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Fino a poco tempo fa si dava per certa l'origine [[Spagna|spagnola]] del vitigno, soprattutto grazie alle affermazioni ''bipartisan'' del Caudillo [[Francisco Franco]] e del [[poeta]] [[Federico Garcia Lorca]]: {{Quote2|''Un vino con los controcojones, español verdadero!''|Franco e Garcia Lorca, l'uno all'insaputa dell'altro}}
Fino a poco tempo fa si dava per certa l'origine [[Spagna|spagnola]] del vitigno, soprattutto grazie alle affermazioni ''bipartisan'' del Caudillo [[Francisco Franco]] e del [[poeta]] [[Federico Garcia Lorca]]: {{Quote2|''Un vino con los controcojones, español verdadero!''|Franco e Garcia Lorca, l'uno all'insaputa dell'altro}}
[[File:Veduta di Oliena.jpg|right|thumb|300px|Il Nepente è nato lì, [[da qualche parte]].]]
[[File:Veduta di Oliena.jpg|right|thumb|300px|Il Nepente è nato lì, [[da qualche parte]].]]
Per molto tempo [[nessuno]] fu sfiorato dal dubbio che i due, espertissimi nei rispettivi campi, dittatura e poesia, di enologia avrebbero potuto anche non capire un [[cazzo]]. Si credeva che gli Spagnoli avessero esportato l'[[uva]] (e quindi il vino) in [[Sardegna]], dove fino ad allora sarebbe stata conosciuta solo la [[Birra Ichnusa]], ai tempi di [[Don Chisciotte]]. La scoperta di come andarono realmente le cose è dovuta ad una serie di coincidenze in apparenza insignificanti. Era un'umida mattina primaverile del [[1964]] ed il signor Bachisio Coddaporcu, [[latitante]] a tempo perso per conto dell'[[Anonima Sarda]] e produttore di [[aceto]] per vocazione<ref>Era del tutto incapace di produrre vino degno di tale nome.</ref>, si aggirava nelle campagne del [[Supramonte]] in cerca di [[lumaca|lumache]] per la [[colazione]]. Nei pressi di un [[nuraghe]], semisommerso dalle erbacce e dalla cacca di [[pecora]], trovò quello che sembrava un antichissimo [[vaso da notte]] di [[terracotta]] che recava al suo interno la scritta ''"Pozzu-Ginoru™ - Made in Mulargia - [[Millemila]] a. A.<ref>Avanti Astarte.</ref>"'' Incapace di decifrarla, la mostrò alla sua vicina di casa, una certa Cosimina Picciacciu, che si vantava di aver fatto la [[bidella]] all'[[asilo]] per anni e quindi era una [[Classificazione delle donne|donna di cultura]]. Costei, dopo aver annusato il vaso ed osservato a lungo il suo interno, sentenziò: {{Quote2|''Appartiene al periodo prenuragico: durante la civiltà nuragica al posto dei vasi da notte si usavano [[Pappagallo|pappagalli]] in [[sughero]]. Inoltre, in questo vaso non ha mai pisciato nessuno. Ha contenuto solo vino, l'ho notato dalle [[muffa|muffe]] presenti, che sono identiche a quelle che galleggiano sul vino di mio [[marito]]. Se qualcuno ci avesse pisciato dentro anche solo una volta non ci sarebbero. Parlo per esperienza personale, eh!''}} La [[verità]] era venuta a galla. Successivi ritrovamenti archeologici dimostrarono che il vitigno Cannonau è [[autoctono]] della Sardegna ed è addirittura più antico di [[Andreotti]]. Sembrerebbe anche che, al contrario di quanto si credeva, gli antichi [[Shardana]] l'abbiano esportato dapprima in Spagna e successivamente ad [[Hong Kong]]. La ciliegina sulla [[torta]] fu che nessun sardo considerò la parola "autoctono" un'offesa.
Per molto tempo [[nessuno]] fu sfiorato dal dubbio che i due, espertissimi nei rispettivi campi, dittatura e poesia, di enologia avrebbero potuto anche non capire un [[cazzo]]. Si credeva che gli Spagnoli avessero esportato l'[[uva]] (e quindi il vino) in [[Sardegna]], dove fino ad allora sarebbe stata conosciuta solo la [[Birra Ichnusa]], ai tempi di [[Don Chisciotte]]. La scoperta di come andarono realmente le cose è dovuta ad una serie di coincidenze in apparenza insignificanti. Era un'umida mattina primaverile del [[1964]] ed il signor Bachisio Coddaporcu, [[latitante]] a tempo perso per conto dell'[[Anonima Sarda]] e produttore di [[aceto]] per vocazione<ref>Era del tutto incapace di produrre vino degno di tale nome.</ref>, si aggirava nelle campagne del [[Supramonte]] in cerca di [[lumaca|lumache]] per la [[colazione]]. Nei pressi di un [[nuraghe]], semisommerso dalle erbacce e dalla cacca di [[pecora]], trovò quello che sembrava un antichissimo [[vaso da notte]] di [[terracotta]] che recava al suo interno la scritta ''"Pozzu-Ginoru™ - Made in Mulargia - [[Millemila]] a. A.<ref>Avanti Astarte.</ref>"'' Incapace di decifrarla, la mostrò alla sua vicina di casa, una certa Cosimina Picciacciu, che si vantava di aver fatto la [[bidella]] all'[[asilo]] per anni e quindi era una [[Classificazione delle donne|donna di cultura]]. Costei, dopo aver annusato il vaso ed osservato a lungo il suo interno, sentenziò: {{Quote2|''Appartiene al periodo prenuragico: durante la civiltà nuragica al posto dei vasi da notte si usavano [[Pappagallo|pappagalli]] in [[sughero]]. Inoltre, in questo vaso non ha mai pisciato nessuno. Ha contenuto solo vino, l'ho notato dalle [[muffa|muffe]] presenti, che sono identiche a quelle che galleggiano sul vino di mio [[marito]]. Se qualcuno ci avesse pisciato dentro anche solo una volta non ci sarebbero. Parlo per esperienza personale, eh!''}} La [[verità]] era venuta a galla. Successivi ritrovamenti archeologici confermarono che il vitigno Cannonau è [[autoctono]] della Sardegna ed è addirittura più antico di [[Andreotti]]. Sembrerebbe anche che, al contrario di quanto si credeva, gli antichi [[Shardana]] l'abbiano esportato dapprima in Spagna e successivamente ad [[Hong Kong]]. La ciliegina sulla [[torta]] fu che nessun sardo considerò la parola "autoctono" un'offesa.


