Ulisse

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Villa del Casale di Piazza Armerina

Ulisse (dal latino Ulyssēs) o Odisseo (pronunciato /odis'sεo/ o alla latina /o'disseo/[1]; dal greco Template:Polytonic, Odysseus) è un personaggio della mitologia greca. Originario di Itaca, è uno degli eroi achei descritti e narrati da Omero nell'Iliade e nell'Odissea, celeberrima opera letteraria, quest'ultima, che dal suo protagonista prende il nome.

il nome e la sua vera storia

Il vero nome di questo eroe era Odisseo, nome dal significato formidabile datogli dal nonno Autolico, che aveva previsto quanto il nipote avrebbe combattuto nella vita (Odissèus significa "Colui che è odiato" o "colui che odia"). Ulisse, epiteto datogli dai Romani (reso celebre da Livio Andronico), che significa "Lo Zoppo" in riferimento ad una ferita riportata alla coscia in una battuta di caccia, è la "personificazione" dell'astuzia, del coraggio, della curiosità e dell'abilità manuale. Figlio di Anticlea e di Laerte, da parte materna Ulisse è nipote di Ermes.

Le versioni della guerra di Troia

   La stessa cosa ma di più: Guerra di Troia.

Esistono diverse versioni di tale racconto:

  • Secondo Apollodoro, Ulisse crea il progetto del cavallo ma è Epeo, famoso artista a costruirlo prendendo il legno dal sacro monte Ida.[2]
  • Secondo Igino, Epeo, figlio di Panopeo sotto l'aiuto di Atena riuscì a costruire la creazione senza l'aiuto di Ulisse.[3]
  • Secondo Tzetze, Prilide propose sotto la guida di Atena l'idea del cavallo di legno ed Epeo fu ben lieto di creare tale opera. Ulisse ne prese tutto il merito.[4]
  • Secondo Pausania, il cavallo di legno era semplicemente una macchina bellica con la quale i greci attaccarono le mura e le distrussero.[5]
  • Secondo Virgilio per quanto riguarda il dono ricevuto, si pensava fosse di Atena perché Odisseo e Diomede avevano derubato il tempio della dea.[6] Ma Ulisse aveva consacrato il cavallo ad Atena per evitare la sua collera.[7]

Da Itaca e ritorno

Gli amori di Ulisse e Calipso, dipinto di Jan Brueghel il Vecchio, Londra, Johnny van Haeften Gallery
Ulisse si presenta a Nausicaa sulla spiaggia, dipinto di Pieter Lastman, 1617, Monaco, Alte Pinakothek

Re di Itaca, figlio di Laerte (anche se una tradizione lo vuole figlio di Sisifo) e di Anticlea, sposo di Penelope, padre di Telemaco, Ulisse vorrebbe ritornare agli affetti familiari e alla nativa Itaca dopo dieci anni passati a Troia a causa della guerra (suo è l'espediente del cavallo di legno che permette di sbloccare la situazione), ma l'odio di un dio avverso, Poseidone, glielo impedisce. Costretto da continui incidenti e incredibili peripezie, dopo altri dieci anni, grazie anche all'aiuto della dea Atena, riuscirà a portare a compimento il proprio ritorno a casa.

Le tappe del ritorno (in greco nostos) sono dodici, numero degli insiemi perfetti. Si alternano tappe in cui l'insidia è manifesta (mostruosità, aggressione, morte) a tappe in cui l'insidia è solo latente: un'ospitalità che nasconde un pericolo, un divieto da non infrangere. Dopo la partenza da Troia, Ulisse fa tappa a Ismaro, nella terra dei Ciconi, per fare bottino. Qui risparmia Marone, sacerdote di Apollo, che gli dona quel vino forte e dolcissimo che gli tornerà utile nella grotta di Polifemo. Seconda tappa nella terra dei Lotofagi, ospitali ma insidiosi: offrono infatti ai compagni di Odisseo il loto, un frutto che fa dimenticare il ritorno, costringendo l'eroe a forzarli per farli salire sulle navi.

La terza tappa è nella terra dei Ciclopi. Qui Odisseo, insieme ad alcuni compagni, entra per chiedere ospitalità nella grotta di Polifemo, figlio di Poseidone, rischiando invece di trovarvi la fine del viaggio: sei compagni vengono infatti divorati dal Ciclope e solo grazie alla sua astuzia Odisseo riesce a evitare l'insidia. Egli infatti, fatto ubriacare il ciclope con il vino donatogli da Marone, lo acceca; così, mentre Polifemo porta a pascolare le capre, Odisseo ed i suoi compagni superstiti ci si nascondo sotto e riescono a fuggire. Giunge quindi nell'isola di Eolo, dio dei venti, da cui viene ospitalmente accolto ricevendo in dono l'otre dei venti, accompagnato da un divieto da non infrangere: nessuno dovrà aprire l'otre. Saranno i compagni però che, invidiosi del dono dell'ospite, ormai in prossimità di Itaca, approfittando del sonno di Odisseo, apriranno l'otre scatenando i venti che risospingeranno la nave al largo.

