Utente:Retorico/sandbox: differenze tra le versioni

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==La prigionia==
==La prigionia==
[[File:Tomba di Gramsci.jpg|thumb|right|270px|Antonio Gramsci in una foto recente.]]
[[File:Tomba di Gramsci.jpg|thumb|right|300px|Antonio Gramsci in una foto recente.]]



Versione delle 01:33, 25 mar 2011

Il partito approva questo utente, soprattutto quando si scola mezza bottiglia di vodka e inizia a cantare:

☭ ... Москва не делать глупых этот вечер ... ☭
(Mosca nun fa' la stupida stasera)


« Cara Madre, sai che ho sempre difeso le mie opinioni, anche quando esse erano contrarie alla tradizione e alla pentola a pressione. Sono in carcere ed è dura, ma sarei disposto a dare anche la vita per un po' di pinzimonio e un margarita. Vorrei consolarti di questo dispiacere che ti ho dato, ma non posso: la vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro onore e la loro dignità di uomini. In poche parole, oltre che comunista sono pure finocchio. »
(Gramsci in una toccante supercazzola dal carcere alla madre.)


« Voi fascisti porterete l'Italia alla rovina, e a noi comunisti spetterà salvarla! »
(Gramsci su previsioni azzeccate)


Non esistono foto che ritraggano Gramsci in posti diversi dalla galera, dall'ospedale o dentro una bara.


Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Retorico/sandbox

Antonio Gramsci (Ales 1891 - Sandria 1937) è stato un politico, giornalista, critico letterario e filosofo italiano noto per aver dato un'impronta comune a tutte le attività svolte: la noia mortale.
Considerato il padre nobile del Partito Comunista Italiano e il sopramobile della cultura di sinistra, scrisse migliaia e migliaia di pagine sui più svariati argomenti senza che nessuno glielo avesse chiesto e per questo motivo fu incarcerato dal regime fascista che tutto sopportava meno che si scrivessero delle pagine non richieste.

Vita e studi

Infanzia e adolescenza

Di salute cagionevole fin dal concepimento, alla nascita pesa due etti e ha già la tisi, la tubercolosi e il gomito della lavandaia. La religiosissima madre, commossa, promette a San Crispino - che nessuno in paese si cagava - di costruirgli un santuario sulla falsariga di quello di Lourdes se solo un fulmine avesse incenerito il piccolo Antonio portando via quello sgorbio della natura dalla sua vista. Il padre, più pragmatico, dichiara:

« In un uomo non è importante l'aspetto fisico, ma come si pettina. »

Quando all'età di sei anni il numero di malattie e malformazioni di Gramsci supera il quarantaduesimo numero di Fibonacci i genitori pensano seriamente che possa essere la reincarnazione di Leopardi e decidono di iscriverlo a scuola immaginando per lui un futuro radioso.
In effetti, a parte i gavettoni di piscio, il periodo scolastico è tra i più felici per Antonio: di figa manco a parlarne e la masturbazione resa difficoltosa dalle mani anchilosate, si butta a capofitto nello studio raggiungendo risultati a dir poco brillanti.
Ottenuta la maturità classica col massimo dei voti, gli viene offerta una borsa di studio per l'Università di Torino alla quale la madre[1] lo convince a non rinunciare.

L'Università

Alto un metro e un peto, i capelli di Caparezza e gli occhiali di John Lennon, diventa presto il pupazzo dell'Ateneo.
Per mesi soffre in silenzio sopportando le mille angherie quotidiane e sfogandosi solo velatamente nelle prime lettere alla madre:

« Madre mia, qui a Torino è bellissimo, tutti mi amano e nessuno mi prende per il culo perché sono brutto, storto e secchione. Davvero, nessuno! Ok, qualcuno. »
(Gramsci in Farloccate da Torino alla madre - Ed. Pinocchio)

Ha la fortuna di condividere il corso di studi con un altro studente proveniente dalla Sardegna, Palmiro Togliatti, il quale lo prende sotto la sua ala protettrice per poterne abusare in esclusiva.
I due futuri comunisti seguono con attenzione le lezioni del liberista Luigi Einaudi e leggono avidamente l'altro liberista Benedetto Croce, in entrambi i casi non capendo un cazzo di quello che dicono i due pensatori.

Il pensiero

Fausto Bertinotti cerca di districarsi fra i pensieri di Gramsci.


Imbevuto delle opere dei maestri Einaudi, Croce, Marx e Yellow Kid, matura una confusione che la metà basta. Siccome il pensiero degli altri non lo capisce, decide di averne uno tutto suo e comincia a inventare definizioni a caso che riempie di contenuti a vanvera.
Sviluppa quindi i concetti di Materialismo storico, Coscienza di classe e Alluce valgo, che diventeranno presto la base teorica del comunismo italiano.

