Lingua napoletana

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Uagliù! A sti quatt' fess c'azzeccamm' quatt' pallun! - Tipica esortazione dei tifosi del Napoli alla vigilia della partita, qui riproposta in lingua originale.
« A Facc ro cazz. »
(Espressione di stupore napoletano.)
« MA CHE SANG' E CHI V'È MUORT!!! »
(Mirabile utilizzo del dialetto napoletano nell'esprimere rabbia e risentimento.)
« La sera la lempio e la mattina la svacanto. »
(Organizzatore di party in piscina su dialetto napoletano.)
« Bell e 'bbuon aggia vist nu rummor. »
(Dolce fanciulla testimonia la caduta di un palazzo.)
« Hai preso fischi per fiaschi. »
(Banalissima espressione italiana.)
« E pigliàto 'o cazz p' 'a banca 'e ll'acqua »
(L'espressione precedente rivisitata e revitalizzata dal dialetto napoletano.)
« Miché! Nu shpavett' ch'e frutt'e mar e doie bell' sasicce ch'e friariell', facimm' ampress! »
(Garibaldi al ristorante, dopo due giorni a Napoli.)
« Va' dar via 'l cuu! »
(Turista milanese a Napoli che ha cercato di chiedere informazioni senza capirci una mazza.)
« A cadrega e soreta! »
(Turista napoletano a Milano vittima di incomprensioni linguistiche.)

La lingua napoletana, detta dialetto napoletano dai revisionisti filo-savoiardi, è un idioma antichissimo usato a Napoli come l'italiano, più dell'italiano, spesso al posto dell'italiano.

È una delle lingue principali della Terronia, insieme al siciliano, al calabrese, al pugliese, all'algerino, al senegalese e al mandarino[1]. Parlata comunemente a Napoli e provincia, è diffusa anche in India, Pakistan e in molte zone di New York ed è la lingua ufficiale della camorra, così come lo è il latino per Città del Vaticano.

Origini

Nato molti secoli addietro da improbabili incroci tra latino, greco e parlate del nord Africa, il napoletano ha origini molto antiche. Abbiamo testimonianze del suo uso già in alcuni scritti del 1510, quando Ferdinando II d'Aragona respinse un attacco dell'esercito invasore:

« Ma all'anm' r'e muort’ 'e chi v'è mmuort’! »

Nel 1570 Filippo II di Spagna entrò a Napoli con queste parole:

« Sono felice di governare questa città, florido porto sul Mediterraneo. Sono sicuro che mi ambienterò bene e che renderò Napoli, se possibile, più bella e suggestiva di quanto non lo sia già. »

Dopo 6 mesi a Napoli Filippo rivolgendosi alla moglie mostrava già di essersi ambientato benissimo:

« Uèèè, Filumèèè!! M'à vuò scenn'r stà pizza, cà m' stò murenn' è famm'?! »

Ecco un'altra splendida testimonianza: nel 1808 Gioacchino Murat stava entrando in città in carrozza quando sporse il braccio per vedere se pioveva. Quando ritirò il braccio vide che gli avevano fregato l'orologio. Per tutto il periodo in cui stette a Napoli sui muri della città campeggiavano scritte come questa:

« Murà, sì nà 'scella è baccalà! »

A sottolineare la lampante ingenuità del generale francese nel farsi fottere l'orologio sotto il naso.

Il napoletano oggi

Il napoletano non si parla, si urla. Il suo utilizzo negli insulti è oggi universalmente riconosciuto come impareggiabile.
Fortuna di molti comici locali e di innumerevoli doppiaggi su You Tube, parlarlo non vi farà assomigliare né a un frocetto schizzinoso come nel caso del milanese, né a un austriaco importato, come nel caso del trentino[2], né a un coatto di periferia come nel caso del romanesco, né ad un mafioso come nel caso del siculo...

In compenso avrete tutta l'aria di essere bifolchi trogloditi e tamarri camorristi, quello sì...

