Nonno Fiorucci

Da Condiclodepia, l'onciclepadia disclesica.
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« Porco Dio lo possiamo dire lui ed IO »
(Gesù)
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, ci dispiace ma questo articolo non è presente sulla diabolica.
Vergogna wiki!
« Dio lupo manajo! »
(Nonno Fiorucci su Dio.)
« En pochi! »
(Nonno Fiorucci in merito al numero di bestemmiatori in Italia.)
« Dio serpente avvelenato! »
(Nonno Fiorucci su tutto.)
« Ma che gli ho fatto?  »
( Dio su Nonno Fiorucci.)
« Ma s'embazzità pù! Vaffiga Tonto! »
(Nonno Fiorucci su prostituta.)
« Chi sono dunque io al Suo cospetto? »
(Germano Mosconi su Nonno Fiorucci.)
« ..Il modus imprecandi fiorucciano, in tutta la storia della bestemmia, dai dinosauri alla martellata sul dito dello zio, dal big bang alla costruzione della morte nera e oltre, è di sicuro uno dei più vari e apprezzabili: Abilità, spirito bestemmiatore, apertura lessicale e mentale, esperienza indotta.. Nonno fiorucci, L'uomo fatto a bestemmia.  »
(Introduzione al poeta nel manuale della bestemmia, Mondadori, su Nonno Fiorucci.)

Nonno Fiorucci è stato e sarà sempre uno dei più grandi Maestri innovatori della bestemmia tradizionale. Massimo esponente contemporaneo della città di Perugia.

Vita

Al secolo Vincenzo Gagliardoni Proietti, Nonno Fiorucci nasce a Perugia nel 1934 sotto il segno dell'ariete. Inizia a bestemmiare già dai primi secondi di vita e deve ancora smettere anche se alcuni hanno profetizzato che la sua parola vivrà oltre la sua morte. La SNAI dà questa possibilità a 1.001[Ti piace vincere facile?]. Nel 1946, durante una confessione, pronuncia una irripetibile bestemmia nella chiesa di Assisi, tale da dover mandare il prete in ospedale con tutto il confessionale, mentre i crocifissi si staccarono dalle pareti e Gesù Cristo in persona scendeva dal cielo per dare le dimissioni.

Benché autodidatta e privo dei mezzi tecnologici oggi disponibili per apprendere e praticare la nobile arte della Bestemmia, riesce comunque a raggiungerne i più alti livelli, modificando in maniera sostanziale le idee dei suoi ascoltatori che si trasformano inevitabilmente in fedeli discepoli. La sua Arte pur non discostandosi dai temi classici riesce comunque a rinnovarli rinvigorendoli con gioia e fantasia. Per tali motivi gli viene conferita la cittadinanza onoraria dal comune di Codroipo (anagramma di porco Dio).

Ultimo, ma solo in ordine di apparizione, dei grandi della bestemmia è stato tramandato ai posteri grazie all'amorevole lavoro dei suoi diletti nipoti (Lorenzo detto "Lorè" e Francesco) che, immortalando le sue orazioni tramite videofonino, lo hanno consegnato alla storia. L'UNESCO sta valutando la proposta di rendere il termine "'ahnnaggia la Madonna", usato dal Nonno durante l'affettamento del prosciutto, patrimonio dell'umanità. Pochi sono invece gli sforzi della CEI di redigere un nuovo vangelo con la trascrizione del verbo del Fiorucci, e ciò ha scatenato numerose rivolte armate nelle cittadine di: Assisi, Città del Vaticano [senza fonte], Frosinone (dove il bilancio, al 2017 è stato di 4 preti feriti e 150 bestemmie sprecate per ogni rivoltoso), L'Aquila e numerosissimi comuni della regione Veneto .

Si narra che il Maestro avesse un manoscritto originale della Bibbia firmata da Dio in persona.

Purtroppo il nonno si spegne prematuramente il 19 febbraio 2007, a soli 72 anni, privando il mondo di un barocco artigiano della Bestemmia. Il nostro più grande rammarico è che la parte più consistente del suo lavoro non sia stato tramandato ai suoi discepoli che sono ora impegnati a trarre e interpretare gli insegnamenti del Nonno dalle poche pagine che ci ha lasciato.

Tecnica

Sembra buono, ma non lo è.

Il cardine fondamentale su cui si basa l'intera arte bestemmiatoria del Nonno è la rabbia: tutte le sue bestemmie sono infatti pronunciate con una carica di rabbia talmente elevata che sovente sembra esulare dal contesto stesso che l'ha generata. I piccoli scherzi architettati dai nipoti infatti possono apparire al neofita come innocui giochi adolescenziali e quindi indurre a valutare le sue reazioni bestemmiatorie come eccessive o fuori luogo. Alcuni critici hanno perfino maliziato su tale aspetto, ipotizzando l'artificiosità di certi video, come se il tutto fosse stato architettato appositamente per creare scalpore nello spettatore. Per controbattere queste accuse sul Nonno occorre indagare in maniera più approfondita il suo insegnamento, elencandone le peculiarità, le innovazioni e le similitudini con altri grandi bestemmiatori contemporanei. Solo in questo modo è possibile cogliere le sfumature sublimi dell'arte bestemmiatoria del Nonno e rendersi conto di trovarsi di fronte a un Maestro.

Genesi e Fenomenologia

Innanzitutto è bene inquadrare correttamente il contesto in cui le testimonianze video immortalano il Nonno. Risulta subito evidente l'ambiente agreste in cui molte scene hanno luogo. È facile supporre come Nonno Fiorucci sia un uomo cresciuto nel Lavoro e dal Lavoro, quel Lavoro con la L maiuscola che sta a indicare la fatica fisica subita sui campi agricoli, lavoro manuale, che mina il corpo e l'anima. Tutta la sottocultura contadina quindi sublima nel Nonno, con i tipici connotati di rozzezza, scontrosità e burberità. Non è quindi strano trovarsi di fronte a reazioni apparentemente eccessive e plateali seppure generate da semplici scherzi e richieste. Il suo gergo, i suoi modi, i suoi eccessi fanno parte del bonario mondo contadino. Gli antichi retaggi di questa cultura povera portano inevitabilmente a scagliarsi contro le divinità e le entità a loro collegate, fenomeno questo dovuto alla tradizione secondo la quale tali divinità colpiscano i raccolti e la vita stessa degli agricoltori con carestie, maltempo e malattie. Si noti come una tale scuola di pensiero sia trasversale a tutte le civiltà in tutto il globo e in tutti i tempi, sia in contesti monoteistici che in contesti politeistici. Il Nonno non sfugge quindi a questo quadro analitico e anzi se ne fa portavoce contemporaneo, principe di una schiera di nonni che lavorano nell'ombra con la stessa arte, ma che non hanno avuto la fortuna di essere scoperti dal grande pubblico. Ecco spiegata quindi la genesi dell'arte bestemmiatoria del Nonno e la sua veemenza applicativa.

L'applicazione della rabbia

La rabbia e l'impeto tipici del Nonno sono formalmente individuabili nell'uso rafforzativo di certe lettere. Egli generalmente produce frasi in cui alcune consonanti vengono pronunciate con vigore o vengono sottolineate soffermandocisi maggiormente. Un tipico caso è la celeberrima frase: Dio serpente avvelenato ove il Maestro incalza fortemente le consonanti D, V e si sofferma sulla R.

Le malattie infettive

La principale innovazione del Nonno è rappresentata dall'uso delle malattie infettive per apostrofare le varie divinità a lui nemiche, ed ecco quindi apparire le varie madonna tubercolosa, sta sifilitica, madonna sverminata, e il più controverso madonna arrabbiata qui da intendersi nel senso di rabbiosa. Ovviamente gli stessi epiteti possono riferirsi a Dio. La scelta di tali epiteti in riferimento alle divinità può apparire scontata. Per quanto semplicistica come soluzione diffamatoria in letteratura non ne troviamo precedenti utilizzi. Magnotta, Lugaresi e Mosconi infatti, i principali predecessori del Nonno, incentrano la loro arte sull'utilizzo di forme bestemmiatorie tradizionali accompagnate da mimiche o accenti peculiari.