È il primo intellettuale ad affrontare con coraggio la Questione meridionale come dimostrano le parole pronunciate alla Quarta Internazionale Socialista:

« La Questione cosa? »
(Gramsci)

La fondazione del PCI

Andato a puttane il cammino universitario "a causa dei problemi di salute" - dice lui - "a causa della sua zucca vuota" - dicono i professori, è costretto ad arrangiarsi alla bella e meglio.
Lavorare non può, rubare non sa, non gli resta che darsi alla politica iscrivendosi al Partito Socialista.
Invece di ringraziare la Madonna di essere stato accettato in un partito che gli avrebbe concesso di mangiare a sbafo per il resto della sua vita[2], si mette in testa di sobillare gli operai delle fabbriche inneggiando alla rivoluzione bolscevica; non avendone ben chiaro il concetto, lo fa usando le parole di Benedetto Croce, peraltro a pera.

« Te ne vai da solo o dobbiamo mandarti via a calci nel culo? »
(Il Partito Socialista a Gramsci)

Si trova quindi, da un giorno all'altro, senza un uditorio sul quale riversare i suoi divertentissimi aforismi e va in paranoia totale: comincia a tenere discorsi allo specchio applaudendosi da solo dopo essersi messo un fazzoletto rosso al collo per non riconoscersi, poi piange ininterrottamente per delle settimane.
Lo salva ancora una volta Togliatti che gli propone di fondare un partito tutto loro, senza la rottura di coglioni di un'idea alla base.

« Con la mia intelligenza e la tua stupidità andremo molto lontano. »
(Togliatti a Gramsci)

L'arresto

Su suggerimento di Togliatti, i due fenomeni si buttano sull'antifascismo raccattando per strada una ciurma sempre più numerosa di disgraziati che in capo a due mesi sono tutti in galera. Tutti tranne Gramsci di cui i fascisti nemmeno sospettavano l'esistenza.
Trovatosi ancora una volta solo come un cane, per dare un senso alla sua vita, cerca in tutti i modi di farsi arrestare anche lui facendosi beccare mentre disegna i baffi a Mussolini nei manifesti o facendo le pernacchie ai comizi di Starace, ma nessuno se lo fila. Gli ci vuole il furto con scasso di una bottiglietta vuota di bagnoschiuma per finire finalmente in prigione.

La prigionia

Antonio Gramsci in una foto recente.


Condannato a tre giorni di carcere duro, tenta il suicidio per passare da martire politico ma inspiegabilmente fallisce pur avendo escogitato ingegnosi metodi come sgozzarsi con un grissino, tagliarsi le vene con un rasoio elettrico e impiccarsi con due spaghetti n. 3 al dente legati stretti stretti tra loro.
Scontati i tre giorni finge di essere una zecca per non essere scarcerato. L'inganno riesce così bene che viene dimenticato in cella per dieci anni.
Scongiurato il rischio di tornare libero, comincia a scrivere come un forsennato: I Quaderni dal carcere, Le Lettere dal carcere, I Numeri dal carcere, Le Radici quadrate dal carcere, Le Poesie dal carcere, discettando su tutto lo scibile umano con la chiarezza del mare di Rimini e la linearità del labirinto di Dedalo.
I destinatari delle sue lettere sono la moglie, la cognata, la madre, la nonna, la zia, la cugina della zia e la suocera del cognato, oltre che i compagni di partito e i compagni del calcetto. Dopo dieci anni di cassette della posta riempite dalle lettere dal carcere di quello spaccamaroni di Gramsci, implorano il Duce che gli conceda la grazia a patto che la smetta di scrivere.
Graziato da un Mussolini intenerito, viene portato dalla prigione direttamente in ospedale che tanto con Gramsci non era mai una mossa azzardata. Appena arrivato i medici gli diagnosticano la gotta, gli orecchioni, il morbo di Gehrig, il colpo della strega e un tumore agli occhiali.
Per risparmiare tempo lo ricoverano direttamente due metri sotto terra.
Muore a causa di un fastidiosissimo prurito dietro il ginocchio nel 1937, all'età di 1937 anni.

L'eredità di Gramsci

Se dal punto di vista materiale l'eredità che Gramsci lasciò alla moglie e ai figli si limitò a un paio di ciabatte e un pezzo di pane duro trovato nelle sue tasche al momento della morte, sul versante spirituale il vuoto lasciato da Gramsci fu incolmabile per la cultura italiana di sinistra e non fu più riempito, se non con un mandarino, fino all'avvento di Alba Parietti.
Ciononostante egli fu un punto di riferimento costante per tutte le amministrazioni pubbliche che avevano finito i personaggi a cui dedicare le vie cittadine.

Curiosità

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  • La famiglia Gramsci era di origine albanese. Il nome Gramsci, in albanese antico, significa inspiegabilmente Gramsci.
  • Era sposato con una ragazza di Mosca di nome Ignazia, detta la russa, dalla quale ebbe due figli, Mimì e Cocò.
  • All'epoca del delitto Matteotti Gramsci fu il primo ad accusare dell'omicidio il commissario Calabresi.
  • Quando il PM nell'arringa finale del processo a Gramsci disse Bisogna impedire a questa testa di pensare per vent'anni, non si riferiva a Gramsci ma parlava dei cazzi suoi.

Note

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  1. ^ Che non lo sopportava più e voleva toglierselo dalle palle a tutti i costi!
  2. ^ Per quanto breve si prospettasse.

Voci correlate