Quinta tappa presso i Lestrigoni, mostruosi quasi quanto i Ciclopi. Anche qui Odisseo perde alcuni compagni e molte navi, ma riesce a salvarsi. Giunge poi nell'isola di Circe, una maga seducente che trasforma i compagni di Odisseo in porci. Grazie all'aiuto di Ermes, che gli dà una misteriosa erba quale antidoto alla maledizione della maga, l'eroe riesce ad evitare l'insidia e costringe Circe a restituire ai compagni sembianze umane. Dopo l'avventura di Circe, Odisseo - su indicazione della stessa maga - si accinge a una nuova prova, la catabasi nel regno dei morti. Lì riesce a entrare in contatto con le figure dei compagni perduti durante la guerra di Troia, con la madre e con l'indovino Tiresia, che gli presagirà un ritorno luttuoso e difficile, invitandolo a guardarsi dal toccare le vacche del Sole iperionide.

Rimessosi in rotta Ulisse dovrà vedersela ancora con le pericolose sirene, i mostri Scilla e Cariddi e con la disubbidienza dei propri compagni che non riescono a frenare la voglia di banchettare con le attraenti mucche. Per questo Odisseo racconta di essere stato per nove giorni in balia di terribili tempeste scatenate da Zeus, da cui riuscì a scampare grazie all'arrivo sull'isola di Ogigia dove incontra Calipso. Odisseo giunge quindi nella terra dei Feaci a cui racconta lo stratagemma del cavallo di Troia. L'eroe è dunque riaccompagnato dai Feaci a casa con abbondanti doni, e dopo essersi rivelato al figlio e al fedele Eumeo si reca alla reggia dove si fa accogliere come un mendicante. Qui, schernito ripetutamente dai tracotanti Proci, partecipa alla gara di arco organizzata da Penelope, che aveva promesso di consegnarsi in sposa a colui che sarebbe riuscito a scoccare una freccia dal pesante arco del marito facendola passare per le fessure di dodici scuri allineate. Nessuno dei pretendenti riesce anche solo a tendere l'arco, e così Odisseo chiede di poter fare un tentativo. Sotto gli occhi torvi dei Proci, dopo aver scaldato l'arma sulla fiamma, Odisseo riesce perfettamente nell'impresa di tendere l'arco e scoccare. A questo punto, spalleggiato da Atena, non gli rimane che scatenare la vendetta che aveva attentamente preparato con Eumeo, Filenzio e il figlio.

Le possibili morti di Ulisse

La strage dei pretendenti, disegno, 1882, Illustrazione da Schwab Gustav

Nel libro undicesimo dell'Odissea, l'indovino Tiresia predice il futuro del re itacese infatti gli predice una morte "Ex thalos" che vuol dire "dal mare" o "lontano dal mare" . Una volta uccisi i Proci, ripartirà verso terre lontane, ai confini del regno di Poseidone ossia oltre le Colonne d'Ercole. Giungerà ad una terra dove non si conoscono il mare e le navi, dove non si condiscono i cibi col sale. Quando un viandante scambierà il remo di Ulisse per un ventilabro, potrà fermarsi, piantare il remo e offrire sacrifici a Poseidone. Tornerà quindi ad Itaca, offrirà sacrifici a tutti gli dèi e una lieta morte verrà dal mare durante una serena vecchiaia, circondato da popoli pacificati. Le ulteriori peregrinazioni di Ulisse e la sua morte sono state trattate in canti epici che non sono pervenuti. Per questo, diversi scrittori hanno ipotizzato la possibile morte di Ulisse. Letteratura e miti ci narrano tre diverse versioni sulla morte di Ulisse:

