Salò o le 120 giornate di Sodoma
Salò o le 120 giornate di Sodoma | |
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Er marchese de Sade me spiccia casa! | |
Paese di produzione | Italia |
Anno | 1975 |
Dati tecnici | colore: Soprattutto rosa-carne |
Genere | |
Regia | Pier Paolo Pasolini |
Sceneggiatura | Pierre Paul de Pasolin |
Casa di produzione | Dungeon Master |
Interpreti e personaggi | |
4 bastardi, 4 bei puttanoni, ragazzi nudi |
Salò o le 120 giornate di Sodoma è un film del 1975, l'ultimo scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini. Doveva idealmente essere il primo di una Trilogia della morte, successiva alla Trilogia della vita. Purtroppo la Nera signora con la falce non riuscì a mettersi d'accordo col regista sulle royalties derivanti dall'attività che gestisce in esclusiva, non la prese affatto bene e il 2 novembre, poco prima che la pellicola fosse presentata nelle sale, prese il regista.
L'idea di base s'ispira al libro del marchese Donatien Alphonse François de Sade Le centoventi giornate di Sodoma, presentando riferimenti incrociati con l'Inferno di Dante, contenuti peraltro anche nell'opera del francese[1].
Il film fu presentato in anteprima al Festival di Parigi, il 22 novembre 1975, tre settimane dopo l'uccisione del regista. Viene spesso considerato il "disperato testamento poetico" di Pasolini, definizione che però si scontra con tre fatti innegabili:
- l'unico ad essere disperato è lo spettatore dopo la visione;
- non è un testamento perché Pierpy non ci teneva particolarmente a tirare le cuoia;
- di poetico il film non ha veramente un cazzo.
Arrivò nelle sale italiane il 10 gennaio 1976, scatenando immediatamente proteste vigorose e lunghe persecuzioni giudiziarie. In seguito alle accuse di oscenità, corruzione di minori e turpiloquio, ne fu decretato il sequestro. Tornò in circolazione nel 1978 leggermente censurato, tanto che dei 145 minuti originali ne erano rimasti 111. Erano sparite alcune scene particolarmente cruente e quelle con dialoghi ritenuti offensivi per la morale o la sensibilità delle persone. Applicando le stesse restrizioni a Full Metal Jacket, quest'ultimo sarebbe diventato più corto del suo trailer.
Struttura
Il film è suddiviso in quattro parti, che rispecchiano parzialmente la geografia dantesca dell'Inferno: Antinferno, Girone delle Manie, Girone della Merda e Girone del Sangue. I tre "Gironi" in particolare richiamano la suddivisione dantesca del Cerchio dei Violenti.
Quattro Signori, rappresentanti dei poteri della Repubblica Sociale Italiana, incaricano le SS e i soldati repubblichini di rapire un gruppo di ragazzi e ragazze di famiglia partigiana o antifascista. Con l'aiuto di quattro Megere, ex meretrici di bordello, instaurano per 120 giornate una dittatura sessuale regolamentata da un puntiglioso Codice, che impone ai ragazzi assoluta e cieca obbedienza, pena la morte.
Personaggi e interpreti
Personaggio | Interprete | Caratteristiche |
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Il Duca Potere di casta |
Paolo Bonacelli | Il ruolo è affidato a questo attore di grande spessore, asceso poi a gloria eterna nei panni dell'avvocato D'Agata, "lo Zio" cocainomane di Johnny Stecchino. Serviva un panzerotto a prima vista innocuo ma bastardo dentro come pochi, che dire: un perfetto physique du rôle[2]. |
Il Vescovo Potere ecclesiastico |
Giorgio Cataldi | Prima di fare l'attore vendeva vestiti in una bancarella a Torpignattara, Pasolini lo scopre e lo lancia nel firmamento di Cinecittà, che attraversa interamente in un anno luce. L'anno seguente, dopo aver girato un secondo film, torna ad occuparsi di stracci. |
Il Presidente della Corte d'Appello Potere giudiziario |
Uberto Paolo Quintavalle | Prima di quest'unica apparizione come attore, faceva il giornalista per conto del Corriere della sera. Membro di un'importante famiglia nobile sarda, decide di assecondare lo stravagante desiderio del regista di volerlo nel film. Sua l'idea di torturare i prigionieri col casu marzu. |
Il Presidente della Banca Centrale Potere economico |
Aldo Valletti | Più che un attore, un elemento di arredo. Dopo aver fallito persino l'esame da seminarista, inizia a lavorare come comparsa a Cinecittà. Grazie al suo rutilismo e alla faccia da allocco gira una ventina di film, ma questo è uno dei pochi in cui dice qualche battuta. |
ATTENZIONE! Le immagini contenute nella trama sono riservate ad un pubblico adulto, quindi:
siete pregati di |
Trama illustrata
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Dopo una caccia durata alcune settimane finalmente tutto è pronto, i Signori ricevono la mercanzia umana da destinare al loro piacere. Nove ragazze e otto ragazzi vengono selezionati, gli altri tornano a casa, inconsapevoli di aver fatto una sculata senza precedenti. Mancano solo le narratrici, avanzi di casino piuttosto in là con gli anni, che avranno il compito di far eccitare coi loro aneddoti la simpatica combriccola.
