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=== Capitolo 3: Le elezioni (Viene rieletto Boka e Geréb ci rosica) ===
=== Capitolo 3: Le elezioni (Viene rieletto Boka e Geréb ci rosica) ===
{{Cit|Uno vale uno!|Boka durante la votazione per l'elezione del presidente.}}
{{Cit|Uno vale uno!|Boka durante la votazione per l'elezione del presidente.}}
Nonostante una [[campagna elettorale]] in grande stile, nella quale aveva anche promesso che sua [[sorella]] avrebbe fatto un [[pompino]] a tutti in caso di vittoria, Geréb fu nettamente sconfitto da Boka, che invece aveva promesso ''sudore, lacrime e sangue'' e il [[pena di morte|plotone di esecuzione]] per gli oppositori. Furono ben undici i voti a suo favore, contro i tre che aveva ricevuto Geréb. Dando per scontato che Geréb aveva votato sé stesso e che un altro voto lo aveva ricevuto da Boka per [[paraculata|spirito cavalleresco]], restava un voto alla cui paternità non era possibile risalire. «''Peccato''» - pensò Boka - «''ho una tremenda voglia di strappargli lo scroto''». Sfoderando la sua migliore faccia da culo tese la mano allo sconfitto, complimentandosi per il risultato. Geréb rispose: «''[[Lingua veneta|Ma va' in mona ti, to mare e i toi complimenti del casso]]! '''DOVEVO VINCERE IOOOOO, K SN UN VERO LIDER E NN TUUUU K 6 SL 1 K SA SL DIRE SÍ VA BE VEDIAMO!!!111!!!1111!'''... Ah, non me la sto prendendo per niente, ok?''»


=== Capitolo 4: Il piano di conquista (Riprendiamoci la bandiera) ===
=== Capitolo 4: Il piano di conquista (Riprendiamoci la bandiera) ===

Versione delle 17:30, 9 mar 2017

Il libro

Incipit (Edizione per la Garbatella, tradotta da Alvaro "Er Catena" per la Fabbri Editori, 1964)

« Era dopo la mezza[1], dentro all'aula de scóla i pischelli[2] stavano a sclerà de brutto[3] a forza de aspettà. Finarmente, dal "becco de Bunse", che c'ha quer nome perché l'inventore doveva esse 'n faggiano[4], uscette 'na fiammetta verde. Er professore c'aveva messo dentro quarcosa, ma nun aveva sfaciolato sur contenuto[5], probabbirmente voleva fa' er fenomeno[6]. I regazzini fecero tutti "Ooohh", tanto pe' daje soddisfazzione. A 'na certa[7], t'arriva da la finestra 'na musichetta che lì per lì pareva de fisarmonica, ma 'nvece era 'n organetto de quelli a manovella, robba da zingari. Comunque, se fecero tutti allegri. »
(Ferenc Molnár: I ragazzi della via Pal. )


I ragazzi della via Pál (in zingarese A Pál utcai fiúk, in inglisc The Ball Street Boys) è un romanzo per ragazzi dell'autore magiaro Ferenc Molnár.
Fu pubblicato per la prima volta nel 1906, a puntate sulla rivista Ablak nyitva (Finestra aperta), un settimanale che trattava di furto con scasso.
È uno dei libri ungheresi più venduti, secondo solo al Manuale delle giovani borseggiatrici, che però è un testo scolastico.
Fa parte dei grandi classici della letteratura per l'infanzia, al pari di Pinocchio, Cuore, Il piccolo principe e le istruzioni per le "combo" di Tekken 3.
In realtà, almeno nelle intenzioni dell'autore, era un libro destinato agli adulti come denuncia per la mancanza di luoghi riservati al gioco dei più giovani. Nella Budapest di inizio Novecento, ancora sotto il rigido Impero austro-ungarico, gli unici spazi previsti per le attività ludiche erano i centri di addestramento degli Ussari, ma pochi sopravvivevano.
Nel tempo, parte della critica rilevò anche spunti di riflessione antimilitarista: "i giovani protagonisti sono palesemente vittime psicologiche del "sistema guerra" degli adulti"; furono gli stessi che definirono Rambo un capolavoro, quindi parliamo di mercenari privi di competenza e dignità.