  • Nell'Epitome dello Pseudo-Apollodoro, tornato ad Itaca, l'eroe scopre che Telemaco ha lasciato la sua casa. Dopo che un oracolo gli ha predetto infatti che Ulisse sarebbe morto per mano del figlio, Telemaco ha scelto l'esilio volontario nella vicina Cefalonia. Ulisse, senza esserne a conoscenza, ha dato un figlio a Circe, presso la quale aveva soggiornato nel suo lungo viaggio di ritorno da Troia. Telegono, questo il suo nome, era alla ricerca del padre e, sulle sue orme, giunge ad Itaca. Lo sbarco di stranieri provoca un immediato allarme, così Ulisse e le sue guardie scendono alla riva. Ne nasce una battaglia, in cui Ulisse muore proprio per mano di Telegono.
  • Nella Divina Commedia di Dante Alighieri, Inferno-canto XXVI, il poeta immagina l'ultimo viaggio di Ulisse (riferendosi alla versione in latino di Ovidio), l'ultima sfida oltre le Colonne d'Ercole. L'impresa si conclude con il naufragio provocato da un'enorme vortice e la morte dell'eroe greco con tutti i suoi compagni.
  • In "l'ultimo viaggio" (nei Poemi Conviviali) di Pascoli, Ulisse, passati dieci anni dal suo ritorno, riprende il mare e percorre a ritroso il viaggio dell'Odissea. Ma i suoi ricordi non corrispondono più alla realtà. Presso l'isola delle sirene naufraga e il suo corpo è trasportato dal mare sull'isola di Calipso.

Ulisse nell'arte

Nell'arte greca, le prime raffigurazioni di Odisseo sono di pittori vascolari del periodo orientalizzante, inizio del VII secolo, dunque immediatamente successive la composizione dell'Odissea stessa. Nelle loro opere la più rappresentata è la scena dell'accecamento di Polifemo da parte di Odisseo e dei suoi compagni, episodio che più di altri evidenzia l'astuzia e l'intelligenza dell'eroe, per cui si vede come sin dall'inizio l'arte figurativa interpreti correttamente la figura di Odisseo, secondo la lettura che ne verrà data nei secoli successivi. In quanto a frequenza di attestazione, poi, per secondo viene l'incontro con Scilla, il peggior pericolo forse tra quelli effettivamente corsi da Odisseo durante le sue peregrinazioni e per terzo, infine, quello con le Sirene, simbolo per eccellenza del potere della seduzione della conoscenza.

Dopo l'età protogreca le raffigurazioni del mito di Odisseo, comparse, come s'è detto, improvvisamente e massicciamente nella pittura vascolare e in quella minore nella prima metà del VII secolo, si interrompono quasi del tutto. Per l'età classica ci è pervenuto un solo esempio, un cratere italico del tardo V secolo, che però si riferisce non al testo omerico ma a Il Ciclope, il dramma satiresco di Euripide. Il tema diventerà nuovamente fiorente solo in età ellenistica, per poi diventare una tra le fonti di maggiore ispirazione per l'arte romana.

Ulisse nella letteratura

Ulisse è, per antonomasia, l'uomo affascinato dall'ignoto. James Joyce prende a modello la sua figura e la sua storia per il suo romanzo, l'Ulysses. Ugo Foscolo vide nel proprio destino di esule somiglianze con quello dell'eroe omerico. Guido Gozzano, in piena polemica antidannunziana, lo presenta ironicamente come un moderno "viveur" (L'Ipotesi).

Nella commedia dantesca

Nel XXVI canto dell'Inferno di Dante è condannato alla tribolazione eterna, nella bolgia dei consiglieri di frode, a causa degli inganni perpetrati (il Cavallo di Troia, l'inganno che fa ad Achille per partire a Troia e il furto del Palladio). Viene anche narrata la sua morte: Ulisse venne rovinato dalla sua smania di conoscenza, oltrepassando le colonne d'Ercole (Canto XXVI) e naufragando miseramente giungendo in vista della montagna del Purgatorio. Per Dante, il folle viaggio rappresenta la volontà di superare i limiti della conoscenza umana; la follia di Ulisse non consiste nella ribellione personale contro un ordine prestabilito, bensì nel tentativo di superare i limiti della finitezza dell'essere umano. Ulisse è perciò sicuramente considerato da Dante un magnanimo. Ma il peccato di Ulisse, oltre essere quello di aver provocato con le sue menzogne dolore e sofferenza, nasce anche dall'aver portato all'eccesso le sue virtù, confidando in esse senza il sostegno della Grazia divina, e volendo farsi simile a Dio stesso. La follia consiste nella dimenticanza di essere una semplice creatura, esaltando la propria intelligenza al punto di trasformare ciò che è positivo (il desiderio di seguire virtute e conoscenza) in un'irragionevole negazione dell'esistenza di ogni limite.

Iliade

Nell'Iliade Ulisse non ha un ruolo molto importante, anche se il poeta non manca di sottolineare il suo valore bellico. Ulisse compie le sue imprese più note perlopiù a fianco di Diomede: nel decimo libro, i due assaltano il campo dei Traci, con Diomede che sgozza i nemici addormentati e Ulisse che gli copre le spalle: nell'undicesimo, Ulisse colpisce a morte il giovane Molione, valletto e auriga del re asiatico Timbreo, ucciso poco prima da Diomede.

