Indie: differenze tra le versioni

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Versione delle 01:43, 11 apr 2011

Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Musica indie


Risponderò solo in presenza del mio avvocato!

Lui conosce metodi molto più convincenti dei miei per spiegarti che qui non sei il benvenuto. Sento la necessità impellente di mandarti gentilmente qui, ma il mio amico immaginario Babbi l'orsetto mi suggerisce di mandarti qui.

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Disambiguazione – Magari hai fumato troppo. Se cercavi L'India, vedi India.
Questo non è un indie rocker.
« L'indie non è una moda. Indie vuol dire indipendente, individuale... ora scusa, ma devo cancellare dall'iPod tutto ciò che negli ultimi 7 giorni è diventato mainstream sennò sai che figura che ci faccio al circolo ARCI. »
(Indie offeso che filosofeggia sull'essere indie)
« Mah respirare ormai è mainstream... »
(Un indie 90 secondi prima della sua morte)
« Ah ma non è quella musica con tutte quelle melodie indiane e robe simili? »
(Un poveraccio che non sa che fra pochi istanti non meno di 25 indieboys infoiati gli faranno un'interminabile supercazzola sull'indie.)

Secondo le statistiche del Pentagono, il movimento indie rappresenta attualmente una delle maggiori minacce per la popolazione mondiale, oltre a cinesi, musulmani, alieni comunisti, manga, anime e il 2012. Chi aderisce a tale sottocultura presenta segni inconfondibili quali taglio di capelli da scappato di casa, vestiario non troppo dissimile da quello di Lucio Dalla a fine anni 70[1], un livello di spocchia tale da far esplodere le cervella a qualunque persona normale, e un fondamentalismo religioso-musicale che si concretizza nell'adorazione di band di grandissima statura artistica e originalità ma ciononostante sottovalutate dal grande pubblico[citazione necessaria], in contrapposizione al corrotto e malefico mainstream ascoltato in massa dallo stesso grande pubblico.

Origine

Questo sì purtroppo.

Il movimento indie nacque quando l'immigrato Apu Nahasapeemapetilon[2] decise di mettere su una band con alcuni amici; presero così il nome di Culto di Ganesha. Ovviamente i mezzi economici erano decisamente scarsi, e dovettero quindi procurarsi strumenti di seconda mano, microfoni anni '30 e amplificatori che andavano in feedback al minimo battito di ciglia di uno qualunque dei componenti della band. Il look della band constava di camice di flanella tipo camionista, pantaloni attillatissimi perché erano 16 anni che non trovavano i soldi per comprarsene di nuovi, e coloro che soffrivano di difetti di vista portavano gli occhiali dei loro nonni; nascondevano inoltre il pessimo lavoro fatto dai loro parrucchieri con dei cappelli comprati al mercatino cinese.
La band fu notata da dei discografici che gestivano una piccola etichetta indipendente.[3] Tali individui altro non erano che degli intellettuali snob che praticavano il culto di Scaruffology, secondo il quale dietro una band dal sound cacofonico e incomprensibile c'è un incommensurabile valore artistico. Non vedevano quindi l'ora di mettere sotto contratto tale band, evidentemente parte della scena underground.[4] Il demo da loro poco dopo pubblicato suscitò grande ammirazione da parte degli intellettualoidi locali, che iniziarono a seguire entusiasticamente questo talentuoso ed emergente gruppo. Il loro seguito aumentò al punto che il primo disco vero e proprio vendette la bellezza di 500 copie. I fan della prima ora non vedettero bene questo successo[5], e gridarono immediatamente al tradimento, accusando i musicisti di essersi venduti. Ma poco importa: pian piano sorsero altre band che ricalcavano l'originalissimo sound dei Culto di Ganesha ed ebbero una storia molto simile alla loro: fu così che il movimento indie si diffuse a macchia d'olio in tutto il mondo, e che nessuno ha ancora capito se indie sta per indipendente o indiano.

La diffusione della calamità

Tipico esemplare di indie mentre frequenta un social network. Da notare il marchio Microsoft a sottolineare il suo rifiuto per le multinazionali.

Pian piano il Verbo ha iniziato ad avere più ampia diffusione, approdando perfino alle tanto odiate major ed avendo così la possibilità di

avere più visibilità su grossa scala. C'è un filo conduttore tra la presunta indipendenza di tale sottocultura e il suo penetrare all'interno delle major e del mainstream. C'è un filo conduttore tra il disprezzo degli indie boys verso il mainstream e gli artisti venduti e il fatto che continuino a seguire gruppi indie messi sotto contratto dalle major e che passano spesso su eMpTyV. C'è un filo conduttore tra l'individualità di cui si fa portavoce il movimento indie e il fatto che se non ascolti certa musica, non ti vesti in un certo modo e non hai certi comportamenti non sei degno di considerazione. C'è un filo conduttore, ma al momento mi sfugge.[citazione necessaria]

Negli ultimissimi anni la moda indie[6] si sta diffondendo a macchia d'olio, contagiando coloro che precedentemente aderivano ad altre sottoculture, quali emo, truzzi, metallari e rapper, tanto che il Pentagono ha elaborato una teoria secondo la quale si tratta in realtà di sonde anali aliene atte a controllare la popolazione. Attraverso il rincoglionimento dovuto allo stesso stile di vita degli indie[7] e l'indossare jeans attillatissimi, sarà quindi possibile assoggettare una popolazione umana rimbecillita e non più in grado di procreare. Secondo invece il Grande Saggio delle montagne di Implingard è solo una moda passeggera come un'altra, e si esaurirà nel giro di pochi anni. Non senza aver causato danni permanenti alla coscienza collettiva del genere umano, beninteso.

