Ma dove avete la testa?! ...e io che ho perso tempo a scrivere tutto questo, ingrati!! »
( L'autore giustamente adontato)

Gli onori della 7a Arte

Olimpia, la pajata e Onofrio.

La pajata fu resa celebre dal film Il Marchese del Grillo di Mario Monicelli con Alberto Sordi.

Se non lo sapevate, ora sapevatelo!

« e... e... e.... e questa è merda.. sì.. proprio merda, hehehe! »
( Onofrio del Grillo rivolto ad Olimpia)

Ode alla Pajata

Di te pajata, oh vaccina speranza,
vorrebbi tosto riempimme la panza.
Accompagnata dal Rigatone,
me ne strafogo 'na doppia razzione.
Se l'ha preparata la Sora Lella,
me vado a leccà pure la padella.
Te me dirai, "guarda che è cacca!"
Ecchevordì? a vorte puzza la patacca!

Anonimo scurrile del 17° sec.

Voci correlate