Pluralità di soggetti cooperanti

Il Maestro è solito usare non una sola bestemmia, ma simpatiche filastrocche in cui più entità avverse vengono allegramente canzonate assieme: 'Sto porco de Gesù, Giuseppe e Maria, con tutti gli angeli in compagnia. Se ne deduce anche che divinità minori come angeli e apostoli vengano frequentemente citati. A tale proposito si noti anche come queste filastrocche possano essere accostate a una sorta di litanie che il Nonno è solito produrre. L'utilizzo di quest'ultima tecnica trova spesso applicazione nelle pause del normale dialogo. Il Maestro in questi casi, come a voler evitare uno spreco di tempo, riempe tali silenzi con una sequela monotona di bestemmie o aggettivi ripetuti. Sembra a tratti un atto involontario il suo, quasi come se lasciasse libero sfogo a un processo inconscio di generazione di bestemmie. Tale caratteristica eleva enormemente la figura del Nonno Fiorucci nel panorama mondiale. Troviamo un elegante esempio di questa tecnica nel filmato Le Scorze de Fichi in cui il Nonno accompagna l'atto di salire le scale con la seguente litania: Dio salvatico, Dio sbudellato, Dio 'sto porco, Dio 'sto maiale, zozzo, lurido porco del Signore

Utilizzo del dialetto

Nonno Fiorucci arriva da una realtà povera, la campagna Perugina. Il dialetto perugino non è eccessivamente complesso nei termini. La zona in cui è nato e cresciuto il Nonno risente di influenze marchigiane, toscane e umbre e dunque si fa forza di tutte queste culture tradizionalmente prolifiche nell'ambito della bestemmia. Il Nonno fa uso del dialetto con mirabile effetto in molte delle sue proposizioni. I risultati sono sempre entusiasmanti e illuminanti. Eccone alcuni:

  • dio lupo manaio dove la parola mannaro viene storpiata per ipercorrettismo in manaio con ottimo risultato fonetico.
  • dio salvatico in cui la parola selvatico viene connotata essa stessa di una componente di selvaticità ulteriore con la sostituzione della lettera e con una a.
  • madonna salvat'ca in cui l'aggettivo selvatica subisce dapprima una dissimilazione della 'e' protonica in 'a', successivamente si registra una sincope della 'i' postonica
  • dio tubercoloso fracio dove la parola fradicio talvolta anche vista comparire come "fraido", viene modificata in uno sbilenco quanto enormemente infamante fracio con una a pronunciata in modo magnificamente sguaiato.

Semantica delle pause

Fondamentale tecnica caratteristica del dialogare fiorucciano è quella dell'utilizzo delle pause. Il Nonno alterna frasi diffamatorie con piccole pause a effetto, con lo scopo di attribuire alla frase una semantica anche ritmica. È una sorta di metalivello ulteriore quello creato. Una prima lettura della sua Parola ci indica la semantica diffamatoria tipica di ogni bestemmia, mentre la seconda lettura ci regala una ritmicità che rafforza il significato stesso delle bestemmie prodotte. Un esempio classico: sei stupido ...(pausa)... porca madonna. Qui il Nonno inveisce prima in modo semplicistico contro il nipote Lorenzo dandogli dello stupido. Poi aggiunge una breve pausa carica di effetto per poi chiudere il dialogo con una conclusiva porca madonna.

Complemento di specificazione

Altra importante innovazione è l'uso del genitivo epesegetico che trasforma il soggetto della bestemmia in complemento di specificazione. È il caso di porca bbestia della madonna, dove sintatticamente la frase sembrerebbe indicare come soggetto una fantomatica bestia di cui la madonna sarebbe padrona. È chiaro invece come l'intento del Nonno sia quello di posticipare la comparsa del vero soggetto della frase (la madonna) facendolo precedere da una serie arbitraria di aggettivi o pseudo-soggetti o apposizioni di connotazione negativa (porca bestia). Per attuare una simile tecnica quindi, il vero soggetto viene trasformato in un complemento di specificazione fittizio. L'effetto è duplice: suspance nell'attesa di scoprire a chi sono indirizzate le diffamazioni e intrinseco rafforzamento delle stesse.

Le maledizioni

Nonno Fiorucci assiso in cattedra.

Caratteristica degna senz'altro di nota, nella predicazione del Maestro, è l'uso delle maledizioni, intese in senso duplice:

qui va detta una cosa fondamentale: nella zona del perugino la preposizione semplice "a" (intesa come complemento di termine) viene trasformata, a livello fonetico, in " ta' ", equivalente per significato e simile per "storpiatura" all'assisano e al folignate " da' " e al tifernate " ma' ". La traduzione della suddetta frase risulta pertanto "che venisse un cancro al signore"

  • maledizioni rivolte alla fonte (o alle fonti) delle proprie arrabbiature, intensificate dall'uso della bestemmia conclusiva - che te piasse 'ncolpo prima de notte madonna salvatica con un simpatico accenno temporale che connota in maniera ancora più precisa la maledizione augurata.

Il primo caso trascende la semplice blasfemia e si eleva una spanna sopra alla normale bestemmia e al suo semplice effetto infamante: è chiaro che l'odio verso la divinità viene reso molto meglio da una maledizione che da un semplice insulto. Il secondo caso mostra un uso rafforzativo della bestemmia, paragonabile a quanto descritto nella sezione "SEMANTICA DELLE PAUSE"

Rarità

Alcune bestemmie del Nonno sono tanto belle quanto uniche nel loro genere poiché nelle testimonianze fino a ora arrivate compaiono pochissime volte se non una soltanto. Eccone alcune:

  • Dio scannato - è duplice il significato, a guardar bene: oltre alla negazione dell'immortalità e dell'onnipotenza di dio - se qualcuno è arrivato a scannarlo, è ovvio che l'onnipotenza venga meno - si nota chiaramente un'associazione di idee che accosta, neanche troppo velatamente, dio agli animali da cortile soggetti alla tecnica dello scannamento; animali come il maiale o il capretto. Questo può essere considerato un particolare caso di prosopopea, la quale si ha quando si attribuiscono qualità o azioni umane ad enti inferiori (quali animali ecc...), il Sommo Poeta invece attribuisce qualità animali all'ente primo.
  • Dio svergognato - straordinario è l'uso di un insulto simile, e basta un semplice dizionario per rendersene conto, dato che al suddetto termine possono venire associati una quarantina di sinonimi. È come se il Maestro volesse racchiudere in una parola sola una fiumara di offese. Se questa non è arte, ne è senz'altro una parente molto prossima.
  • Dio diavolo (Dio diav'lo) - da notare l'uso eccelso della figura retorica dell'ossimoro, che, con una sapiente pennellata di sole cinque sillabe, incenerisce duemila anni di religione.
  • Dio serpente bove - animale mitologico mezzo serpente e mezzo bove che riassume le caratteristiche negative di entrambe le bestie. Tuttavia, recenti studi filologici hanno rilevato che potrebbe altresì trattarsi di un assai felice caso di ipercorrettismo, effettuato mediante l'inserimento di una consonante labiodentale epentetica con conseguente neutralizzazione della vocale finale, che da "a" diviene "e": infatti non è da escludere che il Sommo, persona non eccessivamente erudita, volesse intendere il serpente BOA della famiglia delle Boidae del genere Boa della specie Constrictor. Il risultato è un sublime doppio senso che estrinseca la grande potenza creativa fiorucciana, reso ancor più colorito dall'ibridazione rettile-bovino, Boidae-Bovidae che si annovera di diritto fra le pietre miliari dell'arte bestemmiatoria italiana.
  • Madonna arrabbiata - da intendersi come madonna infettata dalla rabbia e quindi idrofoba, ma sicuramente anche infuriata.
  • Madonna tubercolosa 1000 volte - in cui fa la comparsa una simpatica tecnica moltiplicativa, il numero che moltiplica, non è stato scelto a caso dal maestro; infatti il numero mille è il numero iperbolico per antonomasia. Es.: Da mi basìa mille (Catullo, Vivamus, mea Lesbia, atque amemus) o le classiche 1000 iterazioni delle maggiori analisi simulative. Con ogni probabilità questa tecnica era ancora in via di sviluppo e se non fosse stato per la prematura morte del Maestro sarebbe diventata un'altra grande innovazione introdotta nell'arte bestemmiatoria mondiale.
  • impestata (rivolto alla Madonna) - come si può immaginare, la traduzione corretta è "appestata", quindi affetta da peste. È da notare come l'Immenso ricorra ancora una volta all'uso di offese concernenti malattie debellate da tempo immemore, quasi a ribadire l'ancestralità dell'arte bestemmiatoria di cui forse Egli, fin troppo modestamente, si sentiva solo un moderno evolutore.

