Massimo Mattolini

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Una figurina particolarmente ben riuscita.
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Massimo Mattolini
« Para ancora il giovane Mattolini. Davvero bravo questo giovanotto, ne risentiremo parlare! »
(Beppe Barletti, 19 gennaio 1974, 90° minuto, Juventus-Fiorentina 0-0.)
« Non dite mai, mai, che è colpa del calcio. Semmai del Cortex, del Micoren, della Simpamina, della Novocaina... »
(Massimo Mattolini, 12 ottobre 2009, minuti di recupero.)

Massimo Mattolini (Villaggio toscano, 29 maggio 1953 - altro villaggio toscano, 12 ottobre 2009) è stato un calciatore, di ruolo portiere. Inutile sgranare gli occhi, è stato davvero un portiere.

Conquistò la ribalta nazionale per alcune sue prestazioni che gli valsero l'eterno appellativo di saponetta, che si è regolarmente tramandato di schiappa in schiappa fino ai giorni nostri.

Ma è singolare la parabola sportiva e personale di un uomo che dalla vita ha preso, ma anche schivato, pallonate in abbondanza: vale la pena raccontarla alle giovani promesse dello sport, che magari potrebbero ripiegare su mestieri meno appassionanti ma senz'altro più sicuri.

L'esordio

La coppa in cui Nereo Rocco si faceva servire gli spritz da Mattolini.

Il giovane Mattolini era uno spilungone allampanato, con una selva di lunghi capelli ordinatamente spettinati, forse più adatto a raggiungere i ripiani più alti degli scaffali che al gioco del calcio, ma a quell'epoca non si andava tanto per il sottile: sono riusciti così a giocare in serie A elementi come Antonio Criniti e Stefano Rebonato.
Riuscì a sostenere un provino con la Fiorentina dopo aver pagato una prostituta al magazziniere, che gli lasciò aperto il cancello del campo di gioco. I Viola erano allora allenati dal grande Nereo Rocco che, dopo averlo squadrato da capo a piedi, gli chiese di portargli subito un panino col lampredotto e un bicchiere di Chianti. Grazie alle sue lunghe leve, Mattolini eseguì la commissione in un batter d'occhi. Nereo Rocco lo assunse come cameriere personale, consentendogli di accomodarsi in panchina durante le partite ufficiali: avrebbe potuto raggiungere l'omino del Caffè Borghetti in qualsiasi punto dello stadio.

Si giunse al fatidico 19 gennaio 1974: a Torino si doveva giocare Juventus-Fiorentina. Il portiere titolare dei gigliati era allora Franco Superchi, col quale era arrivato il primo scudetto in riva all'Arno qualche anno prima. Il sabato sera Superchi era rimasto vittima di un bizzarro incidente domestico: si era involontariamente seduto sul barbecue dell'albergo in cui era alloggiata la squadra dei viola. La Fiorentina si trovava così priva di uno dei suoi uomini migliori, proprio contro la Vecchia

Signora, lanciatissima verso l'ennesimo scudetto. Il "Paròn" Rocco non si scompose e consegnò la maglia numero 1 a Mattolini. Si accorse che il ragazzo, apparentemente freddo, era emozionato, di quell’emozione che può far cagare addosso. Lo fissò un istante e poi, col suo inimitabile triestino adattato all’italiano, mettendogli la maglia in mano gli disse:

« Ciò mulo, xè solo la Juventus, no star a preocuparte! »

La Juve, capolista, si era lanciata all’attacco a testa bassa dal primo minuto, la difesa viola si era fatta trovare aperta come Cicciolina in più di un'occasione, ma l'esordiente Mattolini aveva sfoderato un bel repertorio di parate, con una sicurezza quasi sfrontata. Poi, durante il momento di maggior pressione bianconera, Fabio Capello aveva schiacciato di testa a colpo sicuro dal limite dell’area piccola: sembrava un gol fatto, gli attaccanti bianconeri avevano già esultato, invece Mattolini, pungolato a tradimento nelle terga da un calabrone fuori rotta e fuori stagione, c’era arrivato con un incredibile colpo di reni. Una parata impossibile. Il culo del principiante, si disse lì per lì.
Ma non era finita lì. Durante l'intervallo l'arbitro aveva trovato nel suo spogliatoio un pacco-regalo contenente 22 Rolex d'oro accompagnato da un un biglietto che conteneva il seguente memorandum:

Belli gli orologi, vero? In cambio, ti chiediamo solo di ricordarti:
  • che esiste l'area di rigore dei nostri avversari: allargala un po' con la mente;
  • che i nostri attaccanti cadono sovente nelle aree di rigore avversarie: aiutali a riconquistare il sorriso;
  • che hai un fischietto: usalo.
Il tuo vecchio amico Pierino La Peste.


All'inizio parava bene...

Durante l'ennesimo attacco juventino, Roberto Bettega ruzzolò a terra nei pressi della trequarti, forse sgambettato da un ciuffo d'erba: l'arbitro, fino ad allora imparziale, fischiò indicando il dischetto del rigore tra le proteste dei gigliati. Solo Mattolini era rimasto impassibile. Si diresse a fondo campo e chiese informazioni sul traffico a un raccattapalle: era una brutta giornata invernale e rientrare con la neve poteva essere pericoloso. Sul dischetto si portò Oscar Damiani, il rigorista scelto della Juve, che tirò senza neanche guardare in faccia Mattolini un rasoterra angolato e preciso alla destra di quest'ultimo. Mattolini, che aveva pensato di tuffarsi a sinistra, fu spinto nella direzione opposta da una repentina folata di vento e incocciò il pallone, riuscendo anche ad evitare il corner. L'incontro si concluse 0-0 e Mattolini fu consacrato eroe di Torino.

