Ludwig

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Identikit dell'assassino diffuso dalla Polizia.
« Quei tipi uccidevano prostitute e omosessuali... se non li avessero fermati io sarei stato la prossima vittima! »
(Wladimiro Tallini su Ludwig)
« Sono ragazzi! »
(Ezio Greggio su Marco Furlan e Wolfgang Abel)
« Due sognatori dei nostri tempi, che avevano il coraggio delle loro idee e credevano in un mondo migliore »
(Borghezio in un momento di vena poetica)

Con il nome Ludwig si è soliti indicare Marco Furlan e Wolfgang Abel, due filantropi italiani che tra gli anni '70 e '80 furono molto attivi con la loro opera caritatevole nel nord-est italiano e in Germania.

Due bravi ragazzi attivi nel sociale

Marco Furlan e Wolfgang Abel impegnati in qualche attività di beneficenza.

Furlan e Abel erano due giovani veronesi di alta estrazione sociale: il primo era figlio del primario del centro ustionati dell'ospedale di Verona (che grazie all'operato di Marco Furlan aumenterà molto la sua clientela), il secondo lavorava insieme al padre in una compagnia assicurativa specializzata in polizze sulle morti violente e accidentali.
Entrambi avrebbero potuto condurre una vita oziosa tipica dei figli di papà, tuttavia la nobile ideologia cristiana e l'apertura mentale verso i diversi che erano profondamente radicate in loro li spinsero ad impegnarsi attivamente per aiutare tutti quei derelitti ai margini della nostra società.
I soggetti "aiutati" dai membri di Ludwig erano barboni, prostitute, gay, drogati, preti e frequentatori di cinema a luci rosse e discoteche: tutti gli indegni peccatori di tale risma, con il supporto morale di Abel e Furlan, riuscirono a compiere un'espiazione simbolica dei loro peccati e a ottenere la salvezza spirituale.

L'ente benefico Ludwig muove i primi passi

Lo strumento di lavoro preferito da Ludwig.

Abel e Furlan furono attivi in Italia e Germania tra il 1977 e il 1984. Il loro primo atto d'amore verso il prossimo, ribattezzato come "omicidio" dai soliti perbenisti e dai mass media a caccia d'ascolti, fu messo in atto dai due galantuomini il 25 agosto 1977, e cioè quando il barbone Guerrino Spinello venne bruciato vivo nella sua automobile a Verona: come il CCSG insegna, se il barbone fosse stato puro di cuore non avrebbe sofferto il calore delle fiamme, ma essendo egli un peccatore incorse nella punizione divina.
Successivamente Ludwig uccise Luciano Stefanato, cameriere che fra un'ordinazione e l'altra era dedito al vizio della sodomia: Abel e Furlan lo bastonarono ripetutamente per farlo desistere da tali nefandezze, e va detto che riuscirono nel loro intento poiché il cameriere non fece più nulla di simile. Nel dicembre del 1979 fu il turno del tossicodipendente Claudio Costa, che venne aiutato a redimersi a suon di coltellate.

La successiva opera pia dei due veronesi risale al 1980, quando uccisero a Vicenza la meretrice Alice Maria Baretta a colpi di cassetta della posta, forse a causa del fatto che la donna si rifiutava di dare loro il resto dopo il pagamento di un'onerosa tariffa. Nel maggio 1981 Ludwig diede fuoco alla Torretta di Porta San Giorgio, una piacevole goliardata che costò la vita al senzatetto Luca Martinotti.
Nel novembre dello stesso anno Marco Furlan e Wolfgang Abel uscirono finalmente allo scoperto, inviando a quotidiani locali e nazionali numerose lettere nelle quali venivano spiegati con chiarezza le forti motivazioni umanitarie alla base della loro missione apostolica. Ecco un messaggio inviato a "La Repubblica":

« LUDWIG
LA NOSTRA FEDE È NAZISMO
LA NOSTRA GIUSTIZIA È MORTE
LA NOSTRA DEMOCRAZIA È STERMINIO
RENDIAMO NOTO CHE ABBIAMO PUNTUALMENTE RIVENDICATO IL ROGO DI SAN GIORGIO A VERONA
CON IL MESSAGGIO INVIATO A "LA REPUBBLICA"
ALLEGHIAMO UN DISCHETTO METALLICO IDENTICO A QUELLO APPLICATO SULLA PIU' GRANDE DELLE TRE TORCE USATE
GOTT MIT UNS »