Casi di studio

  • mannaggia a tutti i santi apostoli con 'sta sverginata della madonna.

In questo emblematico esempio confluiscono ben quattro tecniche: l'utilizzo della filastrocca composta, la pluralità di soggetti cooperanti nell'atto diffamatorio (i santi apostoli e la madonna), la diffamazione ottenuta con richiami di atti sessuali di cui si percepisce la violenza nel tono (la madonna risulta sverginata) e la tecnica del complemento di specificazione. Uno studio più approfondito ci porta a notare come gli apostoli vengano definiti esplicitamente santi. Tale aggettivo potrebbe essere facilmente sottointeso (del resto non viene nominata santa anche la madonna). Il perché va ricercato nella volontà di creare una netta contrapposizione nel quadretto idilliaco prodotto dalla frase. La madonna in questa situazione è la parte certamente negativa poiché sverginata. Gli apostoli dal canto loro probabilmente osservano la scena della sverginazione quali candidi (santi) spettatori, quasi ignari dell'abominio che si sta compiendo. Il Nonno però inveisce contro tutti con un sommario e globale mannaggia.

Nonno Fiorucci inquadrato da Google Earth.
  • sto maiale porco avvelenato del signore con tutti i santi.

Qui siamo di fronte alla massima espressione dell'arte fiorucciana. In primo luogo è facile notare come venga applicata la tecnica del complemento di specificazione. Il vero soggetto è ovviamente il Signore a cui vengono affibbiati gli aggettivi negativi di maiale, porco e avvelenato. In tale situazione l'aggettivo maiale si riferisce probabilmente al simpatico animale da cortile tanto spesso associato alle figure divine, mentre di conseguenza il porco si riferisce a una devianza sessuale implicita di Dio. L'aggettivo avvelenato è quasi una costante del repertorio fiorucciano. Occorre prestare attenzione all'uso che il Nonno fa di tale termine. Dio risulta essere al contempo sia avvelenato che velenoso. Dunque il Maestro qui intende prima farsi cinicamente beffa di un Dio vittima di un avvelenamento (il che implicitamente ne diminuisce drasticamente l'Onnipotenza ed Infallibilità) e successivamente allerta tutti noi che Dio stesso è probabilmente venefico, portatore sano o meno dello stesso veleno di cui è vittima. È una visione bilaterale molto complessa che ci testimonia la grandezza dell'arte del Nonno. Si noti poi come la parte finale della citazione includa nella diffamazione anche tutti i santi i quali, a differenza dell'esempio precedente, sono parte integrante delle visione negativa creata, alla stessa stregua di Dio (infatti non sono più santi). C'è inoltre da notare l'iniziale uso del 'sto' che viene adottato dall'Eccelso per sottolineare la vicinanza del bersaglio dell'infamante blasfemia.

  • mannaggia la madonna bestiona della madonna

Caso degno di nota, in quanto frutto dell'unione di alcune tecniche, quali: maledizione (mannaggia), insulto al grado accrescitivo (bestiona), uso del complemento di specificazione fittizio rafforzato dalla ripetizione del soggetto ("madonna") e brillante caso di dilogia della parola madonna. Facciamo un'analisi più approfondita: risulta chiara, anche se poco percettibile a un ascolto meno attento, una piccola pausa che scinde in due parti la frase in oggetto: "mannaggia la madonna..." (pausa) "...bestiona della madonna!". L'incipit è dato dalla consueta e generica maledizione, tanto cara al Sommo; dopo la pausa, si ha, evidente, la motivazione della maledizione, splendidamente ornata da un accrescitivo che odora di neologismo: "bestiona". Il tutto confezionato nella consueta veste del falso complemento di specificazione, che fa precedere al soggetto il suo attributo primario. È quasi commovente come una semplice ditata sulla punta del naso abbia potuto dare origine nella mente dell'Immenso a un processo al contempo così spontaneo eppure così complesso.

  • porcatroialurida/mpeshtataluridona della madonna?

Accanto alla tecnica del complemento di specificazione, appare una struttura che dai profani dell'arte bestemmiatoria Fiorucciana potrebbe essere considerata come ripetitiva, ma che in realtà sottolinea un'innovazione metrica geniale finalizzata a sostenere e rafforzare la tesi del poeta bestemmiatore. Come nel caso di studio precedente, i sinonimi "porca" e "troia" abbracciano in realtà due aree semantiche diverse, riferendosi l'uno alla natura animale e l'altro alla deviazione sessuale della madonna, e viceversa. I due eptasillabi che precedono il soggetto-complemento di specificazione sono legati indissolubilmente da un enjambement, rafforzato dall'omissione della "i" di "impestata", che conferisce alla struttura compattezza e indissolubilità: "por-ca-tro-ia-lu-ri-da/mpe-sta-ta-lu-ri-do-na". Grazie a un abile marcatura e distorsione dialettale, il suono della lettera "s" di appestata viene percepito come il suono del dittongo "sc" di "scema" e, attraverso una lettura onomatopeica, ricorda lo strisciare di un serpente, animale spesso accostato dal Nonno alla divinità per descriverne il carattere avvelenato e venefico. Assieme all'utilizzo dell'accrescitivo "luridona", Il tutto concorre a rafforzare la verità sostenuta dal Sommo Poeta: la natura animale, lo stato di degrado igenico-sanitario, la deviazione sessuale e la conseguente condizione di malattia della divinità avversa. Si carpisce inoltre nella frase il tono volutamente interrogativo come a far ritenere all'ascoltatore di dover affermare la natura immonda della madonna.

  • che te piasse na paralisi da ste porc de crist.

Come spiegato più in generale nella sezione della "Tecnica", qua viene usata in maniera egregia la maledizione alla divinità. "che gli pigliasse una paralisi a 'sto porco di cristo" è il senso della frase in questione. Qua l'insulto (porco) e la maledizione (paralisi) si compenetrano e si completano a vicenda, esaltando la figura del Maestro. Non solo: la bonarietà di fondo del nonno emerge drasticamente: anziché augurare maledizioni a chi è la vera causa della proprie arrabbiature (e parliamo di consanguinei come i nipoti) il Nonno si scaglia contro le divinità, rivelando un lato profondamente umano anche all'apice della rabbia.

  • mannaggia tutti i santi del paradiso.

Declamata a gran voce a seguito dell'afferramento delle orecchie del Sommo da parte del nipote Lorenzo, si tratta di una piccola, grande perla dell'Arte del Nonno: chiara è la sua classificazione nel settore delle 'maledizioni', peraltro condita da una chiara pluralità di soggetti cooperanti, ma prodigiose e fuori dall'ordinario ne sono la forza e la grandiosità nel chiamare in causa senza riserve né eccezioni tutto l'apparato divino e para-divino del paradiso, da Dio (Santo supremo) ai Santi minori, ponendoli tra l'altro (di conseguenza) tutti sullo stesso piano, in una visione metafisica nuova, sinora non esplorata, con tutta probabilità figlia di un amore per l'equità sociale, concetto non raggiungibile tra gli uomini, ma auspicabile in un mondo ideale ultraterreno: la globalità della maledizione e il derivante scardinamento dei preconcetti sulle gerarchie religiose sono profonde e definitive in questo basilare passo della predicazione Fiorucciana.

  • dio maiale el porc del signore.