È discretamente conosciuto anche all'estero in quanto i simpaticoni che lo parlano, quando vanno in vacanza, non rinunciano mai ad esportare la loro cultura[citazione necessaria], insegnando ai locali i basilari, quali "Vafancul", "Vafammocc", "Mamm't" e varie ed eventuali.

Fonetica

Il dialetto napoletano è usato con fierezza da chi è fiero di essere napoletano. Qui possiamo riscontrare i fenomeni linguistici delle vocali finali scomparse e della mania di protagonismo della "U".

Il mistero delle vocali scomparse

Il Dialetto napoletano si caratterizza principalmente per la sua avversione alle vocali in fine di parola; di conseguenza a qualsiasi parola italiana verranno brutalmente asportati i piedi. Molte parole sono totalmente prive di vocali.

Esempi

  • Bottiglia= Buttegl'
  • Sigaretta= Sicarett'
  • Cazzo= Cazz'
  • Pentola= Caccavell'
  • Maccheroni= Maccarun'
  • Insalata= Nzalat'
  • Culo= Mazz'
  • Tombino= Saettell'

... e innumerevoli altri. Si pensa che questo fenomeno linguistico derivi da necessità di risparmio: si sa in fondo che purtroppo la povertà a Napoli è un serio problema, quindi i napoletani, maestri nell'arte di arrangiarsi, hanno optato per una politica di tagli, riguardante fra l'altro la fede in uno Stato che si preoccupi di loro.

Il mistero delle vocali onnipotenti

L'altra faccia della medaglia sono le cosiddette vocali onnipotenti, che una teoria accreditata sostiene essere nient'altro che le vocali recise in cerca di vendetta.

Nel napoletano una singola lettera è in grado di valere quanto e più di una parola intera. Tali lettere sono la principale causa di confusione negli stranieri che cercano di apprendere o ascoltare un interlocutore campano.

E

  • Verbo "dovere": "L'e fà!" - "Lo devi fare!" (Talvolta dopo la "e" si aggiunge anche una "a", non chiedetevi il motivo... "L' e a fa")
  • Verbo "avere" e articolo determinativo: "M'e pigliat' e sicarett'?" - "Mi hai comprato le sigarette?"
  • Preposizione "di": "A fess' e soret'!" - "Accidenti ai genitali di tua sorella!"

I

  • Verbo "andare": "Te ne vuò ì o no?" - "Te ne vuoi andare oppure no?"
  • Pronome personale, prima persona: "I t'aggia accir'r" - "Io ti devo uccidere"

O

  • Articolo determinativo: "O marrucchin'" - "Il lavavetri maghrebino"
  • Pronome personale, terza persona: "O vir a chill?" - "Lo vedi quel tipo?"

Se vi pare comodo sintentizzare parole in singole lettere per sprecare meno fiato, sappiate che vi esponete a grossi rischi in certi casi.

Il periodo "Devi andare a giocare?", a titolo d'esempio, volendo applicare strettamente l'onnipotenza delle vocali diverrebbe:

  • "Devi"= E A
  • "Andare"= I
  • "A"= A
  • "Giocare"= JUCÀ

Risultato: "E a i a jucà?"

L'ultimo che ha tentato di pronunciarlo troppo velocemente si è ritrovato con la laringe rivoltata come un calzino.

Il fenomeno delle primedonne

A volte le vocali tagliate si infilano di straforo in altre parole, in una sorta di mania da protagonismo, come la U ("O muonac" = "Il monaco"), che qualche volta fa a cazzotti con la O per fare da articolo (U scem! = O scem! = Lo scemo!)

Anche le consonanti però non sono da meno. La R è particolarmente conosciuta per venire a rompere le palle in parole di competenza della D e della L.

  • Oh Maronn'!: "Oh, Madonna!"
  • Ramm'è sord!: "Dammi i soldi!" (frase standard per rapine, estorsioni e richieste di paghette settimanali)

Infine la S si pronuncia spesso Sh, come in sci.

