Conversazione
La conversazione è quella cosa che tutti noi facciamo quando abbiamo voglia di fare conversazione. Essa si distingue dal dialogo perché i due termini sono diversi.
La parola conversazione deriva dal latino moderno con (assieme a) ver (che insieme a davver indica qualcosa che è successo verament) sa (perché chi conversa sa o dovrebbe sapere quello che dice) zio (il padre dei cugini) ne (intercalare torinese dal significato sconosciuto).
La conversazione implica un confronto verbale e mai di sostantivi. Di solito è un mezzo utile ad esprimere idee diverse e prelude al confronto fisico, all’insulto e alla rissa.
Come pratica sociale, modello ideologico o strumento di tortura la conversazione è la forma espressiva più utilizzata rispetto alla forma scritta, a quella gestuale, alle linguacce, al tam-tam e ai segnali di fumo.
Cenni storici
La conversazione nasce nell’840 a.C., prima di questa data nessuno parlava mai con nessuno. Nella Grecia antica (situata più o meno dov’è oggi la Grecia moderna) l’affermarsi delle città (poleis) e dei luoghi di ritrovo come la piazza (agorà), il mercato (conad), lo stadio di calcio (sansìron), le discoteche (baleròn) fa nascere il bisogno di confrontarsi su tematiche molto sentite come la politica, la religione, la vita, la morte, la corsa per lo scudetto.
Negli anni antichi in cui gli uomini erano da poco scesi dagli alberi, un vero esperto di conversazione era il filosofo Aristotele. Maestro di retorica, di logica e di briscola, Aristotele era il re della dialettica, una tecnica di conversazione in cui ricorreva al dialetto per uscire vittorioso da ogni discussione:
- Discepolo: “Oh Aristotele, come puoi tu affermare che l’essere si identifica col bene?”
- Aristotele: “Fatt’ è cazz’ tuoi!”
L’obiettivo era convincere l’interlocutore ad autocontraddirsi, a far crollare le sue certezze, ad annullare le sue convinzioni e infine ad umiliarlo sessualmente. Ne consegue che nessuno in tutta la Grecia aveva voglia di parlare con Aristotele e su Facebook nessuno lo aggiungeva mai come amico.
Nell’età romana la conversazione vive una nuova giovinezza, complice la nascita di nuovi importanti oratori e la diffusione della telefonia mobile. Cicerone per esempio era un esperto di conversazioni, il problema semmai era farlo star zitto. Nelle sue Epistulae ad qui cazzo capitam Cicerone spiega ai suoi amici Valeriano e Camomillo la differenza tra un pompino ed un toast al prosciutto:
Seneca era un altro romano molto dedito alla conversazione mentre Tacito non diceva mai nulla. Durante l’avvento del Cristianesimo avvengono alcune conversazioni celebri, come quella tra Gesù e gli apostoli durante l’Ultima cena, giunta intatta fino a noi grazie a testi come il Vangelo secondo Marco, il Vangelo secondo Matteo e Novella 2000 a.C.:
"E Gesù venne tra gli apostoli, si sedette in mezzo a loro, poggiò il cellulare sul tavolo, si mise un tovagliolo al collo per non sporcarsi la tonaca nuova e disse:
-Beh? Si mangia?
-Apostoli: Non hai nulla da dirci o Maestro?
-Gesù: Ah sì... qua sta il pane e qua sta il vino; questo è Gragnano, attenzione che se ne scende come l’acqua e voi dopo dovete guidare. Adesso mangiamo però che sto morendo di fame.
E Gesù prese il pane, lo intinse in un vassoio e ci fece la scarpetta. Poi aggiunse:
-Gesù: In verità vi dico: uno di voi mi tradirà!
-Giovanni: Oh, Maestro! Come fai a dire una cosa simile?
-Gesù: Con la bocca. Giovanni, sei sempre stato il più tardo degli apostoli, devo sempre spiegarti tutto. E vi dirò di più: quello che mi ha tradito sa che sto parlando di lui...
-Pietro: Son forse io, Maestro?
-Gesù: No.
-Giovanni: Son forse io, Maestro?
-Gesù: No, no
-Marco: Son forse io, Maestro?
-Gesù: No!
-Tommaso: Son forse io, Maestro?
-Gesù: Nooo!
-Cameriere: Son forse io, Maestro?
-Gesù: Ma no, che c’entri tu?!
-Giacomo: Son forse io, Maestro?
-Gesù: Nooooooooooooo!!
-Giovanni: Son forse io, Maestro?
-Gesù: Giovanni, tu me l’hai già chiesto, lo vedi quanto sei scemo?