== Il Nepente nella cultura mondiale ==
== Il Nepente nella cultura mondiale ==

Versione delle 16:26, 20 dic 2013

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Per D'Annunzio il Nepente era più di un'ossessione.
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Zurpone/Sandbox2
« Il nepente già infuso e a' servi imposto
Versar dall'urne nelle tazze il vino.
Peste colga chi piscia nel mosto
Ed un cannibale a digiuno gli faccia un pompino. »
(Omero, Odissea senza censura, trad. di Pippolito Sburramonte, cugino di Ippolito Pindemonte.)
« Non conoscete il Nepente di Oliena neppure per fama? Ahi lasso! »
(Gabriele D'Annunzio sfoggia cultura e parole a caso.)

Il Cannonau di Sardegna Nepente di Oliena è una pozione magica che scalda il sangue, rinfranca lo spirito, annebbia la mente e dona cirrosi epatiche in gran copia. Insomma, è un vino. Membro di spicco della grande famiglia del vitigno Cannonau, ha ottenuto la DOC nel 1972, dopo circa cinquemila anni di onorata carriera, un piccolo ritardo dovuto ad un cavillo burocratico presente nel Codice di Hammurabi. Il vero Nepente si distingue dagli altri vini Cannonau perché si produce esclusivamente nel territorio di Oliena, bidda a pochi chilometri da Nuoro che ha dato i natali a Gianfranco Zola, l'unico Barbaricino astemio ancor prima di venire al mondo. Tante le vittime del fascino e della corposità del Nepente, su tutte il poeta Gabriele D'Annunzio, che sacrificò una lunga ed onorata carriera artistica in nome del mosto, del vino e dello spirito alcolico in esso contenuto.

La vera storia

Un magnifico esemplare di Nepente. Chi lo beve non se ne pente.

Fino a poco tempo fa si dava per certa l'origine spagnola del vitigno, soprattutto grazie alle affermazioni bipartisan del Caudillo Francisco Franco e del poeta Federico Garcia Lorca: Template:Quote2

Il Nepente è nato lì, da qualche parte.

Per molto tempo nessuno fu sfiorato dal dubbio che i due, espertissimi nei rispettivi campi, dittatura e poesia, di enologia avrebbero potuto anche non capire un cazzo. Si credeva che gli Spagnoli avessero esportato l'uva (e quindi il vino) in Sardegna, dove fino ad allora sarebbe stata conosciuta solo la Birra Ichnusa, ai tempi di Don Chisciotte. La scoperta di come andarono realmente le cose è dovuta ad una serie di coincidenze in apparenza insignificanti. Era un'umida mattina primaverile del 1964 ed il signor Bachisio Coddaporcu, latitante a tempo perso per conto dell'Anonima Sarda e produttore di aceto per vocazione[1], si aggirava nelle campagne del Supramonte in cerca di lumache per la colazione. Nei pressi di un nuraghe, semisommerso dalle erbacce e dalla cacca di pecora, trovò quello che sembrava un antichissimo vaso da notte di terracotta che recava al suo interno la scritta "Pozzu-Ginoru™ - Made in Mulargia - Millemila a. A.[2]" Incapace di decifrarla, la mostrò alla sua vicina di casa, una certa Cosimina Picciacciu, che si vantava di aver fatto la bidella all'asilo per anni e quindi era una donna di cultura. Costei, dopo aver annusato il vaso ed osservato a lungo il suo interno, sentenziò: Template:Quote2 La verità era venuta a galla. Successivi ritrovamenti archeologici confermarono che il vitigno Cannonau è autoctono della Sardegna ed è addirittura più antico di Andreotti. Sembrerebbe anche che, al contrario di quanto si credeva, gli antichi Shardana l'abbiano esportato dapprima in Spagna e successivamente ad Hong Kong. La ciliegina sulla torta fu che nessun sardo considerò la parola "autoctono" un'offesa.

