Cucina zanzibari

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La cucina zanzibari: un armonioso mix di culture, spezie e qualcos'altro che è meglio non sapere.
Tizia abbronzata : Ora che vai a Zanzibar mangerai pietanze meravigliose!
Vicina in partenza : Puoi consigliarmene qualcuna?
Tizia abbronzata : Una aveva un nome esotico... forse pajata, ma non ne sono sicura.
Vicina in partenza : Come si chiamava il ristorante?
Tizia abbronzata : Questo lo ricordo bene, Checco er bujaccaro!
Vicina in partenza : Ma sei stata a Zanzibar o a Zagarolo?

La cucina zanzibari, chiamata anche cucina zanzibariana perché in alternativa dovremmo apostrofarla come merita[1], è una cucina ricca di influenze eterogenee, riconducibili alle numerose culture che hanno inciso fortemente sulla storia dell'isola, e sulla maggior parte dei ricoveri ospedalieri. Combina infatti sapori e tradizioni della cucina araba, portoghese, indiana, inglese e cinese. Per loro fortuna hanno scampato quella francese, altrimenti erano davvero messi male.
Secondo il Primo teorema di Marchesi, mischiando due cose che fanno schifo se ne ottiene una gradevole, ma se questo è vero matematicamente parlando, in campo culinario si ottiene quasi sempre un fulmineo attacco di dissenteria. D'altra parte "de gustibus non est vomintandum" e quindi, caro il nostro simpatico e coloratissimo amico, se vuoi nutrirti con qualcosa che evitano persino i licaoni non possiamo certo biasimarti, basta che la tieni lontana dal nostro piatto.
Resta comunque la cucina più apprezzata dell'arcipelago, soprattutto se da nove giorni mangi solo noci di cocco, parli con un pallone di nome Wilson e quella che un tempo ritenevi tua moglie, si è rivelata la più squisita capra selvatica che hai mai assaggiato in vita tua.

Storia

Le alghe sono un antico e importante ingrediente della cucina zanzibari, le mucche presenti sulle isole ancora si incazzano per questo.

Gli antichi abitanti di Zanzibar provenivano dall'Africa, anche se non era assolutamente colpa loro esserci nati, ed erano soprattutto pescatori. La loro dieta era quindi basata su prodotti del mare come l'aragosta, i polpi, le mazzancolle, i calamari, le ostriche e il Tonno Insuperabile, pur non disdegnando di tanto in tanto qualche palombaro. La grigliata mista era dunque il piatto principale degli indigeni ma, per non fare troppo la figura degli intelligenti, la consumavano con un abbondante contorno di alghe, che si procuravano durante la bassa marea[2]. Purtroppo non appresero mai dell'esistenza di limoni ed olio d'oliva, di conseguenza non raggiunsero mai il frihmanirvāṇa, stato di completezza cosmica generato dalla frittura di paranza.
Nel corso dei secoli si alternarono invece le tradizioni culinarie di paesi che stanno alla cucina come Renato Brunetta al basket, favorendo un fenomeno di contaminazione[3] culturale unico al mondo. Nacquero in questo modo piatti inconsueti, come lo stufato di montone al curry con manioca, banane e riso pilau, già usato tradizionalmente in Australia (seppur con piccole varianti) come pastone per i dinghi.
L'evoluzione delle abitudini alimentari avvenne comunque nel corso della storia.

In alto: gli chef del Kula Pula Resort di Koani. In basso a sinistra: la cuoca dello Chez Baluba di Mwanakwerekwe. In basso a destra: il sempre affollato Maremma Maiala di Zanzibar.
« Che bei piatti! Che profumi, che sapori! Difficile resistere alla tentazione di assaggiare qualsiasi cosa! »
(Giuliano Ferrara venti minuti prima di divorare qualsiasi cosa.)
  • Nel IX secolo giunsero a Zanzibar arabi e persiani, che introdussero l'uso delle spezie, delle noci e degli attentati con l'esplosivo.
  • A cavallo fra il XV e il XVI secolo arrivarono i portoghesi (secondo i bene informati però giunsero con le navi), ed estesero rapidamente il proprio dominio sulle regioni costiere dell'Africa orientale, importandovi il mais, l'ananas e l'abitudine di ruttare fragorosamente a fine pasto.
  • Nel XVII secolo, sotto il governo del sultanato di Oman, si intensificarono i rapporti con i mercanti indiani, che portarono la propria tradizione culinaria con sapori come il chutney, il biriyani e il curry, che mescolati assieme danno origine ad un pesticida letale anche per le tigri. I samosa, i tipici snack pakistani di forma triangolare, furono invece usati secondo costumanza bulgara, ossia come zeppa per le gambe dei tavoli traballanti.
  • Nel XVIII secolo vengono importati schiavi provenienti dall'entroterra africano, i discendenti hanno mantenuto ancora oggi alcune delle loro abitudini alimentari, come consumare fagiolini bolliti, patate dolci, pannocchie arrosto e una turista nordeuropea il giovedì.
  • Nel XIX e XX secolo Zanzibar passò sotto il controllo prima dei tedeschi e poi degli inglesi. Rispetto ai precedenti colonizzatori, essi non interagirono molto con la popolazione locale, i crucchi avevano ordinato dei forni crematori (ufficialmente per cuocere i wurstel) ma tardarono a consegnarli, gli altri perché si cibano di cose sgradite anche ai gabbiani.

