Utente:Zurpone/Sandbox1
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Il campionato mondiale di calcio 1970 si disputò quasi certamente nel 1970 in Messico, ragion per cui viene anche detto Mexico 70, senza che alcuno si ponga dubbi esistenziali sulla misteriosa sostituzione della doppia "s" a vantaggio della singola "x". La decisione di disputarlo proprio in Messico era stata dettata dal particolare criterio selettivo degli organizzatori: i modiali disputati in Cile nel 1962 erano stati preceduti da un violento terremoto due anni prima; lo stesso era accaduto a Città del Messico nel 1968. Inoltre c'era da rispettare la rigorosa alternanza continentale: una volta in America, una volta in Europa. Non c'erano cazzi, e non ce ne sarebbero stati fino al 2002, quando una coalizione di musi gialli spezzò l'egemonia dell'asse Europa-America.
Il Messico in quegli anni era una nazione di tipo essenzialmente messicano: una folla sterminata di tizi baffuti col sombrero, facili alla pennichella, divoratori di tortillas e tabasco con tracce di fagioli rossi. In Italia in quei tempi l'archetipo del messicano medio era rappresentato dal cartone pubblicitario del Merendero Dindondero, ma anche dal sergente Garcia del telefilm Zorro. Calcisticamente parlando, non si era gran che lontani dalla verità: il Messico stava al calcio come la panna montata sta al gulasch, però finalmente giocavano in casa e avrebbero potuto corrompere gli arbitri. Questi ultimi, però, fraintesero la parlata dei messicani, credendola portoghese, quindi il mondiale prese una piega decisamente brasiliana.
Ma andiamo per ordine.
La Coppa Jules Rimet
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Messa in palio a partire dal 1930, la Coppa Rimet (Parigi, 1929 - da qualche parte in Brasile,1983) era un oggetto parecchio kitsch alto un Holmes[1] e pesante circa quattro chili, due terzi dei quali erano costituiti dal basamento in marmo. Il resto era argento "sterling" placcato in oro "Bologna". Rappresentava una Nike alata che sorreggeva una coppa. Lo Stile Liberty e l'Art déco allora imperanti influenzarono notevolmente il suo realizzatore, che si produsse in una creazione ritenuta pacchiana fin da allora. Se la sarebbe aggiudicata in via definitiva la squadra che avesse vinto i mondiali per tre volte, anche non consecutive. In Messico erano presenti tutte le nazionali che avevano vinto il mondiale due volte (Uruguay, Brasile, Italia), quindi era assai probabile che questa fosse la volta buona, e infatti andò così. Dopo aver subito un primo sequestro a scopo di estorsione nel 1966, la coppa fu trafugata nel 1983 dalla sede della Federcalcio carioca, e venne fusa in vari lingotti che ora fungono da fermaporte nelle ville di alcuni narcotrafficanti.
L'organizzazione del torneo
Ben settantacinque nazioni in tutto il mondo si sfidarono all'ultimo sangue negli incontri di qualificazione. Di esse ne rimasero in piedi solo quattordici, che si affrontarono nella fase finale alla quale ebbero accesso di diritto l'Inghilterra, come campione in carica, e il Messico, in qualità di Paese organizzatore, per un totale di sedici squadre. Attraverso l'applicazione della logica combinatoria e dell'algebra booleana si giunse ad elaborare il modello geometrico e matematico su cui strutturare il torneo: quattro gironi di quattro squadre ciascuno. Passano il turno le prime due classificate di ogni girone per punti, differenza reti in caso di parità, differenza gnocche da compagnia in caso di ulteriore parità, differenza mazzette in caso di ulteriore parità, roulette russa in caso di ulteriore parità, perché alla pazienza umana c'è un limite. Le otto squadre che passano il turno vengono inrociate, secondo le regole delle parole crociate crittografate[2], a formare i quarti di finale, partite secche le cui vincenti vengono accoppiate seguendo la regola di Ruffini a formare le due semifinali. Chi le perde gioca una partita del tutto inutile se non per sfogare la delusione, chi le vince disputa la finale. Più chiaro di così.
Le squadre partecipanti
La fase a gruppi
I quarti di finale
Le semifinali
Le finali
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