-Matteo: Maestro, le tue parole ci riempiono di meraviglia
-Giuda: Sì vabbè, qua nessuno sa niente. Stai a vedere che adesso sono stato io!!
Infine non vanno dimenticati i dialoghi al telefono di Sant’Agostino né le conversazioni di Giustino di Tablus, volte a convincere l’interlocutore ad una conversione al Cristianesimo attraverso una serie di argomentazioni argute e basate sul ragionamento:
Cenni geografici
Paese che vai, ricordati lo spazzolino – così recita un famoso proverbio; ma soprattutto paese che vai, conversazione che trovi. La conversazione infatti subisce delle notevoli variazioni a seconda del luogo dove avviene e del paese in cui si svolge. A tal proposito gli scienziati, gli studiosi e gli enologi distinguono vari tipi di conversazione:
Conversazione tipica
Tizio: Ciao, come stai?
Caio: Io bene. E tu?
Tizio: Bene anch’io! E come sta Geppina?
Caio: È morta. Mi ha fatto piacere vederti! Mi raccomando se mi vieni a trovare avvertimi che io intanto stacco il telefono.
Tizio: Grazie, sei gentile come un dito in culo. Ciao!
Conversazione classica
Tizio: che ne pensi di Mozart?
Caio: preferisco Beethoven.
Conversazione in inglese
Tyz: Hallo Cay, how are you?
Cay: Hallo Tyz. I’m fine, thanks. You piuttost, you are not so fine like me, you are fat.
Tyz: How you t’ permett’? I always go to the palestr!
Cay: And nobody se ne accort. You have nu cul so big cà fa provincia.
Tyz: Thank you for this beautiful conversation, Cay. As soon as I can I’ll invest you with my car. Don’t worry.
Conversazione costruttiva
Tizio: Ciao! Che ne dici di costruire un ponte?
Caio: Eh, bella idea!
Conversazione distruttiva
Fidanzato: Gualtiera, se tu non mi amassi mi sentirei perso
Fidanzata: Vado a comprarti una bussola
Conversazione brillante
Diamante 1: ehi, hai visto come splendo stamattina?
Diamante 2: mai quanto me, ho più carati di te, mio caro!
Conversazione noiosa
Tizio: mi annoio
Caio: anch’io
Conversazione tra sordi
Tizio: Eh?
Caio: Eh?
Tizio: Eh? Eh?
Caio: Eh? Eh? Eh??
Tizio: questo l'ho capito, vai avanti!
Conversazione tra Sordi e Muti
Alberto Sordi: Salve, sono Alberto Sordi!
Ornella Muti: Piacere, sono Ornella Muti!
Alcune frasi tipiche di una conversazione
Ed ora alcune frasi tipiche di ogni conversazione anonima che si rispetti con i loro veri significati. Paragrafo dedicato a tutti quelli che ancora credono che quando uno gli chiede come sta gli interessi davvero saperlo.
- Ti trovo bene: Cosa doveva dirvi, “sembra ti sia venuto addosso un tir”? Ecco una tipica frase di rito per allungare il brodo. Per fare la controprova provate a dire voi la stessa frase al vostro interlocutore e guardate come ci rimane male.
- Che stai facendo?: classica domanda da ex collega o ex compagno di scuola. In realtà non gliene frega nulla di sapere davvero che lavoro fate, vuole solo sapere se avete fatto più carriera di lui.
- Mi ha fatto assai piacere: è la frase di rito per troncare una conversazione sul nascere. Voi state parlando dei vostri duroni ai piedi e il vostro interlocutore si è rotto le palle di starvi a sentire ma finge di essere contento almeno dell’incontro per uscirne col minimo sindacale dello stile.
- Hai saputo di...?: classica introduzione di chi si appresta a sparlare con voi di terzi non presenti alla conversazione, di solito è qualche ex che ha ancora il dente avvelenato.
- Non ti ho detto cosa mi è successo l’altro giorno...: ahi, brutto segno. Quando cominciano così hanno intenzione di tirarla a lungo e vi sarà molto difficile fermarli. Questo tipo di conversazioni sono ad alto rischio perché se avete un appuntamento, oppure siete per strada e sta venendo a piovere nemmeno l’uragano Matilde fermerà il vostro interlocutore che deve tassativamente arrivare alla conclusione del suo racconto, costi quel che costi. L’unico modo ad oggi conosciuto per evitare questo genere di conversazioni è simulare un infarto. Una volta dentro l’ambulanza date una mancia ai portantini e fatevi scaricare nel luogo dove eravate diretti così avrete ottenuto due piccioni con una fava: un passaggio in ambulanza e vi sarete liberati del tizio.