Giacomo Puccini

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Vuoi fare il musicista? Dovrai prima passare sul mio cadavere!
« Puccini? Conosco bene! Un pezzo di pane, sugo o ragù... »
(Un italiano orgoglioso)
« Fermo! Che fai, chi sei? T'arresta! Che fai, chi sei, che vuoi? Va' via! Va', la porta è questa della gran beccheria! »
(Ping, Pang e Pong fermano il giovane Puccini che cercava di entrare in conservatorio)
« Nessun dorma! Nessun dorma! »
(Puccini dodicenne mostra il suo egoismo durante una notte di insonnia pretendendo che tutti siano freschi e pimpanti quanto lui)

Giacomo Puccini (Honan, presso il suo laghetto blu, tutto cinto di bambù - La data sua nessun saprà) è stato un operaio operista italiano; la sua fama è dovuta specialmente alla grande abilità con cui maneggiava il bisturi. Mito già dalla prima infanzia, si racconta che la madre fosse stata colpita da una paresi facciale al momento del battesimo del piccolo Giacomo, e che l'anziano prete avrebbe quindi urlato piangendo: "Il nome suo nessun saprà, e noi dovremo ahimé morir!", prima di cadere a terra stroncato da un ictus.

La vita

La maturazione artistica rese Puccini un uomo singolarmente diverso dal normale...

Quando la madre si riprese, fu finalmente battezzato come Giacomo Antonio Domenico Michele Secondo Maria Puccini; secondo Giovanna invece Augusti, ma non ha importanza. Siccome la famiglia Puccini era da generazioni responsabile musicale del Duomo di Lucca, anche per Giacomo fu scelto lo stesso destino. Come in seguito ebbe a testimoniare lo stesso compositore, lui avrebbe preferito fare l'usciere, ma tant'è.

La sua formazione musicale fu affidata inizialmente allo zio paterno, lui ad una famiglia di magrebini. Non si sa come sia riuscito a ritrovare la strada di casa, ma i genitori se lo videro tornare fra capo e collo e dovettero anche organizzare una festa in onore del suo ritrovamento. Non potendolo mandare a spaccar pietre in Arabia, decisero quindi di buttarlo nella musica. Si ruppe una gamba, ma sopravvisse.

La leggenda vuole che Giacomo ricevesse la vocazione operistica dopo essere andato a vedere una rappresentazione dell'Aida a Pisa con pochi amici; la verità al di là della leggenda è, come del resto si intuisce, che ricevette la visita dell'arcangelo Gabriele, che, non potendo dirgli di essere incinto, gli predisse un futuro nel mondo della lirica.

La storia ci ha tramandato come il giovane compositore fosse un ragazzo molto agitato e birbante. Un bricconcello, proprio così, un bel bricconcello. Dicono che per fare qualche soldo sia giunto a vendere assieme ad un amico le canne dell'organo di Lucca. Sempre invischiati con le canne, questi giovani...

Le prime opere

La borsa di studio concessa dalla Regina a Puccini. Il compositore non lo dimenticò mai.

Dal 1880 al 1883 Giacomo studiò[citazione necessaria] al conservatorio di Milano; fu finanziato negli studi dalla Regina Margherita, che concesse alla madre una borsa di studio piuttosto sostanziosa. Per ottenerla, la madre del compositore dovette poi rifornire la Regina Margherita di mozzarella di bufala per quattro anni.

Il 1883 vide Puccini partecipare ad un concorso per giovani operisti. Collaborando con Ferdinando Fontana, il librettista, nacque così "Le Villi", un atto unico. Fu rappresentata al Teatro dal Verme con un grande successo, ma inaspettatamente non vinse il concorso. Forse i giurati non gradivano tre ore di digressione sulla composizione dell'intestino tenue.

Rincuorato però dal successo ottenuto, un editore milanese commissionò una seconda opera al duo Puccini-Fontana, ma l'Edgar, finita nel 1889, ottenne solo un successo di stima. Pare che alla fine, esasperato dall'insuccesso, Giacomo si sia rivolto all'amico Fontana dicendogli:

« Il tuo libretto fa acqua da tutte le parti! »

e che poi, colto dall'ilarità della battuta, sia andato via ridendo. Come egli stesso ebbe a dire di lì a pochi anni, "il duo Puccini-Fontana ebbe successo, solo perché quell'estate faceva un gran caldo".

La composizione dell'Edgar gli aveva portato via molto tempo e forze; le si dedicava con tanta dedizione ed anima che non si accorgeva neppure di quello che faceva d'altro, tanto che, cinque anni dopo, finita l'opera, prese a colpi di fucile la moglie e il figlio, credendo si fossero abusivamente introdotti nella sua villa.

La vita coniugale e Torre del Lago

Torre sul lago: vivere in tranquillità, comodità, sicurezza.

Nel 1884 era infatti entrata una moglie nella vita del compositore, all'altezza del pancreas, provocandogli una pericolosa emorragia. Elvira Bonturi iniziò quindi una convivenza con il compositore presso Monza, portando con sé la figlia Fosca.

