Viterbo

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Viterbo vista da Google Earth
« Viterbo, città dalle mille fontane, uomini zirri e donne puttane. »
(Antico proverbio viterbese.)
« Viterbo, città dalle mille rotatorie, uomini eunuchi e donne troie. »
(Moderno proverbio viterbese.)

Viterbo è una provincia del Lazio convinta di trovarsi in Toscana.

Conosciuta anche come Viterbury, per via della ruspante urbanità di chi la abita, è altresì chiamata Veterbe o Biterbo da alquanti suoi abitanti, mentre Santa Barbara, San Martino, Bagnaia e Grotte fanno storia a sé (insomma, non fanno testo... si salvano, suvvia).

Storia

La ridente cittadini sorge sull' Urcionio, piccola fogna a cielo aperto che i viterbesi si ostinano a chiamare fiume. Il piccolo borgo etrusco era inizialmente usato dalle popolazioni autoctone per scaricare in esilio i rifiuti della società e tenerli ben lontani dal mondo civile; a ciò si deve la rinomata inospitalità della popolazione e il forte senso di ribrezzo per tutto quello che non concerne la beneamata città. In seguito arrivarono i Romani che, schifati, buttarono parte della popolazione nelle pozze sulfuree del Bullicame e lasciarono morire così il 99% degli uomini fra atroci sofferenze. Le donne sopravvissero come concubine dei nuovi coloni che fecero una gettata di cemento sulla città e vi costruirono l'Ipercoop.

Giunsero poi i Longobardi che diedero alla città l'attuale assetto urbanistico, portarono un po' di civiltà ai viterbesi che fino ad allora vivevano fra i cinghiali cibandosi di bacche e cibi surgelati. Venne costruito un castello che i francesi fecero radere al suolo perché era veramente brutto. Quando questi ultimi ridiscesero, stavolta decisi ad abbattere le mura della città e a sopprimerne gli abitanti per eliminarne il fetore che si sentiva fino a Nizza, i viterbesi offrirono in cambio della salvezza la verginità della bella Galliana, sorteggiata fra tutte le belle del posto. Che erano 3; le altre erano dei cessi inverecondi tormentati dall'acne e dalla prostatite. I francesi accettarono ben volentieri e si passarono a turno la bella Galliana a cui la cosa non pareva dispiacere troppo.

Le truppe d'Oltralpe se ne andarono solo dopo che l'intera popolazione fece solenne giuramento di lavarsi a Pasqua e a Natale.

Arrivò poi il Papa ma se ne andò dopo due anni, in quanto i viterbesi avevano deciso che il tetto del palazzo papale era uno sputo in un occhio e quindi scoperchiarono letteralmente l'edificio a suon di rutti. La tradizione, a differenza del tetto del Papa, è rimasta illesa e ogni 16 settembre, in memoria degli antichi fasti, la popolazione si riunisce e devasta parte della città ruttando.

Le tradizioni

Santa Rosa a bordo di un disco volante mentre sorvola Viterbo e distribuisce marmellata per tutti

A Viterbo è tradizione che i più possenti e scellerati membri della città trasportino la più alta torre campanaria sulle spalle lungo le strade del centro e su per la salita che porta a una vecchia chiesa. I facchini, così sono detti i coraggiosi idioti che si accollano la "macchina di Santa Rosa", devono rispondere a tre principali caratteristiche:

  • devono essere abbastanza forti da trascinare 151.9 kg sulle spalle;
  • devono essere abbastanza idioti per farlo ogni anno, finché il primo requisito viene meno.
  • devono promettere di NON imprecare, in special modo alla maniera maremmana.

Il fatto che ogni anno ci sia la prova per diventare facchino ci fa pensare che una buona parte della cittadinanza sia effettivamente abbastanza idiota.

Per quanto ogni anno accadano disgrazie, come la morte di un facchino e la distruzione di un balcone lungo il percorso della torre, comunque si ripete l'evento e ogni 3 settembre Viterbo si ferma in attesa del passaggio della macchina. La cosa più straziante è il Vescovo che prima della partenza della macchina da l'Estrema Unzione ai facchini e profluvia un discorso che non dura mai meno di tre ore e un petosecondo.