  • Aggia fatt' e spavett' (pron. shpavett') - "Ho preparato gli spaghetti"
  • Ma che sfaccimm! (pron. shfaccimm') - "Accidenti allo sperma sul volto!"

Spostamento degli accenti

Il napoletano (l'individuo) tende a spostare sull'ultima sillaba l'accento di parole straniere e simil-straniere, ossia quelle parole che, pur essendo italiane, terminano con una consonante. Esempi tipici sono:

Fa eccezione la parola Cavour (pron. Cavùr) che, pur avendo effettivamente l'accento sull'ultima sillaba, proprio come vorrebbero le regole del napoletano, viene pronunciata inspiegabilmente Càvur. Stessa eccezione in Hotel, parola pronunciata a livello MONDIALE come Hotèl, ma per i napoletani diventa Hòtel.

I possessivi

Gli aggettivi possessivi si aggiungono, troncati, subito dopo il termine a cui si riferiscono. Tale uso è particolarmente noto con i familiari.

  • Mia + Mamma = "Mamm'm"
  • Mio + Papà = "Pat'm"
  • Tuo + Papà = "Pat't"
  • Tuo/a + Zio/a = "Zit't"
  • Tua + Mamma = "Mamm't"
  • Tua + Sorella = "Soret' " (o anche sor't)

Le ultime due in particolare sono usate anche come offese, sottintendendo parole come "A' fess e...". Vi forniamo un vernacolare vademecum dei più popolari insulti parentali.

  • Mamm't è na zoccol'!: Tua madre ha anni di onorato servizio ai bordi delle strade.
  • Soret' è na bucchinar: Tua sorella adora il calippo alla coca-cola
  • A pat't ce piace o pesc': Piace anche a tuo padre...
  • Chillu scem' e frat't comm'o pigli' ci'aggia fà na facc' e shkiaff: Non vedo l'ora di reincontrare quel cerebroleso di tuo fratello per cambiargli i connotati.

Riportiamo ora nel seguente esempio una sapiente applicazione dell'insulto parentale con effetti stroncanti sulla vittima.

Gaetano : Questa estate amma ì tutt' quant' a' Spagn!
Gigi : Wah, bell'! Aggia venì pur'i!
Gaetano : No, tu no!
Gigi : E pecché no?
Gaetano : E pecché là vatt'n e' sciem!
Gigi : ... Si è p' chest pur' e ricchiun'!
Gaetano : 'nfatt... È turnat' pat't struppiat'!

L'utilizzo dei verbi

Per qualche misteriosa ragione, i verbi utilizzati nel dialetto napoletano differiscono semanticamente dai verbi comunemente utilizzati nella lingua italiana.

  • Caso 1. Sostituzione dei verbi ausiliari con i verbi fraseologici. Sostituzione del verbo essere col verbo stare.

Pasquale stà 'nguaiat = "Pasquale è nei pasticci".

Tengo probblem = "Ho dei problemi".

Fraintendimenti

Pronunciata in napoletano, la frase "Per la via per Pavia pago io" può avere quest'effetto.

Talvolta, le regole e le esigenze del dialetto deformano le parole generando assonanze causa di incresciosi fraintendimenti. Il caso più famoso è la trasformazione della "u" di "Euro" in una "v", con conseguente assonanza con la parola dialettale per "erba".

Pasquale : Guarda o zi! A capra se sta magnan' tutt l'evr!
Zio : A DISGRAZIAT'! E sord già sò poch!

Inutile dire che la capra in questione fece una brutta fine.

Ancora più eclatante, anzi, orripilante, è la traduzione in napoletano del periodo italiano: "Per la via per Pavia pago io"

(Per la via= Pa' a vi) + (Per Pavia= P' Pavì) + (Pago io= Pav'i) = Pavìpavìpavì

Molti non napoletani, intendendo vagamente Pavia al cubo nel sentire questa frase, hanno tentato il suicidio; riuscendoci fra l'altro. Il 2% di loro è morto invece sul posto per esplosione cranica.

