Carmine Crocco

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OCCHIU VIVU E MANU O CUTIEDDU!!!
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« Ah, così eh? E allora mi costruirò un enorme esercito tutto mio, con Black Jack e squillo di lusso! »
(Carmine Crocco in una lettera al re Vittorio Emanuele II)


Carmine Crocco ( 5 Giugno 1830 - 30 Febbraio 1802), conosciuto anche come "Flagello di Dio" o "Lurido Terùn!", fu un impavido patriota, conbattente rivoluzionario e un astuto generale che combattè per la libertà della sua gente dall'oppressione sanguinaria dei Piemontesi un barbaro, sudicio, analfabeta, terrone, delinquente, mafioso, bandito, stupratore, giocatore d'azzardo, articolista di Nonciclopedia, massone, adepto del K.K.K. e chi più ne ha più ne metta, brigante che disertò l'esercito Sabaudo per combattere e ribellarsi all'Unità D'Italia [1]





Cliccate se siete meridionalisti convinti!

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Biografia

Carmine Crocco da bambino

Carmine Donatello Crocco nacque a Rionero del Vulture, tristissimo paesino, per usare un parolone, di 23 abitanti situato su una sperduta montagna Lucana. Il padre era un brigante, la madre una brigantessa (prima ancora del Risorgimento). Era il 23° figlio dei Crocco, l'unico superstite tra i fratelli al colera ed alla peste bubbonica che infuriava in paese dal 1400.

Il piccolo Carmine diede da subito sfoggio delle sue più celebri qualità: Pare che all'età di 6 anni, dopo aver bisticciato con un coetaneo che gli aveva rubato una macchinina, abbia sgozzato quest'ultimo trascinando il cadavere per tutto il paese per poi buttarlo in un dirupo.

Le famose scarpe-simbolo del brigante

All'età di 19 anni realizzò il suo sogno: Fare il calzolaio. Si aprì quindi una piccola bottega di scarpe per briganti, che presto diventò una ditta celebre in tutto il mondo: La Crocs S.p.A.

Il suo sogno fu però interrotto quando un superbo signorotto del luogo, un certo Don

Peppino, esattore delle tasse, lo fece processare per mancata emissione di scontrini (in quegli anni era infatti entrata in vigore la nuova riforma anti-evasione del nuovo ministro dell'Economia Quintino Mario Monti Sella).

Ah, già che c'era, gli violentò la sorella. E la nonna. E il cane.

Come era prevedibile, la vendetta del giovane Crocco non tardò ad arrivare. Dopo qualche giorno dalla sentenza della Cassazione, che lo espropriò di tutti gli averi e lo costrinse all'arruolamento nelle file dell'esercito Sabaudo, invitò con un pretesto Don Peppino ad una fiera del Chili, in cui costrinse l'ignaro malcapitato a mangiare i resti dei suoi genitori per poi svelargli il piano e leccargli le lacrime davanti a tutta la città.

Umberto Bossi I, pentanonno del Bossi odierno, sostiene che in realtà era tutto un piano architettato per attirare dei figli del nord lavoratore nel sud disagiato dove avrebbero trovato delle popolazioni da bombardare di amicizia e rubargli i soldi. Poi qualcuno urlò da un tombino che in realtà erano venuti di propria spontanea volontà alla ricerca di figa dalle parti di Gallipoli e non trovandola hanno fregato la cassa del regno di napoli come risarcimento.

In ogni caso Garibaldi schierava un 5-4-1 con Nino Bixio attaccante di sfondamento, capocannoniere della classe 18-19, mentre Carminuccio un semplicistico 3-4-3 con inserimenti dalle fasce alberate. Infatti la partita a Bronte ha deciso un secco 4-1 per Don Peppe Garibaldi. Nel girone di ritorno a Ripacandida (in Terronia, Basilicata) se la cavò con un 2-1 con fallo da tergo di Ninco nanco con la maglia numero 10.

La latitanza e il terrorismo

Carmine Crocco, ormai latitante, elude l'esercito Piemontese nascondendosi al mondo intero con un astuto travestimento

Dopo aver litigato con il Sergente Maggiore capo istruttore durante l'addestramento militare, decise di scappare e darsi alla macchia. Ah, già che c'era uccise il Sergente a colpi di machete. E il compagno di stanza. E l'intero plotone.

Inspiegabilmente[citazione necessaria] fu messa una taglia sulla sua testa da parte del re Vittorio Emanuele II, ma tutto ciò spinse il novello brigante a ritirarsi sulle montagne ed organizzare atti terroristici contro l'oppressore Sabaudo, con lo scopo di creare uno Stato totalmente indipendente nel Sud dell'Itaglia.

La bandiera utilizzata dai rivoltosi fedeli a Crocco

Durante la latitanza riuscì ad organizzare un esercito di briganti, di quasi 2.000 uomini, che nella seconda metà dell'800

diede parecchi problemi al re ed al suo entourage, che vedevano sgretolarsi il sogno di governare autorevolmente

uno Stato unito, forte e compatto.

« Ghe pens mì! »
(Vittorio Emanuele II decide di occuparsi personalmente della questione)

Il re, dunque, rivoluziona e modernizza l'esercito italiano (pare che combattessero ancora con clave e fionde) e conduce una mirata e pacifica campagna militare nel Meridione: Ordina infatti ai suoi uomini di sterminare di migliaia di innocenti, di violentare le donne, di distruggere interi paesi, fucilazioni di massa qua e là di arrestare solo veri delinquenti, di distribuire caramelle e cioccolatini e di mettere dei fiori nei loro cannoni.

Come previsto, tutto questo provoca nient'altro che ostilità nell'animo dei meridionali, che in massa sposarono la causa di Carmine Crocco e dei suoi compagni, rendendo le cose sempre più difficili.

A Rionero, dove Carmine Crocco aveva posto il suo quartier generale, si ebbe lo scontro decisivo: Al re, infatti, fu riferito da un brigante disertore, dove si nascondeva il terribile assassino e questi, per far capire quanto l'Italia amasse e rispettasse i meridionali, mandò in avanscoperta e disarmati i reparti dell'esercito provenienti proprio dal Sud.

« Ogni battaglione avrà un nome in codice e una missione. Battaglione numero 5 alzate la mano! Voi sarete la prima ondata d'urto che chiameremo Operazione Scudo Umano; Battaglione numero 14, voi siete l'operazione "alle spalle dei terroni": Seguirete il battaglione 5 e cercate di non farvi ammazzare dannazione! »
(Vittorio Emanuele II da' sfoggio di benevolenza al discorso alle truppe prima della battaglia)


Processo e morte

Ovviamente il destino di Carmine Crocco era segnato: Fu imprigionato e i suoi uomini massacrati e lasciato marcire in cella per una cinquantina d'anni. Durante questo lasso di tempo fu condotto il classico processo all'Italiana che, come tale, non si concluse mai.

Il povero Carmine, infatti, preferì lasciarsi morire di inedia che aspettare ancora la sentenza.


Luogotenenti di Crocco

I più fidati generali di Carmine Crocco


Curiosità