Rush: differenze tra le versioni

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Versione delle 17:28, 22 apr 2008

« Ora concedeteci una piccola pausa, abbiamo bisogno di un po' di neurochirurgia »
« You don't get something for nothing »
(Puttana)
« If you choose not to decide, you still have made a choice »
« Free the dungeons of the innocents »
« Canta come un porco scannato »
(Adriano Pappalardo)


I Rush sono una band hard rock di chiare simpatie filofasciste, formatasi a Taranto negli anni sessanta. La formazione è composta da:



Nascita e primi anni

I Rush in tournée verso Avellino. Notare lo sguardo truce di Peart poco prima di brutalizzare Lifeson.

La formazione del gruppo risale al 1968, allorché in piena era di contestazione i giovani Geddy Lee e Alex Lifeson s’incontrano durante l’occupazione dell’Università di Altamura. Lee, giovane artista poliedrico scartato a dispetto della sua voce suadente e della sua tecnica impeccabile dai Pooh per aver spalleggiato Riccardo Fogli, si trovò subito in perfetta sintonia con Lifeson, chitarrista tecnicamente valido ma con una verve a metà tra quella di John Myung e di un emo. Così in breve tempo i due, inizialmente supportati alla batteria da un certo Nicola Di Bari che poi li avrebbe mollati per far fortuna in una boyband, fondarono il gruppo.


Nei primi anni i Rush si caratterizzavano per un sound e delle tematiche liriche in cui erano chiaramente riconoscibili le influenze di alcuni dei gruppi emergenti dell'epoca, quali ad esempio Led Zeppelin, King Crimson, Vomitory e Fausto Leali.
Il primo album, omonimo, presentava dei temi lirici che spaziavano dalla dura vita dei portuali alle bravate che i tre erano soliti compiere alla sagra del capocollo di Molfetta, fu in realtà accolto piuttosto tiepidamente dal pubblico, e fu anche a causa di ciò che Di Bari optò per una nuova e più remunerativa carriera. Seguì un periodo di stasi nel gruppo, fino all'arrivo di Neil Peart, che fino ad allora si esibiva con un'orchestra di liscio ed era noto, oltre che per essere un militante dell'MSI, anche per le contenute dimensioni del suo strumento, tanto esigue da obbligare gli organizzatori delle feste alle quali si esibiva ad allestire un palco apposito per la sua batteria. E fu subito chiaro che la linea artistica dei Rush non sarebbe più stata la stessa.


L'arrivo di Neil Peart e la svolta progressive

Neil Peart in partenza verso il futuro, mentre sta per fare il pieno di ispirazione.

Il nuovo batterista s'impose subito col suo carisma ai suoi compagni. Accanito consumatore di sostanze psicotrope e kebab, era solito trasporre nei testi delle canzoni i mondi futuri e le dimensioni parallele che incontrava nei suoi trip lisergici, il che spiega il motivo per cui nei primi album i titoli delle canzoni spazino da "Il negromante" e "Da-Torre e il cane di neve" a "Mi sa che sto diventando calvo".

Dal punto di vista musicale, Peart impresse al gruppo un deciso cambio di stile verso il progressive, con canzoni che raramente scendevano sotto i dieci minuti e continui cambi di tempo, e nei dischi immediatamente successivi al suo arrivo il nuovo stile si mostrò in tutta la sua coinvolgente complessità. Tuttavia, in principio Lee e Lifeson mal digerirono la nuova direzione intrapresa dal gruppo, dal momento che le continue e improvvise divagazioni di Peart, ovvia conseguenza delle sostanze di cui faceva uso, finivano inevitabilmente per spaesare Lee e Lifeson, conducendo fatalmente a una sovrapposizione di suoni completamente slegati tra loro.

Non sorprende dunque che in seguito al modesto successo commerciale del loro concept album "Carezza d'acciaio", interamente incentrato sui viaggi onirici di un metalmeccanico, la Caponata Records che li produceva li invitò caldamente a tagliare la durata delle loro canzoni, in maniera da risultare ascoltabili almeno per chi doveva curare il lancio dei loro lavori.

Intenzionato a recepire scrupolosamente le direttive della casa discografica, Peart guardando una puntata di Base Lunare Alpha ebbe l'illuminazione che avrebbe finalmente consacrato i Rush. Pensò infatti di trasporre in un futuro fantascientifico la storia di un artista perseguitato dall'egemonia culturale di sinistra, chiamò i due sodali in saletta, e in pochi giorni vide la luce il loro pezzo più famoso, "2112", così intitolato per via del numero di Unicum che furono necessari a Lee e Lifeson per star dietro alle bizzarrie ritmiche del loro batterista.

