Utente:GorillaK2/Sandbox
FILM DI CUL...TO
Qualcuno ha definito questa pellicola "capolavoro inarrivabile". |
GorillaK2/Sandbox | |
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[[File:|frameless|center|260x300px]]Quattro registi per quattro storie. (Sponsor: Quattro salti in padella Findus) | |
Paese di produzione | Italia |
Genere | Perculata religiosa |
Regia | Pier Pablo Pisolini |
Interpreti e personaggi | |
Orson Welles (il regista), Mario Cipriani (Giovanni Stracci), altri (comparse) |
La ricotta è l'episodio girato da Pasolini contenuto in Ro.Go.Pa.G., un film del 1963 il cui titolo è una sigla che identifica i registi dei quattro segmenti: Rossellini, Godard, Pasolini e il pupazzo Gnappo.
È un film che parla di un film che parla della Passione.
Ossia è un film che descrive la lavorazione di un film che descrive come i romani si siano lavorati Gesù Cristo.
In altre parole, Pasolini dirige un finto regista che dirige il cast che lavora al film della Passione.
In effetti è il regista che sta girando un film sulla Passione, però a girarlo è un altro regista effettivamente.
Chiarito questo punto[citazione necessaria] (e aspettato che vada via il mal di testa) cerchiamo di capire il perché si debba parlare di questa opera.
In primo luogo per la presenza di Orson Welles nella parte del regista, un attore di caratura internazionale che restò molto sorpreso di dover lavorare con Pier Paolo Pasolini, la firma sull'assegno era illeggibile e credeva che si chiamasse Pier Poldo Pistolini. Tramite la figura del regista, Pasolini sfrutta un passaggio del film per esprimere la sua opinione su alcuni argomenti. Durante la scena un giornalista intervista dunque il regista, cioè il finto regista Orson Welles, non Pasolini, ma è come se fosse il vero regista a rispondere e non il personaggio del regista.[1]
- Giornalista : Cosa vuole esprimere con questa sua nuova opera?
- Il regista : Il mio intimo profondo arcaico cattolicesimo.
- Giornalista : E che cosa ne pensa della società italiana?
- Il regista : Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d’Europa.
- Giornalista : E che ne pensa della morte?
- Il regista : Come marxista è un fatto che non prendo in considerazione.
- Giornalista : Qual è la sua opinione sul nostro grande regista Federico Fellini?
- Il regista : Egli danza.
- Giornalista : Esiste una possibilità che lei risponda in modo comprensibile?
- Il regista : Fuck you!
È anche la storia di Giuseppe Stracci, detto "er Tenia", un poveraccio assunto per interpretare la parte del ladrone buono che verrà crocifisso a fianco di Cristo. Il tizio è affetto da una fame insaziabile e passa ogni istante a cercare di mangiare qualcosa, puntualmente interrotto dalle riprese. Alla fine si rimpinza comunque, talmente tanto che muore di indigestione sulla croce.
Trama illustrata
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Prima di iniziare le riprese Pasolini parla con Orson Welles, i dettagli sono importanti. Fortunatamente la nonna dell'attore statunitense era originaria di Tor Pagnotta, quindi l'uso del dialetto romanesco eviterà fraintendimenti e l'ulteriore spesa per un interprete. Welles è comunque un vero professionista, considera Pasolini meno di una caccola ma gli assicura comunque il massimo impegno: "M'hai pagato 'na fracca[2], a parte er culo chiedeme quello che te pare!"
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L'americano è comunque un gran paraculo: finge di acculturarsi sui lavori precedenti di Pasolini, a suo dire "per meglio comprendere i desideri del regista", in realtà ha piazzato fogli di Domopak in mezzo al libro e ne approfitta per abbronzarsi. A tradirlo è il titolo del libro, Mamma Rom è la storia di una zingara che manda a rubare le figlie, non ha nulla a che vedere con la Mamma Roma di Pasolini.