Dopo l'indipendenza, la Tanzania strinse forti rapporti di collaborazione con la Cina, che inviò a Zanzibar medici, ingegneri e venditori di racchette anti-zanzara. Riso e salsa di soia divennero di uso comune, la seconda per oliare i pistoni delle bisarche. Oggi i cinesi sull'isola sono tre e si chiamano Mei Fang, Cui Peng e Yang Hao, stando all'anagrafe dovrebbero avere quasi nove secoli a testa. Mei Fang gestisce un ristorante in cui si cucina anatra all'arancia meccanica, piatto che rappresenta un fulgido esempio di armonica fusione tra arte culinaria cinese e teppismo londinese.

Piatti tipici

Nel nostro viaggio alla scoperta di questi manicar intrugli, ci siamo fatti guidare dallo chef Mbana Uliwengu, un uomo entusiasta del proprio lavoro e che va sempre di fretta, probabilmente perché inseguito da nove mandati di cattura internazionali.

Alcune leccor pietan cose vagamente commestibili della cucina zanzibari.
  1. Prima di presentarci una selezione di pietanze zanzibari, lo chef Uliwengu ci accoglie con un Zanzjito, un cocktail preparato con rum austriaco, zucchero d'alga e brodo di pesce, contenuto nel caratteristico pitale di legno.
  2. Pwowi wa nazi: il "nazi" tradisce le origini crucche del piatto, come pure la presenza di un salcicciotto bisunto con un contenuto di colesterolo ai limiti del tollerabile, tanto che gli unici mammiferi che sopravvivono al secondo ingerito sono i capodogli e Giampiero Galeazzi.
  3. Poko foku: piatto unico che racchiude l'essenza universale della cucina zanzibari, infatti nella ciotola viene servito un embrione di Xenomorfo reso piccante da varie spezie.
  4. Mhumba wamba: carne cruda di talpa rosa, condita con latte di gnu inacidito e swamhit, una spezia che ha le proprietà di anestetizzare le papille gustative e rendere invisibile il composto al pancreas.
  5. Yammhe yammhe: stufato di colobo rosso, accompagnato da riso, carote e puparuoli friarelli. Quest'ultimo ingrediente, tipico della cucina campana, ha rafforzato la teoria che i primi a colonizzare Zanzibar fossero stati dei crocieristi della MSC.
  6. Batatas em faiança: pietanza di evidente origine portoghese. Viene servita in un coccio in terracotta chiuso, per esaltare l'aroma e la sorpresa che avrà il cliente. Quando quest'ultimo scopre che, per 40 euro, ha ordinato patate lesse con un trito di prezzemolo e pomodorini, usa il coperchio del coccetto per farsi breccia nella scatola cranica del cameriere.
  7. Maphekure wafitho: piatto dell'Africa centrale, tramandato verbalmente dagli schiavi ai loro discendenti. Le interiora provengono da varie forme di vita che scelgono, forse a causa del caldo eccessivo, di partecipare volontariamente alla buona riuscita della ricetta. Per rispetto della tradizione vengono cucinate a legna, in un vassoio da ostetrica.
  8. Royal Zanzy: piatto robusto per novelli Lucullo, formato da due salcicce di facocero, scampi, brasato di antilocapra, frittata di cipolle e zenzero, coscio di pollo marinato nella birra scura, alghe fritte e crauti. Durante la digestione appare frequentemente la Madonna dello Spurgo, che protegge dal pericolo dei condotti fognari intasati.
  9. Umba Makumba: sapiente accostamento di ceci, verdure, manioca, cuscus e patate dolci, amalgamati da una salsa fatta con olio di palma, pasta di tamarindo, aceto e uova di gallo. Si ottiene così un composto gustoso, ma allo stesso tempo un eccellente materiale isolante per riempire intercapedini.
  10. Make-Make: un saporito filetto di squalo al pepe, servito con canditi di dattero, germogli di soia e sacchetto per il vomito. Si digerisce solitamente il giorno di Natale, anche se è il 26 dicembre.
  11. Carne pilau: è cucinata con patate, piante grasse, cipolle, spezie, cose di colore arancione, latte di cocco e riso. La carne impiegata è tipicamente di oca giuliva, ma spesso vengono usati anche animali terrestri con andatura a zig zag.
  12. Ukulatel: zuppa di legumi con orzo, carote nere, scalogno e intonaco grattuggiato. Una volta raggiunto lo stomaco vi si annida e mette su famiglia.

Note

  1. ^ e non sarebbe fine
  2. ^ questo barcamenarsi tra idiozia e furbata è quasi irritante
  3. ^ perché così è giusto chiamarla

Voci correlate


Il mondo della cucina
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Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media.
È stata miracolata come tale il giorno 31 maggio 2015 col 37.5% di voti (su 8).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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