L'infinito

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Per quelli che non hanno il senso dell'umorismo, su Wikipedia è presente una voce in proposito. L'infinito
« La scrissi in preda a un raptus estatico... no, quella macchietta bianca è bianchetto »
(Il poeta Giacomo Leopardi durante un'intervista per Chi)
« E io che pensavo che L'Infinito di Leopardi fosse "leopardare"... »
(Studente impreparato durante l'interrogazione di Italiano)
« Leopardi per vedere l'infinito, guardava attraverso un cespuglio. A noi basta fumarcelo. »
(Trattazione filosofica del Leopardi)

L'infinito è una poesia di Giacomo Leopardi scritta durante il suo giovanile soggiorno nelle Marche, quando scoprì la bellezza del gentil sesso e dell'onanismo. Quest'opera fu scritta nel 1818, molto probabilmente nel periodo in cui il poeta realizzò e quantificò il numero dei 2 di picche nella sua vita - per l'appunto, infiniti.

Quest'opera appartiene alla serie di scritti pubblicati cinque anni dopo con il titolo di Idilli (il titolo deriva dallo stato d'animo idilliaco che provò il giorno del suo compleanno, l'unico giorno in cui non fu insultato dalla sua famiglia). In questo periodo, Leopardi pubblica anche le Perette Anali, conosciute come Operette Morali per un errore di stampa.

Testo dell'opera

Questa è la prima stesura, ma è quasi certo che il poeta la perse durante una battaglia di cibo tenutasi alla mensa della scuola.

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da la finestra
de la vicina[1] il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
nudi di là da quella, e sovrumani
seni, e profondissimo pilu
io nel bacino mi tocco; ove per poco
il coito non mi sporca. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quella
infinita madonna nel mio giaciglio
vo immaginando: e mi sovvien l'eterno,
e le nude carni, e la presente
e viva, e il gemito di lei. Così tra questa
cinquina s'annega il truffello[2] mio:
e l'imbiancar[3] m'è dolce in queste dita.

Note al testo dell'opera. Ovvero, capiamoci qualcosa insieme.

  1. ^ Sembra che il poeta abitasse in prossimità di una provocante Contessa, nota per la sua passione per l'equitazione
  2. ^ Termine dell'italiano volgare per indicare l'organo copulatore maschile
  3. ^ Eppure non era imbianchino. Parrebbe una dichiarazione ermetica.
Una veritiera ricostruzione artistica delle fantasie leopardiane presenti nel componimento.

Descrizione del componimento

L'autore di questo articolo non ci ha capito una benemerita mazza. Ma, come ogni buon critico letterario che si rispetti, ha un sacco di cose da dire a riguardo di questo componimento.

Innanzitutto, si noti che la poesia è composta di 15 versi. Se avete presente tale numero, saprete che è al contempo la somma di 9 e 6, nonché il prodotto di 3 e 5. Cosa significa, dunque? Me lo chiedo anche io.

Lo stile, tipicamente leopardiano, è tanto. E la classe non è acqua.

Le tematiche trattate sono principalmente due:
- la visione della donna, e la siepe che ne impedisce la visione (probabilmente una siepe in piombo, spessa almeno 25 cm)[citazione necessaria], costringendo il poeta a ricorrere all'immaginazione;
- la salvifica pratica del ricorso alla solitudine per espletare a desideri altrimenti impossibili.

La visione della donna, non più magnifica visione della donna-angelo dello Stil Novo, evoca nel poeta pensieri che si ripercuotono su appendici del bacino. In questa situazione, il Leopardi prova inizialmente a combattere contro gli istinti, sostenuto dalla morale infusagli dalla famiglia, nota esponente di CL. Tuttavia, come lo stesso scrittore ci fa notare, tale lotta è vana; ed è necessario ricorrere all'immaginazione e al suo complementare materiale. Il pessimismo leopardiano ha la meglio: l'estasi visuale non può che rimanere tale, e il poeta è costretto, con un forte salto introspettivo, a ritorcersi su sé stesso, dando sfogo alle sue pulsioni con un atto di matrice individualistica, anticipando i temi trattati poi da altri importanti filosofi.

Critiche

All'opera del Leopardi seguirono numerose critiche, soprattutto per il tema trattato.
Tanto per cominciare, il Moige lo fece censurare dalla Tv. Questo causò un problema non di second'ordine, visti gli enormi introiti provenienti al poeta da programmi d'attualità, ai quali era spesso invitato, come la Melevisione. Solo dopo diverse cause legali lo scrittore tornò sugli schermi; non senza esser passato prima per un brutto periodo, dove la povertà lo portò anche a prostituirsi.
E dunque ci si mise anche la Chiesa a fare opera di censura. I motivi saranno poi spiegati in una lettera, di cui riportiamo solo una parte:

« La Vostra poesia ci offende, essendo le vostre adorate pratiche a uso e consumo del solo Santo Padre »
(Lettera del Card. Ruini, ritrovata nello studio del poeta)

In poche parole, solo il Papa aveva diritto a masturbarsi selvaggiamente stare ore e ore davanti alla finestra a osservare il paesaggio.

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