Citiamo questo esempio quale simbolo dell'ultima fase artistica del Maestro. Nel periodo subito precedente la sua triste dipartita la produzione del Nonno assume connotati di rassegnazione verso le divinità che stanno evidentemente vincendo la loro battaglia sulla sua persona. La frase qui riportata viene infatti pronunciata con un tono di tale arrendevolezza che il Nonno risulta quasi irriconoscibile.

Guida alle opere

Lo scopo di questa sezione è quello di far apprezzare a pieno l'arte del Nonno attraverso un'attenta critica e una doverosa parafrasi di tutte le sue opere. Attenzione: le opere non son poste in ordine cronologico, ma seguono un ordine stilistico particolare; si comincia dalle più semplici per poi arrivare ai pezzi più complessi e dibattuti di tutta la sua produzione. Al neofita è consigliata la visione dei video durante la lettura.

En pochi 5000 euro

È sicuramente questa l’opera che permette al neofita di avvicinarsi più facilmente alle teorie del maestro: presenta infatti tutti gli aspetti tipici dell’arte fiorucciana. Il nonno segue discorsi con aria apparentemente distaccata, che si fa subito interessata quando viene pronunciato dal nipote è nuto poco 5000 euro solo L’opera apre con la bellissima bestemmia, che poi diverrà un caposaldo dell’intera sua predicazione, cioè il celeberrimo en pochi dio serpente avvelenato enno pochi!!, che da sola occupa quasi un terzo dell’intero passo. Da notare come la semplice richiesta di soldi da parte del nipote scatenino una rabbia che poi si ripercuote con drammaticità su tutto il resto dell’opera. Segue il dio lupo manaio, anch’esso parte integrante della sua opera che, sebbene sia da considerare una rarità, è molto apprezzato sia dal pubblico che dalla critica : infatti foneticamente manaio ricorda sia mannaro che mannaia al maschile, unendo elementi fantastico/folkloristici a realtà di tutti i giorni come i coltelli: qui il modus imprecandi fiorucciano dimostra come la bestemmia più raffinata è quella contenente significati originali e appartenenti ad argomenti più vari. Vi è anche un evidente tentativo di scaricabarile col quale rivolge l'attenzione del nipote verso i genitori fatt'li da da mammeta, fatt'li da da loro no dio majale, sè mica orfano! Dopo poche ma sentite bestemmie tra cui spiccano per importanza dio scannato e madonna tubercolosa il passo si chiude con una delle migliori litanie proposte dal nonno cioè: dio scannato stopporco de gesù Giuseppe e maria con tutti gli angeli in compagnia. Conclusione a sorpresa in cui il nonno si allontana dall'ulteriore richiesta di 5000 euro da parte del nipote. In conclusione possiamo affermare con sicurezza che quest’opera appare come un ottimo sunto di buona parte delle teorie fiorucciane che vengono con maestria messe in pratica.

La miscela

Nonno Fiorucci inquadrato da un tostapane.

Altro passo della predicazione fiorucciana dallo scorrimento molto lineare e di comprensione piuttosto semplice, almeno per quanto riguarda la sezione bestemmiatoria, mentre le sezioni parlate sono abbastanza compromesse dall'audio un po' scadente e dalla lontananza dell'obiettivo che riprende la scena. Il quadro sembra il seguente, da quanto si riesce a evincere: il nipote Lorè sta insistendo (già da un po', visto che il Maestro sembra già visibilmente contrariato) per avere le chiavi di un qualche mezzo di locomozione (motorino o ape, probabilmente) per andare a mettere la miscela. Il Nonno è decisamente restio a esaudire tale richiesta, per il motivo che potremmo facilmente immaginare: ha probabilmente paura che il nipote sia poco pratico della guida del mezzo, e che rischi di arrecare danni: dopo alcune frasi scambiate tra i due, difficilmente comprensibili (a parte il:"... ti scureggio addosso..." pronunciato da lorè), il Sommo prorompe nel proemio dell'opera: "dio cane, allora!!" e segue subitaneo, alla successiva insistenza da parte del nipote, un "ma.. mannaggia la madonna!!". Lorenzo passa alle vie di fatto, e tenta di spettinare il Nonno, che reagisce con un doppio "smettela!!" seguito da un chiaro, limpido, sebbene digrignato "mannaggia la madonna 'sta puttana!", maledizione generica e insulto che si compenetrano magistralmente. Immediata è la presa di coscienza della situazione, da parte del Nonno: il nipote non demorderà mai, conscio della bonarietà di fondo del suo avo, che si sfoga così: "ma è possibile?!? io dico che nn'è possibile!... che stè a accjccà tutt'i cojoni de' 'sto modo!... dio porco, allora!!" e mentre quest'ultima frase chiude l'opera, il Maestro rovista nelle tasche, e tira fuori, scaraventandolo sul tavolo, quello che presumibilmente è il mazzo di chiavi dell'agognato mezzo, di cui Lorenzo si impadronisce al volo, lasciando il Sommo a smaltire l'arrabbiatura, in compagnia (a dire il vero piuttosto distaccata) di uno spettatore occasionale che nell'opera risulta permanentemente in primo piano, mentre il vero fulcro della scena rimane dietro di lui.

Unghio Incarnito

Anche quest'opera, conosciuta anche come piede pestato, non pone grossi problemi di interpretazione e si presta ottimamente allo studio della tecnica bestemmiatoria del Nonno. Anche se meno carica di rabbia rispetto ad altri passi, il pezzo si apre con un magnifico dio tubercoloso che, come vedremo, ricorre molto spesso nelle varie imprecazioni del Nonno. Segue una delle figure più note cioè sto maiale porco avvelenato del signore con tutti i santi, quindi la motivazione di tale affermazione. Da notare che dall'insulto doloroso iniziale alla sua precisazione son passati ben 15 secondi, peraltro occupati da splendide bestemmie, che ci possono dimostrare la grande professionalità nel campo della blasfemia del Nonno. Dopo due splendide rarità come dio svergognato e dio serpente bove il pezzo si chiude con la celebre litania mannaggia a tutti i santi apostoli con sta sverginata della madonna, sta maiala, sta troia sta zingara. Il tutto si chiude con un dio cane che dona all'opera intera una drammaticità in crescendo-decrescendo. Riportiamo per dovere di cronaca (e per l'importanza eccezionale dell'opera) il passo completo: "Eh Dio tubercoloso! sto maiale porco avvelenato del signore con tutti i santi!... Dio svergognato, ma c'ho l'unghio incarnito... Dio serpente bove.. me venghi a pistà n'tol deto? Mannaggia a tutti i santi apostoli co 'sta sverginata della madonna... sta maiala, sta troia, sta zingara... ...Dio cane!!!". In questo video, possiamo trovare un'altra perla del Nonno, ovvero una caratteristica comune a molti video: precedere le imprecazioni e le bestemmie col nome del nipote Lorenzo come segno istintivo del fastidio da lui provocato: Qui si nota una dissociazione immediata, in quanto non appena pronunciato il nome, le imprecazioni non so più rivolte al nipote, ma alle varie divinità, come a testimoniare la bontà d'animo e l'affetto che comunque prova nei confronti del nipote. Inoltre, da notare come, nel momento di maggior rabbia, il Sommo è veramente accecato dalla furia bestemmiatrice, che fa passare in secondo piano altri accadimenti potenzialmente scatenati: è il caso del nipote che prima calpesta l'unghia incarnita, dopodiché fa il giro del lettino per andarlo a colpire con uno schiaffo; in questa fase il Nonno, preso dalla furia delle bestemmie non si accorge di tale gesto ma continua semplicemente con un dio serpente bove senza alcuna altra reazione successiva. Altro fatto in evidenza è la perfetta conclusione dell'opera, affidata a un incisivo Dio cane!. Con questa semplice bestemmia infatti il nonno sferra l'ultimo tremendo affondo a una sacralità già in fin di vita per le tremende bestemmie, una fatality a tutto ciò che vi è di sacro. Da sottolineare inoltre che in questa opera sono in corso studi per stabilire se la bestiemmia utilizzata sia "sverminata" o "sverginata". Recentissimi studi ci indicano che la madonna risulta sverginata, molto probabilmente dagli stessi santi.