Le vittime di Ludwig furono poi tre sacerdoti: nel 1982 vennero uccisi a colpi di bestemmie i due frati Gabriele Pigato e Giuseppe Lovato, che avevano avuto la brillante idea di camminare soli soletti di notte sulle scalinate di Monte Berico a Vicenza. Il 26 febbraio 1983 fu invece il turno del sacerdote triestino Armando Bison, che venne fatto a pezzi selvaggiamente mentre impartiva la comunione a dei giovani parrocchiani.
L'ultima marachella del simpatico duo fu il rogo scatenato nel 1983 dentro al cinema Eros di Milano, il quale come fa capire il nome stesso era specializzato nella proiezione di documentari e cartoni animati educativi. Nell'incendio morirono sei spettatori e ne vennero feriti molti altri: la cosa strana è che ci sarebbe stato il tempo materiale per permettere a tutti i presenti di fuggire, ma per qualche oscuro motivo tutte le persone presenti in sala preferirono rimanere sedute a guardare il film.

La triste fine e l'ingiusto processo

Furlan mentre tenta di evadere dal carcere.

Il 4 marzo 1984 l'attività umanitaria di Ludwig venne sgominata dall'azione congiunta di Stato e Chiesa, che non vedeva di buon occhio il modo usato da Abel e Furlan per esprimere il messaggio cattolico (una situazione simile toccò secoli prima anche a innovatori come Galileo Galilei e San Francesco d'Assisi, a lungo osteggiati dalle alte sfere della Chiesa).
I due veronesi, approfittando di una festa in maschera, si intrufolarono nella discoteca mantovana Melamara di Castiglione delle Stiviere con il lodevole intento di appiccare il fuoco a quel luogo di lussuria e perdizione (e ovviamente ai suoi frequentatori). I loro movimenti da congiurati carbonari insospettirono tuttavia un buttafuori, che li sorprese con le mani nel sacco (o per meglio dire, sulle taniche di benzina).
Marco Furlan e Wolfgang Abel vennero immobilizzati e in seguito arrestati dalla polizia: la striscia di miracoli compiuti da Ludwig si interruppe pertanto alla comunque apprezzabile cifra di 15 morti e 39 feriti.
Solo i concerti di Ivana Spagna mietono più vittime nel nord-est.

Fu così che questi due benefattori dell'umanità vennero sottoposti a un processo che per imparzialità e giustizia non aveva niente da invidiare a quelli ben più noti condotti dall'Inquisizione: nel 1987 sia Marco Furlan che Wolfgang Abel vennero condannati a trent'anni di reclusione, in quanto delle discutibili perizie psichiatriche avevano individuato in entrambi una "limitata capacità di intendere e di volere" e una "tendenza all'ammazzamento compulsivo".
Fortunatamente la Corte d'Assise d'Appello di Venezia si dimostrò più saggia e rimise i due veronesi in libertà non vigilata, perché Furlan ne approfittò per fuggire e venne rintracciato solo sette anni dopo a Creta, dove si spacciava per un televenditore di coltelli molto affilati.

La liberazione di un martire

Nonostante la giustizia italiana goda di cattiva fama, il 24 aprile 2008 viene tuttavia presa una scelta che per una volta segue criteri razionali e umani, e non si limita ad assecondare i voleri del potente di turno: in tale data, infatti, il Tribunale di sorveglianza di Milano decide di affidare Marco Furlan ai servizi sociali e di lasciarlo libero come un comune cittadino durante il giorno.
Tale notizia ha subito acceso un aspro dibattito all'interno dei più vivaci salotti culturali, e la stessa opinione pubblica si è divisa fra i sostenitori di Furlan, lieti che a un uomo di tale levatura umana sia concessa finalmente la libertà, e i suoi (pusillanimi) detrattori, convinti a torto che la libertà non vada garantita a un uomo che ha l'unica colpa di aver commesso dei peccatucci di gioventù, peraltro veniali.