Trama

La storia è ambientata a Budapest, nella primavera del 1889. Descrive la "guerra" in atto tra due bande di ragazzini della scuola media: la prima conosciuta come "quella masnada di giovani teppistelli combinaguai che stanno in via Pál" (che per comodità viene chiamata Banda Pál), mentre l'altra è nota come Camicie rosse (meglio conosciuta per "quei piccoli bastardi buoni a nulla vestiti di rosso che vanno in giro facendo danni"). I primi si riuniscono nel loro quartier generale, una catasta di legname sita in un terreno custodito da un narcolettico e un cane più sveglio di lui; i secondi hanno invece la base nel giardino botanico, che dopo gli ultimi tagli del governo è diventato un luogo ostile all'insediamento umano, tanto che se ci fossero dei giaguari sarebbe identico alla Foresta amazzonica.

I due schieramenti

La Banda Pál

La Banda Pál

Partendo da destra.

  • János Boka: i suoi sottoposti lo definiscono un leader carismatico, lui li picchia perché ne ignora il significato. Proviene da una famiglia di origini militari, quindi sa prendere decisioni e organizzare piani di battaglia. Sua madre l'ha partorito mentre il padre era su un dragamine, da due anni. È un ragazzo particolarmente serio e maturo, a dispetto della faccia da allocco.
  • Dezső Geréb: vice comandante, figura in costante competizione con Boka per il ruolo di capo. Nel corso delle elezioni viene battuto per l'ennesima volta; gli altri lo ritengono diversamente intelligente, o meglio: "un australopiteco in grado di infilarsi i pantaloni da solo". Peraltro ci somiglia anche abbastanza. È il vero traditore dei ragazzi, ma poi si pentirà e si comporterà nobilmente, recuperando l'amicizia delle truppe e quel poco di stima di cui godeva.
  • Csónakos: ha il grado di tenente, pur essendo nullatenente. È un ragazzo di campagna, molto forte e abile nell'arrampicarsi sugli alberi, una via di mezzo tra un gibbone e Geréb. Riesce ad emette fischi potenti, ma sbaglia a farlo quando sono inseguiti dai nemici perché lo localizzano in un secondo.
  • Ferenc Weisz: tenente (pure lui) ed ex presidente della Società dello Stucco, una sotto-struttura della banda specializzata nella raccolta di ciarpame. Grazie al loro costante impegno, nel procurare oggetti presumibilmente utili al gruppo, la sede della banda somiglia alla discarica di Malagrotta e puzza poco meno.
  • Pál Kolnay: tenente (e tre), aiutante di campo, cassiere, armiere e factotum nel tempo che rimane. È ligio ai suoi doveri quanto una sorellastra di Cenerentola, affidargli un compito equivale a dimenticarsi di fare qualcosa. Al suo confronto la fata Smemorina è Pico della Mirandola.
  • Barabás: tenente (tanto per cambiare), guardasigilli della Società dello Stucco, guardaspalle di Boka e guardone ai giardini pubblici. È molto utile nella battaglia decisiva, perché è un eccellente tiratore. Con la fionda è in grado di colpire due piccioni con una fava, la sua.
  • Ferenc Leszik: ancora sottotenente per aver ha fallito gli ultimi test Invalsi. Dopo aver frequentato un corso serale per imparare il cinese, dal quale è stato cacciato a calci, si è spacciato per stenografo. Redige i verbali durante le riunioni della banda; i suoi appunti sono incomprensibili, anche a lui stesso, e destinati quindi all'oblio. In un mondo sempre più piccolo, un cervello comunque irrilevante.
  • Ernő Nemecsek: unico soldato semplice per via del suo fisico da lanciatore di coriandoli. Sarà promosso capitano per meriti di guerra, onorificenza che lo farà vantare smodatamente nell'aldilà dopo aver tirato le cuoia per una polmonite. Boka ne esalta spesso la sincerità, la nobiltà d'animo e la propensione al sacrificio nonostante la malattia. Se avesse più uomini come lui la banda sarebbe un lazzaretto.
  • Non visibile perché è lui a scattare la foto, Richter, custode della palla. È quello a cui dicono: "A ragazzì, te lo buco quer pallone!" e tutte le volte ci resta male.
  • Un altro che non appare nella foto, perché non gli si era asciugato lo smalto sulle unghie e gli era spuntato un enorme brufolo sul naso, è Csele, un tenentino con ambizioni carrieristiche, ma troppo impegnato a vestirsi come un truzzo. Si considera l'elegantone del gruppo, gli altri ragazzi lo considerano la checca del gruppo.

Camicie rosse

Partendo da destra.