Racchettata al Nonno

Un paio di cojioni non rotti, nemmeno temporaneamente.

Considerata da molti l'opera prima del Nonno, alla stregua de "Odi et Amo" fra le Nugae Catulliane, questo breve ma intenso capolavoro ci mostra come in seguito a un innocente scherzo si scateni tutta la collera contro la divinità del Genio. Il passo si apre con il famoso porca bestia della madonna che viene pronunciato con l'accentuazione delle b e delle sc per conferirgli maggior enfasi. Come nella mpeshtata dell'opera Strenta dla coscia, la distorsione dialettale della lettera s di bestia, pronunciata come sc di scema, assume un significato onomatopeico e ricorda lo strisciare del serpente, animale caro al Nonno nella descrizione della natura avvelenata e venefica della divinità. Seguono una serie di imprecazioni, sempre rivolte alla madonna con una conclusione in cui le si da della puttana. Degni di nota sono sia il fatto che la prima parola detta dal Nonno dopo essere stato svegliato dalla racchettata sia stata una bestemmia, sia che l'intero pezzo abbia un unico protagonista, cioè la Madonna. Il nonno, ripresosi dallo shock causato dall'inaspettato e turbolento risveglio, individua la del suo male nel nipote Lorè. Essendo cresciuto in un ambiente semplice, il Maestro, seguendo la dottrina del retore latino Marco Fabio Quintiliano, confida nel buon senso che accomuna gli uomini, il quale dissuaderebbe chiunque dal compiere un gesto ingiurioso come una racchettata. Tuttavia constatando l'evidente crollo della suddetta convinzione, il Maestro classifica il nipote come appartenente alla categoria degli imbecilli, alla stregua degli ebetesquintilianei con l'apostrofe si c'è un fio imbecille sè tu, che sta a significare semmai qualcuno sia privo di buon senso, caro il mio nipote, quello sei tu. La stessa considerazione m'ha rotto i cojioni pe'sempre, che ai più appare rivolta al nipote recchettante, in realtà lo è probabilmente alla vera protagonista della celeberrima fra le Nugae Fiorucciane: la divinità ostile in altre opere dipinta magistralmente come sverginata, tubercolosa mille volte, maiala, zingara e troia assassina, porcatroialuridam'pestataluridona. Da sottolineare come l'abile accostamento del passato prossimo m'ha rotto i coijoni alla costruzione avverbiale pe'sempre (pe' complemento di fine e sempre complemento avverbiale di tempo continuato) contribuisca a creare una struttura temporale metafisica, all'interno della quale le ingiurie rivolte alla divinità affondano origini in un passato ancestrale indefinito per tendere a un futuro infinito, senza soluzione di continuità. Con l'allontamento dei nipoti dal luogo del misfatto, lo stesso sfumare della percettibilià delle imprecazioni e il loro riecheggiare fra le stanze del casolare, uniti al passaggio repentino da una zona d'ombra a una di luce, concorrono a creare questo clima onirico in cui le normali cognizioni dello spazio e del tempo perdono di significato e la sola voce del Sommo assurge a verità assoluta. Ma la vera e propria perla di questa opera è il fatto che, colpito in pieno sonno, impiega alcuni secondi per riprendere conoscenza e dopo una pausa silenziosa, inizia una imprecazione immediata alla Madonna, definendola appunto porca e bbestia. Segue un imprecazione diretta al responsabile del gesto "io c'ho n fjo ch'è n'imbecille... ascolta ve, mo m'è rotto i coglioni bèn bène", per poi ricominciare immediatamente con le bestemmie articolate.

Sassata al nonno

Continua la serie di lavori in cui i nipoti attentano alla pace spirituale del Nonno. Il Maestro è infatti intento a orinare, quando la sua serafica pace viene disturbata dal nipote Lorè con una secchiata d'acqua fredda sulla schiena che gli fa fare isitintivamente ahhh..ahhhh. Ecco quindi il nonno dar sfogo a tutta la sua rabbia, che va da bestemmie composite iniziali, vedi appunto dio tubercoloso fracio; il termine fracio (non prettamente perugino ma già influenzato dal folignate) viene solitamente utilizzato nei casi in cui è presente dell'acqua, come nel video del lettino. Per poi proseguire con delle bestemmie farfugliate di difficile comprensione in quanto dette a denti stretti, tipico parlare della persona fuori di se: si può comunque risalire alla seguente ricostruzione: ahhh..ahhhh, dio tubercoloso fracio, dio maiale dla madonna dela puttana... fino a giungere al meraviglioso arrabbiata della madonna (detto a denti stretti mentre tirava i sassi al nipote) che conclude la prima parte. Da notare come in pochi secondi si sia già mostrata buona parte delle tecniche utilizzate dal Maestro. La seconda parte dell'opera apre con una splendida maledizione con tanto di indicatore temporale, testualmente: te poteste pijatte 'n colpo prima de notte. La conclusione, mai scontata, è costituita da una splendida quanto incerta "madonna be..sarvatica", quasi che il Sommo abbia in un battito di ciglia deciso che "be..stia" fosse riduttivo e si sia immediatamente corretto in un più denso e appropriato al contesto agreste "sarvatica". Un fuoriclasse.

Nonno Fiorucci alla capanna

Nonno Fiorucci in un'opera impressionista.

L'opera comincia col Vate che, come di consueto, ricorda al nipote la sua stupidità, all'interno di una capanna molto simile alla mangiatoia dove nacque il figlio di Dio Serpente Avvelenato:"Ascolta io lo so che sei 'no stupido. Eh sinno come facevo a sapé..." e lo intima gentilmente ad allontanarsi "Mo camina, cretino. Porca Madonna! Eh guarda, io, Dio maiale, m'è da crede che...bah...per carità". Il calo di tono nella bestemmia dedicata alla Vergine simboleggia un animo mesto e pessimista sulla situazione dell'essere umano, che non comprende l'enormità della sua esistenza. Lorenzo, però, non demorde e tenta di tirare un cazzotto al nonno, che minaccia di infilzarlo con un forcone: Satana che minaccia il Profeta nel deserto, che però reagisce, senza assecondare la tentazione del 'Dimonio', per dirlo alla Dante Alighieri. "Là fermate! ma guarda, io, io, Dio scannato, pijria er forcone, Dio cane, a 'nfilzartelo 'ntela trippa". Il Fiorucci cede in un momento d'ira, cedendo il passo ad un sublime Dio scannato, desiderando per un momento di cedere anche alla violenza per sconfiggere il Male. Ma il male, come ben sappiamo e come insegna il Vate, non si combatte con le percosse, ma con le pie bestemmie, per cui il Nonno si allontana dalla scena molto provato, ma con la Fede irremovibile.

Acqua sulla sdraio

Un lavoro breve ma intenso, permeato da un senso di sconforto che primeggia sulla usuale rabbia del Maestro. Il contesto è onirico: il Nonno, in posizione quasi "fetale" su una comune sdraio, si gode il meritato riposo pomeridiano, ma la quiete è destinata a non durare a lungo poiché, da dietro il poggiatesta dell'improvvisato giaciglio, alcuni spruzzi d'acqua in rapida successione colpiscono con diabolica precisione il Nonno, destandolo e lasciandolo spaesato per pochissimi secondi. Appena preso coscienza dell'accaduto, il Maestro esordisce con Lorenzo tanto sè sempre...'avo messo un paio di calzoni puliti! seguito dall'ormai famoso dio stò tubercoloso fracio!, espressione che nel complesso vuole rimarcare le sensazioni ancora ovattate del Nonno che, preso alla totalmente alla sprovvista, non ha ancora deciso se optare per la usuale esplosione di collera, piuttosto che ignorare i perfidi nipoti in modo più serafico e meditativo, ma senza rinunciare a esprimere il suo odio verso un Dio tubercoloso e fracio. Subito dopo, lo sventurato e ormai rassegnato nonno cerca di far capire al nipote la gravità di ciò che ha fatto con me sè nuto a fa questo, intendendo o Lorenzo mio, la tua collera verso di me è stata tale da avermi fatto questo nonostante io abbia messo un paio di calzoni puliti. La scelta finale del Maestro, saggia e salomonica, è a metà tra i due stati: il consiglio amorevole per il nipote tu dio maiale ha' da curatte 'r cervello damme retta... tu curate 'r cervello damme retta assume una connotazione quasi inedita, poiché per mezzo di una bestemmia concisa il Nonno tenta (e riesce nell'intento) di rendere due concetti, cioè la malattia mentale del nipote e lo stato selvatico, addirittura bestino, di Dio. Non un'opera di avanzata sperimentazione bensì, nella sua immediatezza, intrisa di tale pathos e senso drammatico da renderla unica.

Pizzichi sul divano

Si tratta in verità di una mini-opera, la cui brevità non inganni: è uno dei lavori più completi del maestro, sia dal punto di vista sintattico che di ricchezza di contenuti. L’opera vede il Nonno, durante un momento di relax, comodamente supino sul divano di casa insieme al nipote Lorenzo, testimonianza rara ancorchè lapalissiana del sentimento che lega i due. Il Nonno, probabilmente a fronte di un importante compito da svolgere da parte del nipote, si affretta a ricordargli oh, è i meno dieci sa….Ooou! Ha’ capito?! quando il giovane, del tutto subdolamente, gli pizzica il braccio con un repentino quanto insospettabile movimento della mano: ed è qui che la rabbia del maestro erutta viscerale in un aah fermete che me fa male madonna... madonna troia dio cane... allora!, che simboleggia chiaramente sia l’odio verso la madonna (considerata troia e dunque donnaccia da strada) che verso dio (qui definito rabbiosamente cane), nonché la ormai famigerata chiusura allora!, perfetto quanto efficace rafforzativo all'insulto verso le divinità. Degno di nota anche il finale, in cui il Maestro con sbigottimento domanda al nipote se le sue turbe mentali nel tempo vadano aumentando (pezzo di imbecille ma sé sempre più imbecille dio bestia?) includendo ad essa un ulteriore epiteto sdegnoso verso Dio: si tratta in realtà di un climax, che il Maestro abilmente crea andando ad aumentare il significato che assume lo stato bestiale di dio rispetto al precedente (in cui era solo cane). La totalità dell’opera è rappresentata dalla chiusura, in cui la nipote (che mai viene inquadrata essendo la cameraman abituale) si siede a fianco a Lorenzo, esclamando Eccola... Italia 1!!, che induce al pensiero di una testimonianza chiara del primo tentativo di diffondere mediaticamente i lavori del Maestro.

Pistolettata al Nonno

La sua vita è piena di tribolazioni, ma per fortuna Nonno Fiorucci ha le spalle larghe.

Quest'opera segue il cliché della apprezzata "Secchiata", ma le tematiche affrontate raggiungono l'apice della drammaticità. Il Nonno è intento a riposarsi dopo una giornata di fatiche fisiche e intellettuali quando viene raggiunto da un piombino sparato da una pistola. Spavento, dolore e rabbia si fondono dando vita ad una produzione letteraria degna del miglior Cavalcanti. Esordendo con l'evocazione impulsiva del nipote, suo incubo ricorrente, con un selvaggio urlo "ahhh .... Lorèèèè!!!!". In preda a un'epica e incontrollabile furia il Maestro, nell'atto di alzarsi faticosamente dal lettino su cui prima giaceva beato, prosegue sentenziando "orco dio, dio-madonna dio scannato, te pia 'n cancr tal signore" con urla viscerali, quasi a voler trasmigrare alle divinità la propria sofferenza. Finalmente giratosi inquadra come un cecchino serbo l'oggetto della sua ira nella nipote intenta a riprenderlo e immantinente si scaglia contro quest'ultima con una poca lusinghiera litania che così recita: "stupida, sei sempre la solita, scema, deficiente, scema, scema, scema, t'l'ho (te l'ho) da ddi n'altra volta, scema". Sicuramente ci troviamo di fronte a una delle opere più complesse del Nonno, a cui non è possibile dare una spiegazione univoca, inoltre bisogna notare come accompagna la parola "scema" con il movimento perentorio del braccio abbinato all'apertura automatica della mano. Ma qui, la vera perla, è sicuramente la frase finale rivolta al nipote che cercava di difendere l'autrice dello scherzo: "e tu va ffica tonto, va ffica tonto, tonto!!!". In questo c'è una vera a propria arte; l'intimare il nipote a dedicarsi a qualcos'altro piuttosto che a questi sciocchi scherzi, invitandolo non a una qualsiasi attività, ma piuttosto a quella di dedicarsi alle donne, in modo tale fornire un valido insegnamento di vita. Un mix di blasfemia e saggezza da tramandare alle generazioni postere.

A raffica!!

Quella che in realtà sembrerebbe un'opera minore del Nonno si rivela, all'occhio indagatore ed esperto, come una vera e propria miniera di innovazioni. L'opera comincia in medias res, a fatto già avvenuto, ed è capace di cogliere tutta la rabbia del Maestro che si manifesta con un "avvelenata tubercolsa mille volte", sicuramente rivolta alla madonna. Degno di nota è la presenza della tecnica moltiplicativa, ovvero la madonna è affetta da tubercolosi mille volte, tecnica che poi, per oscuri motivi, il Nonno ha deciso di abbandonare. A metà dell'opera compare la simpatica filastrocca "porca troia lurida'mpestata luridona della madonna?" che riassume quasi tutte le caratteristiche principali del bel parlare fiorucciano: oltre la rabbia, che come abbiamo già detto intride tutta l'opera, ci troviamo di fronte all'uso del genitivo per l'indicazione dei soggetti nonché all'uso di una salva di aggettivi per definire la divinità avversa, che potremmo anche considerare come una variazione sul tema della pluralità dei soggetti cooperanti. La voluta omissione della "i" di "impestata", abile artifizio metrico del Maestro nascosto da una falsa distorsione dialettale, crea un enjambement fra i due eptasillabi che compongono i versi, conferendone una struttura indissolubile all'interno della quale risulta impossibile esulare il singolo aggettivo dal contesto ("por-ca-tro-ia-lu-ri-da / mpe-shta-ta-lu-ri-do-na"). Da notare è anche il climax ascendente di aggettivi rivolti alla divinità in questione: all'inizio semplicemente "porca", rafforzato da un subitaneo "troia", crescente in un "lurida" e culminante nell'"impestata". l'attributo finale "luridona", accrescitivo del già citato "lurida", cosa che a un professorino da liceo apparirebbe come una ripetizione e conseguentemente un errore, in realtà sublima la grandezza espressiva del Maestro, giacché nell'ambito dell'opera, nello scorrere delle parole che escono dalla bocca del Nonno non "pesa" affatto, anzi risolve in maniera egregia il crescente pathos che caratterizza l'opera in questione. Attraverso un'analsi più attenta e approfondita, sottoforma di una nuova deformazione dialettale, si evince il voluto utilizzo onomatopeico del dittongo "sc" di "scema" da parte del Maestro, sositituito più volte alla lettera "s" (vedi "mpeStata","Sta vigliacca", "Sta troia", "Sta luridona") con lo scopo di evocare nell'ascoltatore il rumore dello strisciare del serpente, animale spesso accostato alla divinità per sottolinearne il carattere venefico e avvelenato. Sia direttamente nel proemio e nella conclusione, con il chiaro utilizzo dell'aggettivo "avvelenata" e dell'omnipresente "dio serpente", che nella parte centrale dell'opera, con gli artifizi onomatopeici che ne richiamano lo strisciare, tutto il passo è basato sull'accostamento fra la divinità e il rettile, venefico animale biblico che richiama la figura del diavolo fin dal primo libro della genesi: chi mai oltre al Sommo Fiorucci avrebbe potuto evocare un ossimoro dio-diavolo senza mai nominare direttamente il secondo e solo attraverso artifizi metrici e retorici, gran parte dei quali riferiti alla Madonna per sottolinearne il carattere venefico e avvelenato, la natura animale, la deviazione sessuale, lo stato di degrado igenico-sanitario e la conseguente condizione di malattia? Se questa non è poesia cos'è? Sfortunatamente nella seconda parte le parole del Maestro sono coperte da quelle della moglie che con il solito "fatte sentì" ci conferma la grandezza e la fama del Nonno presso i suoi contemporanei. Tipica chiusura con il dio maiale, il classico inatteso. Il testo completo è: "Avvelenata tubercolosa mille volte, dio serrpente avvelenato, dio cane allora. Me venghi a dà i pizzichi de 'sto modo nte la coscia? Porrca trroia lurida'mpestata luridona della Madonna? Stà vigliacca della Madonna, sta troia, puttana, maijala... STA'VVELENATA DIO MAIALE" La parte finale è coperta dalla moglie che dice: - "Fatte sentì, fatte sentì; guarda, guarda che t'aripija pieta..."