Il secondo esordio

Tornato disponibile Superchi, Mattolini riprese a servire da bere a Nereo Rocco. Nei due anni che seguirono si specializzò in cocktails, long drinks e frullati, divenendo un idolo dei compagni di squadra. Ma non giocò neppure un minuto. Poi giunse il 1976: Superchi fu ceduto all'Hellas Verona e Mattolini poté finalmente disputare il suo primo campionato da titolare. Gli inizi furono promettenti e la Fiorentina viaggiava nelle zone alte della classifica. Il 12 dicembre al Comunale di Torino si giocò Juventus-Fiorentina. Per Mattolini era il passato che tornava. I padroni di casa, in piena lotta-scudetto, attaccarono a testa bassa i viola, ma Mattolini, in giornata di grazia, parò tutto il parabile, compresa una tortora all'incrocio dei pali e tutte le arance che piovevano dalla curva juventina. Ancora una volta fu 0-0 e ancora una volta Mattolini fu acclamato eroe di Torino.

== Quando tutto

scivolò ==

...poi la situazione gli sfuggì di mano.

La carriera di Mattolini andava assumendo i tratti di una favola a lieto fine: ricevette l'appellativo di portiere di ghiaccio non tanto per il suo carattere freddo quanto per la nota abilità nel preparare cocktails; qualcuno azzardava paragoni col mitico Sarti o con l'impareggiabile ragno nero Cudicini... Si giunse al 10 aprile 1977, quando la Juve calò a Firenze. Per Mattolini non doveva essere un problema, a lui i gobbi portavano bene: contro di loro non solo non aveva mai perso, ma non aveva neppure subito gol.
Al termine del primo tempo, come da tradizione, la Juventus non era riuscita a segnare e sembrava profilarsi l'ennesimo 0-0. Nella ripresa il destino cambiò strada: il giovane Cabrini crossò dalla sinistra, Bonimba saltò fuori tempo, mancando la palla e mandando Mattolini a gambe all'aria. La sfera rimbalzò dolcemente in fondo al sacco. Pochi minuti e su un angolo Mattolini smanacciò maldestramente, la palla scese sul limite dell’area dove Benetti decise di calciarla al volo, sbattendo in rete la stessa e Mattolini con un tiro di potenza omicida. Ancora la Juve all’attacco, Cuccureddu da destra sparò fortissimo, la palla filava a venti centimetri da terra, Mattolini tentò la parata ma la sfera gli sgusciò dalle mani con un suono sinistro[Sguishhh!] e Bettega segnò ancora: Fiorentina-Juventus 0-3 fu il risultato finale. Per un anno intero Mattolini non ebbe bisogno di comprare frutta e verdura.

Da quel momento in poi, tutti i gol subiti dalla Fiorentina furono automaticamente considerati colpa di Mattolini, che fu quindi ceduto al Napoli, che lo girò di gran carriera al Catanzaro, che lo rifilò al Foggia, che lo scaricò presso il Padova, che lo sbolognò alla Sambenedettese, che lo dimenticò a Catania durante una trasferta colà. Qui Mattolini chiuse mestamente la carriera nel 1987, dopo aver contribuito fattivamente alla retrocessione di tutte le squadre in cui aveva militato, in un crescendo rossiniano di papere, errori e figuracce tale da chiedersi se a un certo punto non lo facesse apposta. Niente più paragoni con Sarti, niente più ragno nero. Una carriera stroncata sul nascere e la nomea perenne di saponetta. Un disastro. No, questa non è una storia a lieto fine e quelli che ci scherzano sopra farebbero bene a spararsi.

Cos'era accaduto?

I problemi iniziano nel 1978, ma già dal 1980 la situazione si fa irrecuperabile.
Mattolini e il suo inseparabile berretto. Non lo riparò da violente piogge di gol.

Nessuno lo sapeva, nemmeno Mattolini, ma su di lui gravava una sorta di maledizione. Nonciclopedia lo sa perché si informa. Mattolini aveva tra i suoi antenati nientemeno che Sansone, quello di "Muoia Sansone coi Filistei". La sua forza risiedeva nei suoi lunghi capelli, come per il suo illustre avo. Non fu colpa della Dalila di turno, in questo caso: poco più che ventenne, Mattolini fu colpito dalla calvizie e le sue prestazioni ne risentirono negativamente. In pochi anni fu vittima di papere che lo resero beniamino degli attaccanti avversari e spauracchio dei propri compagni di squadra. A nulla servì nascondere la pelata, che avanzava inesorabile, con le coppole sottratte nottetempo a Brian Johnson prima e a Luca Sardella poi. Il rendimento di Mattolini calò progressivamente man mano che la calvizie avanzava, ma nessuno fu in grado di capirlo: si riteneva che il giocatore fosse semplicemente "un po' fuori forma", quindi fu sottoposto, come tanti suoi colleghi, a continui cicli di terapie di supplementazione vitaminica che sì, potevano alla lunga provocare pochi e risibili effetti collaterali, ma facevano filare i calciatori come treni.

Nooo, non c'è il lieto fine!

Mattolini è prematuramente scomparso il 12 ottobre 2009. Ha raggiunto altri compagni di squadra di quella Fiorentina nella quale aveva esordito. Stando a dichiarazioni non confermate di San Pietro, quando (tra non molto, di questo passo) la rosa sarà completa nell'aldilà, verrà organizzata una grande sfida tra Apostoli e Vecchie Glorie Viola. Lo stesso San Pietro avrebbe però precisato:

« E mi raccomando, eh! Qui i controlli antidoping li facciamo sul serio! »

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