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Purtroppo il resto del cast non è alla sua altezza, per arrivarci dovrebbero sommare i loro stipendi e moltiplicare per ventordici. Uno di loro, che si è evidentemente montato la testa e pensa di essere Gesù Cristo, vorrebbe addirittura cambiare la crocefissione con gli arresti domiciliari. Si scopre che è uno studente fuori sede di Giurisprudenza, che si mantiene facendo l'attore. Viene cacciato a pedate, con indubbi benefici per entrambe le professioni.
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La scelta del sostituto si palesa da subito ardua. Siamo nell'età dell'oro di Cinecittà e del boom economico, la maggior parte degli attori lavora già a qualche film serio, ne restano disponibili solo quattro di quelli part time: Gualtiero Scolari (bidello), Ciro Biancosarti (barman), Amedeo Prosperi (pompiere) e Bartolomeo Santopadre (borseggiatore al Vaticano).
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Alla fine viene scelto Santopadre, per due motivi: ha avuto a che fare con gli ambienti religiosi; all'occorrenza potrebbe anche recitare la parte del ladro, che gli viene naturale. Il cast resta comunque una triste accozzaglia di cialtroni, gente che sta alla recitazione quanto Pupo alla pallacanestro. Per fortuna Orson Welles non sembra molto contrariato dalla situazione, il film procede spedito verso l'epilogo.
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Giuseppe Stracci nel frattempo ha trovato un attimo di tranquillità e si concede una merendina. Iniziava a non vederci più dalla fame e allora, non disponendo di una Fiesta, si strafoga: mezza quintalata di pane ripieno di ricotta; un trancio di pizza con strutto, salsiccia e cicoria; nove fegatini lardellati; sei mazzi sfumati; un casatiello con quattro uova; un cocomero.
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L'incauto individuo, per favorire la digestione, avrebbe fatto bene a concludere la manducata con un bicchierino di Unicum, unica sostanza conosciuta dall'uomo in grado di sciogliere perfino i vincoli molecolari del diamante, e senza penarci più di tanto. Quando manca appena l'ultima scena da girare, arriva la cuoca del catering strillando: "A morti de fame, daje che se fredda 'a vaccinara!" Una pausa ci voleva proprio.
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Ancora con lo stuzzicadenti in bocca si riprende a girare. Stracci mostra immediatamente un'insospettabile padronanza del metodo Stanislavskij, tanto che Pasolini dice all'altro ladrone: "Franco prendi esempio da Giuseppe, pare morto davvero. C'ha pure un rigagnolo de bavetta a un lato della bocca. Bravo Stracci, ti aumento la paga!" Il mancato "grazie" svela la tragedia, ma come si dice in questi casi: "The show must go on".
La condanna per vilipendio
Pasolini subì una condanna a 4 mesi di carcere per vilipendio alla religione. La scena incriminata era anche l'unica a colori del film. Il regista realizza due quadri viventi con gli attori, partendo dalla Deposizione di Jacopo da Pontormo (1525) e da quella di Rosso Fiorentino (1521), che fissano il tragico momento in cui Gesù viene tirato giù dalla croce (senza l'utilizzo di bestemmie).
Durante la lavorazione, mentre sono intenti ad assumere le corrette posizioni per "ricreare" i dipinti, gli attori si abbandonano a scurrilità e battutacce, da cui emerge la loro assoluta estraneità rispetto a quanto rappresentato, sottolineata dai commenti del regista all'altoparlante, fuori campo.
Anche il sonoro è poco in linea con la drammaticità della scena. Prima di azzeccare una solenne composizione vengono riprodotti: St.Tropez twist di Peppino di Capri, Mille orsacchiotti dello Zecchino d'Oro e 24.000 baci di Celentano; accompagnati ogni volta dai commenti sdegnati del regista.
Curiosità
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- Tra gli interpreti figura anche Tomás Milián, il futuro Er Monnezza. In tutta la durata del film è l'unico che non dice una parolaccia.
- Maurizio Gasparri prima che si sforzasse di capire il film non era così.
- Flavia Vento ha chiesto inutilmente a Gasparri una spiegazione del film.
- Sara Tommasi ha capito il film. A modo suo.
Note
- ^ Mentre leggete l'intervista, l'autore di questo articolo si prende un attimo di pausa per riconsiderare l'idea di andare avanti.
- ^ davvero molto