Nonbooks:Tutela delle minoranze linguistiche in Italia

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Le minoranze linguistiche sono un qualcosa che andrebbe tutelato ma che nessuno sa bene cosa siano. Ogni tanto gli Stati hanno bisogno di un po' di incentivi per tutelarle: una petizione, una causa giudiziaria o un po' di sane bombe, com'è tradizione in Alto Adige.

La Costituzione italiana, la più bella del mondo[senza fonte], sul tema ha da dire:

« La Repubblica riconosce, tutela, promuove e paga da bere alle minoranze linguistiche »

Più precisamente, vi sono quattro definizioni di "minoranze linguistiche":

  1. Quella enciclopedica, adottata ad esempio dalla Treccani: qualsiasi parlante che usa una lingua diversa da quella dello Stato è una minoranza, incluso vostro nonno che parla dialetto stretto[1] e la colf filippina che sa due parole in croce di italiano
  2. Quella europea, ovviamente facoltativa, non vincolante e ignorata da tutti, che esclude le lingue dei migranti: il nonno è salvo, la colf un po' meno
  3. Quella italiana, che tutela solo lingue straniere (ma poi tutela sardo e friulano), ufficiali altrove (ma poi tutela occitano e francoprovenzale) e con una storia letteraria (ma poi tutela il ladino): in sostanza si fa una lista, ci si inventa che abbia senso e si sguinzaglia l'Accademia della Crusca contro l'ISO che parla di cosacce come la lingua lombarda o la lingua siciliana
  4. Quella parlamentare: un gruppetto con dentro due tedeschi, un valdostano, un italofono di Trento eletto con il Partito Democratico, due senatori a vita nominati ai tempi di Benito Mussolini per aver costruito la ferrovia Napoli-Potenza-Tripoli e un ex presidente della Repubblica che viene portato dalla casa di riposo quando c'è da votare la fiducia al governo.

Non bisogna confondere le minoranze linguistiche con i minorati linguistici, ossia le persone con lesioni nella psiche che rendono difficile parlare, o con Mino Reitano.

Diritti delle minoranze linguistiche

Ai sensi della Carta del Formaggio Europea delle Lingue Regionali o Minoritarie le minoranze linguistiche hanno i seguenti diritti:

  • Utilizzare la lingua ovunque: a casa, a scuola, con le istituzioni, nella bocca di un altro, sui piedi[2], sulla vagina o sul membro virile
  • Imporre la lingua ai bambini, in deroga alla legge sull'età del consenso
  • Avere lezioni di lingua nelle scuole[3] e anche per gli adulti che vogliono imparare
  • Avere almeno due canali TV nella propria lingua, uno dedicato all'informazione e alle istituzioni e l'altro con pornografia doppiata
  • Poter avere tutta la segnaletica bilingue, dal cartello che annuncia l'inizio della propria regione a quello che indica i cessi pubblici
  • Una causa di estinzione del reato di percosse per chi definisce per più di due volte la lingua di minoranza "dialetto"
  • La qualifica di pubblico ufficiale per quando si fa l'inganno della cadrega a qualcuno
  • La possibilità di avere una bandiera e un inno ufficiali da suonare dopo l'inno nazionale, così da suonare qualcosa di serio, come "El Cant de la Polenta", dopo lo stacchetto di Mameli

Le minoranze linguistiche in Italia

Secondo una ricerca della Nonversità le minoranze linguistiche in Italia sono le seguenti, classificate così:

Lingue di maggioranza

Sono minoranze che, in realtà, sono maggioranze, se ti sentono parlare troppo in italiano possono esserci spiacevoli effetti collaterali come sguardi torvi, macchina in fiamme o lesioni fisiche:

Minoranze pompinose

Lingue che nessuno parla ma che si finge lo siano per far piacere a qualche stato straniero:

Dialetti francesi

A tema, l'Italia tutela due dialetti (in senso sociolinguistico) francesi, lungamente ignorati dalla Francia stessa:

Tuttavia, nessuno verifica effettivamente dove si parli cosa e, siccome definirsi minoranza è un'autocertificazione e porta soldi, praticamente sulla carta parlano occitano fino a Torino.