Caratteristico è anche l'inno di accompagnamento alla macchina di S.Rosa:

« Parapà parapà, parapàaaapa,parapà parapà, parapàaaapa, parapà parapà, parapàaaapa,parapà parapà, parapàaaapa,parapà parapà, parapàaaapa,parapà parapà, parapàaaapa,parapà parapà, parapàaaapa,parapà parapà, parapàaaapa.... »

da continuarsi fino allo sfinimento quando come i dervisci si cade a terra in trance.

E non è tutto! La tradizione può essere anche praticata dai bambini, futuri truzzi orgogliosi, con la minimacchina di Santa Rosa. In che cosa consiste? Semplice! Una simpatica ammucchiata di bambini che credono di essere dei gran fighi portando una ministatua dell'amatissima santa protettrice della gaia cittadina. La cosa più difficilmente giudicabile con lungimiranza è che ciascuno di questi esseri della crede di rimorchiare dimostrando la propria forza portando questa minorata costruzione del peso di 0.15 grammi, ma in realtà non sa che ogni viterbese presente all'evento gli riderà dietro fino alla fine della sua misera esistenza. A Viterbo hanno scambiato la devozione con il sollevamento pesi!

L'acqua cotta

Il viterbicolo vero, quello di Pianoscarano, da 10 generazioni residente a Viterbo, è solito cibarsi annualmente dell'ottimo piatto chiamato acqua cotta, quella co l'ovo però, altrimenti il linciaggio è assicurato. Il rituale si deve celebrare sulle mura cittadine, magari vicino alla chiesa di Santa Rosa in modo tale da differenziarsi dal paesano o dal viterbese, cioè chi risiede legalmente in città, magari ci vive anche da 5 o 6 generazioni, ma nasconde origini straniere e culturalmente inaccettabili; ad esempio viene da Napoli o Rovigo. Tutti questi forestieri potrebbero ritenere disgustoso quel piatto, causando regolarmente la rabbia del viterbicolo che esclamerebbe in preda alla rabbia la notoria frase:

« Ma che sèe gojo, Deo caro ???!!! »

Viterbo oggi

Un tipico truzzo della Viterbo dei ridenti anni '60, notate lo sguardo penetrante

Viterbo oggi continua ad essere quella ridente cittadina a nord del Lazio che non ha mai smesso di ridere dalla sua fondazione, con circa alcuni abitanti.

La popolazione è formata per il 20% da militari in servizio, per il 10% da militari in pensione, per un buon 60% da tesserati o tesserandi di AN e per la restante parte da membri di Rifondazione comunista. Tipica della stagione estiva la "Caccia all'uomo rosso" che consiste nel portare a casa quante più teste di alieni comunisti possibile. Nel periodo in cui non sono cacciati i comunisti, sono i truzzi a essere malmenati e pestati a sangue dai nazi, che fanno parte di AN solo perché il loro legittimo partito è guidato da una donna (Semiramide la Maiala), cosa ritenuta disdicevole e contraria ai loro principi. I truzzi viterbesi sono in realtà la brutta copia del truzzo medio; e già l'originale non è un bijoux... Si radunano nella piazza del Comune o della Rocca, a mò di bovini al marchio e hanno come unico obiettivo nella vita quello di poter farsi notare, sfoggiando la macchina, Mini o BMW, preferibilmente soffiata al padre che doveva andare a fare una sveltina con l'amica della mamma. Fondamentale poi è la totale distruzione dei propri timpani e dei testicoli altrui nonché l'acquisto di vestiario di dubbio gusto, in via Sannio. Questo atto è ritenuto molto "innnne" per due motivi:

  1. vai a Roma a comprare roba a basso prezzo;
  2. la roba che compri è probabilmente rubata, quindi in perfetto stile viterbese.

Episodi particolari

Anticamente, il Papa aveva pensato MALE di traslocarsi a Viterbo. Purtroppo "ogni morte di papa" era un evento frequentemente spesso, sicché l'elezione del nuovo pontefice massimo della cristianità aveva ottenuta dalla Divina Provvidenza scadenza annuale. In tale occasione i viterbesi organizzavano feste e processioni di carri carnascialeschi, che li costrinsero ad abbattere al suolo parte delle bellerrime mura variopinte. Finché non accadde che, tronfi di tanto gozzovigliare, i cardinali non decretassero un lucullus sine die, evento che non si vedeva più dai tempi dell'impero romano. I Viterbesi nella loro infinita saggezza però capirono subito, dopo soli 27 mesi, che la cadenza papale si sarebbe accavallata sopra la cadenza papale successiva. Fu così che, papale papale, e forti della propria esperienza demolitoria, raccolsero tutti i porporati in una enorme stalla di pecore a cui tolsero il tetto, chiudendoli con la chiave. Era una chiave veramente grossa e pesante, e molto metallica, e tendeva ad arrugginirsi, a detta di alcuni: insomma, nessuno se la sentiva di custodirla. La chiave fu quindi data a un neosposo molto ingrifato e geloso, che passava di là apposta, ma non s'è mai saputo il perché.

