Nonsource:Dieci piccoli idioti
Dieci piccoli idioti è un romanzo giallo scritto dalla celeberrima scrittrice britannica Sandro Bondi nel 1939.
Controversie editoriali
Il romanzo fu originariamente pubblicato con il titolo di Ten Little Niggers, ma nell'edizione italiana i capoccia della Mondadori si accorsero che il termine "niggers" offende la sensibilità dei cittadini di colore, cribbio! Pertanto lo sostituirono con il più consono Dieci piccoli giovani, belli e abbronzati.
In concomitanza con la discesa in campo del Cavaliere il romanzo subì un nuovo riadattamento e assunse il titolo definitivo di Dieci piccoli idioti.
Trama
La convention
Otto persone, tutte assolutamente incensurate e iscritte al Popolo delle Libertà, ricevono una lettera in cui vengono invitate a soggiornare per l'estate in una splendida villa ad Arcore. Nonostante nessuno degli invitati conosca il misterioso padrone di casa[citazione necessaria], tutti accettano l'invito: chi per curiosità, chi per ristrettezze economiche, chi nella speranza di ottenere un ministero a forza di pompini.
Gli otto invitati sono:
- Renato Brunetta, commerciante di gondole di plastica e nani da giardino.
- Mara Carfagna, suora laica.
- Maurizio Gasparri, avvenente e scapestrato rampollo.
- Giulio Tremonti, cravattaro dell'hinterland sondriese.
- Ignazio La Russa, ex agente della Stasi.
- Daniela Santanchè, fashionista incallita.
- Angelino Alfano, magistrato del pool anti-anti-mafia.
- Mariastella Gelmini, timida maestrina d'asilo.
Al loro arrivo nella lussuosa dimora, gli ospiti trovano ad attenderli solamente la servitù composta dallo stalliere Vittorio Mangano e dal maggiordomo Marcello Dell'Utri. Il padrone di casa invece non è presente perché impegnato a firmare un contratto con gli italiani a Porta a Porta.
Mentre lo attendono gli invitati hanno modo di visitare la villa: a incuriosirli maggiormente è l'enorme collezione di scarpe con la zeppa nella camera da letto del loro ospite e una macabra filastrocca incorniciata sopra i camini di tutte le camere degli ospiti. La filastrocca recita:
C’è un grande sogno
Che vive in noi
Siamo la gente della libertà,
Presidente siamo con te
Menomale che Silvio c’è
La poesia, evidentemente composta da un Povia imbottito di barbiturici e abbruttito dal vizio della zoofilia, continua sulla stessa falsariga per altre 245 ributtanti strofe. Evitiamo di trascriverle per non turbare la digestione ai nostri affezionati lettori.
La catena di delitti e le accuse alla sinistra bolscevica
Il mistero si infittisce
Epilogo
La strage di Arcore diventa un caso mediatico di interesse mondiale. Frotte e frotte di paparazzi si appostano intorno alla villa nella speranza di riuscire a fotografare qualche particolare truculento, ma alla fine solo El Pais riuscirà a pubblicare qualche foto.
Il caso viene affidato al magistrato Antonio Di Pietro, il quale nonostante tanta buona volontà e un diploma di quinta elementare non riesce a cavare un ragno dal buco.