Nei primi, quando ancora le finanze di Puccini non potevano assicurare ad Elvira e alla figlia una casa, le due donne furono ospitate in un monastero lì vicino. Un momento di panico fu quando una giovane monaca, chiedendo a Fosca di recarsi in un posto in città, fu rapita da un bandito, tale Nibbio, che la portò al castello di un uomo potente di cui però preferiamo non rivelare il nome; del resto, neppure il nostro anonimo lo dice.

Riottenuta la figlia dalle mani di questo signorotto innominato (per intercessione del cardinale di Milano), Puccini e famiglia si trasferirono a Torre del Lago nel 1891. Il maestro amava la sua nuova dimora, tanto che arrivò a dire:

« Gaudio supremo, paradiso, eden, empireo, «turris eburnea», «vas spirituale», reggia... »

...e tutto perché il sindaco gli permetteva di tenere qualche pianticella di marijuana!

Ma il tempo volava, e Puccini stava lavorando ad un'altra opera: Manon Lescaut.

La giocosa collaborazione con Giacosa

Ahahaha. Bene, con Manon Lescaut iniziò il grande periodo di successo di Puccini, che combaciava proprio con l'inizio della collaborazione fra il compositore ed i due librettisti Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, che combaciava proprio con l'inizio dell'interesse di Puccini alla musica di Wagner, che combaciava proprio all'allineamento di Saturno con Giove, molto vantaggioso per Puccini, nato capricorno. Il trio Puccini - Illica - Giocosa sfornò alcune fra le più famose opere liriche italiane: la Bohème, divisa in quattro quadri di fulminea rapidità (suscitò inizialmente la rabbia dei presenti perché lo spettacolo durava tredici secondi, comprensivi di premessa dell'autore), Madama Butterfly, una coraggiosa rivolta contro il dilagare del sushi anche nei più antichi ristoranti, e la Tosca, opera dedicata alla bella regione italiana dove la fantasia dell'autore arriva fino ad abolire le ultime due lettere di ogni parola mentre il resto è tratto dalla vita e dalla morte di Brandon Lee.

La vita di Madama Butterfly è nelle mani del destino!

La prima rappresentazione della Butterfly, però, fu un fiasco colossale, probabilmente orchestrato dalla concorrenza. Quando poi lo riorchestrò Puccini, notoriamente abilissimo nella strumentazione, l'opera cominciò ad accogliere il pieno successo che dura fino ad oggi (gli scheletri dei primi spettatori stanno infatti battendo tutt'ora le mani).

La collaborazione con Illica e Giocosa diede ben presto i suoi frutti, e la ragione del successo è da cercare nel rigido schema organizzativo che i tre artisti si imponevano: Illica abbozzava la scena, definiva i dettagli, gestiva i quadri, Giocosa adattava in versi la trama, Puccini faceva il caffè per tutti, si metteva a miagolare alle ginocchia dei due e, ottenuto il croccantino, si metteva al pianoforte, chiudeva gli occhi e liberava dalle dita quelle note che commuovono. E commossero anche allora; Giocosa ed Illica non tardarono a trovarsi il cranio sfondato, infatti.

La crisi

Nel 1903 cominciarono gli anni bui della vita di Puccini. Il compositore, appunto, era un amante delle automobili, ma le guidava a modo suo. Desideroso di immergere tutta la sua vita nella musica aveva infatti sostituito le marce con: do-do, do-re, do-mi, do-fa, do-sol. Per mettere la macchina in folle mischiava tutti gli intervalli insieme, cosa che appunto non è altro che follia. Accadde però che mentre guidava tranquillo e serafico lungo l'autostrada del sole, gli venne in mente che do-do non è una prima, ma un unisono, e tirata giù una bestemmia che spaccò i finestrini delle cinque auto alla sua destra, inchiodò di colpo creando un casino pazzesco. Per non incorrere nel vago disappunto degli automobilisti, fuggì in Congo, dove rimase per due anni.

Turandot: la principessa che portava gli uomini a morire per la sua bellezza. Quella che tutto sapeva fare, tranne il trucco.

Gli anni sucessivi non furono certo migliori: nel 1912 morì Giulio Ricordi, un tizio che non aveva nulla a che fare con Puccini e che vendeva frittelle a Palermo; però morì. Nel 1910 aveva nel frattempo scritto La fanciulla del West, mettendola nel culo a Morricone, la celebre opera dove compare per la prima volta la frase:

« Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con una settima maggiore, l'uomo con la pistola è un uomo morto! »

L'ultima opera: Turandot

L'ultima opera di Puccini ha ambientazione fantastica. L'autore ha infatti preferito, per meglio catapultare lo spettatore in un mondo di fantasia, magia e vaghezza, dare indicazioni minime e di carattere puramente fiabesco. Sulla partitura si legge infatti: Cina, Pechino. Ore 22.14 del 26 settembre 1748. Latitudine 36.73888412439431, longitudine 101.25. 16°.