Minoranze straniere storiche

  • Greco, variante calabrese, pugliese e siciliana
  • Croato, variante terronica
  • Catalano, variante algherese
  • Sloveno, prima lingua a Trieste quando nessuno li sente
  • Germanico, in sostanza un insieme di dialetti tedeschi che nessuno ha voluto classificare ma tutti vogliono tutelare

Dialetti fortunati

Sono lingue per la linguistica ma dialetti per la sociolinguistica, son sempre stati chiamati dialetti ma un bel giorno qualcuno ha deciso, per qualche ragione, di escluderli dalla lista dichiarandoli "lingue vere e proprie". Solo loro, ovviamente, per dare una bella lezione di discriminazione anche quando si fa una cosa bella

Perché loro sì e gli altri no?

Ma come mai queste tre lingue sì mentre le altre no? Ecco una serie di risposte preconfezionate per rispondere agli schifosi leghisti che si chiedono come mai l'insegnamento a scuola della lingua friulana sia una ricchezza mentre quello della lingua veneta sia un sogno bagnato secessionista ignorante e contrario allo spirito europeo:

  • "Loro sono lingue perché hanno una grammatica" (i "dialetti", invece, sono il santo graal della linguistica: i primi idiomi senza grammatica)
  • "Il friulano è in un altro gruppo linguistico rispetto all'italiano" (come se le lingue gallo-italiche non fossero più vicine al francese che all'italiano[5])
  • "Il sardo un italiano non lo capisce" (come se un italiano capisse il bergamasco)
  • "Sono lingue perché a differenza dei dialetti non cambiano da paese a paese" (come se il ladino non fosse costituito da cinque dialetti che non c'entrano una fava l'uno con l'altro"
  • "Però hanno una letteratura" (come se un singolo poeta milanese non avesse prodotto più di tutti i friulanofoni dal 1400 e il siciliano non fosse la prima lingua letteraria d'Italia)
  • "Perché lo dice la Crusca" (come se un gruppo di storici della lingua italiana fosse in grado di decidere su queste cose)

Dialettacci

Parliamo della gramigna dialettale, in alcuni casi (urrà) vicina all'estinzione, in altri casi purtroppo viva e vegeta e che osa chiedere di essere considerata al pari dei dialetti sopra visti.

Purtroppo, di recente si è diffusa l'idea che sono lingue, con l'Organizzazione Internazionale per la Standardizzazione che ha dato loro codici, associazioni come Wikimedia[6] che danno loro intere edizioni di Wikipedia dove, secondo fonti universitarie, l'amministratore più moderato è imparentato con Umberto Bossi e ha decine di condanne per vilipendio alla nazione. Anche l'UNESCO parla di lingue da tutelare, ma noi non ci crediamo.

La classificazione unanime di tali idiomi è

  • Lingue romanze occidentali (insomma, come francese e spagnolo)
  • Lingue romanze orientali (insomma, come l'italiano)

Tuttavia, per la linguistica italiana tale classificazione vale solo se vengono chiamati dialetti: non appena denominati lingue non va bene, perché in realtà in Veneto - esempio - si parlano centinaia di lingue, quasi una per comune. Se però restano dialetti va benissimo classificarli come un tutt'uno. Se non vi pare abbia senso, beh, non ce l'ha.

Purtroppo, finché questi dialetti esisteranno ci terranno indietro, non saremo mai capaci di parlare l'inglese e qualcuno vorrà sempre disfare l'Italia. E pensare che qualcuno vorrebbe tutelarli...

Minoranze che nessuno vuole tutelare

Si tratta solamente della lingua rom, d'altronde non è ben chiaro se si tratta effettivamente di una lingua storica o di una lingua di migranti arrivata di recente (come se ciò contasse, poi, e lo stato non riconoscesse minoranze a caso).

La destra per ovvi motivi non vuole tutelarla, mentre la sinistra la tira in ballo solo per evitare che siano tutelate altre lingue, dicendo che ogni nuovo inserimento deve anche includere quella che, appunto, nessuno vuole tutelare[9]

L'italiano

Vi stupirà ma anche l'italiano ha il suo posto in questa lista!