Il Nepente nella cultura mondiale

Bevendo Nepente si può diventare supereroi.
« Prometto di sacrificare alla vostra sete un boccione d'olente vino d'Oliena serbato da moltissimi anni in memoria della più vasta sbornia di cui sia stato io testimone e complice! »
(D'Annunzio scopre la massima delle sue aspirazioni: l'alcolismo.)

Qualcuno un bel mattino s'è alzato e ha sentenziato che il termine "Nepente" deriva dal Greco. E tutti a dargli retta come pecoroni. Ormai tale convinzione è talmente radicata nella cultura popolare che se si provasse a svelare la vera etimologia del termine si rischierebbe di ricevere una cartella Equitalia con tanti zeri e la pubblicazione di foto compromettenti. Perciò in questa sede la vera etimologia non verrà svelata, ma è già qualcosa sapere che c'è.

Citato da Omero, Erodoto e Aristerco di Igoumenitsa, viene descritto come una bevanda dagli effetti più svariati: tonico, rinfrancante, allucinogeno, diuretico, anestetico e inibitore della pompa protonica[3], solo per citarne alcuni. Secondo Plinio il Vecchio era un potente callifugo nonché decongestionante nasale. I botanici medievali ritenevano che tenesse lontana la peste scaveona, mentre nel Rinascimento Francesco Redi sosteneva che la provocasse. Fino al XX Secolo fu ritenuto un vino dalle proprietà magiche: chi lo beveva soffriva di amnesia anterograda e faceva la cacca nera per giorni. A Oliena è stata istituita la Confraternita del Nepente, una loggia massonica che ha un peso di tutto rispetto nelle delicate vicende sovranazionali. Ne fanno parte gli anziani del paese e un gruppo di vecchi alpini che hanno ripudiato la grappa.

Caratteristiche organolettiche

Il Nepente va bevuto così...
...non così.

Il Nepente di Oliena si produce esclusivamente con uve Cannonau allevate allo stato brado nel territorio del comune di Oliena. Sono ammesse piccole variazioni:

  • Uve Cannonau di Oliena: 100%
  • Altre uve Cannonau: 0%

Oppure:

  • Uve Cannonau di Oliena: 90%
  • Uve Cannonau di Oliena: 10%

Oppure ancora:

  • Uve Cannonau di Oliena: <100%
  • Altre uve Cannonau: >0%

In quest'ultimo caso sarà possibile ottenere un buon vino, ma non potrà chiamarsi Nepente, nemmeno se vinificato nella piazza centrale del paese.

  • Titolo alcolometrico: ufficialmente compreso tra il 14,4% e il 14,6%, almeno in quelle bottiglie destinate al commercio legale. Negli altri casi è variabile, con punte del 48%.
  • Colore: rosso ravanello da giovane, vira al rosso sangue rappreso con l'invecchiamento.
  • Consistenza: densa, quasi untuosa. Il Nepente possiede la caratteristica di macchiare in modo indelebile qualsiasi recipiente lo contenga. La sua alta viscosità consente spesso di evitare incidenti domestici come il rovesciare un bicchiere sulla tovaglia della domenica: resta adeso alle pareti del recipiente colando con una certa lentezza che consente di porre rimedio con tutta calma.
  • Odore: di marmellata di fagioli misto a pennarello appena comprato, con sentori di brodo di pecora e reminiscenze di pasta d'acciughe. Un mix gradevolmente caratteristico.
  • Sapore: nessuno dei precedenti. Al primo impatto le papille si mettono a pomiciare in gruppo, mentre la lingua ha un'erezione. A causa della alta densità, il Nepente va masticato più volte prima di poter essere deglutito: la masticazione libera una gamma di sapori che possono andare dal prosciutto crudo all'acqua tonica. Il retrogusto di stallatico che persiste dopo un'abbondante libagione può essere rimosso mediante gargarismi a base di diserbante.

Abbinamenti

Alcuni abbinano il Nepente all'acqua, per poterne in qualche modo attenuare la pastosità e il grado alcolico; altri lo spalmano sul pane, ottenendo un mangia-e-bevi ottimo come piatto unico, ad elevato apporto calorico. Frequenti anche gli abbinamenti classici con i tipici piatti della gastronomia sarda che assicurano un tasso di colesterolo non inferiore ai 600mg/dl. La pianta carnivora nota col nome di Nepenthes Hamata[4] ama accompagnare i suoi pasti a base di insetti con un buon calice di Nepente. I palati raffinati sanno apprezzare le cose buone, ovunque si trovino.

Note

Template:Legginote

  1. ^ Era del tutto incapace di produrre vino degno di tale nome.
  2. ^ Avanti Astarte.
  3. ^ Una cosa simile al raggio fotonico.
  4. ^ E adesso si spiega anche l'origine di tale nome.



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