Puccini si entusiasmò al soggetto, una principessa che fa tre indovinelli ai primi passanti che le capitano sotto mano e li fa decapitare se sbagliano. Forse gli ricordava sua madre.

In quest'opera l'esotismo perde ogni carattere ornamentale o realistico per diventare forma stessa del dramma: la Cina diviene così una sorta di regno del sogno e dell'eros e l'opera abbonda di rimandi alla dimensione del sonno, nonché di apparizioni, fantasmi, voci e suoni provenienti dalla dimensione altra del fuori scena... insomma sì, dell'opera non si capisce una beneamata mazza. Ma questa è innovazione, no?

Purtroppo però, nel 1924 l'opera morì, e quindi il compositore rimase incompiuto.

Personalità artistica

D'Annunzio si offese tantissimo quando Puccini rifiutò di collaborare con lui.

Puccini prese le distanze dalle correnti predominanti a cavallo fra il diciannovesimo e il ventesimo secolo, specialmente perché era un appassionato di motori e di equitazione se ne fregava altamente. Non volle mai sapere di aderire al verismo, lui contaballe di professione, né ai seguaci di D'Annunzio, perché aveva letto su Donna Moderna che il giovane Gabriele era del segno dei pesci, e in quell'anno Marte era allineato con Saturno; insomma, un casino.

Anche stilisticamente è difficile collocarlo in qualche settore storico, specie perché si contorce sempre e scappa appena si cerca di incollarlo da qualche parte. È noto poi come Puccini stesso amasse ironizzare contro chi l'accusava di non avere innovazione stilistica, come quando un giovane parigino accusò la sua musica di non avere quella tensione tipica di altri grandi compositori del periodo, e lui per ripicca attaccò la 220 alle partiture.

D'altra parte Puccini scriveva pensando al pubblico, e questo lo portò ad essere fermamente originale: a lui si deve la comparsa del 3D nelle sale cinematografiche, la distribuzione gratis di pop-corns dopo le undici di sera e l'imbottitura delle poltrone. E poi è risaputo come amasse seguire le sue opere in giro per il mondo; non che scappassero, ma a lui sembrava di sì.

Lo si può infine giustificare se nella sua vita partorì solo dodici opere: aveva un utero sottosviluppato.

Una situazione di divergenza ci fu fra pubblico e critica: il pubblico, tra una cosa e l'altra, forse temendo per le vite dei familiari che Puccini prendeva in ostaggio prima di ogni rappresentazione, si schierarono sempre dalla sua parte. La critica musicale invece, che non aveva nulla da temere, visto che i familiari erano tutti al sicuro, si schierò contro di lui. E fu un male, perché Puccini approfittò della cosa e li fucilò tutti.

Da allora la sua musica gode di una fama continua.

Nel 1912 fu dato alle stampe un libricino di Fausto Torrefranca, libricino il cui scopo era andare contro Puccini in tutto e per tutto. L'autore lo accusa di essere un nano strafottente e schifoso, arricchitosi ingiustamente compiendo crimini rimasti impuniti, di essere inopportuno e di fare musica ad personam.
Il saggio all'epoca non ebbe successo, ma fu abbondantemente riutilizzato molti anni dopo, anche se non contro Puccini...

Forse il miglior giudizio su Puccini è quello scritto dal compositore stesso ai tempi del conservatorio:

« Giacomo Puccini: questo grande musicista nacque a Lucca l'anno... e puossi ben dire il vero successore del celebre Boccherini. Di bella persona e di intelletto vastissimo portò nel campo dell'arte italiana il soffio di una potenza quasi eco dell'oltralpica wagneriana... »

Ovviamente tralasciamo il perché egli si definisse il vero sucessore di Boccherini...

Composizioni

La nascita del compositore
  • Villi, 1884, sulle bellezze dell'intestino tenue
  • Edgar, 1889, quattro versioni: l'autore ne ha sempre apprezzato la quinta
  • Manon Lescaut, 1893, storia di una cortigiana francese mantenuta che alla fine viene arrestata per prostituzione ed esiliata finendo a morire di fame in un deserto
  • La bohème, 1896, l'autore si accorse all'ultimo di non aver scritto la musica, considerata per i primi anni il suo esordio teatrale
  • Tosca, 1900, l'impegno civile di Puccini di togliere le ultime due lettere dalle regioni d'Italia
  • Madama Butterfly, 1904, la tragica storia di una vittima di concimi artificiali
  • La fanciulla del West, 1910, Puccini vs Clint Eastwood
  • La rondine, 1917, colonna sonora per la pubblicità dell'acqua San Benedetto
  • Il Trittico, 1918, tre opere in una e sono: Il Tabarro che narra di un omicidio e dell'occultamento del relativo cadavere in un cappotto; Suor Angelica, che narra del suicidio di una suora (composto per il 99% di canti ecclesiastici inutilissimi) e, finalmente, un'opera comica (l'unica di Puccini): Gianni Schicchi, ovvero la storia di un morto che parla e che detta il suo testamento nominando erede sè stesso e scacciando i suoi stessi familiari
  • Turandot, 1924, opera incomp

Voci correlate

Note