Gianfranco Zola: differenze tra le versioni

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'''Gianfranco Zola''' (Oliena, 1964 - [[Mai|Lunga e bella vita!]]) è un allevatore di [[calciatori]], grazie ai quali produce in abbondanza latte, formaggio, carni fresche ed insaccati.
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== La militanza nella Nuorese ==

È l'anno di grazia millenonceventottantaquattro, e Gianfranco Zola abbandona i campetti polverosi di Oliena per i campi <s>di merda</s> in [[erba]] (ma di quella buona!) di quella [[Città fantasma|grande metropoli piena di vita]] che è [[Nuoro]]. Qui hanno inizio le prime esperienze lisergiche del Nostro, suo malgrado: accadeva infatti che l'orripilante tenuta da gioco della squadra locale, {{citnec|la Nuorese, appunto}}, creata con l'improbabile accostamento dei colori verde e azzurro, fosse in grade di scatenare [[Epilessia|crisi epilettiche]] in caso di prolungata esposizione degli occhi, nei soggetti predisposti, e Zola era uno di questi. Le convulsioni, tuttavia, lo rendevano ancora più guizzante ed imprevedibile, un vero terrore per le difese di squadroni come lo Sporting Escovedu, l'Atletico Lollove e il Deportivo Samatzai. L'unico effetto collaterale era un parziale disorientamento spazio-temporale, per cui a un certo punto Zola sembrava [[Lara Croft]] quando viene guidata da uno sprovveduto che gioca a [[Tomb Raider]] per la prima volta: non si contano in quel periodo violente e ripetute capocciate contro i pali; gol falliti a porta vuota a causa di una sua repentina deviazione di 90° all'ultimo istante; vani tentativi di entrare negli spogliatoi creando un nuovo ingresso (sempre a capocciate) a fianco di quello preesistente. Fortunatamente non gli piaceva la [[pallanuoto]].

== La militanza nella Torres ==
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Versione delle 19:19, 7 nov 2011

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Il mio gatto mostra estremo interesse a leggere la biografia di Gianfranco Zola su Nonciclopedia.
« Quello lì? Non fuma, non beve, non tira di coca... Non andrà lontano: è troppo onesto! »
« Come tira bene... »
(Gianfranco Zola sul Pibe de oro)


Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Gianfranco Zola

Gianfranco Zola (Oliena, 1964 - Lunga e bella vita!) è un allevatore di calciatori, grazie ai quali produce in abbondanza latte, formaggio, carni fresche ed insaccati.

Le origini

Gianfranco Zola nasce e, com'è ovvio, strilla subito. Mentre la levatrice sta per recidergli il funicolo ombelicale, il neonato Gianfranco schizza allegri getti di urina tutt'intorno, bagnando la camera da letto dei genitori, i genitori stessi e la levatrice[citazione necessaria]. Rifila anche un potente colpo di tacco alla malcapitata levatrice, subito dopo la recisione del funicolo. Insomma, fin da piccolo, Zola esplicita in modo inequivocabile la sua irresistibile prerogativa di prendere a calci qualunque cosa si muova dinanzi a lui.

Dopo un'infanzia noiosamente tranquilla, in cui si distingue dai coetanei nel gioco della morra come segnapunti, inizia a frequentare le bettole del suo paese, dove guadagna qualche spicciolo intrattenendo i clienti con spettacolini di cabaret in cui sfodera un'insospettata abilità nell'imitazione del cinghiale.

Gli esordi

Il primo campo da calcio calcato da Gianfranco Zola.

Il giovane Zola si stanca ben presto di fare il buffone per quattro biddai beoni, e decide che per lui è giunto il momento di calcare palcoscenici ben più prestigiosi: le stradine polverose della sua Oliena, dove affronta interminabili partite di pallone che di norma iniziano alle ore quattordici, e terminano quando anche l'ultimo moccioso viene riportato a casa a suon di calci in culo dalla madre inferocita, intorno alle ore ventitrè e trenta[citazione necessaria]. In questi incontri si raggiungono punteggi tipo basket (56-44; 72-69; ma anche 115-109), ed il nostro Gianfranco è sempre l'indiscusso capocannoniere. Succede ben presto che egli, per la sua indiscussa superiorità, giochi per le prime quattro-cinque ore con una squadra, e le restanti ore con l'altra, in modo da poter avere dei punteggi il più possibile equilibrati ma anche no. Nel giro di qualche mese, però, i compagni di gioco iniziano a mostrare segni di impazienza verso Zola, perché è troppo forte per loro. Ha inizio, perciò, un antipatico periodo di mobbing, durante il quale Zola viene estromesso da ogni squadra e dirottato su improbabili mansioni quali svolgere le funzioni del palo, della traversa, della bandierina di calcio d'angolo, e addirittura anche delle righe di gesso sul campo. Il buon Gianfranco subisce ogni sopruso, apparentemente senza protestare. Ha già capito che la vendetta è un piatto che va gustato freddo.

La militanza nella Nuorese

È l'anno di grazia millenonceventottantaquattro, e Gianfranco Zola abbandona i campetti polverosi di Oliena per i campi di merda in erba (ma di quella buona!) di quella grande metropoli piena di vita che è Nuoro. Qui hanno inizio le prime esperienze lisergiche del Nostro, suo malgrado: accadeva infatti che l'orripilante tenuta da gioco della squadra locale, la Nuorese, appunto[citazione necessaria], creata con l'improbabile accostamento dei colori verde e azzurro, fosse in grade di scatenare crisi epilettiche in caso di prolungata esposizione degli occhi, nei soggetti predisposti, e Zola era uno di questi. Le convulsioni, tuttavia, lo rendevano ancora più guizzante ed imprevedibile, un vero terrore per le difese di squadroni come lo Sporting Escovedu, l'Atletico Lollove e il Deportivo Samatzai. L'unico effetto collaterale era un parziale disorientamento spazio-temporale, per cui a un certo punto Zola sembrava Lara Croft quando viene guidata da uno sprovveduto che gioca a Tomb Raider per la prima volta: non si contano in quel periodo violente e ripetute capocciate contro i pali; gol falliti a porta vuota a causa di una sua repentina deviazione di 90° all'ultimo istante; vani tentativi di entrare negli spogliatoi creando un nuovo ingresso (sempre a capocciate) a fianco di quello preesistente. Fortunatamente non gli piaceva la pallanuoto.

La militanza nella Torres