Infatti vi compare in almeno tre modi:

  • I dialetti toscani e mediani, detti anche il vero italiano: d'altronde l'italiano altro non è che il fiorentino imbellettato e lavato nella fogna nell'Arno dal Manzoni: questi dialetti si sono sviluppati indipendentemente dal latino ma sono abbastanza simili all'italiano da essere considerati tale
  • Il corso, parlato anche nel Nord della Sardegna, fondamentalmente è italiano con accento francese e lupara in pugno
  • L'italiano standard, a parole lingua ufficiale, in pratica parlata solo da doppiatori, cantanti lirici e fighetti usciti da lettere salvandosi dal comunismo

Minoranze linguistiche e opinione pubblica

In linea di massima il parere dell'opinione pubblica sul tema si divide in queste categorie, ordinate dal più favorevole al meno favorevole.

L'entusiasta

Solitamente si appassiona al tema dopo aver letto alle elementari la pagina del libro di grammatica sui dialetti, a 14 anni è già B2 in tutte le lingue d'Italia, a 16 gestisce il club di lingua locale a scuola e a 18 parla anche le tre lingue minoritarie più parlate in Francia.

Come voto in italiano ha 10 e, se fa il liceo classico, ha 10 anche in latino e greco, dato che è un topo da biblioteca, ma ormai ha disimparato l'italiano, dato che - come gli Apostoli - può comunicare con ogni popolo nella relativa lingua.

Tendenzialmente gestisce tre dizionari, due edizioni linguistiche di Wikipedia, una versione sperimentale di Nonciclopedia e sette pagine Facebook dedicate al patrimonio linguistico e visita regolarmente la Catalogna per imparare nuove tattiche di tutela.

L'identitario

Ama la lingua perché rappresenta la cultura della sua terra, che solitamente vorrebbe meno italiana e spesso più europea, ma molto spesso non arriva all'indipendentismo duro e puro, favorendo un federalismo alla Cattaneo.

Per lui tutto dovrebbe essere bilingue, stile Canada, con la polizia che addirittura controlla le camere dei motel per assicurarsi che i gemiti siano in doppia lingua.

Quando parla in pubblico parla nella lingua locale ma quando non lo sente nessuno parla in italiano, sua lingua madre. In sostanza per lui l'italiano è un dialetto e il dialetto è una lingua, imparata con anni di studio sui libri sottratti al tempo per la figa.

Il linguista

Conosce a memoria ogni singola lingua d'Italia, codice ISO e nome nativo, ritiene quello linguistico un patrimonio inestimabile e gira con stampati gli studi sui benefici del bilinguismo, di cui parla come se fosse un Testimone di Geova.

Tendenzialmente di centrosinistra e fan dell'associazionismo, ha appunto fondato decine di associazioni dedicate al tema, per le quali spende centinaia di euro al mese, dicendo ad amici e parenti che è ludopatico per nascondere il reale uso.

Nell'ultimo anno ha insegnato la sua lingua a dodici persone, di cui sei all'estero.

Il moderato

È a favore della tutela per delle ragioni, ma non dice quali. Apprezza la segnaletica bilingue ma non è la sua priorità, ha iscritto il figlio all'opzione con la lingua di minoranza a scuola non per i benefici, ma per levarselo dalle palle per un paio d'ore in più alla settimana.

Su Facebook scrive cose moderatamente razziste sulla gente dell'altra metà d'Italia, ma apprezza sinceramente la loro lingua.

Il menefreghista

Gli frega poco della cosa, tendenzialmente o è libero professionista o viene da un'altra regione: non gli dispiace sentire parlare la lingua locale ma non è intenzionato a impararla, sostiene la tutela finché non ci sono imposizioni per lui nel nome del vivi e lascia vivere. In sostanza, Vittorio Feltri.