Vanti

V'aggia fatt' nu mazz' tant'!!! - Maradona scoprì presto che ingiuriare gli avversari sconfitti in napoletano è molto più gratificante che in qualunque altra lingua.

Il napoletano può dirsi fiero della miriade di modi di sfottere, spernacchiare, insultare, bestemmiare e mandare a quel paese la gente, facendolo suonare terribilmente offensivo e divertente allo stesso tempo. Vediamo qualche esempio.

Napoletano1 : M'e rutt' o cazz!
Napoletano2 : E attaccatill' cò scotch!

Traduzione

Napoletano1 : Lei mi ha fracassato i genitali!
Napoletano2 : Le suggerisco una riparazione di fortuna perché non me ne frega una benemerita mazza.
Napoletano1 : Facc' 'e cazz!
Napoletano2 : Facc' 'e cul, mo facimm facc e facc!

Traduzione

Napoletano1 : Viso da pene!
Napoletano2 : Sì, viso da deretano, ora uniamo i nostri volti.
Napoletano1 (fermo al semaforo) : AÒ! Che cazz' buss? Nun o vir che è russ?
Napoletano2 (strombazzando dietro di lui) : E miettec a pumat' e lievet' a' nanz!

Traduzione

Napoletano1 (fermo al semaforo) : Cosa ha da suonare così veementemente col clacson se la luce regolatoria del traffico è ancora rossa?
Napoletano2 (strombazzando dietro di lui) : Allora ci metta su un po' di pomata e si scosti da dinanzi che tanto a Napoli i semafori non li rispetta nessuno.

Un sapiente utilizzo dell'arsenale di battute e insulti che questo dialetto vi mette a disposizione, unite alla corretta intonazione del suo inconfondibile accento, vi assicurerà nella maggior parte dei casi gloria, trionfo, popolarità, pugni in faccia, coltellate, e una certa dose di autosoddisfazione.

Prontuario di conversazione

Nun me dicit' niente, nun vogl' sapè niente, nun me chiammat'... E soprattutto... nun rumpit' e pall che oggi è lunedì... m'aggia rilassà!
  • Chiedere l'ora
- Ciro: “Pascà, che or' sò?”
- Pasquale: “Pecché? Te piglià o pinn'l?”
- Ciro: “Nun me romper' o cazz' e rimmell'!”
- Pasquale: “E cinc manc' nu quart, fra.”

Traduzione:

- Ciro: “Pasquale, potresti dirmi che ora è?”
- Pasquale: “Per qual motivo lo chiedi? Hai forse da somministrarti un farmaco?”
- Ciro: “Malgrado tu abbia esplicato ancora una volta come la nostra lingua sia efficacissima nel dare risposte spassose, ti prego di rispondere in maniera adeguata alla mia richiesta.”
- Pasquale: “Le cinque meno un quarto, caro amico fraterno.”
  • Fare acquisti
- Gennaro: “Scusat', o' tenìt o' pezzott rò film di Checco Zalone?”
- Ambulante: “Comm' no! Sò quatt' evr, capo. Però mettitavill' rint' a sacc', ca chiù annanz' c' stann e guardie.”
- Gennaro: “Ma s' ver' buon'? O pecché è pezzot' s ver' na chiavic?”
- Ambulante: “No, no, nun ve preoccupat, a vedé s'ver buon.”

