Iso Isetta

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Iso Isetta

Isaetta Isoscelensis
Classificazione scientifica
Regno micro-nano-vetture
Sottoregno uova semoventi
Phylum pura latta extravergine
Famiglia contenitori
Genere scatolame
Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. Iso Isetta
« E il resto dov'è? »
(Tizio presente al Salone dell'automobile di Torino il 22 aprile 1953.)
« Il resto? Mancia! »
(L'ingegner Renzo Rivolta, anch'egli presente colà.)

La Iso Isetta era un'autovettura. Almeno, era dotata di tutti quegli accessori che consentono di distinguere un'autovettura da un soprammobile o da uno scolapasta: parabrezza, quattro ruote, volante, fari, parafanghi, motore, freni... Eppure c'era qualcosa che non quadrava, qualcosa che era in grado di far vacillare tutte le certezze dell'italiano medio in fatto di automobili, qualcosa che lasciava di stucco e non era un barbatrucco.

Genesi di un aborto un'idea

Intorno al 1939 l'ingegner Renzo Rivolta, fondatore dell'azienda Iso (Impresa suppergiù onesta), si occupava di elettrodomestici, in particolare di frigoriferi e lavatrici. Nel dopoguerra si rese conto che il suo fatturato aveva subito un tracollo quasi verticale, senza motivazioni apparenti. Per qualche strana ragione i suoi clienti abituali erano spariti senza neanche salutarlo: solo di alcuni aveva saputo che avevano trovato lavoro in un saponificio della lontana Auschwitz. Mentre frigoriferi e lavatrici si accumulavano invenduti nel suo capannone, l'ingegner Rivolta si rivoltava[c'è poco da ridere] nel letto alla ricerca della formula giusta per rilanciare l'azienda.

« Eureka! Fabbricherò motociclette! »
(L'embrione della genialata)

Rivolta non temeva di reinventarsi: iniziò la produzione di motocicli il cui motore era ricavato da quello delle lavatrici e il cui sistema di raffreddamento era preso pari pari dai frigoriferi. L'azienda si salvò dal fallimento e prosperò per diverso tempo.

L'uovo di Colombo Rivolta

Il progetto iniziale.
« Eureka! Fabbricherò tricicli! Col motore! E col volante! »
(La genialata si evolve...)

Era l'inizio degli anni '50, gli affari andavano bene e l'Italia era saldamente democristiana, eppure Rivolta fremeva: sentiva che il suo nome doveva essere ricordato per qualcosa di importante, qualcosa che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio la pazzia l'idea di mettere in atto. Riprese dunque a rivoltarsi nel letto, con tanta foga che una mattina si trovò annodato fra le lenzuola. Mentre si districava fu colto da un'irrefrenabile ispirazione: avrebbe costruito un'automobile, ma diversa da tutte le altre, così diversa da provocare crisi epilettiche e sindromi di Stendhal a ripetizione. Ancora mezzo avvolto dal copriletto e da due federe corse nel cortile dove razzolavano le galline della moglie e si accoccolò ad osservare un uovo appena deposto. Si alzò di scatto e cadde lungo disteso a causa dell'ipotensione ortostatica, spiaccicandosi l'uovo sul naso. Si rialzò, leccò il tuorlo e l'albume che gli colavano copiosamente intorno alle labbra e corse urlando dentro casa:

« Costruirò l'ovomobile! E vai! Agnelli, vattela a pijà in quel posto! »
(...si evolve...)

Il progetto

Il modello en plein air.