Gli indie e i social network

« La bellezza è l'unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed è un possesso per tutta l'eternità. »
(Post di un indie su un social network. Non preoccupatevi se non capite una ceppa, non siete idioti. Nemmeno lui sa cos'ha scritto, ma ha pensato che facesse figo.)

L'arma più terribile di cui si servono attualmente gli indie sono i social network, luoghi nei quali riversano le perle della loro illuminata saggezza, se possibile rendendole inaccessibili a terzi perché dare perle ai porci è mainstream.

Musical-indie-tà

« Suonano come se i Kraftwerk avessero incontrato Morrissey al Bar Mitzvah di Thom Yorke e avessero costruito un robot che sembrava un incrocio tra David Byrne e Neil Young del periodo di Harvest, e il robot era diventato troppo intelligente e aveva iniziato a distruggere tutto, e gli unici che potevano fermarlo erano i Pixies, ma per distruggerlo dovevano sacrificare le loro vite, e poi 20 anni dopo i Portishead e i Yo La Tengo ci hanno fatto su un album tributo... Solo che sono più ballabili e si mettono sempre queste maschere da animale e suonano solo cover di canzoni da The Labirynth. »
File:BethDitto The Gossip.jpg
Per una cantante indie la bellezza è mainstream.

Caratteristica fondamentale comunità indie è quella di annunciare istericamente almeno 3 volte all'anno "Il Miglior disco della storia del Rock" oppure "La band che cambierà la storia della musica" facendo riferimento al disco di esordio di un gruppo conosciuto solo nelle isole Tonga, disco di cui naturalmente ci si dimenticherà 2 settimane dopo l'uscita. Un buon 80% delle indie-band è indicata all'esordio come la "necst big fing", per cui è spontaneo chiedersi se usare tale espressione porti sfiga alle band emergenti, o se semplicemente quando qualcuno vuole diventare indie sia sottoposto ad un rituale durante il quale gli vengono graffettate due fettone di prosciutto San Daniele sugli occhi.

La conoscenza musicale media di un indie spazia dall'indie pop all'indie thrash metal passando per l'indie alternative rock, l'indie symphonic depressive industrial catarrhal black metal e l'indie elettronica. Da ciò si evince anche che la parola indie è lì per bellezza, e che nel genere indie vengono ammassati gruppi senza un minimo filo conduttore, basta che sembrino indipendenti. In genere, se parli con un indie, egli ti citerà sicuramente gruppi tipo gli White Lies o i Joy Division, che sicuramente erano i migliori nei loro primi 3 album[8], oppure i Sonic Youth oppure ancora quel gruppetto sconosciuto di cui non sai il nome ma che si veste male come te quindi è OK.


La disputa Muse - Radiohead

Chi non vorrebbe essere come loro, eh?

Come noto a tutti gli hipster del quarticciolo, nel corso degli anni si sono delineate due fazioni ben precise nel mondo degli ascoltatori indie: quella pro-Muse e quella pro-Radiohead. Il vero indie obbligatoriamente dice sempre che una delle due band è sottovalutata e l'altra è commerciale mainstream venduta alle major, e che l'una abbia copiato dall'altra. Obbligatoriamente. Infatti ambedue sono gruppi talmente poco commerciali che l'una compose l'OST di Twilight, notissimo film non commerciale, e l'altra collaborò per quasi tutta la sua carriera con la celebre etichetta di nicchia EMI, ovviamente totalmente esclusa dalla scena mainstream; due simboli dell'indipendenza dalla commercializzazione moderna, ovviamente.
Ma come si distinguono gli appartenenti ad una fazione rispetto ad un altra? Ecco qui di seguito due esempi di argomentazioni della propria posizione:

« Io amo i Muse. Li ho seguiti sin dagli inizi, ho tutta la loro discografia, peccato siano sottovalutati. Cioè, fanno delle canzoni troppo belle, rispetto alla scena mainstream di oggi. Tipo l'ultimo disco non mi è piaciuto molto, perché temo si stiano un po' svendendo, ma i Muse del primo periodo sono stupendi, riescono a suscitare sentimenti particolari come nessun altro riesce a fare e non sono venduti alle major come i Radiohead. Ma io poi non capisco cosa ci trovino di bello in loro, si sono venduti subito e fanno canzoni che cioè si vede che sono commerciali, addirittura trasmettono i loro video su MTV! »
(Indie pro-Muse)
« Io amo i Radiohead. Li ho seguiti sin dagli inizi, ho tutta la loro discografia, peccato siano sottovalutati. Cioè, fanno delle canzoni troppo belle, rispetto alla scena mainstream di oggi. Tipo l'ultimo disco non mi è piaciuto molto, perché temo si stiano un po' svendendo, ma i Radiohead del primo periodo sono stupendi, riescono a suscitare sentimenti particolari come nessun altro riesce a fare e non sono venduti alle major come i Muse. Ma io poi non capisco cosa ci trovino di bello in loro, si sono venduti subito e fanno canzoni che cioè si vede che sono commerciali, addirittura trasmettono i loro video su MTV! »
(Indie pro-Radiohead)

Da notare la profonda differenza di ideali e di come ambedue i gruppi siano totalmente privi di cliché, nonché le argomentazioni dei funboy, dallo stesso valore di Som kirghizo. Due gruppi musicali veramente indipendenti, insomma.

Vestiario dell'indie

File:Indie.jpg
Cioé, è troppo alternativo

Ecco cosa un indie deve avere:

  • Occhiali Ray-Ban Wayfarer, Caravan o Aviator, oppure Carrera di plastica per acquistare un aspetto da svegliatodopolasbornia come se non ce l'avessero già. Se sei una ragazza vanno bene anche gli occhialetti del cinema 3D senza lenti, che ti danno un'aria troppo indipendente.
  • Capelli di media lunghezza mossi o lisci[9], e che probabilmente sono stati tagliati dallo stesso indie perché il suo barbiere era troppo mainstream. Nei maschi devono essere rigorosamente sporchi e unti mentre ragazze amano portare i capelli spettinati per ostentare la loro aria da donne vissute.
  • Magliette di colori osceni spaccaretine, quali il viola magenta o il blu elettrificato tendente all'arancione, spesso coperte da un cardigan della nonna e/o da un maglione a quadri. Sicuramente nel loro guardaroba c'è anche una T-Shirt di celebri gruppi indie quali i "Fallout Dogs" oppure i "Romantics without flowers", o comunque roba conosciutissima nella scene indie.
  • Skinny jeans con il risvoltino della mamma (così tanto stretti da impedirti la circolazione nelle gambe) o pantaloni femminili (nel caso tu sia maschio) abbastanza stretti che vanno da quelli di lana fino ai pantaloncini da attività fisica indossati la sera prima di andare a letto e che non si cambiano mai.
  • Le scarpe sono quasi sempre All-Stars, Vans old skool, Superga e scarpe simili ovviamente dall'aspetto bellissimo e di marche totalmente indipendenti.
  • Le donne generalmente usano borse della nonna che le fanno sembrare pastorelle bergamasche, i ragazzi tracolle assurdamente piccole dalla dubbia utilità, nelle quali probabilmente non ci sta neanche un pacchetto di sigarette, ma tanto il vero indie se le rolla da solo, comprarle dal tabaccaio è troppo mainstream.

Dizionario indie-italiano

Di seguito sono riportate alcune delle parole più usate all'interno della comunità indie, cosicché non avrete l'impressione che vi stiano parlando in ungherese.

  • Mainstream: tutto ciò che non è indie. L'elenco di tutto ciò che è mainstream è reperibile nel Sacro libro dell'indie.
  • Scene: l'insieme di band sconosciute a tutti[10] e che solo gli indie ascoltano.
  • Sellout: venduto. Appellativo dato a qualsiasi band che venda più di 2 dischi.
  • Sopravvalutato: aggettivo diretto a qualsiasi genere o band musicale finora mai esistito. A meno che non abbia la parola indie nel nome, quello cambia tutto.
  • Wasted: si dice di indie in condizioni psicofisiche paragonabili a quelle di Vasco Rossi. Anche se il più delle volte la sera prima hanno giocato a domino in famiglia e raccontano chissà cosa solo per fare gli uomini vissuti.

Note

Template:Legginote

  1. ^ Solo con un cattivo gusto superiore di almeno 30 volte tanto.
  2. ^ Per l'appunto, indiano
  3. ^ Quando dico piccola intendo che il quartier generale era nel garage della nonna di uno di loro e che l'unico gruppo compreso nel roster dell'etichetta era il gruppo messo su dai figli dodicenni dei dirigenti.
  4. ^ Per essere underground lo erano, infatti suonavano sempre negli scantinati o nelle fogne.
  5. ^ Si trattava in realtà di pura e semplice invidia
  6. ^ Aspetta... moda? E indie dovrebbe voler dire indipendente e individuale? Muhuahahahahahah!
  7. ^ In realtà sono wasted di loro, quando raccontano di aver fatto chissà che cosa è tutta una balla... aspetta, l'ho già sentita...
  8. ^ anche se ne hanno fatti a malapena 2
  9. ^ Basta che tu ci abbia dormito una notte sopra
  10. ^ Anche a Piero Scaruffi

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