In ricordo di tali eventi, il Papa appena eletto se la svignò con tutti i cardinali a Svignone, in Francia. Da allora è invalsa la tradizione clericale di evitare il gentil sesso, e di puntare su qualcos'altro. O farsi puntare.

In epoca più adesso, la Regione Lazio decise di dare una mano alla compagnia di bandiera nazionale spostando la concorrenza a basso prezzo da Ciampino nel nuovo costruendo aeroporto della Tuscia. I viterbesi, memori dei loro antichi quelli lì di cui sopra, e sapendosi ignoranti in fatto di scie chimiche, volo di uccelli, fondi di caffè, comete e interiora di bestie sventrate si opposero fieramente e strenuamente. Attualmente la compagnia di bandiera italiana passa da un fallimento all'altro perché costretta a decollare, se capita, dalla pista affianco a quella della concorrenza low cost.

Mo mò, si era prospettata la possibilità di un cinema multisala. Viterbo ha prontamente risposto che non le interessa la modernità, che preferisce le feste con i libri, che pagherebbe persino decine di migliaia di euro di tasse destinate ai parchi pubblici pur di vedere qualche autore farsi pubblicità live, che non vede ll'ora che riapra il famoso Teatro. Così, ogni fine settimana la città si svuota come può per andare a vedere le première nella vicina Vitorchiano.

Ur ura, un giornale locale ha fatto un'inchiesta da par suo sui marciapiedi praticamente assenti dall'amena città. Il Comune ha reagito colmando il divario grazie a un enorme marciapiede grande quanto un campo da calcio nei pressi del campo santo. L'Opera, una vera e propria chicca della mente umana, sta battendo tutti i record di tempistiche di costruzione delle piramidi egizie, e potrà essere agevolmente fotografata in un prossimo venturo dalle migliaia di migliaia di migliaia di migliaia di turisti anglosassoni che ogni anno decidono di vedere Viterbury dopo una googlata digitata male.

Padri della Patria dimenticabili

Politico 1, devotamente attaccato alla tetta pubblica di dx

Politico 2, laicamente attaccato alla tetta pubblica di sn

Lingua locale

Una delle particolarità da segnalare del viterbese è senz'altro il singolare modo di esprimersi che contraddistingue gli occupanti più o meno abusivi del simpatico borgo medioevale. La grammatica, la fonetica e la sintassi sono del tutto simile infatti a quelle del latino, tanto che gli autoctoni sostengono che in realtà è l'italiano che deriva dal viterbese. Per verosimile o meno che possa essere questa tesi è senz'altro affascinante lo studio dei versi di senso compiuto che tra un rutto e l'altro questi producono. Il discorso viene in genere inaugurato con una sonora raschiata di gola alla ricerca, di norma fruttuosa, di catarro da sputare. Il gesto, seguito dall'immancabile giallone di dimensioni ragguardevoli, viene sottolineato subito dalla frase "Deo caro" o "Deo carino, Deo" nel migliore dei casi. Tutto il rituale funge da saluto, presentazione, captatio benevolentiae e richiesta di attenzione. Esclusivamente dopo anni e anni di duro allenamento e di attenta imitazione dei purosangue un forestiero può aspirare a riuscire a imitare decentemente tutta la complessa ed elaborata sequenza di mosse. In alcuni casi il tutto serve anche come elemento distintivo, funzionale al riconoscimento del grado sociale dell'individuo che esplica le proprie intenzioni. Qualora venisse saltato un passo o venga mal eseguita una mossa, il discorso perde di interesse e gli interlocutori prendono a ignorare ogni singolo verbo segua il saluto. Tra i modi di dire più frequentemente utilizzati sono particolarmente rilevanti:

  • "Non cocemo l'ovo sullo spito!", chiaro invito a non complicarsi la vita eseguendo in maniera elaborata azioni altrimenti semplici
  • "Ma chi t'ha covo, l'billo?". ovvero "Il tuo modo di fare mi ricorda un gallinaceo"
  • "Ho dda guerná le bestie": devo dar da mangiare agli animali
  • "Avoja"
  • "È regolare"
  • "La tu mà"
  • "L'hai empio 'l gricile?". In altri termini, "sei sazio?"
  • "Seeeee, te do' mal buco!... e foco a le capelle" in altri termini "Col cavolo che ti aiuto..."
  • "Che te possano baciatte freddo!". Che tu possa morire!
  • "Ma che see, de Chia?!?!. Sei duro di comprendonio.
  • "A sorca, smutannete che t'anguerro!"
  • "Si nun so' goji nun ce li volemo!"
  • "Ambè!"
  • "Tu sta nel tuo che nun te tocca n'gnuno"
  • "Ma che diche? Parla come magne sa?"

L'Ipercoppe

Dicesi Ipercoppe il monumento più importante e prestigioso della città; progettato da Renzo Piano e Mano Veloce è uno dei centro commerciali più prestigiosi al mondo e meta di turismo di massa. Questa avveniristica struttura circondata da, manco a farlo apposta, rotatorie, è particolarmente amata dai paesani dei centri limitrofi i quali accompagnano come ogni sabato la famigliola per visite turistiche in questo luogo di culto.

La tradizione dei centri commerciali di Viterbo è di lunga data: il Campo Boario di epoca etrusca era devastato da veloci mandrie di cinghiali. I Viterbesi, per vendicarsi, decisero di incrociarli con maiali bolognesi col risultato che oggi gli ippopotami sono arrivati fin dentro Roma.

Le origini di questo luogo mitologico si perdono nella notte dei tempi; prima di essa esisteva la "Coppe", ora adibita a pascolo per anziani e dopo-lavoro per ex-carcerati.

Prima ancora della Coppe esisteva la CIFAM di cui rimangono ruderi nei pressi dell'omonimo tabaccaio. Infatti qualunque viterbese DOC sa dirvi dov'è la Cifam nonostante questo posto non esista.

Curiosità

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  • Il maschio del viterbese in amore è pericolosissimo e in continua lotta per il territorio che fa suo affiliandosi a un gruppo e lottando per la sovranità di esso nella zona. Agguerrite le lotte fra i gruppi del centro che, numerosi, si contendono un territorio abbastanza piccolo, cioè circa 10 metri cubi di nulla). L'esemplare dominante del gruppo di viterbesi vomita, piscia, caga o scaracchia sui confini del proprio territorio di modo che ogni altro maschio sappia chi comanda. Le femmine sono ben accette in ogni gruppo e vanno in quello che detiene più potere perché affascinate dalla virilità dei maschi.
  • Tipico saluto viterbese è il grugnito o lo sputo in mezzo agli occhi, atto di grande stima riservato ai viterbesi d.o.c. da almeno tre generazioni. Chi non fosse viterbese non può sperare ne di dare ne di ricevere cotanto onore.
  • Alcuni viterbesi, che frequentano il quartiere del Murialdo, usano gridare "POEEEEE!", ovvero un urlo di battaglia inventato per sbaglio da un viterbese, durante un esultanza per un gol fatto alla squadra avversaria. E faceva schifo anche il gol.
  • Data la scarsità di rumeni e comunisti, il Re Locale, nonché sindaco a vita, ha predisposto la realizzazione di un aeroporto per l'importazione dal pianeta Soviet di biocomunisti da utilizzare come torce umane per l'illuminazione cittadina.
  • Gli abitanti di Santa Barbara, ufficialmente un quartiere popolare abitato da migranti di tutta Italia, hanno deciso di differenziarsi da San Pellegrino (dove la lingua ufficiale è il rumeno con minoranze albanesi, bulgare, marocchine e viterbesi) e hanno adottato ma a dispetto un italiano ostentatamente privo di accenti. Attualmente il quartiere labirinto modello della Tuscia è in via di spopolamento: i giovani emigrano direttamente nelle maggiori ambasciate internazionali come addetti della Società Dante Alighieri, con grande dolore delle loro povere famiglie.