Le Camicie rosse
  • Feri Áts: (in primo piano) capo indiscusso della ghenga. È un ragazzo prestante, audace e molto fiero, che apprezza il coraggio degli avversari almeno quanto dargli calci nelle gengive.
  • Dietro Áts troviamo i fratelli Flórián e László Pásztor, temuti picchiatori specializzati nelle incursioni notturne. Sono dei veri figli di puttana, da parte di madre nigeriana.
  • Krisztián Fekete: detto "Ricciotto", braccio destro del capo. Può essere considerato lo stratega della banda, titolo che ha guadagnato col suo tema su Napoleone, col quale si è aggiudicato un sorprendente sei meno meno in storia.
  • Balázs Bojtár: chiamato ironicamente "Carezza", irascibile energumeno di ragguardevole stazza. I suoi pugni sono decisamente pesanti, l'ultimo tizio che ne ha incassato uno ha parlato in cinese Mandarino per due settimane, pur essendo totalmente ignorante in fatto di agrumi.
  • Szebenics: capo arsenale della banda, fedele ma scemo come il suo cappello. Dopo aver ricevuto l'incarico ha iniziato a fare esperimenti con gli esplosivi, finendo per sparare suo nonno (assieme alla tazza del cesso) in un'altra provincia.
  • Wendauer: detto "Fratta", trombettiere della banda. È il più piccolo del gruppo, ha un fisico talmente ridicolo che la sua capacità polmonare gli permette di suonare solo due note: Pèèèè Pèèèèèèè. Che poi sono l'inno.
  • Szelnyk: soldato semplice. Sua madre, che gli vuole un gran bene, non esita a definirlo "un completo cretino con gravi turbe comportamentali". Ha pronunciato la prima parola a 6 anni, grazie all'incantesimo di un mago polacco, era "spranga". Il suo logopedista si è suicidato alla terza seduta.

Il libro

Capitolo 1: Einstand!

«Dici che dovremmo rubargli le palline?!»
«Certo, i bulli siamo noi!»

I fratelli Pásztor tesero un agguato ad alcuni della via Pál nel giardino del museo, abituale luogo di ritrovo per avvincenti sfide con le palline di vetro colorato che, come ognun sa, a quell'età acquisiscono un valore incommensurabile e chi le vince viene guardato dal resto della compagnia con rispetto e ammirazione. Ma conquistarle con le minacce e la forza permette di incutere negli altri terrore, sottomissione e rassegnazione, che è molto meglio. I due Pásztor lo sapevano bene e, pur essendo delle schiappe certificate nel gioco, detenevano da soli più palline di tutti gli altri ragazzi di Buda e Pest.
Quel pomeriggio, il gruppo di via Pál era composto dal piccolo Nemecseck, che era costretto a camminare con dei sassi in tasca perché il vento non lo portasse via; da Weisz, che si metteva a piangere per la paura quando scoreggiava un po' più forte del solito; da Richter, che nelle situazioni di pericolo aveva imparato a mimetizzarsi col circostante, come i camaleonti; da Kolnay e Barabás, primatisti ungheresi nell'arte della fuga di fronte al pericolo. Nonostante la superiorità numerica, si profilava un einstand senza storia. Infatti, tutti i protagonisti della vicenda restarono fedeli ai loro ruoli: il maggiore dei Pásztor non aveva ancora finito di urlare "einstand!" che Kolnay e Barabás se l'erano squagliata a velocità curvatura; Weisz si era messo a piangere e Richter si era mimetizzato perfettamente come una delle colonne del porticato. Il piccolo Nemecseck aveva abbozzato una timida protesta prontamente zittita. I due Pásztor avevano fatto i due Pásztor: dopo aver raccolto tutte le palline se ne andarono senza proferir verbo.

« Sì, ma che cazzo è l'einstand? »

Giusto. L'einstand, nello slang dei bimbiminkia ungheresi di fine '800, indicava l'imminente verificarsi di un atto di bullismo da parte di un bullo nei confronti di un nabbo, possibilmente più giovane e debole. Se fosse accaduto il contrario, ossia che un nabbo avesse inopinatamente attaccato un bullo, dovremmo parlare di idiozia. Invece, l'einstand (traducibile con "Abbellodepapà, resta immobile e non opporre resistenza e forse -dico forse- andrà tutto bene") costituiva una vera e propria dichiarazione di guerra e se non si disponeva di adeguato coraggio e prestanza fisica era conveniente arrendersi subito. Tutto per rubare al malcapitato le palline di vetro colorato, ma anche pennini e figurine[8]. Del resto, quei ragazzi si trovavano in quella fase in cui gli atti impuri e l'ossessione per la figa covavano, pronti a esplodere da un momento all'altro, ma erano ancora di là da venire. E poi i videogiochi non erano ancora stati inventati.

Capitolo 2: Il furto della bandiera

Feri Ats era riuscito a penetrare nel campo eludendo la stretta sorveglianza del guardiano slovacco Janó e del suo fedelissimo cane Ettore.
« Ma tu guarda 'sti cornuti dove sono andati a mettere la bandiera! »
(Feri Ats si arrampica sulla fortezza n° 3.)

Nemecseck era arrivato per primo al campo: tra le incombenze dell'unico soldato semplice della compagnia vi era quella di preparare il caffè per gli ufficiali, svuotare i posacenere, spazzare il terreno e tenere lontani i Testimoni di Geova. Non fece niente di tutto ciò perché assistette al furto della bandiera da parte di Feri Ats. L'incontro tra i due si caratterizza per l'elevato pathos che traspare dalla drammaticità dei dialoghi:

Nemecseck : Gu... Gulp!
Feri Ats : Uè, pischello, la bandiera viene via con me!
Nemecseck : Ga... Gasp!
Feri Ats : Beh, parla! Di' qualcosa, cazzo!
Nemecseck : ...
Feri Ats : Figa, zio, tu sei fatto duro... Beh, ti saluto!

Sulla fortezza n° 3 la gloriosa bandiera rosso-verde aveva smesso di sventolare. Molto più in basso, i pantaloni di Nemecseck si erano misteriosamente tinti di marrone. Nonostante la sua strenua resistenza, il campo era stato violato dal nemico.
Nemecseck mise al corrente il resto della compagnia, giunto di lì a poco, sottolineando che Feri Ats era vigliaccamente fuggito davanti a lui. Ciò provocò l'ilarità generale, che scatenò il pianto inconsolabile di Nemecseck, che a sua voltà provocò ulteriore ilarità generale[fatti reali non conformi alle linee guida] che causò una crisi di asma a Nemecseck,

.
Preso atto del furto della bandiera, i ragazzi si dedicarono al reale scopo della loro adunata: somministrare a Nemecseck, unico soldato semplice, la quotidiana dose di nonnismo e, soprattutto, eleggere il nuovo presidente.

Capitolo 3: Le elezioni (Viene rieletto Boka e Geréb ci rosica)

« Uno vale uno! »
(Boka durante la votazione per l'elezione del presidente.)

Nonostante una campagna elettorale in grande stile, nella quale aveva anche promesso che sua sorella avrebbe fatto un pompino a tutti in caso di vittoria, Geréb fu nettamente sconfitto da Boka, che invece aveva promesso sudore, lacrime e sangue e il plotone di esecuzione per gli oppositori. Furono ben undici i voti a suo favore, contro i tre che aveva ricevuto Geréb. Dando per scontato che Geréb aveva votato sé stesso e che un altro voto lo aveva ricevuto da Boka per spirito cavalleresco, restava un voto alla cui paternità non era possibile risalire. «Peccato» - pensò Boka - «ho una tremenda voglia di strappargli lo scroto». Sfoderando la sua migliore faccia da culo tese la mano allo sconfitto, complimentandosi per il risultato. Geréb rispose: «Ma va' in mona ti, to mare e i toi complimenti del casso! DOVEVO VINCERE IOOOOO, K SN UN VERO LIDER E NN TUUUU K 6 SL 1 K SA SL DIRE SÍ VA BE VEDIAMO!!!111!!!1111!... Ah, non me la sto prendendo per niente, ok?»

Capitolo 4: Il piano di conquista (Riprendiamoci la bandiera)

Il messaggio lasciato nel quartier generale delle Camicie Rosse.




















Capitolo 5: Va tutto alle ortiche (Nemecsek e lo stagno)

Capitolo 6: Qualcuno ha tradito (Tra di noi c'è un "soffia")

Capitolo 7: Il capro espiatorio (Non è colpa mia!)

Capitolo 8: Nemecsek e l'onore (Nemecsek si tuffa di nuovo)

Capitolo 9: La guerra è inevitabile (Stavolta non facciamo cazzate!)

Capitolo 10: Il traditore si pente (Geréb getta la maschera)

Capitolo 11: La battaglia (Ahó, questi menano come fabbri!)

Capitolo 12: L'eroe inaspettato (Nemecsek, che cazzo ci fai fuori dal letto?!)

Capitolo 13: La morte dell'eroe (Uno starnuto di troppo)

Capitolo 14: Per cosa abbiamo lottato?! (Il palazzinaro)

Note

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  1. ^ le 12:30 circa
  2. ^ ragazzini delle medie
  3. ^ sclerare: dar di matto, scapoccià
  4. ^ uno stolto
  5. ^ teneva il segreto per sé
  6. ^ atteggiarsi a grande mago
  7. ^ all'improvviso
  8. ^ Si dice che il primo furto della figurina di Pizzaballa sia stato perpetrato in seguito a un einstand.

Voci correlate