Il localista

A favore del concetto di tutela delle lingue di minoranza, ha solamente una visione particolare del significato: per lui ogni singola località ha una sua lingua peculiare, completamente diversa e da tutelare: è dunque contrario al concetto di lingue provinciali o, Dio ce ne scampi, regionali. Classificare il suo amato idioma insieme a quello del paese accanto vorrebbe dire snaturarlo, quindi meglio condannarlo a morte certa

In ogni caso gode di un certo rispetto, essendo la massima autorità nel suo microdialetto locale, dato che lo parla solo lui. Ha scritto mediamente tre vocabolari, due grammatiche e sette antologie, adoperando tre grafie diverse. A paragrafo.

Ora, pensionato, litiga con chi osa dire che il suo dialetto è comprensibile per chi parla quello della vicina frazione, millantando collegamenti con celti e babilonesi per giustificare le differenze linguistiche insormontabili tra i due.

Il conservatore fiscale

Ultra trentenne, è di quelli che condivide citazioni su Facebook di Milton Friedman e Ludwig Von Mises senza capirle, solo perché odia le tasse.

Inorridisce all'idea che i suoi soldi vadano a finanziare cose del genere, non ha nulla da dire del fatto che lo stato italiano sussidi l'italiano, d'altronde non lo sa.

È necessariamente o convinto che greco e latino rendano uomini e cittadini e vadano studiati anche all'istituto tecnico o convinto della totale inutilità di qualsiasi humanities.

Il progressista

Il progressista sostiene le minoranze attuali ma si pone contro all'estensione della tutela ad altre lingue, il tutto mentre condivide su Facebook post dove dice che i diritti sono come i raggi di sole e che se li ho io non li tolgo a te.

Molto probabilmente lo fa solo per dispetto alla Lega, anche perché non ha molto da dire sulla legislazione sul tema dell'Emilia-Romagna, una delle più avanzata del Paese.

Della serie darsi un calcio nei maroni per dar fastidio alla moglie...

Ogni tanto passa davanti all'università chiedendo l'autografo a professori a caso, spacciando poi il risultato per una petizione contro il riconoscimento della lingua del momento.

L'europeista

Tendenzialmente elettore di Più Europa, ma alle volte anche delle frange più di sinistra di Azione, sostiene che siamo in Europa e non c'è spazio per queste cose, ignorando che è proprio l'Europa a chiederle.

Inoltre ritiene inutile l'insegnamento scolastico delle lingue regionali, salvo ritenere necessaria l'introduzione della filosofia e della storia dell'arte nelle scuole di ogni ordine e grado.

Probabilmente imbeccato da un Progressista di cui sopra, appena raggiungerà i 24 anni o smetterà di drogarsi diventerà un Menefreghista.

Il fascista

Contrario al riconoscimento di qualsiasi lingua che non sia l'italiano perché "siamo in Italia e si parla italiano", molto spesso è il primo a non essere in grado di esprimersi correttamente e a non concepire come le persone normali possano parlare tranquillamente due o tre lingue e trarne addirittura benefici cognitivi.

Quando vede un segnale con scritto "BOLZANO BOZEN" prova un'enorme rabbia, mentre trova liberatorio usare mancette, truffe, espedienti e conoscenze per andare avanti nella vita.

È bene notare che la gente così non si trova solo nei partiti autodefiniti fascisti (altrimenti avremmo titolato la sezione "il pagliaccio) ma anche in partiti a detta loro moderati.

Note / Erläuterungen / Notes

  1. ^ purché non sia romanesco o toscano
  2. ^ de gustibus...
  3. ^ più inutile di quello che imparano al liceo non può essere, tanto
  4. ^ Che ha sempre avuto come lingua tetto il veneto, ossia dialetto di un dialetto!
  5. ^ Non scherzo! "Il milanese sembra francese" è stato confermato dalla linguistica
  6. ^ noi l'abbiamo detto che è la Malefica...
  7. ^ 7,0 7,1 Per qualcuno parte di un'unica lingua emiliano-romagnola, il maggiore sostenitore di tale ipotesi è dovuto scappare in Belgio per tutelare la propria incolumità dai campanilisti
  8. ^ Più formalmente anaunico
  9. ^ Non è ironia!