Le scorze de fichi

Nonno Fiorucci sorpreso in un momento d'intimità.

Tra le migliori opere del Nonno, è da considerarsi sotto molti aspetti un capolavoro. Benché il lavoro cominci con il solito cliché dello scherzetto fastidioso, la rabbia del Maestro esplode tardiva, regalandoci una delle sue migliori performance. Dopo che il Nonno è stato opportunamente stuzzicato ci aspetteremo una delle sue solite teatrali imprecazioni, invece, ribadendo sempre che dio è sia cane che serpente, informa placidamente che secondo la sua personale e fallace opinione il nipote non sarebbe in possesso delle piene facoltà mentali. Ma non sono passati 20 secondi che scoppia la furia blasfema del Nonno regalandoci una delle sue migliori interpretazioni:"dio salvatico, dio sbudellato, dio sto porco, dio sto maiale zozzo lurido porco del signore", probabilmente una delle migliori litanie di tutta la sua predicazione. Da notare peraltro che le bestemmie sono scandite magnificamente durante l'atto di salire le scale del casolare, e pare che il Sommo riservi ritmicamente una bestemmia per ogni gradino, quasi esse gli donino nuova forza e vigore per continuare il suo faticoso atto di ascesa. Dopo aver rimproverato le divinità per l'accaduto, si rivolge nuovamente al nipote dicendogli "Lorè! nun me venì vicino, dio diavolo, che te do' 'no sganascione n'te i denti!!" e prosegue con un esempio lampante di maledizione alla divinità: "che te pia un colpo da' crist', dio maiale!!.. scemo, dio porco!!" quindi seppur all'apice dell'ira, dopo aver dato della tonta alla nipote che riprende come al solito la scena, dispensa, come nel video della pistolettata forse il miglior consiglio che un nonno possa dare al nipote: quello di andare a figa. Ci possono forse essere auguri più appropriati?

Il nonno e l'innaffiatoio

Questo video, a differenza dagli altri, comincia subito con una bestemmia (un Dio maiale detto con un'aria piuttosto incazzata) e augura al nipote di diventare paralizzato "Ti prendesse una paralisi da sto porc de Crist. Che deficiente!".

L'importanza della bestemmia è fondamentale per capire il senso di questa opera d'arte, infatti il Vate neanche inizia il video che, con le braccia spalancate come un chierichetto dinanzi al Signore in persona, esordisce col 'Dio Maiale'. Non è un pensiero, un'opinione: è un dato di fatto, vero, assiomatico, inoppugnabile. Anche il nostro Maestro dinanzi a questa verità assoluta rimane spiazzato, salvo poi riprendersi per scagliarsi contro il suo peggiore nemico, il nipote, probabilmente inviato dal Cristo in persona per contrastare l'operato del Maestro.

Nel frattempo, la sorella incita Lorenzo a tirargli un sasso (la probabile causa dell'incazzatura del Vate) e il nonno ricorda al nipote che non può fare altro che il deficiente "Tu Dio maiale sai fa solo il deficiente. Altri lavori un li sai fà". Da notare il doppio uso del Dio maiale, che un professore d'italiano segnerebbe come ripetizione, quindi come errore, e darebbe l'insufficienza a quel tema.

Spillatrice

Con quest'opera ci troviamo di fronte alla maturità artistica del Nonno: è un'opera pervasa della sua rabbia bonaria e infarcita delle sue migliori performances. Il dio sbudellato iniziale è una delle bestemmie più cariche di rabbia che possiamo ascoltare in tutta la sua predicazione per proseguire poi con una meravigliosa porca Madonna sta maiala pronunciata in modo da sembrare quasi un'unica parola che dona una vena poetica al tutto. Dopo essersi lamentato dei soldi spesi ecco una mirablile sequela delle sue tecniche abilmente messe a frutto: porca bestia della Madonna, la classica tecnica del soggetto della bestemmia trasformato in complemento di specificazione e l'applicazione della meccanica delle pause con il celeberrimo sei stupido... porca Madonna. È chiaro che la bestemmia dopo la pausa rafforza tutta la tesi sostenuta dal Nonno. Anche qui emerge come il denaro sia causa scatenante me costa 25 mila euro e il nipote 25 euro, no 25 mila lire come a ribadire il vero valore della cosa. La rabbia del Maestro dopo queste bestemmie sembra essersi placata è stanco, tira semplici moccoli, come per non perdere il ritmo, poi si stende a recuperare le forze. In questa posizione continua la serrata discussione col nipote e viene pronunciata la bestemmia ossimorica si la spillatrice è gita in..coso, che nun larpiate, io l'arpiglio, ma Dio diavolo tu nun l'artocchi ta le mano, che qui ricorre in una delle sue rare manifestazioni; il Nonno sembra aver ritrovato lo slancio iniziale chiede a gran voce la sua spillatrice, afferma per la seconda volta che la Madonna è una porca maiala, si rifiuta di ascoltare il nipote ribadendo il suo concetto: non 'scolto niente, arvoglio la spillatrice, con il finale porca maiala dela Madonna pronunciato con voce ormai stanca. Le riprese si concludono purtroppo senza darci modo di sapere se il Nonno è rientrato in possesso della sua spillatrice.

Pregiutto Duretto

Un prosciutto, probabilmente non lo stesso usato nel video.

Altra importantissima opera del Maestro: chiunque sa quanto sia faccenda delicata affettare il prosciutto a mano, e chi conosce le gesta del Nonno sa quanto tale opera possa essere resa ancor più complessa dalla presenza del nipote: la prima richiesta di Lorenzo è "un pezzo de duretto", cioè di cotenna. Il nonno, bonariamente, inizia ad affettare, ma ecco il dramma: il nipote pretende che la cotenna venga tagliata più in basso, col risultato ovvio di sciupare il prosciutto... il Nonno reagisce come meglio sa: uno splendido eh!! Dio cane! seguito a breve distanza da una pulitissima mannaggia la Madonna, due piccoli intermezzi che introducono niente più che lo stupore del nonno di fronte a richieste a suo modo di vedere assurde. Dopo l'insistenza del nipote, il Maestro prorompe in un ma... dio diavolo!, splendido ossimoro che spicca e scuote l'apice dell'opera in questione. Segue un "eh.. ma come fè? ma.. ma.. Madonna puttana.. ma...daver davero???" ancora carico di incredulità di fronte alla richiesta quantomeno strana di Lorenzo, che il nonno invita subito dopo: "ma come fo??? te', dio maiale, taglielo da te!", salvo poi riprendere in mano il coltello e proseguire nel discorso: "ma... la Madonna puttana, che vè, a taglià l'progiutto quaggiù? eh! quando è ora, l'pijeré, no? ...eh! porca Madonna!.... 'sta puttana... allora!!" l'"allora" finale post-bestemmia è un punto saldo del repertorio del nonno, utilizzato chiaramente per ribadire il concetto.