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Vengono spiegate le regole. I giovani dovranno stare sempre nudi e sollazzare i Signori in ogni modo che gli stessi riterranno opportuno. Alle sei del mattino tutti dovranno ritrovarsi nella Sala delle Orge, per
giocare a Scarabessere sottoposti a perversioni indicibili[3]. Chi si rifiuta finisce nel quaderno delle punizioni e dovrà girare per un giorno intero col cappello da somaro, piantato nel deretano. -
La signora Vaccari, dotata in egual misura di classe e troiaggine, espone la sua prima fantasia: due giovani si uniranno in matrimonio, poi saranno separati e usati entrambi dai Signori. In un crescendo di sesso e rigatoni con la pajata si consuma così la prima giornata, nonché gli orifizi dei due malcapitati. Per estetizzare questi violenti rapporti è presente una pianista, che suonerà alcuni classici come la
PastorPecorina di Beethoven. -
La Vaccari[4] si occupa anche di consigliare la scelta della vittima in base al desiderio del Signore. Inevitabile che qualcuno possa essere usato più di altri, ma i Signori in questo si rivelano tali: cercheranno di non fare grossi torti a nessuno e tutti avranno la medesima razione di ciccia. Gli appetiti sono però frenetici, alla fine del secondo giorno la parola verginità comincia a non essere più usata.
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La signora Maggi è meno raffinata della precedente narratrice, già dall'aspetto risulta palese il divario tra le due, sembra una mignotta da saloon alcolizzata. Per quanto riguarda la depravazione non ha invece nulla da imparare, è in grado di usare parole come "mano", "sedere" e "rosso", inserirle in una sola frase e conferirgli nel contempo un significato libidinoso. Anche in questo caso, almeno in apparenza, c'è chi ne prende più di altri.
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Siamo giunti alla scena che più delle altre ha fatto storcere il naso ai membri della censura, anche perché, durante la visione, gli sembrava quasi di sentire la puzza. I Signori mettono all'ingrasso i ragazzi, nella speranza di poter soddisfare il loro particolare appetito. In quel periodo, in alcune sale, si tengono i primi esperimenti di cinema 4D, vengono distribuiti pop corn imbevuti di Guttalax e lasciate le porte delle toilette aperte.
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Classificare la signora Castelli era all'epoca impossibile. Ancora oggi non esistono termini in grado di delineare il suo livello di sadismo, si dovrebbero prendere tutte le categorie del sito www.torturatori-epocali.snuff, piantarle nel cervello del Mostro di Milano e innaffiarle con l'istinto omicida di Barbablù. Ma non sarebbe abbastanza. I finti matrimoni, tra i Signori e i soldati, rappresentano una scherzosa cornice all'orgia di sangue che sta per scatenarsi.
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Signori e soldati si abbandonano a torture, mutilazioni e sevizie di ogni sorta. Purtroppo gli attori esagerano con l'applicazione del metodo Stanislavskij, il film rischia presto di precipitare nello snuff movie. A ricondurre tutti alla ragione interviene l'operatore di ripresa Amedeo Pallocchia, infastidito dai continui schizzi di tessuto umano sulla cinepresa. Il regista si rende conto di aver esagerato un tantinello e decide che il girato è sufficiente, soprattutto quando si accorge dei numerosi avvoltoi appollaiati sui cornicioni della villa.
Analisi della pellicola
Per questo delicato compito ci siamo avvalsi della consulenza di Ulderico Chiavistelli Incastrati, critico cinematografico di grande prestigio e fine conoscitore del pensiero pasoliniano. In quello che abbiamo interpretato come "un chiaro omaggio alla Trilogia della morte", il critico ha preteso di rilasciare il suo parere vestito da oscura mietitrice.
Il furto delle bobine
Durante la lavorazione del film furono rubate alcune bobine. Uno degli attori, che interpretava un soldato e che aveva più volte sottolineato il suo enorme piacere nello strizzare i capezzoli di una collega, fu sospettato a lungo. Pasolini decise di usare per il montaggio i "doppi"[6] nonostante le proteste dell'altro, che avrebbe preferito girarle di nuovo.
In occasione dell'ultima riapertura del "caso Pasolini", si è formulata l'ipotesi che il regista fosse andato ad Ostia per recuperare le suddette bobine, cadendo così nell'agguato mortale. Al momento resta comunque più verosimile la teoria iniziale degli inquirenti, secondo la quale: Pasolini si sarebbe recato sul Lido per una "bruschetta con le telline", o al limite per un'inchiappettata.
Note
Voci correlate
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