È passato alla storia come "quello che voleva uccidere Mussolini". Non deve essere stato l'unico, ma probabilmente è stato uno dei pochi a provarci sul serio. Sicuramente è stato l'unico a farsi sgamare dopo averlo solo pensato.
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Michele Schirru
Nacque nel culo cuore della Sardegna, in un paesino talmente minuscolo che perfino i suoi 23 abitanti dubitavano della sua esistenza. Trascorse l'infanzia in un altro paesino lì vicino, un po' più grande e certificato, dove iniziò a prendere confidenza con le principali attività che scandivano la vita dei locali: nulla, nulla e, nel tempo libero, nulla.
Poiché la Sardegna è da sempre un trampolino di lancio verso lidi più accoglienti inesplorati, Michele Schirru si trasferì giovanissimo negli USA. Ottenne[1] ottenne[2] la cittadinanza discutendo una tesi intitolata I like cheddar, but pecorino cheese is better. Si stabilì a New York perché lo skyline gli ricordava i rilievi della Sardegna. Si guadagnava da vivere trafficando banane, vendendo magliette con la scritta IBosa Marina e prostituendosi con alcune vecchie megere di Manhattan. Risale a quel periodo la sua adesione all'anarchismo. Prese a frequentare la redazione de "L'Adunata dei Refrattari", un periodico per italoamericani presumibilmente anarchici e vestiti d'amianto. I giornalisti si chiedevano chi fosse quel tizio che si sedeva tra di loro e diceva:
« Bisogna uccidere Mussolini! »
ripetendolo in un loop che si concludeva solo quando, conclusa la riunione, lo facevano accomodare fuori a sfondoni nel deretano. Fu in prima fila nelle lotte a sostegno di Sacco e Vanzetti, convinto di portar loro fortuna. Ogni tanto ripeteva, a intervalli regolari:
« Bisogna uccidere Mussolini! »
Andò avanti così fino al 1930, quando qualcuno finalmente gli rispose:
« E vai e uccidilo, 'sto cazzo di Mussolini! »
« Già: perché non ci ho pensato prima? »
(Michele Schirru era sincero: non ci aveva pensato davvero)
L'attentato a Mussolini
Schirru tornò in Europa attraverso Parigi, ufficialmente per incontrare altri anarchici esuli dall'Italia, in realtà per concedersi un giretto a Pigalle. Nonostante la difficile atmosfera, dovuta al rischio-sifilide e alle elevate tariffe dei bordelli, Schirru riuscì a presentarsi come inviato de "L'Adunata dei Refrattari", ottenendo un incontro e la fiducia di Emilio Lussu. Schirru lo mise a parte della sua ferma convinzione di uccidere Mussolini, come unica soluzione per liquidare il fascismo. Il 2 gennaio1931 si avviò verso l'Italia, deciso a realizzare il piano. L'accompagnò al treno lo stesso Lussu:
Schirru : Beh, tu non vieni?
Lussu : E che sono, scemo?
Schirru : Ah, peccato!
Lussu : Allora... ciao!
Schirru : Che ciao e ciao, vaffanculo! A parole tutti anarchia qui, rivoluzione là, libertà su, insurrezione giù... ci sono più fasci tra gli anarchici che tra i fasci stessi e tu sei uno di quelli!
Lussu : Senti, bello, vai a cagare. Spero che a Roma ti arrestino e ti fucilino!
Giunse a Roma la sera di lunedì 12 gennaio, dopo aver fatto su e giù per lo Stivale almeno quattro volte: gli capitò di addormentarsi durante il viaggio e di svegliarsi ora a Reggio Calabria, ora a Milano Lambrate. Scelse come base operativa l'albergo Royal che, secondo le informazioni in suo possesso, doveva avere un'importanza strategica fondamentale rispetto agli itinerari abituali di Mussolini, che vi transitava quattro volte al giorno. Per due settimane studiò attentamente il tragitto attraverso Villa Torlonia, Porta Pia, il Viminale, Via Nazionale e Piazza Venezia, senza incrociare il duce una sola volta. Scoraggiato e velocemente sfiduciato, cercò di distrarsi con una ballerina ungherese di 24 anni, Anna Lucovszky, della quale s'innamorò e dalla quale apprese svariati passi di danza. Stava ormai abbandonando i suoi propositi, quando la sera di martedì 3 febbraio venne arrestato da un maresciallo all'Hotel Colonna, luogo degli incontri con Anna. Durante un normale controllo, lo sbirro gli aveva chiesto:
« Cosa siete venuto a fare a Roma, signor Skirrow? »
In commissariato tentò il suicidio con la propria pistola: il proiettile trapassò entrambe le gote e Michele sopravvisse, sfigurato. Fu processato dal Tribunale Speciale Fascista davanti al quale dichiarò il suo odio per il Fascismo e per il Comunismo, mentre si dichiarò indifferente nei confronti del feticismo. Il 28 maggio1931 fu condannato a morte con i seguenti capi d'accusa: