Utente:Charles Dexter Ward/Sandbox: differenze tra le versioni

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Cavour, quindi, fece seguire alle parole i fatti. Nel luglio del [[1855]] si incontrò con Napoleone III a [[Parigi]] per perorare la causa piemontese, ma l'imperatore francese gli rispose picche, sostenendo che un intervento militare sarebbe stato troppo gravoso per le finanze francesi, e inoltre non voleva perdersi l'ultima puntata di ''[[Desperate Housewives]]'', poiché il Regio [[Videoregistratore]] si era rotto e in tutta francia non si trovava un [[elettricista]] disponibile. Ma Camillo Benso conte di [[Eccetera|eccetera eccetera]] non si perse d'animo e chiese un consiglio politico a uno dei grandi vecchi della politica sabauda, il senatore [[Giulio Andreotti]]<ref>Andreotti frequentava il Parlamento piemontese già dagli albori della [[Casa Savoia|dinastia sabauda]], era stato otto volte [[Presidente del Consiglio]], sei volte [[Presidente del Senato]], due volte imperatore, tre volte re di Sardegna e, si diceva, anche svariate volte [[Papa]]</ref>. I due si incontrarono in una notte di plenilunio nel [[Inferno|luogo di residenza di Andreotti]] e, al termine dell'incontro, Cavour se ne uscì con la soluzone a tutti i suoi problemi. Nessuno, invece, vide più le tredici [[Verginità|vergini]] che l'avevano accompagnato alla dimora del Senatore.
Cavour, quindi, fece seguire alle parole i fatti. Nel luglio del [[1855]] si incontrò con Napoleone III a [[Parigi]] per perorare la causa piemontese, ma l'imperatore francese gli rispose picche, sostenendo che un intervento militare sarebbe stato troppo gravoso per le finanze francesi, e inoltre non voleva perdersi l'ultima puntata di ''[[Desperate Housewives]]'', poiché il Regio [[Videoregistratore]] si era rotto e in tutta francia non si trovava un [[elettricista]] disponibile. Ma Camillo Benso conte di [[Eccetera|eccetera eccetera]] non si perse d'animo e chiese un consiglio politico a uno dei grandi vecchi della politica sabauda, il senatore [[Giulio Andreotti]]<ref>Andreotti frequentava il Parlamento piemontese già dagli albori della [[Casa Savoia|dinastia sabauda]], era stato otto volte [[Presidente del Consiglio]], sei volte [[Presidente del Senato]], due volte imperatore, tre volte re di Sardegna e, si diceva, anche svariate volte [[Papa]]</ref>. I due si incontrarono in una notte di plenilunio nel [[Inferno|luogo di residenza di Andreotti]] e, al termine dell'incontro, Cavour se ne uscì con la soluzone a tutti i suoi problemi. Nessuno, invece, vide più le tredici [[Verginità|vergini]] che l'avevano accompagnato alla dimora del Senatore.

{{dialogo|Andreotti|E va bene, va bene, conte, [[Vampiro|il suo dono mi ha soddisfatto]], parli pure.|Cavour|Eccellenza, io...|Andreotti|Sì, in pratica lei vuole... ecco, [[Vaselina|ungere bene gli ingranaggi]] con Napoleone.}}


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Versione delle 23:24, 26 ago 2009

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{{{nome del conflitto}}}

Luogo: Milano
Inizio:

1985

Fine:

Qualche ora dopo, quando la mamma di Napoleone III lo richiama a casa perché era la giornata del bagno.

Esito:

{{{esito}}}

Forze in campo

Quattro cavalli con la scabbia e due pecore corazzate

Esercito dei criceti spaziali

« Fu una battaglia. E si combatté a Magenta. »
(Capitan Ovvio sulla battaglia di Magenta)
« L'inizio della fine. »
(Leghista sulla battaglia di Magenta)

La battaglia di Magenta fu un episodio della seconda guerra di indipendenza italiana. Fu combattuta il 4 giugno 1859 a Milano, in Corso Magenta, più precisamente tra il McDonald's e il negozio di Dolce&Gabbana. La sanguinosa battaglia vide fronteggiarsi gli eserciti autriaci e franco-piemontesi e terminò con la gloriosa entrata in Milano di Vittorio Emanuele II e Napoleone III, i quali, con le loro armate al seguito, andarono infine a prendersi un gelato a parco Sempione.

Antefatto

Dopo la sconfitta di Novara e l'abdicazione di Carlo Alberto di Savoia in favore del figlio Corso Vittorio Emanuele, il regno di Sardegna si trovava ad un punto di svolta. Da una parte potevano scegliere di far finta di niente, lasciar perdere l'unificazione italiana e riprendere a giocare a tressette col morto assieme a Francia e Svervegia, mentre dall'altra potevano proseguire nei piani di unificazione nazionale.

Camillo Benso conte di Cavour tenne un magnifico discorso al Parlamento in cui esortava la nascente Italia alle armi. Dieci minuti di applausi lo salutarono, una volta finito di parlare, e venne anche candidato a cinque premi Oscar.

« Noi dovevamo rinunziare a chinare il capo dinnanzi a un fato avverso dopo i fatti di Novara, e prepararci a dar battaglia. Non vi è grande rivoluzione che possa compiersi nell'ordine materiale, se prima non si è compiuta nell'ordine delle idee. Ed è per questo, colleghi deputati, che io, sua Maestà Serenissima, e il generale Garibaldi, abbiamo deciso di nerdare per un po' su Gears of War, studiare un po' di tattiche e poi metterlo in culo agli Austriaci. »

Cavour, quindi, fece seguire alle parole i fatti. Nel luglio del 1855 si incontrò con Napoleone III a Parigi per perorare la causa piemontese, ma l'imperatore francese gli rispose picche, sostenendo che un intervento militare sarebbe stato troppo gravoso per le finanze francesi, e inoltre non voleva perdersi l'ultima puntata di Desperate Housewives, poiché il Regio Videoregistratore si era rotto e in tutta francia non si trovava un elettricista disponibile. Ma Camillo Benso conte di eccetera eccetera non si perse d'animo e chiese un consiglio politico a uno dei grandi vecchi della politica sabauda, il senatore Giulio Andreotti[1]. I due si incontrarono in una notte di plenilunio nel luogo di residenza di Andreotti e, al termine dell'incontro, Cavour se ne uscì con la soluzone a tutti i suoi problemi. Nessuno, invece, vide più le tredici vergini che l'avevano accompagnato alla dimora del Senatore.

- Andreotti: “E va bene, va bene, conte, il suo dono mi ha soddisfatto, parli pure.”
- Cavour: “Eccellenza, io...”
- Andreotti: “Sì, in pratica lei vuole... ecco, ungere bene gli ingranaggi con Napoleone.”

Note a pie' pagina

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  1. ^ Andreotti frequentava il Parlamento piemontese già dagli albori della dinastia sabauda, era stato otto volte Presidente del Consiglio, sei volte Presidente del Senato, due volte imperatore, tre volte re di Sardegna e, si diceva, anche svariate volte Papa