Prosciutto e nipote

È sicuramente l'opera di maggior interesse scientifico in quanto ci permette di capire il meccanismo mentale-psicologico del Maestro. Difficile definire se quest'opera sia il preambolo o il seguito alla precedente, o semplicemente un episodio simile. Fatto sta che qui, anche se un po' attenuati (almeno nell'apparenza) da una sorta di stanchezza emotivo-fisica probabilmente dettata dall'età, ricorrono vari aspetti della predicazione Fiorucciana, aspetti di non poco conto. Uno splendido incipit: "lèveno la corrente, Dio maiale della Madonna... ma mica io i caco, dio cane!... eh, loré" (è presente come sempre anche il nipote, a infastidire il nonno, come vedremo più avanti) "dio cane, nunn'inventà tante cose!" subito dopo il proemio, il nipote afferra le orecchie del nonno, esortando il nonno a riprendere la licenza (di caccia probabilmente) "arfà la licenza là!", e il Maestro prorompe in "sta fermo, là! mannaggia tutti i santi... del paradiso (pausa rafforzativa) Dio cane Lorè, e fermete!!" "mannaggia tutti i santi del paradiso" riecheggia splendidamente della pluralità di soggetti cooperanti già citata in altre opere, come a delineare un iter ricorrente nella predicazione del grandissimo Nonno Fiorucci. Il nipote incalza subito, afferrando i pochi capelli sopra la fronte del nonno "te strappo l'riportino, eh?" a cui segue la replica "ah, là.. fermete, mannaggia la puttana della Madonna!" (da notare la doppia imprecazione per amplificare l'effetto della maledizione) "fermete, Lorè, so' annoiato, là". Ma è da questo momento che la scientificità dell'opera emerge in tutta la sua pienezza e permette allo studioso di carpire la logica dei meccanismi mentali del nonno. In questa fase infatti, il nonno si accorge di essere ripreso con la telecamera e si fa protagonista di una bestemmia non compiuta (caso, diremmo, unico, nelle opere pervenuteci) rivolgendosi a lorenzo: "tu n'te re... (forse voleva dire "tu n'te rendi conto...") ...madonna...!" ecco la bestemmia interrotta: fa notare subito la cosa al nipote indicando la telecamera e dicendogli smettela Lorè, smettela cocco là..a cui il nipote risponde biecamente che è spenta. Ma è qui che incredibilmente, inspiegabilmente il nonno, pur sapendo di essere ripreso segue con con "mannaggia la madonna, sta' maiala, smettela lorè che mo è anche vergogna" e con "dio maiale el porc del signore, allora!" già citata sopra, pronunciata con un'arrendevolezza quasi scevra da rabbia a cui segue di nuovo mo è vergogna no cocco!. È qui tutta l'essenza dell'opera e del meccanismo mentale del nonno: la contrapposizione tra la bestemmia ripetuta e il fatto che è vergogna; questo sta evidentemente a significare che per il nonno la bestemmia rappresenta solo un modo di colorare e rendere più forte il discorso, senza alcun significato di blasfemia a essa collegato. Si può notare infatti, che vedendo di essere ripreso la sua immediata reazione è solo quella di abbassare il tono della voce e parlare in modo più tranquillo, appunto perché, nella sua mente, il motivo di vergogna non è la bestemmia, che continua a essere presente, ma è solo il fatto di alzare al voce o essere protagonista delle riprese del nipote. E in questo la contrapposizione e la dissociazione tra bestemmia/vergogna è emblematico del nonno-pensiero, privo tra l'altro quasi totalmente di rabbia. Rabbia che sparisce quasi completamente nel finire dell'opera, appena punteggiata dall'ultima frase del maestro: "dio beschia della madonna... allora!" anche qui l'"allora" finale ha funzione di ribadimento, un po' stemperata dalla fiacchezza complessiva che mina il nonno in questa sua opera, presumibilmente tarda, ma di importanza comunque eccezionale. l'uso duplice del complemento di specificazione "dio maiale della madonna" e "dio bestia della madonna" (certamente non a caso posti dal Maestro rispettivamente come ouverture e come epilogo dell'opera) apre inevitabilmente un'immagine forte: dio sembra essere inteso come animale appartenente alla madonna (e quindi la beffa verso la divinità è fortissima: immaginiamoci un dio razzolante nel fango del cortile o semplicemente, nel caso del più generico "bestia", tenuto al guinzaglio o rinchiuso in una stia).

L'ultima cena

Nonno Fiorucci in compagnia di alcune terribili sedie di plastica.

Da vari studiosi è indicata come ultima opera del Nonno, forse per un certo velo di tristezza che la avvolge, probabilmente per il fatto che in essa si fa riferimento a un qualche misterioso male che affliggerebbe il Sommo... il quadro generale dell'opera è semplice: la famiglia è riunita a tavola, la luce è fioca, l'atmosfera silenziosa e permeata di una certa rassegnazione all'inevitabile che sembra aleggiare. Il nonno viene dapprima stuzzicato con una ditata sulla punta del naso, a cui egli risponde come meglio sa: "mannaggia la madonna bestiona della madonna... e sta fermo dio serpente..." subito dopo gli viene posta una mano sulla testa, e il Maestro reagisce: "sta fermo na' mulichina ("na' mulichina" è una tipica espressione umbra: "una mollichina", significa "un pochino"), sta fermo!" altra mano sulla testa, e il Nonno sbotta: te dico nun me toccà che si me tocchi... è lo stesso che.. el diavolo el metti a' la messaccia, puttana madonna... frase di non immediata comprensione, visto che probabilmente viene pronunciata a bocca piena, ma splendida portatrice sana di grottesche visioni contenenti angeli caduti che, forcone alla mano, ascoltano pazienti un surreale sermone domenicale comodamente seduti accanto ai fedeli. Seguono alcune parole pronunciate da altre commensali, tra cui la moglie del Sommo, parole che presumibilmente fanno riferimento a un qualche morbo che mina la di lui salute; nel frattempo sembra tornata la quiete a tavola, con alcune frasi di non facile comprensione pronunciate dagli astanti. Ma la quiete è destinata a durare poco. Cioè fin quando la (presumibilmente) moglie del Sommo ha l'ardire di pronunciare le seguenti parole "(trad.) bestemmie ne ho sentite, ma n'affare così mai sentito eh". È decisamente troppo. Il Sommo, colpito nella sua immensa statura di filosofo della blasfemia, deve rispondere. Decide allora di salire in cattedra prorompendo in un potentissimo: "si nun l'hai sentite dio cane le sentirè!!! porca puttana maiala troia della madonna ...sta sifilitica! ....dio maiale dio cane... dio bestia!". -Ora si che le ha sentite-, avrà pensato con rinnovato orgoglio il Vate. Da notare l'ottimo climax condito col dualismo di soggetti cooperanti (dio e madonna) che riporta per pochi istanti la figura del Grande ai livelli più alti mai toccati dal Suo spontaneo ingegno bestemmiatorio. Rimarchevole anche come alla madonna vengano affibbiati epiteti di significato piuttosto simile (e ciò lo si può notare soprattutto nel chiasmo "porca puttana maiala troia", dove il primo e il terzo termine definiscono la caratteristica suina dell'entità offesa e il secondo e il quarto l'essere donna di facili costumi), mentre a dio siano associati termini che partono dal particolare (maiale e cane) e chiudono nell'astratto "bestia", termine che sembra virtualmente racchiuderli entrambi. non è certo cosa da poco, a ben vedere. Nulla sembra essere lasciato al caso. l'opera è chiusa un po' tristemente dalle parole della (forse) moglie, che gli dice: "Si te ste' male veramente.. de una malattia sul serio seria.... che diavolo faresti? no, dimme quel che fè?!?" parole che il nonno interrompe con nonchalance con un flebile "vaffa..." bofonchiato a mezza voce, conscio della superiorità di cui si fa portavoce e che nulla, neppure la morte, sarebbe mai riuscita a sgretolare. In ultimo non bisogna sottovalutare il carattere profetico di quest'opera che, oltre a portare una terribile sfiga al Maestro, ci fornisce una massima, un comandamento che un buon bestemmiatore non dovrebbe mai dimenticare: se non le hai mai sentite le sentirai.

Voci correlate

Altri illustri Bestemmiatori

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