Rivolta sapeva che avrebbe dovuto avvalersi della collaborazione di menti malate al pari della sua. Dopo lunghe ricerche, individuò le persone adatte: Ermenegildo Preti e Pierluigi Raggi. Costoro erano due ingegneri specializzati in meccanica della fuffa e, basandosi sulle uova che gli aveva portato Rivolta, si fecero una frittata e progettarono il prototipo della vettura con grande entusiasmo. In particolare, il Preti aveva già pensato ad una microvettura durante gli anni della guerra, tanto che ne parlava di continuo con la moglie Piarosa:

« ...Senza contare che una macchinetta del genere puoi parcheggiarla dove vuoi, la forma di uovo consentirebbe di abbattere i coefficenti di attrito, a vantaggio della risposta aerodinamica... Pia, ma mi stai ascoltando? »
(Ermenegildo Preti assilla la moglie)
« Gildo, ti preferivo quando mi dicevi: "Ti spacco tutta, culona!" »
(La moglie Piarosa in preda alla nostalgia)
«E questo come cazzo ce lo ficco?»

La scommessa era di garantire un elevato comfort abitativo in uno spazio ridottissimo: per questo il progetto partì proprio dalla definizione dell'abitacolo, attorno al quale sarebbero stati poi inseriti gli organi meccanici, un portacenere e la carrozzeria. Quest'ultima ricalcava la forma di due uova posizionate perpendicolarmente. Tale forma scaturiva anche dall'esigenza di avere un frontale inclinato per lasciare sul pavimento lo spazio necessario ad ospitare gli organi dello sterzo e, possibilmente, anche le gambe dei passeggeri.

La Isetta era stata concepita per due passeggeri e una borsa della spesa. In realtà lo spazio consentiva la seduta a 1,5 passeggeri, che diventavano uno solo in caso di giro-vita superiore ai 65 centimetri. Anche la borsa della spesa subiva importanti limitazioni: non poteva contenere una confezione maxi di carta igienica o di pannolini; non poteva contenere più di una confezione di passata di pomodoro, un pacco di spaghetti, due scatolette di tonno e un cespo di lattuga; non poteva in ogni caso superare i 2 kg di peso, dato l'alto rischio di "impennate". Per ovvie ragioni, sulla Isetta non era possibile caricare stecche da biliardo, canne da pesca, sci e nemmeno pagaie e kayak, così si era costretti a noleggiare queste attrezzature in loco. In compenso, per due hobbit e la loro scorta di erba pipa era l'ideale.

La realizzazione

Il primo prototipo fu realizzato nell'estate del 1952 e già prefigurava molte delle soluzioni tecnico-stilistiche presenti sulla vettura definitiva: il corpo vettura "a uovo con gonnellino", la meccanica di derivazione motociclistica e la presenza di un unica portiera frontale, che costituiva praticamente l'intero muso del trabiccolo. La portiera riprendeva una soluzione particolare proposta dal Preti nella sua tesi di laurea, quando propose l'AL12, un aeroplano con la parte anteriore incernierata su un lato e completamente apribile. Il rettore, nel consegnargli il diploma, gli sussurrò:

« Guardi, Preti, in realtà lei sarebbe dovuto andare a zappare, altro che ingegnere! Ma questa del portellone sul muso dell'aereo era troppo forte, il resto della commissione sta ancora cercando di smettere di ridere! »

L'architettura della vettura prevedeva una scocca[vabbe', una scocchetta] in latta riciclata dalle prime lattine di Coca-Cola, dotata di un'ampia[ok, piccola] vetratura fissata a un telaio di tubi d'acciaio. Tale prototipo era inoltre provvisto di tre sole ruote: due davanti ed una dietro, soluzione presto abbandonata quando ci si accorse, durante le prove su strada, che l'unica ruota posteriore soffriva di solitudine e piangeva di continuo. Si scelse perciò una soluzione intermedia, ossia quattro ruote, delle quali le due posteriori erano molto ravvicinate tra loro per evitare la necessità di installare un differenziale, che avrebbe comportato un aumento dei pesi, della complessità meccanica e, soprattutto, dei costi. Grazie ai soldi risparmiati in questo modo, i tre ingegneri si concessero una serata al club privé Critica della ragion pura.

Il libretto era troppo grande e non c'era spazio per tenerlo a bordo.