Malgrado i problemi al fegato seguiti alla sua registrazione, la suite riuscì a trainare in maniera prodigiosa le vendite dell'album, portando la popolarità dei Rush ben oltre i ristretti confini regionali con il loro memorabile sold-out alla festa del calamaro di Crotone. Convinto di aver trovato la formula giusta, e affascinato da altri illustri personaggi della letteratura fantascientifica quali Ralph supermaxieroe e l'alieno Alf, Peart continuò a essere influenzato da temi onirici e futuristici, come si evince dagli album successivi. I Rush, forti di un successo in continua espansione e di un'intesa che ormai andava ben oltre i reciproci vaffanculo degli inizi, pubblicarono quindi in pochi mesi "Un addio ai re", in cui traspare l'anima monarchica di Peart e la sua nostalgia per la vecchia casa regnante, "Onde permanenti", in cui vengono raccontati degli incubi e delle difficoltà gastrointestinali dell'equipaggio di un peschereccio in navigazione nelle burrascose acque dello Ionio, e "Foto mobili", che rappresenta un'aspra critica del trio nei confronti della selvaggia e vile pratica degli autovelox.

Tuttavia, dopo la crisi dell'LSD dei primi anni '80, i tre dovettero cercare altrove le loro fonti di ispirazione, e fu per questo motivo che in quel periodo maturò un profondo cambiamento nel suono del gruppo.


Evoluzione, sperimentazione, cazzi e mazzi

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Uno dei più evoluti sintetizzatori che i Rush usano nei loro arrangiamenti.

Con l’arrivo degli anni ’80, e in particolare con la conclusione delle trasmissioni di "Ai confini della realtà", Peart optò per un cambio radicale nella direzione artistica del trio. Inizialmente, memore delle sue prime esperienze da musicista, provò a introdurre fisarmoniche e armonica a bocca nel tentativo di produrre uno stile più vicino al liscio, ma abbandonò il proposito in seguito alla reazione non proprio entusiasta degli altri membri, che per sottolineare la loro anima squisitamente progressive sacrificarono il cane del batterista, riducendolo in 2112 pezzi con un decespugliatore.

Comprensibilmente scosso per l’accaduto, Peart decise di rivalersi sul capro espiatorio del gruppo, Lifeson, spaccandogli la chitarra sulla schiena e immergendogli la mano destra nel catrame bollente. Privo del suo strumento e dei mezzi per suonarlo, il chitarrista dovette ripiegare per un certo periodo sui sintetizzatori, e fu in questo modo che nel nuovo decennio i Rush mutarono in maniera evidente il loro stile, sulla scia di altri artisti di qualità di quel periodo musicalmente fervido, quali ad esempio Spandau Ballet, Scialpi e Dario Baldan Bembo. Tra gli album di quel periodo si segnalano in particolare "Segnali", album ispirato a un'opera letteraria particolarmente cara a Peart, ovvero il Codice della strada, e "Grazia sotto pressione", in cui Peart trasse la sua ispirazione dalle numerose serate che con l’intero staff di produzione era solito organizzare con una graziosa esperta di critica musicale foggiana.


Per diverso tempo Peart si sentì soddisfatto della nuova direzione intrapresa dal gruppo, e perciò rese ripetutamente inservibile la mano destra di Lifeson, che dopo qualche tempo mostrava cicatrici simili a quelle di Padre Pio. Dopo lunghe sofferenze, tuttavia, il povero chitarrista riuscì infine a convincere l'indiscusso leader a tornare a valorizzare la chitarra. Si tornò quindi a uno stile più vicino a quello di "2112", ancorché con canzoni più brevi per pietà nei confronti del martoriato arto del chitarrista, come si evince da album quali "Rotola gli ossi", dedicato alla volta in cui Peart chiuse benevolmente Lifeson dentro a un cesso chimico per poi farlo rotolare giù da un pendio, o "Test per l'eco", quest'ultimo piuttosto impegnativo per la voce di Lee, costretto a urlare per lunghi minuti sul ciglio di un burrone, eseguendo nel contempo impegnative scale in 13/16. Il processo di ritorno al passato è continuato anche con l'ultimo lavoro, dal titolo carico di richiami fantasy, "Serpenti e spade", che ha fatto nascere da più parti il sospetto di un ritorno in auge nel gruppo anche del carburante lirico senza il quale tanti dei vecchi lavori non sarebbero mai stati concepiti.

I Rush e il Duce

Secondo Neil Peart, è proprio come sembra.


È opinione comune che nelle opere e negli artwork della band siano presenti numerosi richiami alle dure e pure convinzioni di Neil Peart. In particolare, il pentacolo presente sulla copertina di "2112" e la trama della suite stessa ricordano secondo molti la dittatura comunista, mentre da altre parti si è evidenziata la nostalgia monarchica che traspare da "Un addio ai re".


Ripetutamente stuzzicato in merito alla questione, in una nota intervista a "Derisi e cazzoni in TV" Peart ha ribattuto a tali insinuazioni confermando l'assoluta veridicità delle stesse, sottolineando anche la raffinata metafora presente sulla copertina di "Segnali", dove l'idrante rosso rappresenta ovviamente lo spettro della dittatura comunista e il cane che annusa la pisciata che vi ha appena svolto simboleggia l'italico orgoglio dopo aver soggiogato il mostro totalitarista. Ha sostenuto inoltre di aver rinunciato ad inserire l'immagine di Gabriele D'Annunzio lanciato alla conquista di Fiume sulla copertina di "Vola di notte" a causa dell'evidente somiglianza di quest'ultimo con Geddy Lee.


Band che si sono ispirate ai Rush


Voci correlate, ma anche no