Odissea

L'Odissea è uno dei nostoi (o ritorni) che raccontano le avventure degli eroi omerici dopo la guerra, ma tra tutti questi poemi (in principio trasmessi oralmente) è certamente il più famoso. La fama del poema è certamente legata al suo personaggio principale che rappresenta, anche secondo la nozione comune, l'uomo moderno. Una caratteristica di Ulisse è certamente la tradizionale καλοκαγαθία (=benignità) eroica, l'essere di bell'aspetto ed eticamente virtuoso, cui aggiunge uno straordinario senso pratico e una grande curiosità che, unita al suo incredibile genio, lo rendono capace di risolvere ogni ostacolo con successo.

Si deve inoltre ricordare che Ulisse nel suo viaggio all'interno dell'Ade incontra anche la madre, morta di dolore dopo la partenza del figlio per la guerra. Odisseo incontra amici e personaggi illustri (come Achille, il giudice Minosse, Orione): vede anche i dannati, come Tantalo e Sisifo. Tuttavia le anime che Ulisse incontra nell'Ade sono prive di vera e propria forza interiore, sono prive di ricordi, sono ombre presentate sotto forma di sogni. Esse infatti hanno bisogno di sangue (ed è per questo che Circe dona a Ulisse e ai suoi compagni un agnello e una pecora nera da sacrificare) per ricordare le loro vite passate, e le rimpiangono amaramente. Anche per questo l'Odissea può essere considerata un "proseguimento dell'Iliade": alla morte di personaggi illustri come Achille, Ettore o Patroclo, i nemici o gli eroi stessi annunciano il rimpianto, molto diverso dalla nostra concezione di morte attuale, l'andare in un mondo migliore, onore concesso solo a pochi fortunati parenti, amici o umani amati dagli dei.

I morti rimpiangono la luce del sole perché è la cosa che ricorda più ai defunti la vita, l'amore, la vendetta, gli istinti primordiali dell'uomo. La madre e la moglie di Ulisse sono intese come persone "buone" e molto legate alla famiglia per fedeltà e forza d'animo, così come nell'Iliade lo sono la madre e la moglie di Ettore, Ecuba e Andromaca, che mal sopportano la morte di Ettore ma continuano la loro vita, amaramente.

Aiace

Nella tragedia di [Sofocle] Aiace, che prende il nome dal protagonista, Ulisse è colui che con Agamennone e Menelao ha suscitato l'ira, e con essa la follia di Aiace. La tragedia ha infatti inizio con Aiace che ha trucidato di notte un intero gregge di pecore, credendole soldati Greci a causa di un inganno di Atena, perché voleva vendicarsi della decisione da parte dei due Atridi di assegnare a Ulisse, piuttosto che a lui, le armi del defunto Achille.

Tuttavia in questa tragedia Ulisse ha un ruolo quasi marginale, ma alla fine è lui ad intervenire nella lite fra Teucro (figlio di Telamone e fratellastro di Aiace) che voleva seppellire il corpo del fratellastro suicida, e i due capi Atridi che volevano invece negare al cadavere la sepoltura per punirlo del tentato eccidio. Ulisse infatti entra in scena e con poche parole riesce a convincere Agamennone a lasciare che Aiace venga sepolto in virtù dei suoi meriti e del suo passato apporto all'esercito greco. Teucro tuttavia non gli permetterà di partecipare alla sepoltura, come egli avrebbe invece voluto, per non fare cosa sgradita al defunto.

Va ricordato inoltre che nell'Odissea (Libro XI), quando Ulisse andrà nel regno dell'Ade ed incontrerà fra gli altri personaggi Aiace, costui si rifiuterà orgogliosamente di rivolgergli la parola e riappacificarsi con lui.

Eneide

Nel poema virgiliano Ulisse compare in carne e ossa nel libro II: calatosi dal cavallo di legno con molti altri Achei, entra in Troia, dove ferisce Pelia, un amico di Enea. Nel libro VI si scoprirà anche che in quell'occasione egli ha fatto irruzione insieme a Menelao nella casa di Deifobo, come narrato dalla stessa vittima (incontrata da Enea nell'Ade); che però non rivela il nome del suo assassino.

Musica

  1. ^ DOP.
  2. ^ Pseudo-Apollodoro, Epitome, 5,14
  3. ^ Igino, Favola, 108
  4. ^ Tzetze, Scoli a Licofrone, 219 e seguenti
  5. ^ Pausania, Libro I, 23,10
  6. ^ Virgilio, Eneide, II, 13-249
  7. ^ Pseudo-Apollodoro, Epitome, 5,15
  8. ^ Vedi: Odissea, the Musical