Il motore era inizialmente un monocilindrico a due tempi molto lenti: grave comatoso e andante con calma, derivato da quello del motociclo Iso 200, derivato a sua volta da un motore ausiliario utilizzato per l'avviamento del trenino elettrico del figlio di Rivolta. Questo motore aveva una cilindrata di 1,98 cm³ ed era in grado di erogare circa 8 cavalli a dondolo, che consentivano di raggiungere la rispettabile velocità di 85 ettometri all'ora. In discesa.

Si giunse così a quel fatidico 22 aprile 1953: la nuova Isetta fu presentata al Salone delle automobili di Torino in un'atmosfera di religioso silenzio. Il pubblico restò a bocca aperta per 14 minuti, completamente immobile. Qualcuno si trasformò in una statua di sale e fu prontamente insaccato, pronto per essere sparso sulla strada alla prima nevicata. Gran parte del pubblico ritenne che l'ing. Rivolta li stesse prendendo alquanto per il culo e finse di reggergli il gioco, mostrando dapprima falsa ammirazione per la Isetta e successivamente disertando in massa le concessionarie dove fu posta in vendita.

La BMW Isetta

Tra il 1953 e il 1955 furono venduti pochissimi esemplari di Isetta, per lo più a matti fuggiti dal manicomio. L'ing. Rivolta tornò quindi a rivoltarsi nel letto, alla disperata ricerca di una via d'uscita, finché...

« Eureka! Sbolognerò tutto a qualche riccastro idiota e credulone... magari crucco! »
(L'atto finale della genialata)

Come se fossero stati evocati da un medium, bussarono alla porta di Rivolta alcuni emissari della BMW, da tempo alla vana ricerca del prototipo giusto di microvettura adatta al popolo teutonico. L'affare fu presto concluso e Rivolta si ritrovò ricco sfondato, mentre la BMW lanciò sul mercato la BMW Isetta, chiamata affettuosamente Izetten. Neanche in Germania ebbe successo: nello stesso anno aveva debuttato la Glas Goggomobil, che aveva fatto innamorare tutto il proletariato, sottraendo di fatto il principale target commerciale alla BMW, che si ritrovò a dover smaltire presso le Acciaierie Krupp una quantità immensa di Isetta invendute.

La produzione della BMW Isetta fu soppressa definitivamente nel 1962, insieme con coloro che l'avevano acquistata da Rivolta.

Modelli e aberrazioni

Nella convinzione che un'immagine vale più di mille parole[citazione necessaria], ne vengono qui appresso presentate alcune, con l'intento di dimostrare che l'ingegno umano, quando è lasciato troppo libero di svolazzare nella stratosfera, può produrre dei risultati in antitesi col buon senso.


Bisogna ammettere che le milf degli anni '50 avevano un che...
Un'agguerrita concorrente della Fiat 600 multipla.
Checché se ne dica, questo è un vero e proprio bus. Ad ogni fermata l'autista doveva scendere dal mezzo, che spesso gli veniva rubato.
Aveva un solo difetto: il cassone ribaltabile ribaltava anche tutto il resto.
Questo fungeva da furgone, camper o rivendita di panini.
Già uno s'incazza quando vede il carro attrezzi portargli via la macchina, ma questo è davvero troppo!
Nemmeno un testimonial d'eccezione come Elvis fece aumentare le vendite...
...e farla di due colori non servì a niente.

È finita qui?

No. Evidentemente, alla BMW hanno la testa dura, oppure non hanno saputo fare tesoro degli errori commessi in passato: oggi, come una febbre ricorrente, è nuovamente in circolazione.

Forse è solo un pesce d'aprile.

Altre auto bonsai

Per saperne di più

Questa è una voce di squallidità, una di quelle un po' meno pallose della media.
È stata miracolata come tale il giorno 25 gennaio 2015 col 42.9% di voti (su 7).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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