Traduzione:

- Gennaro: “Scusate, gentile abusivo, vendete forse la versione piratata dell'ultimo film di Checco Zalone?”
- Ambulante: “Certamente! Fanno quattro euro, buon uomo. Però badi di tenerlo celato nella tasca, perché più avanti lì c'è la polizia che potrebbe fare storie sul DVD falso.”
- Gennaro: “Ma la qualità video è almeno decente o il fatto che sia piratato presuppone una visione sbiadita, traballante e nel complesso non gradevole?”
- Ambulante: “Non si preoccupi, per vedersi si vede, almeno nei limiti consentiti dalla qualità media dei DVD piratati.”
  • Litigi quotidiani
- Signora dei Quartieri Spagnoli: “WEEE MA CHI È C'A LASCIAT' STA MUNNEZZ' CA' SSOTT'?? OGNI VOT' È CHEST'...S' MAGN'N E' PALL' E' RIS, E' PANZAROTT', E PO' TUTT' A MUNNEZZ' CA' RIMAN!”
- Passante: “Signò ma c' t'nit' e' v'alluccà? Pigliat' na scop' e spazzat' n'terr senz' fa stu teatrino...”
- Signora dei Quartieri Spagnoli: “OBBICCANN' OÌ! È ARRIVAT' O' RE CUMMANNA SCOPPOL'...”
- Passante: “Signò sit' sul' na granda zompaperet'...”

Traduzione:

- Signora dei Quartieri Spagnoli: “Mi domando in nome del cielo chi mai può aver lasciato un simile quantitativo di immondizia dinnanzi la mia modesta magione! Come al solito, dopo aver consumato i prodotti tipici della friggitoria napoletana lasciano residui di ogni genere per terra!”
- Passante: “Mia cara gentildonna io mi domando invece che cosa voi abbiate da questuare! Senza molte cerimonie armatevi di scopa e pulite a dovere se proprio ci tenete!”
- Signora dei Quartieri Spagnoli: “Al solito ecco presentarsi un individuo che inopportunamente interviene negli affari degli altri!”
- Passante: “Signora mi sa che lei è una povera impicciona sociopatica!”

Saggezza popolare

  • Chi s' fa e cazz' suoje, campa cient'ann'!: Chi non si intromette in faccende che non lo riguardano ha buone possibilità di arrivare illeso ai cento anni e forse anche molto più.
  • Ogni buc' è pertus' e ogni pertus' và chius'!: Letteralmente "Ogni buco è un pertugio e ogni pertugio va chiuso", interpretazione a discrezione del lettore.

Vocaboli d'uso comune

Cazzimma

   La stessa cosa ma di più: Cazzimma.

Vocabolo tutto partenopeo che merita un cenno a parte per il suo essere uno dei concetti cardine della napoletanità.

Milanese : Cos'è la cazzimma?
Napoletano : Nun t'o vvoglio ricere, chest' è 'a cazzimma!

Madrelingua famosi

De Napoletana Eloquentia

William Wallace, risaputo tifoso del Napoli, fa un utilizzo mirabile del dialetto napoletano per incitare i suoi prodi ad ingiuriare i gobbi defecando sui loro petti.


Il celebre anime di "Jeeg, Robot d'Acciaio", nella sua versione originale in dialetto napoletano: "Giggig, Robot d'Acciaio"


Voci napoletanizzate

Note

  1. ^ Questi ultimi tre parlati principalmente dalle minoranze lavavetri e vendiombrelli.
  2. ^ O di qualsivoglia incomprensibile dialetto del nordest.


A città do'sol, do'mar e de'i muturin
Vegliano sui di noi San GennaroDiego Armando MaradonaAntonio De Curtis
Città Nemiche SalernoAvellinoBeneventoCasertaPadaniaBergamoTorinoMilanoVeronaVeneziaPontidaParmaAlessandriaComo
Passioni e tradizioni CalcioTammurriataCanzone napoletanaMusica neomelodicaTombolaMandolinoNapolitudineMunacielloPulcinellaBasso (Napoli)PresepeZampognaCapodannoMare
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Questa è una voce in latrina, sgamata come una delle voci meno pallose evacuate dalla comunità.
È stata punita come tale il giorno 8 gennaio 2012 con 100% di voti (su 16).
Naturalmente sono ben accetti insulti e vandalismi che peggiorino ulteriormente il non-lavoro svolto.

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